Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza n. 16471 del 11 aprile 2013
RITENUTO IN FATTO
1.Il Tribunale di L’Aquila, quale giudice di Appello, con sentenza emessa il 09/03/2012 – decidendo in sede di rinvio, a seguito di sentenza della Corte di Cassazione, in data 15/03/2011 – in riforma della sentenza del Giudice di Pace di L’Aquila, assolveva A. A. dal reato di cui all’art. 590, commi 1 e 4, cod. pen. (come contestato in atti) per non aver commesso il fatto.
2. Il PM presso il Tribunale di L’Aquila e le costituite parti civili – A. A., C. A., C. C. (questi ultimi due anche quali i genitori del minore M. A.) – proponevano distinti ricorsi per Cassazione – le parti civili ai soli effetti, ex art. 576 cod. pen. – deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
2.1. In particolare i ricorrenti, mediante articolate argomentazioni esponevano che la decisione impugnata non era congruamente motivata. I ricorrenti sostenevano che A. A. quale direttore dell’A. (Ente proprietario dell’edificio de quo) ed amministratore del relativo condominio, aveva tenuto una condotta colposa – per violazione dell’ordinaria diligenza e degli obblighi di garanzia – in ordine alla manutenzione della canna fumaria relativa all’appartamento occupato dalla famiglia A. con conseguente responsabilità penale in ordine alle lesioni patite dagli stessi.
Tanto dedotto i ricorrenti chiedevano l’annullamento della sentenza impugnata.
La difesa di A. A. e dell’A. (quale responsabili civili) presentava, in data 15/02/2013, propria memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
1.1. Il Giudice di Pace di L’Aquila, con sentenza n. 211/2007, dichiarava A. A. colpevole del reato di cui all’art. 590, commi 1 e 4, cod. pen., perché, nella sua qualità di direttore dell’A. e come amministratore del condominio dell’immobile A., nel quale era collocato l’appartamento n. 880, abitato dalla famiglia A. per negligenza, imperizia ed imprudenza, omettendo di munire il comignolo della canna fumaria dell’immobile stesso di sistemi adatti a consentire un normale deflusso dei fumi e ad impedire la nidificazione di animali, nonché di effettuare operazioni periodiche di controllo e pulizia della canna medesima – aveva cagionato nell’ottobre 2005 ad A. A., C. A., C. C. e M. A. intossicazione da ossido di carbonio dalla quale era derivata per i predetti occupanti l’appartamento una incapacità ad attendere alle ordinarie occupazioni non superiore ai gg. 20.
1.2. Il Tribunale di L’Aquila – in sede di Appello con sentenza del 28/09/2010 – confermava la decisione del Giudice di Pace di L’Aquila.
1.3. La Corte di Cassazione – a seguito di ricorso dell’A. e del responsabile civile, ex art. 575 cod. proc. pen. – con sentenza del 15/03/2011 annullava la decisione del 28/09/2010 con rinvio al Tribunale di L’Aquila.
1.4. La Corte di Cassazione con la citata sentenza del 15/03/2011, rilevava che la sentenza del Tribunale di L’Aquila, in data 28/09/2010, era carente di motivazione sui seguenti punti determinanti ai fini della sussistenza della responsabilità penale dell’imputato; ed ossia:
a)L’esistenza di un’apposita struttura tecnica dell’A. – con delega di funzioni al suo dirigente e dotata di capacità di spesa entro un tetto prefissato – cui era demandata la manutenzione dell’edificio de quo, ivi compresa la manutenzione delle canne fumarie degli appartamenti;
b) L’omessa valutazione in ordine alla causalità alternativa (e indipendente) derivante dalla volontaria falsificazione operata da terzi che riferivano come compiuta una manutenzione programmata della canna fumaria dell’appartamento in questione, che in realtà non era stata mai effettuata.
1.5. Il Tribunale di L’Aquila – in sede di rinvio – con sentenza in data 09/03/2012, in riforma della sentenza del Giudice di Pace di L’Aquila n. 211/2007, assolveva A. A. dal reato ascrittogli per non aver commesso il fatto.
2. Tanto premesso sui termini essenziali della fattispecie in esame, si rileva che il Tribunale di L’Aquila ha congruamente motivato i punti fondamentali della decisione.
In particolare il giudice di merito – attenendosi a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 15/03/2011 – mediante un esame esaustivo delle risultanze processuali, ha accertato:
a) che, nell’ambito della struttura organizzativa dell’A., sussisteva una apposita area tecnica munita di un proprio dirigente, con annessa capacità di spesa, cui era stata demandata con apposita delega la manutenzione ordinaria del patrimonio immobiliare dell’azienda, ivi compresa la manutenzione periodica della canna fumaria dei singoli appartamenti;
b)che persona terza (ossia il tecnico incaricato della manutenzione della caldaia termica installata nell’appartamento degli A.) aveva mendacemente attestato di aver effettuato la manutenzione della canna fumaria, in riferimento alla regolarità dei fumi emessi dalla caldaia medesima; manutenzione mai effettuata;
c) che gli A. non avevano mai segnalato all’A. la irregolare emissione del fumi o il mancato intervento di manutenzione della canna fumaria.
Alla luce di dette considerazioni il Tribunale di L’Aquila ha escluso la sussistenza di colpa nella condotta dell’A. in relazione alla determinazione delle lesioni patite dal componenti della famiglia A.
Trattasi di valutazioni di merito immuni da errori di diritto, non censurabili in sede di legittimità.
1. Le censure dedotte nei ricorsi (quello del PM, peraltro, ha proposto le stesse argomentazioni svolte nell’impugnazione delle parti civili) sono infondate perché in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dal Tribunale di L’Aquila.
Dette doglianze, peraltro, costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto, non consentite in sede di legittimità [Giurisprudenza consolidata: Sez. U, n. 6402 del 02/07/1997, rv 207944; Sez. U, n. 930 del 29/01/1996, rv 203428; Sez. I, n. 5285 del 06/05/1998, rv 210543; Sez. V, n. 1004 del 31/01/2000, rv 215745; Sez. V, n. 13648 del 14/04/2006, rv 233381].
3. Vanno respinti, pertanto, i ricorsi proposti dal PM e dalle costituite parti civili, con condanna di questi ultimi al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna le parti civili al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 27 febbraio 2013.
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