aanimali che attraversano la strada

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza n. 785 del 15 gennaio 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La domanda di L. P. volta ad ottenere dalla società Autostrade il risarcimento dei danni subiti dalla autovettura di proprietà, quando, condotta dal marito, era stata investita da un grosso animale (camoscio o cervo) mentre percorreva l’autostrada Firenze-Roma, venne accolta dal giudice di primo grado e rigettata dalla Corte di appello. La Corte di legittimità, adita dalla P. cassò con rinvio la sentenza di rigetto.
2. La Corte di appello di Firenze, decidendo in sede di rinvio, ha accolto l’appello di Autostrade e rigettato la domanda (sentenza del 30 gennaio 2006).

Avverso quest’ultima sentenza, P. ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo, esplicato da memoria.
Ha resistito con controricorso e memoria la società Autostrade.
All’udienza del 5 giugno 2012, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per incompatibilità del Presidente del collegio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, la danneggiata censura la sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
In particolare, messo in evidenza che il fatto controverso, sulla base della sentenza di legittimità, concerneva la violazione dell’obbligo di manutenzione gravante sulla società Autostrade, sostiene che la Corte di merito, nel ritenere assolto tale obbligo sulla base dei tabulati di manutenzione prodotti dalla società (concernenti il tratto dal km 300+845 al Km 342+200, solo in direzione sud, essendo pacifico che non vi erano varchi in prossimità del sinistro, avvenuto al Km 302+500) ha errato sotto tre profili.
Il primo, nel considerare solo l’integrità della rete e nel non considerare: sia l’altezza della recinzione, rilevante rispetto ad animali grandi ungulati in zona notoriamente esposta a rischio per via del ripopolamento che aveva indotto la regione ad avviare la gestione faunistico-venatoria; sia luoghi più distanti da quello del sinistro; elementi che, invece, sarebbero stati messi in evidenza dalla difesa della controparte.
Il secondo, per avere illogicamente ipotizzato che l’animale poteva essersi introdotte dal casello di Firenze sud (al Km 300+800) dopo aver negato rilevanza, per giustificare l’adeguatezza kilometrica considerata nei tabulati prodotti dalle Autostrade sulla manutenzione, alla mancanza di tabulati per i km più a nord del 300+845, affermando che era irragionevole che l’animale avesse percorso km 1,665 senza essere avvistato, mentre, considerando l’accesso al casello ipotizzato avrebbe percorso 45 m in più, senza essere visto. In definitiva, si censura la sentenza per non aver considerato la mancanza di prova sulla manutenzione tra il casello di Firenze (Km 300+800) e il km. 300+845, a partire dal quale esistono i tabulati.
Il terzo, per avere illogicamente ritenuto la sussistenza dell’insidia oggettiva e soggettiva e la sua inevitabilità da parte del danneggiato e aver ritenuto che alla danneggiata sarebbe spettato provare sia l’inerzia colposa, sia, con argomentazione controfattuale, che, mancando l’omissione (di manutenzione) il fatto non si sarebbe verificato.
2. Nessuno dei profili elencati censura efficacemente la sentenza impugnata.
Quanto al primo, la Corte non è stata posta in grado di verificare (attraverso l’esatta indicazione di come e quando) se le omissioni della sentenza impugnate, lamentate dalla ricorrente, corrispondano a censure sulla ricostruzione dei fatti che siano state sviluppate dalla stessa nel giudizio di merito. Con la conseguenza che la censura deve considerarsi inammissibile, perché involgente nuovi profili fattuali, non deducibili per la prima volta dinanzi al giudice di legittimità.
Quanto al secondo profilo, la contraddizione lamentata non è manifesta.
Infatti, stante la certezza della presenza di un varco al casello, a solo 45 metri dal luogo a partire dal quale si ha la prova sicura che varchi per difetto di manutenzione non vi erano, poteva essere irrilevante stabilire se in quei 45 metri vi fossero varchi per difetto di manutenzione, atteso che l’animale avrebbe potuto comunque entrare dal varco del casello, come ha ritenuto, ricostruendo i fatti, la Corte di merito.
Consegue il rigetto del profilo di censura.
Quanto al terzo profilo, è inammissibile perché generico e perché deduce come difetto di motivazione quello che nella parte esplicativa del motivo sembra atteggiarsi come violazione di legge, per violazione del principio di
diritto in ordine al riparto dell’onere probatorio stabilito dalla Corte di legittimità, che ha cassato con rinvio. Manca, in definitiva, la specificità che deve avere il motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.
3. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi.
Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2012

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