Cassazione 4

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

sezione III

sentenza 7 aprile 2015, n. 6904

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
l. M. F. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Udine, A. D. F. e A. P. chiedendo che fosse riconosciuto il suo diritto di riscatto agrario, in qualità di coltivatore diretto di un fondo confinante, in riferimento ad un fondo che G. T. aveva venduto ai convenuti senza prima averglielo offerto in prelazione.
Si costituirono i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale accolse la domanda, dichiarando che l’attore era divenuto proprietario del fondo a condizione del versamento della somma di lire 40 milioni, con condanna dei convenuti alle spese di giudizio.
2. La pronuncia è stata appellata da A. D. F. e A. P. e la Corte d’appello di Trieste, con sentenza del 22 dicembre 2010, ha respinto il gravame, confermando la pronuncia del Tribunale e condannando gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che, pur essendo tutte le parti in causa confinanti rispetto al terreno venduto, doveva essere preferita la posizione del  retraente F.; che costui, unitamente alla propria famiglia, era in possesso delle condizioni per essere ammesso al retratto; che non era stata dimostrata l’esistenza, sul terreno in questione, di un contratto di affitto agrario in favore degli appellanti; e che, infine, non assumeva alcun rilievo il fatto che il F. fosse nudo proprietario del terreno confinante, gravato di usufrutto in favore di suo fratello F. F., poiché «per il legislatore non vi è differenza tra la nuda e la piena proprietà».
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Trieste propongono ricorso A. P., F. D. F. e D. D. F., in proprio e quali eredi del defunto A. D. F., con unico atto affidato a quattro motivi.
Resiste M. F. con controricorso.
I ricorrenti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817.
Rilevano i ricorrenti che è prioritaria rispetto alle altre la questione del titolo richiesto dalla legge per l’esercizio del riscatto agrario. La Corte d’appello ritiene che non vi sia differenza tra proprietario e nudo proprietario, ma tale conclusione non è condivisibile. Pur in mancanza di precedenti specifici sul punto, si deve ritenere che la titolarità del diritto di prelazione e di riscatto vada intesa in termini rigorosi, in quanto comporta una limitazione del diritto di proprietà del terzo, sicché non può essere riconosciuta al di fuori dei casi previsti dalla legge.
In ordine a questo motivo, va preliminarmente osservato che non è fondata l’eccezione con la quale il controricorrente sostiene che la Corte d’appello senza entrare nel merito della questione, sulla quale gli appellanti si sarebbero limitati ad una censura assolutamente generica – non avrebbe deciso alcunché su questo punto, senza fare applicazione di «alcuna norma di diritto».
Risulta invece in modo palese che la Corte triestina, sollecitata a pronunciarsi in argomento dal quarto motivo di appello, si è in sostanza richiamata alla motivazione del Tribunale, facendola propria; ed ha quindi ribadito, come si è detto in precedenza, che «per il legislatore non vi è differenza tra la nuda e la piena proprietà». Tanto è sufficiente ad affermare che il punto è stato deciso con una pronuncia di merito, ricorribile in questa sede.
1.2. Tanto premesso sull’ammissibilità, nel merito il motivo è fondato.
La questione giuridica sulla quale questa Corte è chiamata a pronunciarsi consiste nello stabilire se il diritto di prelazione agraria – nonché lo speculare diritto di riscatto, che è oggetto del presente giudizio – possa essere esercitato, nella ricorrenza di tutti gli altri requisiti di legge, anche dal confinante che sia solamente nudo proprietario e non pieno proprietario. Si tratta di una questione sulla quale non vi sono precedenti specifici.
Osserva il Collegio che è stato affermato più volte in passato che le norme sul diritto di prelazione e di riscatto sono norme di stretta interpretazione, che prevedono un numero chiuso di ipotesi e non consentono estensioni al di fuori di quelle tassativamente previste (sentenze 11 agosto 1987, n.6893, 10 aprile 2003, n. 4914, e 5 marzo 2007, n. 5072). La ragione per cui si è pervenuti a tale conclusione è ovvia: il diritto di prelazione e di riscatto apportano, in concreto, una significativa limitazione del diritto di proprietà garantito dall’art. 42 della Costituzione, perché una delle prerogative fondamentali del proprietario è quella di alienare il proprio diritto ad un soggetto liberamente scelto; facoltà che è grandemente diminuita dalle norme sul diritto di prelazione.
Sulla base di tale premessa, che è certamente da condividere, la pronuncia odierna intende compiere un ulteriore passo in relazione alla fattispecie della prelazione del confinante riconosciuta dall’art. 7 della legge n. 817 del 1971. La norma in esame prevede, al secondo comma, n. 2), che il diritto di prelazione (e quindi di riscatto) spetta anche «al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti». La legge riconosce il diritto, quindi, al proprietario coltivatore diretto di terreni confinanti; ora, se questa è la condizione indicata dalla legge, è evidente che lo stesso diritto non può essere riconosciuto anche al nudo proprietario, perché una simile estensione sarebbe evidentemente arbitraria. Il nudo proprietario, d’altra parte, non ha poteri di godimento del bene, che spettano all’usufruttuario (art. 981 cod. civ.), e non è neppure detto che diventi mai pieno proprietario, perché la fattispecie di cui all’art. 1014, n. 2), cod. civ. secondo cui l’usufrutto si estingue «per la riunione dell’usufrutto e della proprietà nella stessa persona» – ben potrebbe non realizzarsi. Ne consegue che, oltre alla palese violazione del dettato legislativo, ammettere il nudo proprietario all’esercizio del diritto di prelazione verrebbe a creare evidenti incongruenze ed incertezze che la legge non può tollerare.
Il primo motivo di ricorso è quindi accolto, enunciandosi il seguente principio di diritto:
«Poiché il diritto di prelazione e di riscatto agrari costituiscono ipotesi tassative, regolate dalla legge e non suscettibili di interpretazione estensiva, il diritto di prelazione e di riscatto del confinante, previsti dall’art. 7, secondo comma, n. 2), della legge n. 817 del 1971, non spettano al nudo proprietario».
2. L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende superfluo l’esame degli altri, che rimangono assorbiti.
E poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, essendo pacifico che il retraente M. F. era nudo proprietario del fondo confinante rispetto a quello venduto agli odierni ricorrenti, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigettandosi la domanda di riscatto proposta dal F., per mancanza di uno dei requisiti di legge.
In considerazione della novità della questione, la Corte stima equo compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di riscatto agrario proposta da M. F. nei confronti di A. D. F. e A. P.. Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 16 dicembre 2014.

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