cassazione 8

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 9 settembre 2015, n. 36383

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere

Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere

Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 332/2013 TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA, del 27/06/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. VINCENZO PEZZELLA;

lette le conclusioni del PG Dott. Sante Spinaci, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

 

RITENUTO IN FATTO

 

1. Il Tribunale di Torre Annunziata, con ordinanza del 27 giugno 2014 rigettava l’istanza proposta da (OMISSIS) volta ad ottenere la revoca, ovvero la sospensione, dell’ingiunzione a demolire emessa dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata in data 17.10.2013 e notificata in data 22.10.2013, in esecuzione della sentenza n. 89/98, emessa dalla pretura Circondariale di Torre Annunziata, irrevocabile in data 16.6.98.

2. Ricorre per la cassazione di tale provvedimento, a mezzo del proprio difensore di fiducia, (OMISSIS), deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a. Annullamento con o senza rinvio per inosservanza o erronea applicazione della legge penale (articolo 606 c.p.p., lettera c), in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolo 31, comma 9.

Annullamento con o senza rinvio per violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera e), per mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione.

La ricorrente deduce che il provvedimento di demolizione e’ indirizzato a (OMISSIS), oggi deceduto, ed e’ stato notificato alla stessa ricorrente, che veniva qualificata come erede nell’atto di notifica compilato dall’ufficiale giudiziario.

Nessun provvedimento di demolizione sarebbe mai stato emesso a carico di (OMISSIS) o degli altri eredi legittimi o testamentari.

(OMISSIS), infatti, non e’ l’unica erede ed e’, tra l’altro, soltanto usufruttuaria del bene.

Rileva inoltre che proprio in virtu’ del principio che l’ordine di demolizione ha carattere reale e ricade direttamente sul soggetto che e’ in rapporto con il bene, quest’ultimo ha diritto alla notificazione dell’ingiunzione a demolire, in modo da potersi poi rivalere con gli strumenti privatistici, nei confronti dei soggetti responsabili dell’attivita’ abusiva, degli effetti sopportati in via pubblicistica.

Anche alla luce delle pronunce rese dalla Corte di Strasburgo, va ribadito il principio che l’ordine di demolizione ha carattere reale e natura di sanzione amministrativa e deve essere eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto con il bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche se si tratti di soggetti estranei alla commissione del reato.

Nel caso di specie, tale principio non sarebbe stato rispettato, in quanto l’ingiunzione a demolire e’ ancora indirizzata al de cuius (OMISSIS) e la stessa ingiunzione non e’ stata notificata a tutti gli eredi in rapporto diretto con il bene, ma soltanto a (OMISSIS), usufruttuaria.

La stessa qualita’ di erede di (OMISSIS) non risulterebbe accertata dalle autorita’ competenti, ma semplicemente indicata nella relata di notificazione.

Non sarebbe condivisibile, quanto dichiarato dal giudice, che la presunta qualita’ di erede di (OMISSIS), in mancanza di prova contraria, consenta di ritenere la stessa soggetto legittimato a ricevere l’ordine di demolizione del manufatto abusivo originariamente di proprieta’ del marito deceduto.

Tale assunto comporterebbe un’illegittima inversione dell’onere di prova e non terrebbe conto della documentazione allegata all’istanza di sospensione, dalla quale risulterebbe la presenza di altri eredi e la titolarita’ dell’immobile.

Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Il P.G. presso questa Suprema Corte in data 30.10.2014 ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso, per manifesta infondatezza.

Rilevato il principio che l’ordine di demolizione ha carattere reale e natura di sanzione amministrativa e va eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto con il bene anche se estranei alla commissione del reato e rilevato, altresi’, che l’ordine di demolizione, nel caso di acquisto dell’immobile per successione mortis causa conserva la sua efficacia nei confronti dell’erede del condannato, la circostanza che (OMISSIS) sia erede in possesso dell’immobili rende la stessa soggetto passivo legittimato a ricevere la notifica dell’ingiunzione alla demolizione del manufatto abusivo originariamente di proprieta’ del marito deceduto.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

 

1. Il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.

2. E’ stato precisato da questa Corte di legittimita’ che l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso dal giudice penale ha carattere reale e natura di sanzione amministrativa a contenuto ripristinatorio e deve pertanto esse-re eseguito nei confronti di tutti i soggetti che sono in rapporto col bene e vantano su di esso un diritto reale o personale di godimento, anche se si tratti di soggetti estranei alla commissione del reato, (cfr. sez. 3 n. 42781 del 21.10.2009, Arrigoni, caso in cui la Corte ha precisato in motivazione che, comunque, la mancata condanna del terzo per concorso nell’abuso edilizio non implica necessariamente una posizione di buona fede rispetto ad esso).

Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, percio’, l’esecuzione dell’ordine di demolizione del manufatto abusivo impartito dal giudice a seguito dell’accertata violazione di norme urbanistiche non e’ esclusa dall’alienazione del manufatto a terzi, anche se intervenuta anteriormente all’ordine medesimo, atteso che l’esistenza del manufatto abusivo continua ad arrecare pregiudizio all’ambiente, (sez. 3, n. 22853 del 29.3.2007, Coluzzi, rv. 236880, occasione in cui la Corte ha ulteriormente precisato che il terzo acquirente dell’immobile potra’ rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione).

L’ordine di demolizione impartito dal giudice con la sentenza di condanna per reati edilizi, Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ex articolo 31, comma 9, infatti, ha carattere reale e ricade direttamente sul soggetto che e’ in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere stato o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso, ne’ la sua operativita’ puo’ essere esclusa dalla alienazione a terzi della proprieta’ dell’immobile, con la sola conseguenza che l’acquirente potra’ rivalersi nei confronti del venditore a seguito dell’avvenuta demolizione (sez. 3, n. 37120 dell’11.5.2005, Morelli, rv. 232175; conf. sez. 3, n. 16035 del 26.2.2014, Attardi, rv. 259802).

E nemmeno l’ordine di demolizione di un immobile abusivo puo’ essere revocato o sospeso in conseguenza dell’avvenuta donazione del cespite, in epoca successiva alla sentenza di condanna, in quanto il donatario riceve il bene nelle condizioni giuridiche in cui si trova al momento del perfezionamento dell’atto di liberalita’ (cfr. sez. 3, n. 38941 del 9.7.2013, DE Martino, rv. 256383).

Parimenti, l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un manufatto abusivamente realizzato non e’ impedita dall’esistenza di un diritto di comproprieta’ sul bene di cui sia titolare il coimputato nei cui confronti sia ancora pendente il procedimento per il reato edilizio (cosi’ sez. 3, n. 45301 del 7.10.2009, Roscetti, rv. 245213, in un caso in cui era stata respinta la richiesta, presentata dal correo non ancora giudicato, avente ad oggetto la sospensione dell’ordine di demolizione impartito con sentenza gia’ divenuta irrevocabile nei confronti del coimputato).

3. Nello specifico del caso che ci occupa il G.E. di Torre Annunziata ha operato un buon governo del costante dictum di questa Corte di legittimita’ secondo cui l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto con la sentenza di condanna per reato edilizio, non e’ estinto dalla morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilita’ della sentenza, non avendo natura penale ma di sanzione amministrativa accessoria (cfr. ex multis sez. 3, n. 3861 del 18.1.2011, Baldinucci ed altri, rv. 249317).

Pertanto nell’ipotesi di acquisto dell’immobile per successione a causa di morte, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo conserva la sua efficacia nei confronti dell’erede del condannato, stante la preminenza dell’interesse paesaggistico o urbanistico, alla cui tutela e’ preordinato il provvedimento amministrativo emesso dal giudice penale, rispetto a quello privatistico, alla conservazione del manufatto, dell’avente causa del condannato, mentre passa in secondo piano l’aspetto afflittivo della sanzione e, quindi, il carattere personale della stessa (sez. 3, n. 3720 del 24.11.1999 dep. il 27.1.2000, Barbadoro, rv. 215601).

Peraltro, nel ribadire che l’esecuzione di un sequestro o di un ordine di demolizione di un immobile abusivamente realizzato non e’ preclusa dall’intervenuta cessione a terzi del medesimo, operando gli stessi nei confronti di chiunque abbia la disponibilita’ di un manufatto che continui ad arrecare pregiudizio al territorio questa Corte ha gia’ avuto modo di precisare, diversamente da quanto opina il ricorrente, che tale principio e’ conforme alle norme CEDU, come interpretate dalla Corte Europea con sentenza 20 gennaio 2009, nel caso Sud Fondi c/ Italia (cfr. sez. 3, n. 48925 del 22.10.2009, Viesti ed altri, rv. 245918).

Peraltro, in ogni caso, la circostanza che (OMISSIS) fosse nel possesso dell’immobile, rende la stessa soggetto passivo legittimato a ricevere la notifica dell’ingiunzione alla demolizione del manufatto abusivo originariamente di proprieta’ del marito deceduto.

4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

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