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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza n. 12293 del 15 marzo 2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Messina, in composizione monocratica, con sentenza del 21.9.2011 ha riconosciuto la responsabilità penale di G. B. in ordine al reato di cui agli artt. 23 e 57 d.lgs. 81/2008 e lo ha condannato alla pena dell’ammenda perché nella sua qualità di fornitore, ometteva di sottoporre ad omologazione e verifica periodica l’attrezzatura LINK-BELT 108 matricola 9LHG124 (acc. in Messina il 30.10.2008).
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione.
2. Con un unico motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione, rilevando che il giudice di prime cure non avrebbe congruamente indicato le ragioni del proprio convincimento ed avrebbe proceduto alla mera valutazione fattuale della condotta, attribuendo rilevanza alle sole dichiarazioni del teste del Pubblico Ministero, non ritenendo, invece, pertinenti le produzioni documentali offerte dalla difesa.

Aggiunge che la qualifica soggettiva di fornitore era stata ritenuta dal giudice tramite il mero ricorso ad una formula di stile richiamando il contenuto del contratto di nolo.
Rileva, infine, che l’omessa revisione del macchinario indicato nell’imputazione non dovrebbe ritenersi penalmente sanzionabile in quanto trattasi da attività non prevista «…dalla normativa comunicativa in materia di revisione dei cingolati».
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
Occorre preliminarmente rilevare che il ricorso si risolve nel suggerire una valutazione dei dati fattuali acquisiti bel giudizio di primo grado alternativa rispetto a quella effettuata dal giudice del merito e non ammissibile in questa sede di legittimità.
Invero, la consolidata giurisprudenza di questa Corte è orientata nel senso di ritenere che il controllo sulla motivazione demandato ai giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (si vedano ad esempio, limitatamente alle pronunce successive alle modifiche apportate all’articolo 606 C.P.P. dalla Legge 46/2006. Sez. III n. 12110, 19 marzo 2009; Sez. VI n. 23528, 6 luglio 2006; Sez. VI n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. VI n. 10951, 29 marzo 2006).
Si è altresì precisato che il vizio di motivazione ricorre nel caso in cui la stessa risulti inadeguata perché non consente di riscontrare agevolmente le scansioni e gli sviluppi critici che connotano la decisione riguardo a ciò che è stato oggetto di prova ovvero impedisce, per la sua intrinseca oscurità od incongruenza, il controllo sull’affidabilità dell’esito decisorio, sempre avendo riguardo alle acquisizioni processuali ed alle prospettazioni formulate dalle parti Sez. VI n.7651, 25 febbraio 2010).
4. Nel caso in esame, la fattispecie contravvenzionale oggetto dell’imputazione, contemplata dall’art. 57 d.lgs. 81/2008 sanziona, con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, i fabbricanti ed i fornitori che violano il disposto dell’articolo 23 del medesimo decreto, il quale, individuando gli obblighi dei fabbricanti e dei fornitori, stabilisce, che sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro, precisando, al secondo comma, che in caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di attestazione alla conformità, gli stessi debbono essere accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.
Il giudice del merito ha specificato in sentenza che il fatto materiale risultava pacificamente dimostrato dalle dichiarazioni del teste escusso e che, sulla base della documentazione acquisita e segnatamente, dal contratto di nolo esibito dall’imputato all’atto del controllo, lo stesso risultava essere il fornitore dell’attrezzatura.
Si tratta di argomentazioni che appaiono del tutto scevre da salti logici o manifeste contraddizioni e che superano pertanto indenni il vaglio di legittimità.
5. Del tutto generica risulta, infine, l’ulteriore deduzione concernente la mancata previsione di un obbligo di revisione del macchinario, che viene apoditticamente formulata dal ricorrente senza alcuna specificazione ulteriore ed in assenza di qualsivoglia riferimento alle disposizioni menzionate.

6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria dl inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) — consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 19.2.2013

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