Corte di Cassazione,sezione III, sentenza 31 agosto 2011, n. 17871. Nel caso di danno parentale, il danno morale del parente ed il danno per la perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita al momento in cui la perdita è percepita è quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita, altro non sono che la componente del complesso pregiudizio, che va interamente risarcito


Il testo integrale

Suprema Corte di Cassazione

Sezione III Civile

Sentenza 31 agosto 2011, n. 17871

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 1581 del 14.2.2005 iltribunale di Napoli, decidendo su varie domande risarcitorie relative a danni derivati da un incidente stradale verificatosi l’xxxxxxxx, nel quale erano state coinvolte un furgone blindato delle Poste e due autovetture, accertò che l’incidente si era verificato per colpa esclusiva di P..D.S. (che alla guida una Opel Kadett aveva invaso la corsia percorsa dal furgone, superando la doppia striscia continua) e la condannò, in solido con la Lanier Italia s.p.a. e con l’assicuratrice Tirrena s.p.a., a pagare Euro 30.336 (+ 3.185) alla trentasettenne E.N., che aveva riportato lesioni personali.

Con sentenza n. 1570 del 2008 la corte d’appello di Napoli, per quanto in questa sede ancora interessa, ha respinto l’appello della D.S. in punto di an debeatur e parzialmente accolto quello della N. sul quantum, aumentando fino ad Euro 37.575,96 (da rivalutarsi, oltre agli interessi) la somma dovutale in considerazione del fatto che, benché inconsapevole di essere gravida da poche settimane (del quarto figlio), aveva dovuto praticare un aborto terapeutico in conseguenza delle lesioni riportate nell’incidente.

Avverso la sentenza ricorrono per cassazione la N., il marito Lu.Ga. ed i tre figli (G.L., A. e A.), affidandosi a quattro motivi.

Resiste con controricorso la D.S., che propone anche ricorso incidentale basato su un unico motivo.

Al ricorso principale resiste con controricorso anche Ina Assitalia, assicuratrice del furgone delle Poste.

I ricorrenti principali resistono con controricorso al ricorso incidentale

Tutti hanno depositato memoria, mentre nessuno degli altri intimati ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

A) Il ricorso incidentale D.S.

È logicamente preliminare lo scrutinio del ricorso incidentale della D.S., che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1227, 2054, 2697, 2731 e ss. cod. civ., 41 cod. pen., 99, 112,116, 231 e ss. cod. proc. civ., nonché ogni possibile tipo di vizio della motivazione sul punto decisivo costituito dalla individuazione dell’esclusiva responsabile dell’incidente.

Il motivo è inammissibile.

In calce all’illustrazione del motivo, a pagina 26 del ricorso incidentale, è scritto:

“Ai sensi e per gli effetti dell’art. 366 c.p.c. dica codesta Ecc.ma Corte se, in presenza di risultanze istruttorie contraddittorie e comunque non univoche in merito all’esatta ricostruzione della dinamica di un incidente stradale, il Giudice del merito può ritenere in ogni caso che la condotta di uno dei conducenti degli autoveicoli coinvolti nel medesimo incidente sia stata causa esclusiva della produzione dello stesso e ritenere, altresì, superata la presunzione di corresponsabilità ex art. 2054 c.c., escludendo peraltro la colpa di uno dei predetti conducenti, pur avendo quest’ultimo violato le disposizioni del codice dello strada e comunque le norme di ordinaria prudenza e diligenza rapportate alle caratteristiche della strada dove è avvenuto l’incidente stradale di cui si discute.

Dica, inoltre, se il giudice del merito può, in ogni caso, omettere di accertare il comportamento di ciascuno dei conducenti degli autoveicoli coinvolti nel medesimo incidente al fine di stabilire se, in rapporto alla situazione di fatto accertata, sussista un concorso di colpa nella determinazione dell’evento dannoso, nonché l’efficienza causale del predetto comportamento in ordine alla produzione dell’evento dannoso di cui si discute”.

Nessuna delle due proposizioni soddisfa i requisiti di cui all’art. 366 bis c.p.c, applicabile ratione temporis.

Non la prima, poiché dalla risposta affermativa non deriverebbe l’accoglimento del ricorso, essendo dalla ricorrente presupposto che le risultanze istruttorie fossero contraddittorie, mentre secondo la corte non lo erano affatto. Per attaccare la sentenza sul punto sarebbe stato, in ipotesi, necessario offrire le indicazioni (sintetiche e finali) di cui all’art. 366 bis relative al vizio di motivazione sull’apprezzamento di fatto compiuto dal giudice del merito. E tali indicazioni mancano.

Non la seconda, poiché la “situazione di fatto accertata” lo era stata appunto nel senso che la colpa fosse da ascrivere interamente alla ricorrente. E per criticare la motivazione su quell’accertamento sarebbe stato ancora una volta necessario offrire le indicazioni che neppure qui sono state date.

È in realtà censurato l’apprezzamento del fatto, insuscettibile di rivisitazione in questa sede.

B) Il ricorso principale N./G.

Con i primi due motivi di ricorso sono denunciate violazione e falsa applicazione di norme di diritto, anche di rango costituzionale, alla luce dei principi enunciati da Cass., sez. un., n. 26972 del 2008, domandandosi, a chiusura del primo, se le lesioni patite con postumi permanenti del 10% e l’interruzione coartata della gravidanza dovessero comportare “un’adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico” (pag. 16 del ricorso) e, a chiusura del secondo, se tanto dovesse comportare “un’adeguata motivazione” in ordine alla gravità del reato, della lesione e del pregiudizio (a pag. 20).

Il primo motivo è manifestamente infondato, poiché alla personalizzazione la corte d’appello ha dichiaratamente proceduto pagina 17 della sentenza (portando ad Euro 12.000 il danno morale, somma “di gran lunga superiore alla misura eh in media si riconosce”, proprio in considerazione della ulteriore sofferenza morale patita dalla N. per aver dovuto praticare un aborto terapeutico; e tuttavia osservando che la gravidanza era stata proprio allora scoperta, sicché non poteva dirsi che ella avesse subito una sofferenza sconvolgente); mentre il secondo è inammissibile in relazione al riferimento nel quesito alla motivazione (che può concernere solo una quaestio facti e mai una quaestio iuris) in una censura di error in indicando, che in cassazione è necessariamente correlata ad un errore di diritto.

Col terzo motivo è denunciato vizio di motivazione in relazione ai criteri di valutazione del danno morale.

La censura è inammissibile in quanto totalmente difetta il momento di sintesi di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ., contenente “la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificar la decisione”.

Col quarto motivo è dedotto “l’error in iudicando per la violazione degli artt. 2043, 2056 e 2059 c.c. in relazione al principio di interpretazione vincolante delle Sezioni Unite 11.11.2008 n. 26972 al punto 4.9 (secondo esempio) in relazione agli artt. 2, 3, 29, 30 Cost. e 33 Carta di diritti fondamentali dell’Unione Europea, con riferimento alla mancata liquidazione del danno morale al padre del nascituro ed ai germani”.

La corte d’appello, alle pagine 18 e 19 della sentenza, ha rigettato l’appello di tutti gli attuali ricorrenti in ordine alla richiesta di liquidazione “del danno esistenziale dovuto alla lesione della sfera affettiva per la perdita del nascituro” sul conclusivo rilievo che “ove si ammettesse la sua autonoma sussistenza nel caso di specie, si finirebbe col compiere una duplicazione risarcitoria, liquidando due volte la pecunia doloris per le medesime privazioni”.

Ora, è del tutto evidente che tale motivazione si attaglia al rigetto della domanda della N. (il cui danno non patrimoniale era stato riconosciuto), e non certo alla posizione del padre e dei fratelli, la cui domanda era stata respinta in primo grado.

Ma non della totale assenza di motivazione in ordine al rigetto delle pretese risarcitorie del padre e degli altri figli dei genitori del concepito si dolgono i ricorrenti, che invocano il principio di diritto tratto da Cass., sez. un., n. 26972/2008 e così testualmente riportato: “nel caso di danno parentale, il danno morale del parente ed il danno per la perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita al momento in cui la perdita è percepita è quella che accompagna l’esistenza del soggetto che l’ha subita, altro non sono che la componente del complesso pregiudizio, che va interamente risarcito” (a pag. 29 del ricorso).

Il principio invocato è del tutto inconferente rispetto alla rilevata, assoluta assenza di motivazione, sicché la censura risulta manifestamente infondata.

C) Conclusioni.

I ricorsi sono respinti.

Le spese tra i ricorrenti in via principale e la ricorrente in via incidentale possono essere compensate, stante la soccombenza reciproca.

Quelle sostenute dall’Ina Assitalia, che ha tempestivamente resistito ad entrambi i ricorsi, vanno rimborsate da ciascuna delle parti soccombenti in ragione della metà.

P.Q.M

LA CORTE DI CASSAZIONE

riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese tra i ricorrenti principali N./G. e la ricorrente incidentale D.S.

condanna i primi e la seconda a rimborsare all’Ina Assitalia le spese processuali, che pone per la metà a carico dei N. /G. e per la metà a carico della D.S. e che liquida in complessivi Euro 3.200, di cui 3.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

 

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