Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 4 dicembre 2015, n. 48211

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIALE Aldo – Presidente

Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere

Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. ACETO Aldo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 5649/2012 TRIBUNALE di GENOVA, del 30/09/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/01/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. G. Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con sentenza del 30 settembre 2013 il Tribunale di Genova in composizione monocratica dichiarava (OMISSIS), imputato del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, (reati accertati, quanto al capo A) il (OMISSIS) e quanto al capo B) il (OMISSIS)) colpevole dei detti reati condannandolo, previa concessione della circostanza attenuante di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 13, e ritenuta la continuazione, alla pena, condizionalmente sospesa e con il beneficio della non menzione, di mesi tre di reclusione.

1.2 Per l’annullamento della sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore, deducendo, con unico articolato motivo, l’inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale (articolo 10 quater del Decreto Legislativo n. 74 del 2000) per avere il Tribunale affermato la responsabilita’ del (OMISSIS) per una condotta (utilizzazione in compensazione di crediti in eccedenza rispetto ai limiti consentiti seguita dall’omesso versamento dell’imposta) non inquadrabile nel paradigma normativo di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, ma, piuttosto, in quello previsto dal Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 13, comma 1. In particolare, la difesa lamenta che l’equiparazione operata dal Tribunale tra chi si procura liquidita’ omettendo di versare ritenute certificate e chi se la procura sfruttando il meccanismo della compensazione oltre i limiti di legge, e’ errata in diritto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono. In punto di fatto va ricordato che al (OMISSIS) sono stati contestati due distinti reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, per avere lo stesso, nella sua qualita’ di legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., omesso di versare le ritenute IRPEF e i contributi previdenziali per un ammontare superiore ad euro 50.000,00 per gli anni di imposta 2007 e 2008, utilizzando in compensazione crediti IVA non spettanti in quanto eccedenti la misura massima consentita dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 34, comma 1.

2. Il Tribunale, muovendo dal testo del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, il quale sanziona, con la pena di cui all’articolo 10 bis, stesso Decreto Legislativo, anche chiunque non versi le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi del Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 17, crediti non spettanti o inesistenti, premessa la distinzione tra il concetto di crediti inesistenti (intendendo per tali quelli fraudolentemente portati in compensazione dal contribuente, pur non essendo fondati su pretese esistenti – fenomeno della c.d. “frode in compensazione”), e la nozione di crediti “non spettanti”, tra i quali andrebbero ricompresi anche quelli, pur esistenti, ma inesigibili, ha ritenuto che anche i crediti posti in compensazione oltre i limiti previsti (oggi) dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 34, comma 1, rientrano nella categoria dei crediti non spettanti.

2.1 E’ stata, quindi, disattesa la tesi difensiva secondo la quale la norma penale in questione – laddove di parla di crediti non spettanti – andrebbe interpretata in senso restrittivo pena la violazione dell’articolo 25 Cost., nel senso che andrebbero considerati come “non spettanti” solo i crediti che esulano dal rapporto tributario fra contribuente ed Amministrazione finanziaria.

2.2 Il ragionamento del giudice genovese si fonda oltre che sul tenore letterale della norma, anche su un argomento di ordine logico-sistematico costituito dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2, articolo 27, comma 18, che ha mantenuto la sanzione, sul piano tributario, per i mancati versamenti tanto quando derivino da compensazioni indebite perche’ fondate su crediti inesistenti (frode in compensazione), quanto nella ipotesi che derivino da compensazioni che pur fondate su crediti esistenti, sia avvenute “oltre misura” (eccesso di compensazione) cosi’ da definirsi pur esse indebite.

2.3 Da tale norma appare chiaro l’intento del legislatore tributario di continuare a ritenere illecita, sotto l’aspetto tributario, la condotta (salvo un diverso trattamento sanzionatorio, meno grave nel caso delle compensazioni in eccesso) di qualunque abuso nella compensazione, ivi compresa la c.d. “compensazione oltre i limiti consentiti”.

2.4 Cio’ costituisce una implicita riprova del mantenimento della sanzione penale anche per le ipotesi come quella oggi in esame, ancorche’ la formula legislativa adoperata, per la sua genericita’, possa dar luogo a qualche perplessita’ interpretativa.

3. La questione di diritto sottoposta oggi all’esame di questa Corte Suprema (questione gia’ prospettata al Giudice di appello che l’ha risolta in senso negativo rispetto alla linea difensiva) consiste nel verificare se nella nozione – volutamente ampia – usata dal legislatore nell’articolo 10 quater, del Decreto Legislativo citato di “crediti non spettanti” rientrino quelli che vengono portati in compensazione dal contribuente quando essi superino i limiti imposti dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 34, comma 1.

3.1 Il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, prevede, come e’ noto, la reclusione da sei mesi a due anni nei confronti di chiunque utilizzi in compensazione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17, crediti non spettanti o inesistenti per un ammontare superiore, per ciascun periodo d’imposta, ad euro 50.000,00: il richiamo al Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 17, fa si’ che la indebita compensazione di cui all’articolo 10 quater, valga tanto per la compensazione c.d. “verticale” (quella, cioe’, riguardante crediti e debiti afferenti la medesima imposta), quanto per la compensazione c.d. “orizzontale” riguardante crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto il legislatore tributario dell’epoca aveva ampliato la gamma delle ipotesi di compensazione gia’ previste dalle norme tributarie, estendendo tale facolta’ anche a crediti e debiti di natura diversa nonche’ alle somme dovute agli enti previdenziali.

3.2 Cio’ detto, occorre anche ricordare che il panorama normativo di riferimento e’ completato dal Decreto Legislativo n. 472 del 1997, articolo 13, comma 1, (il c.d. “ravvedimento operoso”) come modificato successivamente dalla Legge n. 220 del 2010, articolo 1, a tenore del quale la sanzione e’ ridotta, in caso di versamento di quanto dovuto nei termini previsti da tale norma, sempreche’ la violazione non sia stata gia’ constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attivita’ amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza in misura variabile secondo i tempi di versamento.

3.3 Detta disposizione, a sua volta, e’ stata modificata dalla Legge n. 190 del 1914, articolo 1, comma 637, (legge di stabilita’ 2015) con la quale e’ stata attuata una revisione sostanziale della disciplina del ravvedimento operoso: in particolare, con decorrenza 1 gennaio 2015 risultano ampliati i vincoli temporali entro cui e’ possibile avvalersi dell’istituto, prevedendosi come unica causa ostativa all’utilizzo dello stesso solo l’avvenuta notifica dell’atto di constatazione dell’irregolarita’ tributaria e di irrogazione delle sanzioni.

3.4 Tuttavia l’istituto del ravvedimento operoso non ha una specifica refluenza sulla fattispecie penale per la quale opera, invece, il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 13, in concreto applicata dal Tribunale ai fini sanzionatori.

3.5 Proseguendo nella ricognizione delle norme che interessano la fattispecie in esame, va fatto un cenno anche al Decreto Legge n. 185 del 1908 come modificato dalla legge di conversione n. 2 del 28 gennaio 2009, a tenore del quale viene punita con la sanzione amministrativa tributaria in misura variabile la condotta di chi opera indebite compensazioni, ferma restando la pari rilevanza ai fini penali delle compensazioni cosi’ dette “orizzontali” e “verticali”.

3.6 Dal complesso delle norme cosi’ indicate possono sin d’ora trarsi alcune conclusioni confortate dalla giurisprudenza formatasi sulla materia.

4. E’ stata, anzitutto, esclusa l’applicabilita’ del principio di specialita’ (Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 19) tra il reato di indebita compensazione, previsto dall’articolo 10 quater, del Decreto Legislativo suddetto e l’illecito amministrativo introdotto dal Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185, articolo 27, comma 18, (convertito con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2), il quale punisce in via amministrativa l’indebita utilizzazione in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute, essendo del tutto diverse le condotte. Il quid pluris che caratterizza la norma penale e’ costituito, infatti, dalla condotta, diversa ed ulteriore, consistente nell’omesso versamento dell’imposta dovuta (Sez. 3 11.11.2010 n. 42462, Ragosta e altri, Rv. 248753).

4.1 La stessa decisione contiene anche un riferimento al concetto di compensazione in senso orizzontale e verticale la cui rilevanza penale e’ assolutamente uguale per entrambe le evenienze.

4.2 Non si rinvengono precedenti significativi sul tema delle compensazioni per crediti non spettanti laddove riferiti a crediti esistenti sul piano oggettivo ma in misura superiore ai limiti massimi previsti dal Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 17, come successivamente modificato dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 34 comma 1.

4.3 L’istituto della compensazione tributaria, come ricordato dal Tribunale e come sottolineato dalla stessa difesa del ricorrente, e’ stato introdotto dal Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 17, che, allo scopo di semplificare l’attivita’ della riscossione, ha ampliato il concetto di compensazione di stampo civilistico, introducendo una nuova tipologia di compensazione in ambito tributario non solo per crediti e debiti di natura tributaria omogenie, ma anche per crediti e debiti della medesima natura eterogenei.

4.4 Il rischio paventato dal Tribunale di “evasione facilitata” quale degenerazione del sistema introdotto dal legislatore tributario, fa si’ che accanto ad una categoria di crediti di pronta definizione (i crediti inesistenti) si ponga una categoria ancora piu’ ampia formata dai crediti non spettanti intesi in senso lato, tra i quali rientrerebbero, oltre quelli in senso soggettivo (come dianzi accennato) anche quelli in senso oggettivo (come, per esempio crediti che, seppure formatisi in riferimento ad un determinato anno di imposta, possono essere tributariamente utilizzati solo nell’anno successivo). A quest’ultima categoria dovrebbero essere equiparati – secondo l’argomentazione prospettata dal Tribunale – anche quelli derivanti da una compensazione oltre i limiti fissati, oggi, dalla Legge n. 388 del 2000, articolo 34, comma 1, il quale prevede che, con decorrenza dal 1 gennaio 2001, il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi del Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, e’ fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare (corrispondenti ad euro 516.456,90), elevato ad euro 1.000.000,00 per i subappaltatori che nell’anno precedente abbiano effettuato operazioni di reverse charge di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 17, comma 6, lettera a), per almeno l’80% del volume di affari.

4.5 Tale parificazione fa si’ che la condotta di colui che si procura la liquidita’ non versando l’imposta dovuta sarebbe esattamente analoga a quella di chi se la procura utilizzando una indebita compensazione eccedente quei limiti previsti dalla menzionata Legge n. 388 del 2000, articolo 34.

4.6 A tale conclusione il Tribunale perviene accomunando nel concetto di indebito tutto cio’ che non e’ dovuto e dunque, anche crediti che, sia pure esistenti in quanto eccedenti un determinato limite, non spettano ai fini della compensazione.

4.7 In effetti l’espressione “compensazione in eccedenza” cui fa riferimento la Legge n. 388 del 2000, articolo 34, comma 1, sembra essere concettualmente diversa dall’espressione “credito non spettante”, in quanto la non spettanza penalmente rilevante a stretto rigore parrebbe riferirsi al credito in quanto tale e non alla compensazione che, rispetto al primo (che costituisce solo un dato oggettivo), rappresenta una operazione tributaria riferita pur sempre a crediti esistenti e spettanti, seppure non in vista di una compensazione.

4.8 Ritiene il Collegio che l’interpretazione di tale concetto risultante dal testo della sentenza impugnata, sia corretta sotto il profilo astratto, anzitutto perche’ il concetto di non spettanza include dal punto di vista logico, tutto cio’ che non spetta, ovviamente dal punto di vista tributario; ancora, per la intenzione del legislatore di mantenere ferma la sanzionabilita’ dal punto di vista tributario di tutte le condotte di compensazione indebita, comprese quindi quelle eccedenti i limiti consentiti, anche se devesi dar atto che nemmeno la Legge n. 2 del 2009, articolo 27, comma 18, espressamente contiene riferimenti alla ipotesi in discorso. In effetti il legislatore tributario nel mantenere tale distinzione, ha comunque operato una diversificazione del trattamento sanzionatorio tributario tra le condotte fraudolente propriamente dette (crediti inesistenti) e quelle non fraudolente, punite meno gravemente: ma e’ rimasto fermo il concetto che la non spettanza debba essere riferita non solo ai crediti che esulano dal rapporto tributario fra contribuente ed Amministrazione finanziaria ma anche a quelli che abbiano una attinenza con il rapporto tributario tra i detti soggetti.

4.9 Bisogna tuttavia dar atto che la giurisprudenza tributaria formatasi con riferimento alla fattispecie delle compensazioni in eccedenza non e’ uniformemente orientata nel senso della sanzionabilita’ di tale condotta: cosi’, ad esempio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio Sez. 20 , con decisione n. 183 pubblicata il 24 novembre 2009 ha escluso che l’ipotesi dell’omesso versamento conseguente a compensazioni in eccesso sia tributariamente sanzionabile; in senso conforme la Commissione Tributaria Provinciale di Modena Sez. 3 con decisione n. 49 del 4 giugno 2008, ritenendo che la compensazione dell’IVA oltre il limite massimo previsto non e’ autonomamente ed espressamente sanzionata dall’ordinamento.

4.10 Il riferimento alla normativa tributaria di settore non appare superfluo in questa sede se si pone mente all’intenzione del legislatore penale tributario di modificare la disciplina sanzionatoria attuale prevedendo una serie di agevolazioni per quelle condotte riferibili alle compensazioni per crediti non spettanti, escluse, invece, per quelle riferibili ai crediti inesistenti.

4.11 In questo direttrice si collocava gia’ l’articolo 13, dello schema di decreto legislativo sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente predisposto dal Governo e licenziato nel dicembre 2014, secondo il quale era prevista una modifica del corrispondente Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 13, consistente nella diminuzione sino alla meta’ della pena prevista – per quanto qui rileva – dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, nel caso di estinzione prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado del debito tributario nella sua totalita’ mediante versamento di quanto dovuto.

4.12 Va dato atto poi del fatto che nelle more del deposito della presente sentenza e’ stato predisposto altro decreto legislativo delegato in sostituzione di quello precedentemente menzionato, approvato dal Governo il 25 giugno 2015 e poi definitivamente trasfuso nel Decreto Legislativo n. 158 del 2015, del 24 settembre 2015, nel quale, a conferma del mutato orientamento del legislatore, e’ stato ridisegnato l’assetto sanzionatorio relativo alla figura delittuosa di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater. Viene ora diversamente sanzionata, come espressamente contemplato dall’articolo 9 del detto Decreto Legislativo, la fattispecie della compensazione indebita per crediti non spettanti rispetto a quella per crediti inesistenti, nel senso che, nel primo caso e’ prevista una pena compresa tra i sei mesi e i due anni di reclusione, mentre nel secondo caso la sanzione e’ compresa tra un minimo un anno e sei mesi di reclusione ed un massimo di anni sei anni – articolo 9 dello schema di decreto legislativo). A rafforzare il concetto del mutato indirizzo legislativo va anche ricordato che l’articolo 11 del predetto Decreto Legislativo con il quale e’ stato rivisitato l’originario testo del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 13, prevede al primo comma del novellato articolo 13 una espressa causa di non punibilita’, per quanto qui rileva, per il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, (prima escluso nel testo del precedente schema di decreto legislativo) nel caso di integrale versamento del debito tributario prima dell’apertura del dibattimento di primo grado.

5. Ma al di la’ di tali notazioni, comunque sintomatiche dell’intento, oggi attuato, del legislatore di mettere ordine in una materia che prestava il fianco a piu’ di una perplessita’, resta il fatto che anche sul fronte dell’elemento soggettivo del reato la sentenza impugnata si espone a censure puntualmente dedotte dalla difesa e non adeguatamente valutate dal Tribunale.

5.1 Il giudice di merito, infatti, in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, che richiede il dolo generico, ha circoscritto la propria indagine alla mancata vigilanza da parte dell’imputato dell’operato del commercialista (che a suo dire sarebbe incorso in un errore contabile) ed alla insufficiente attenzione prestata, sempre dall’imputato, all’anomalo accrescimento del volume di affari che avrebbe dovuto indurre l’imputato a ritenere che tale evento era imputabile soltanto a quella erronea compensazione.

5.2 Ritiene il Collegio che la prospettazione della buona fede da parte della difesa avrebbe invece dovuto indurre il Tribunale ad approfondire il tema tenendo conto non solo delle oggettive difficolta’ di interpretazione della norma a causa della generica formula adoperata dal legislatore, ma anche degli orientamenti emersi sullo specifico tema nella giurisprudenza tributaria formatasi sulla materia.

5.3 Ma vi e’ di piu’: da parte del Tribunale non e’ stata attentamente valutata – pur se accennata – la questione relativa al versamento spontaneo della imposta dovuta in conseguenza del superamento del plafond di euro 516.456,90. Il Tribunale da atto dell’avvenuto spontaneo versamento ma nulla specifica in ordine ai tempi in cui questo versamento e’ stato effettuato e, in definitiva, in ordine a quei limiti preclusivi previsti dal menzionato Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 13: tema, questo, che riporta alle considerazioni dianzi svolte in ordine alle recenti iniziative legislative intraprese per un riordino della materia delle compensazioni indebite dal punto di vista penale.

6. In questo senso appare pertinente, diversamente da come opinato dal Tribunale, il richiamo alla decisione di questa Suprema Corte che si e’ soffermata su un particolare aspetto del citato Decreto Legislativo n. 417 del 1997, articolo 13.

6.1 Con tale decisione questa Sezione ha inteso precisare che – esclusa la possibilita’ di configurare nel caso di compensazioni indebite per crediti inesistenti l’ipotesi originariamente delineata della truffa ex articolo 640 c.p., e ritenuta, invece, astrattamente configurabile la fattispecie delittuosa di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater, – emergeva pacificamente la circostanza che non si trattava di crediti inesistenti, ma semplicemente di crediti non ancora validamente utilizzabili in compensazione e che l’imputato aveva provveduto a versare tempestivamente, vale a dire prima della scadenza del termine previsto per il versamento dell’IVA, le somme dovute che erano state inserite in un mod. F24 contenente, pero’, dati errati che avevano determinato la perseguibilita’ penale. Sulla base di tali argomentazioni la Corte Suprema ha ritenuto non configurato il reato per essere la condotta non riconducibile all’ipotesi delittuosa residua (cioe’ quella di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 quater) (Sez. 3 12.9.2013 n. 37350, Scirocco n.m.).

6.2 Sulla base di tali considerazioni e tenuto conto che si versa in una ipotesi di ricorso “per saltum” si impone l’annullamento della sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Genova, che in tale sede dovra’ piu’ approfonditamente valutare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato a carico dell’imputato, alla luce delle principi di diritto enunciati da questa Corte Suprema.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Genova.

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