CASSAZIONE

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza del  21 maggio 2014, n. 11272

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17524/2008 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS)

che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

V.M., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS),

che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

S.L., elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS),

che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

B.I., B.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 938/2007 del TRIBUNALE di CIVITAVECCHIA, depositata il 26/11/2007 R.G.N. 950/2006;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. All’esecuzione per rilascio di un complesso immobiliare sito in (OMISSIS), intentata da B.I. e M. nei confronti di V.M. e fondata su decreto di trasferimento reso in un’espropriazione immobiliare ai danni di quest’ultima intentata presso il tribunale di Roma, si oppose – con ricorso al giudice dell’esecuzione del tribunale di Civitavecchia –

S. L., deducendo di avere – in virtù di contratto preliminare di compravendita con la V. – il possesso di una parte dell’immobile aggredito esecutivamente, contraddistinta col sub 4 della part. 863 del fl 728 del NCEU di (OMISSIS), che malamente gli esecutanti ritenevano compresa nell’oggetto del titolo azionato, quest’ultimo dovendo riferirsi invece – a detta dell’opponente – ai soli subalterni 3 e 5. I creditori procedenti B. contestarono le legittimazione dell’opponente e sostennero riferirsi il decreto di trasferimento pure all’immobile oggetto di opposizione; ma l’esecuzione fu sospesa e, intervenuta la V. a sostegno dello S. e tale M.M. quale avente causa dei B., l’opposizione fu infine accolta, qualificata esclusa dal pignoramento la porzione di immobile che ne era oggetto.

Per la cassazione di tale sentenza, resa il 26.11.97 col n. 938, ricorre oggi il M., affidandosi a due motivi; resistono, con separati controricorsi, la V. e lo S., mentre gli intimati B. non svolgono attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

2. Questi i termini della controversia, una volta rilevato che qui non è riproposta alcuna questione sulla legittimazione originaria dell’opponente.

2.1. Il ricorrente articola due motivi:

– un primo, rubricato “insufficiente motivazione circa un fatto prospettato e decisivo per il giudizio, art. 360 c.p.c., n. 5”; e concluso col seguente “quesito di diritto al primo motivo – l’identificazione dell’immobile trasferito attraverso il decreto di cui all’art. 586 titolo esecutivo), deve avvenire sulla base dei confini catastali del bene contenuti nel decreto di trasferimento che costituisce titolo esecutivo e, solamente in caso di dubbi, occorre prendere in esame gli ulteriori atti della procedura esecutiva, in particolare quelli del verbale d’asta e di vendita?”;

– un secondo, rubricato “insufficiente esame di punti decisivi della controversia – illogicità ed insufficienza della motivazione, nella parte in cui afferma che al più solo alla corte si applica l’art. 2912 c.c., ma nulla si dice sugli effetti giuridici derivanti dal trasferimento coattivo della corte su cui insiste il fabbricato non espressamente escluso dal trasferimento stesso, art. 360 c.p.c., n. 5”; e concluso dal seguente “quesito di diritto al secondo motivo – se il provvedimento di trasferimento non dispone diversamente, l’estensione della vendita deve essere quella così prevista dalla legge per il pignoramento ed il bene immobile deve essere consegnato nello stato in cui si trova con l’aggiunta di tutto ciò ivi insistente?”.

2.2. Il controricorrente S. eccepisce dapprima l’inammissibilità del ricorso, ritenendo preclusa, in sede di ricorso straordinario per cassazione, una così ampia doglianza di vizio sulla motivazione; nel merito, rimarca come il tribunale abbia preso in adeguata considerazione il pignoramento immobiliare presupposto dal decreto di trasferimento; ancora, sottolinea come l’incertezza sull’estensione di quest’ultimo abbia reso indispensabile valutare, oltre ad esso, pure il primo, anche per non avere l’esecutante dato prova di un nesso pertinenziale tra l’oggetto dell’opposizione e quello del decreton di trasferimento; e riporta ulteriori elementi, sviluppando ampie argomentazioni, a sostegno della tesi della necessaria esclusione del subalterno 4 dall’oggetto della vendita forzata.

2.3. Dal canto suo, la controricorrente V. diffusamente contesta l’estensione del decreto di trasferimento al subalterno 4, quest’ultimo essendo escluso da ogni atto della procedura esecutiva – e della stessa ipoteca volontaria, da lei concessa, posta a fondamento della medesima – e comunque a destinazione incompatibile con la dedotta sua natura di pertinenza.

3. Va premesso che, essendo la sentenza impugnata stata pubblicata tra il 2.3.06 ed il 4.7.09, alla fattispecie non può che continuare ad applicarsi, nonostante la sua abrogazione (ed in virtù della disciplina transitoria di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5) l’art. 366 bis c.p.c., e, di tale norma, l’interpretazione elaborata da questa Corte (Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194; Cass. 24 luglio 2012, n. 12887; Cass. 8 febbraio 2013, n. 3079; Cass. 17 ottobre 2013, n. 23574).

Ora, in disparte i pur consistenti dubbi sulla conformità dei due quesiti a tale univoca iche pure, benchè straordinario, può riguardare tutti i motivi del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., in dipendenza della riforma di tale norma operata con il D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, – non riporta gli elementi indispensabili per la verifica della tesi in diritto sostenuta, la quale, peraltro e se non altro negli specifici termini in cui è invocata, non può neppure reputarsi corretta.

Infatti, il ricorso – che neppure potrebbe essere (ma, del resto, neanche è stato) integrato con alcun altro atto successivo – non riporta, in violazione del chiaro disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6, l’essenziale elemento, indispensabile per l’applicazione della tesi di un’estensione automatica del trasferimento coattivo alle pertinenze, della trascrizione non solo dell’atto di pignoramento, ma anche del decreto di trasferimento e soprattutto dei passaggi relativi ai rispettivi oggetti.

Eppure è intuitivo, in dipendenza della natura derivativa dell’acquisto in sede di vendita forzata, che l’oggetto del decreto di trasferimento coincide necessariamente con quello della procedura esecutiva nel cui corso esso è pronunziato (in tali espressi termini, tra le ultime: Cass. 14 dicembre 2011, n. 26481) e che quest’ultimo, a sua volta, è univocamente determinato soltanto dal pignoramento, in dipendenza del principio generale dell’art. 2912 c.c. e ss..

Già di per sè tale vizio formale del ricorso impedisce di verificare che nel decreto di trasferimento, quand’anche pure in modo non congruente con l’atto di pignoramento, sia fatta espressa menzione o meno del subalterno 4: anzi, lo stesso ricorrente presuppone evidentemente il contrario, dovendo dimostrare in base ad argomentazioni anche complesse, sostanzialmente in dipendenza della sua qualificazione di pertinenza, la tesi della comprensione di tale immobile nel trasferimento.

5. Ritiene tuttavia la Corte che, a dispetto dell’impossibilità – per i visti vizi formali del ricorso – di verificare la sussistenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità della tesi in diritto sostenuta dal ricorrente, essa sia priva di giuridico fondamento.

Non può ritenersi esteso, neanche per implicito, il pignoramento ad altre unità immobiliari, se ed in quanto – come nella specie, in cui la porzione di immobile che si pretende trasferita reca il sub.

(ovvero subalterno) 4 della part. 8 63 del fl 728 del NCEU di Roma, mentre nel pignoramento si indicano i diversi sub. 3 e 5 – univocamente identificate con autonomi e precisi dati catastali ad esclusione di altri, nemmeno ove si tratti di pertinenze e purchè non risultino diversi ed ulteriori elementi in contrario dal pignoramento e dalla sua nota di trascrizione: tali dati ormai, alla stessa stregua dei confini, identificano univocamente un immobile e sopperiscono alle esigenze di certezza sottese alla pubblicità immobiliare ed all’evoluzione della medesima su basi di dati omogenei e fruibili, di immediata percepibilità e riscontrabilità – mediante il sistema dei registri immobiliari o tavolari – anche da parte dei terzi, a tutela del loro affidamento ed in ultima analisi della sicurezza ed affidabilità dei traffici giuridici che quei beni abbiano ad oggetto.

5.1. E’ ben vero che, a mente dell’art. 2812 c.c., “il pignoramento comprende gli accessori, le pertinenze e i frutti della cosa pignorata”; ed al riguardo la giurisprudenza di questa Corte è univoca nel ritenere che “costituitosi un rapporto pertinenziale tra beni a seguito della destinazione operata dal proprietario della cosa principale che ha la piena disponibilità anche della cosa accessoria…, gli atti di disposizione aventi ad oggetto la cosa principale si estendono a quella accessoria (Cass. 12 aprile 1999, n. 3574; e salvo che intervenga un atto del proprietario di cessazione della destinazione e cioè o l’esplicita esclusione della pertinenza in un atto avente ad oggetto la cosa principale o il compimento di un atto avente ad oggetto la sola pertinenza).

Dal principio generale è stato ricavato il corollario per il quale, in taluni casi ed a determinate condizioni, il pignoramento può ritenersi esteso ad un terreno che circonda l’edificio pignorato, ancorchè non descritto nell’atto (in tali espressi termini, Cass. 16 novembre 2000, n. 14863); anzi, è stato affermato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, il principio per il quale, in tema di pignoramento immobiliare, la corte che sia legata alla res principale da un vincolo di pertinenzialità desumibile dalla funzione esclusivamente servente l’immobile oggetto di espropriazione, costituendo con esso un unicum inscindibile, deve ritenersi compresa nell’atto di pignoramento anche in assenza di una sua specifica menzione (Cass., ord. 11 febbraio 2011, n. 3359, la quale richiama anche, quali precedenti: Cass. 19 marzo 1990 n. 2278; Cass. 10 ottobre 1987, n. 7522; Cass. 7 giugno 1982, n. 3453; Cass. 26 marzo 1981, n. 1766; Cass. 28 luglio 1965, n. 1807).

5.2. Gli stessi arresti giurisprudenziali, tuttavia, precisano tutti – sia pure con diversità di accenti, indotte dalle evidenti peculiarità delle fattispecie – che una tale inclusione è si un effetto normale, direttamente riconducibile alla lettera dell’art. 2912 c.c., ma pur sempre all’imprescindibile conclusione che dal pignoramento non emergano elementi di segno contrario.

L’estensione del pignoramento immobiliare alle cose che assumono rapporto pertinenziale con la cosa principale pignorata richiede, insomma e come rimarca avvertita dottrina, l’adozione di notevoli cautele: occorre, in altre parole, che il rapporto pertinenziale sia evidenziato da circostanze pressochè inequivoche, poiché altrimenti si corre il rischio di ritenere pignorati in via di estensione beni senza che, in relazione ad essi, l’esistenza di vincolo pignoratizio sia resa opponibile a terzi mediante la trascrizione, così limitando o talora vanificando la funzione precipua di tale ultimo istituto.

Come testualmente – tra le ultime – si esprime Cass. 20 marzo 2012, n. 4378, allora: perchè operi l’estensione ex lege del pignoramento alle pertinenze “è necessario non solo che sussista in concreto una relazione di asservimento così qualificabile nel rispetto dell’art. 817 c.c., ma che questa risulti con caratteri di assolutezza ovvero di indispensabilità o di inequivocità del rapporto pertinenziale, in modo che si possa così sopperire alla lacuna riscontrabile nella trascrizione del pignoramento riguardante soltanto la cosa principale, a fini di tutela dei terzi (cfr. Cass. n. 2278/90).

Inoltre, va precisato che il principio stabilito dall’art. 2912 cod. civ. non opera tutte le volte in cui la descrizione del bene riportata nel decreto di trasferimento contenga elementi tali da far ritenere che si sia inteso escludere l’applicazione dell’estensione (così Cass. n. 14863/00, Cass. n. 7522/87, Cass. n. 3453/82). E, comunque, fermi i limiti di legge (arg. ex art. 515 c.c.) ed il divieto di frazionare, in sede di pignoramento, una cosa principale che costituisca giuridicamente e funzionalmente un unicum (cfr. Cass. n. 4612/85) ovvero una cosa principale rispetto alla quale la pertinenza risulti inscindibile od indispensabile, ben può verificarsi che, già in sede di pignoramento, il vincolo venga apposto in modo da escludere il bene pertinenziale, che sia dotato di una propria autonomia funzionale e giuridica (arg. ex art. 818 c.c., comma 1, ultimo inc.), ovvero da colpire soltanto quest’ultimo (arg. ex art. 818 c.c., comma 2), purchè ciò risulti dall’atto, operando altrimenti l’art. 2912 c.c.”.

5.3. L’evoluzione del dato catastale da mero riferimento fiscale a potenziale (anche prevalente sull’indicazione di almeno tre confinanti, come si esprime Cass. 20 marzo 2006, n. 6166) pregnante elemento di identificazione dell’immobile si coglie già con la modifica del sistema di pubblicità immobiliare, di cui alla L. 27 febbraio 1985, n. 52, di introduzione di un sistema di elaborazione automatica nelle conservatorie dei registri immobiliari: con tutta evidenza concepito in funzione dell’uniformazione, per quanto possibile, di riferimenti identificativi di soggetti ed oggetti degli atti da trascrivere od iscrivere, mediante loro elaborazione organizzazione in una base di dati di agevole individuazione ed altrettanto agevole fruibilità.

In sostanza, già dall’introduzione di tale sistema l’ordinamento ha recepito il principio per il quale, ai fini dell’opponibilità ai terzi di qualunque formalità nei registri immobiliari, il bene debba essere compiutamente – e senza possibilità di equivoci od incertezze – individuato e che, tal fine, essenziale è il contenuto della nota di  trascrizione e, per di più, mediante i dati di identificazione catastale, ai sensi dell’art. 2659 c.c., n. 4, e art. 2826 c.c.: norme le quali, a loro volta, rinviano – per gli immobili censiti al catasto fabbricati (ovvero al NCEU, nuovo catasto edilizio urbano) – a una determinata scheda  depositata, descrittiva della fisica consistenza dell’immobile.

E già nei primi tempi di applicazione della riforma, ad essa adeguando un indirizzo iniziato da tempo immemorabile e fin da quando la trascrizione avveniva solo con meri riferimenti discorsivi o descrittivi all’atto, fu statuito che “per stabilire se e in quali limiti un determinato atto trascritto sia opponibile a terzi deve aversi riguardo esclusivamente al contenuto della nota di trascrizione, dovendo le indicazioni riportate nella nota stessa consentire di individuare, senza possibilità di equivoci e di incertezze, gli estremi essenziali del negozio ed i beni ai quali esso si riferisce, senza necessità di esaminare anche il contenuto del titolo” (ex multis Cass. 10 aprile 1986, n. 2051; Cass. 14 ottobre 1991, n. 10774; successivamente: Cass. 22 aprile 1997, n. 3477; Cass. 31 agosto 2009, n. 18892).

Ne consegue che il dato catastale risultante dalla nota è rilevante ai fini di decidere dell’opponibilità della trascrizione del pignoramento ai terzi, mentre è irrilevante il titolo (in tema di rilevanza degli errori, ad esempio e tra le ultime, si vedano, dipendendo l’apparente diversità delle soluzioni dall’evidente diversificazione delle fattispecie concrete, Cass. 8 febbraio 2013, n. 3075 e Cass. 7 giugno 2013, n. 14440).

5.4. La stessa evoluzione è pervenuta a conseguenze ancora più importanti alla stregua della recente innovazione dell’art. 29 della stessa legge, mediante l’introduzione di un comma 1 bis (ad opera del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 19, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122), a mente del quale “gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale” (poi precisando che la predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale; e che, prima della stipula dei predetti atti, il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari).

In tal modo pare portato a compimento, per il momento se non altro quanto agli immobili iscritti a NCEU, perfino un processo evolutivo del dato catastale, il quale diventa – insieme alle planimetrie da cui è assistito e corredato – un elemento essenziale, a pena di nullità, dello stesso atto di trasferimento di qualsiasi diritto reale immobiliare, quale requisito necessario e sufficiente di determinazione dell’esatta consistenza dell’oggetto di tale atto.

5.5. E’ allora l’intrinseca idoneità del dato catastale formale (in quanto tale idoneo ad un trattamento automatizzato, anche ai fini della pubblicità immobiliare), via via ad esso attribuita per le crescenti esigenze di certezza del traffico giuridico degli immobili (in base ad una costante evoluzione normativa – fin dal 1985 – e giurisprudenziale), all’univoca identificazione del bene che consente di interpretare il dettato normativo dell’art. 2912 c.c., in piena coerenza con la costante giurisprudenza di questa Corte regolatrice, in un senso congruente con la funzione sempre più pregnante e con la peculiare struttura di quel sistema di pubblicità.

La norma va cioè interpretata nel senso che la mancata espressa indicazione, nel pignoramento e nella nota di trascrizione ed in difetto di ulteriori altrettanto univoci elementi in senso contrario (del resto ricavabili da idonee menzioni nel quadro relativo alla descrizione dell’oggetto o nel quadro “D” della nota meccanizzata), dei dati catastali propri, esclusivi ed univoci di una pertinenza, a fronte della espressa indicazione di quelli diversi e distinti di altri beni e soprattutto della cosa principale, integra – in applicazione del principio inclusio unius exclusio alterius – un sicuro elemento contrario all’estensione del pignoramento a quella specifica pertinenza, a prescindere da ogni indagine sulla sussistenza o meno del vincolo pertinenziale.

Ove quindi il bene, che possa in astratto configurarsi come una pertinenza, sia dotato di per sè solo di univoci ed esclusivi dati identificativi catastali (tali cioè da identificare quello e soltanto quello) ed a meno che nel pignoramento e nella nota non si riesca a far menzione del medesimo con idonei ed altrettanto univoci riferimenti al primo (come, a mero titolo di esempio, con espressioni descrittive nel quadro D od altri dati negli altri quadri), non sia indicato con tali suoi propri dati nel pignoramento e nella nota, riferiti essendo questi ultimi in modo espresso soltanto ad altri beni compiutamente identificati con loro propri ed altrettanto esclusivi dati catastali (dalle planimetrie allegate ai quali o dai quali presupposte non risulti, poi, il bene che si pretenda essere una pertinenza), correttamente non va ritenuto esteso ai primi il pignoramento dei secondi: e tanto proprio perchè tale situazione comporta un’obiettiva diversa risultanza dell’atto di pignoramento e soprattutto della sua nota di trascrizione, idonea a rendere inoperante la presunzione dell’art. 2912 c.c..

5.6. In applicazione di tali principi alla fattispecie concreta oggi portata all’esame di questa Corte, benchè permanga – per i visti difetti formali del ricorso l’impossibilità di verificare che il subalterno 4 fosse comunque compreso nel tenore testuale della descrizione dell’oggetto del decreto di trasferimento, risulta allora irrilevante – così disattendendosi, ma restando comunque ininfluente ai fini della decisione, l’argomento di rincalzo, contenuto nella gravata sentenza, sulla possibilità di estendere il pignoramento tutt’al più al subalterno 2, siccome integrante pertinenza dei subalterni 3 e 5 – ogni indagine sulla natura pertinenziale o meno di un immobile o porzione di immobile – nella specie, il subalterno 4 – rispetto a quello espressamente pignorato: in quanto nel pignoramento, solo rilevante per fondare e delimitare l’ambito della vicenda traslativa culminata nel decreto di trasferimento e stando a quanto risulta dal tenore letterale dei soli atti legittimamente esaminabili in questa sede, vi è menzione dei (subalterni) nn. 3 e 5, ma non anche del n. 4 della medesima particella.

6. In conclusione, il ricorso è respinto e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna M.M. al pagamento delle spese del giudizio di

legittimità, liquidandole in Euro 3.200,00,00 – di cui Euro 200,00 per spese – per

ciascuno dei controricorrenti S.L. e V.M..

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile della Corte

Suprema di Cassazione, il 25 marzo 2014.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2014
 

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