lottizzazione1

Suprema Corte di Cassazione

sezione III
sentenza 3 febbraio 2014, n. 5105

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. GENTILE Mario – Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/07/2008 della Corte di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Spinaci Sante, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio limitatamente alla confisca; rigetto nel resto;
udito per gli imputati l’avv. (OMISSIS) che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Roma, con sentenza emessa in data 17 luglio 2008, confermava la decisione emessa dal Tribunale della stessa citta’, appellata da (OMISSIS) e (OMISSIS) dichiarati colpevoli dei reati di lottizzazione abusiva per aver frazionato un terreno agricolo gravato da vincoli ambientali dividendolo in due lotti, uno dei quali veniva venduto dalla (OMISSIS) al (OMISSIS) (capo a), nonche’ dei conseguenti reati paesaggistici ed urbanistici (capi c), d) ed e), con condanna alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente sospesa alla rimessione in pristino dei luoghi, con ulteriore confisca dei terreni lottizzati.
2. Per l’annullamento della sentenza impugnata, ricorrono per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori, (OMISSIS) e (OMISSIS) che, avendo rinunziato alla prescrizione, affidano i gravami rispettivamente a cinque motivi (il (OMISSIS)) ed a tre motivi (la (OMISSIS)).
2.1. Con il primo motivo il (OMISSIS) denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale nonche’ il vizio di illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e), deducendo, da un lato, come l’ipotesi di reato configurata, quella cioe’ della lottizzazione abusiva, sia del tutto insussistente nel caso di specie e cio’ sul fondamentale rilievo della mancanza di una vera e propria trasformazione urbanistica del territorio non essendo stato in alcun modo violato il diritto alla programmazione territoriale in capo alla pubblica amministrazione e, dall’altro, come entrambe le sentenze (di primo e di secondo grado) non abbiano risolto una incongruenza genetica, insita nello stesso capo di imputazione, in relazione alla condotta addebitata e tenuta dagli imputati per la consumazione del reato, la quale non e’ stata ben individuata nelle sentenze, portando anche nel medesimo contesto decisionale a ritenere decisiva ora la condotta negoziale, ora quella materiale o entrambe, senza una ragionevole consequenzialita’ logica, con conseguente ed insanabile difetto di motivazione circa l’ipotizzato concorso dei due imputati nel reato di lottizzazione.
2.2. Con il secondo motivo il (OMISSIS) parimenti denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e) deducendo, da un lato, l’assenza dell’elemento psicologico in ordine al reato di lottizzazione abusiva e, dall’altro, omessa motivazione in punto di sussistenza del dolo.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia il vizio di omessa motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) circa la ricorrenza del reato ambientale deducendo come la sentenza non abbia affatto valutato se, in concreto, l’intervento edilizio avesse o meno una sua rilevanza sul vincolo imposto e se ed in quale misura incidesse sul bene tutelato.
2.4. Con il quarto motivo si denunzia difetto di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) deducendo come il secondo giudice abbia fondato il rigetto della richiesta di eliminazione della subordinazione della sospensione condizionale della pena al ripristino dello stato dei luoghi sull’erroneo presupposto che l’inerzia della pubblica amministrazione fosse ragione necessaria e sufficiente per disporre una condizione al benefico ex articolo 163 c.p..
2.5. Con il quinto motivo denuncia il vizio di omessa motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e) sulla richiesta di contenimento della pena nei minimi edittali e di conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria.
3. (OMISSIS) denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b ed e) deducendo come la Corte territoriale, obliterando le specifiche censure mosse nei confronti della sentenza di primo grado, non abbia affatto motivato circa la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva, convalidando un’errata configurazione della fattispecie come reato progressivo (primo motivo) ed omettendo, di conseguenza, ogni motivazione circa la sussistenza del concorso di persone nel reato di lottizzazione abusiva da parte dei due imputati (secondo motivo). In ogni caso, avendo l’autorita’ di governo del territorio nel frattempo adottato una variante generale al piano regolatore comunale che abilita la ricorrente al compimento delle opere insistenti sul terreno, chiede la revoca della disposta confisca, espressamente impugnando il relativo capo della decisione (terzo motivo).
4. Con motivi aggiunti, anche (OMISSIS) chiede la revoca della confisca, essendo stati il terreno ed il sovrastante fabbricato inseriti nel piano di recupero adottato dal competente consiglio comunale.
5. Il difensore di (OMISSIS) ha inoltre depositato in data 11 dicembre 2013 copia della Delib. Giunta regionale n. 452 del 10 dicembre 2013 di approvazione della nuova perimetrazione del piano di recupero urbanistico relativo alla zona nella quale ricade l’area oggetto del presente procedimento con conseguente avvenuta regolarizzazione sotto l’aspetto urbanistico ed edilizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso proposti con gli originari atti di gravame sono infondati. Fondato, nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono, e’ il terzo motivo relativo alla disposta confisca proposto dalla (OMISSIS), estensibile al (OMISSIS) e da questi coltivato con il motivo aggiunto.
2. I primi due motivi proposti nell’interesse del (OMISSIS) e nell’interesse della (OMISSIS), essendo tra loro intimamente connessi, vanno trattati congiuntamente.
3. La Corte territoriale, in perfetta consonanza con la decisione di primo grado, ha ricostruito la vicenda processuale con logica ed adeguata motivazione.
Per rendersene conto e scrutinare funditus i motivi di gravame, va brevemente ricordato, per quanto qui interessa, come nella fase di merito sia stato accertato, sulla base di prove documentali e testimoniali certe, che, in data 30 agosto 1997, la (OMISSIS), imprenditrice agricola, presento’ al comune di (OMISSIS) una domanda di nuova concessione in variante ad una precedente concessione edilizia (n. (OMISSIS)) relativa alla diversa copertura ed alla riduzione della volumetria di un fabbricato sito in localita’ (OMISSIS) e distinto in catasto al foglio 11 particella (OMISSIS) da adibirsi ad uso agricolo. Alla domanda era allegato un atto di obbligo di vincolo della superficie del terreno rispetto alla volumetria da realizzare.
Mediante tale atto, per notar (OMISSIS), la (OMISSIS) – in qualita’ di proprietaria di un terreno di mq 41.810 – vincolava la proprieta’ terriera al servizio delle erigende costruzioni in conformita’ ai progetti approvati, vincolando altresi’ i fabbricati alla destinazione d’uso risultante da quei progetti.
Il comune rilascio’ la concessione edilizia (n. (OMISSIS)) precisando che la destinazione d’uso era agricola.
La (OMISSIS) inzio’ i lavori in data 21 novembre 1997 e successivamente presento’ una richiesta di concessione in variante, che ottenne.
Nelle more della realizzazione dei progetti assentiti, che scontarono il ritardo nel completamento del lavori, la (OMISSIS) ed il (OMISSIS), del quale la regione Lazio aveva attestato la qualita’ di imprenditore agricolo, stipularono, in data in data (OMISSIS), un contratto preliminare di compravendita del terreno agricolo di 8.800 mq distinti al foglio 11 della particella (OMISSIS) sub b), specificando che l’edificazione era possibile esclusivamente per la realizzazione di case coloniche e vincolando al medesimo uso il terreno di maggiore estensione pari a 30.000 mq distinto al foglio 11 particella (OMISSIS).
In data (OMISSIS), gli imputati stipularono l’atto di compravendita al quale era allegato il certificato di destinazione urbanistica ed una planimetria.
In data 9 settembre 1997, il comune rilascio’ al (OMISSIS) la concessione edilizia n. (OMISSIS) per la costruzione di un manufatto ad uso residenziale rurale da edificare sul terreno censito al foglio 11 particella (OMISSIS) da adibirsi ad uso agricolo residenziale con relative prescrizioni.
Il (OMISSIS) comunico’ l’inizio dei lavori in data 20 ottobre 1997 e chiese ed ottenne due concessioni in variante.
3.1. Da tutto cio’, i Giudici di merito hanno tratto fondato convincimento che, pur risultando formalmente rispettati gli indici di piano avuto riguardo ai volumi globalmente realizzati a fronte di una superficie fondiaria unitaria pari a 41.810 mq, furono realizzati ben tre edifici autonomi e fisicamente separati, almeno uno dei quali (quello di (OMISSIS)) del tutto scollegato dalla destinazione agricola.
A tal fine e’ stato sufficiente valorizzare due dati incontrovertibili: la superficie fondiaria del terreno acquistato dal (OMISSIS) e la conformazione dell’edificio realizzato con la concessione edilizia n. (OMISSIS).
Il (OMISSIS) aveva acquistato dalla (OMISSIS) meno di un ettaro di terreno (precisamente 8.800 mq pari cioe’ ad un fondo a forma regolare con lati di 80 e 110 m).
La gran parte di tale fondo e’ risultata occupata dalla c.d. “casa colonica” e dal circostante terreno ad essa asservito.
E’ di tutta evidenza dunque l’approdo cui e’ giunta la Corte territoriale che, in conformita’ alla pronuncia resa dal Tribunale, ha stimato trattarsi di un appezzamento di terreno del tutto inidoneo alla coltivazione da parte di chi intenda esercitare l’attivita’ agricola in forma imprenditoriale.
Quanto poi alla c.d. casa colonica, e’ risultato che era stato realizzato un edificio su tre piani, uno dei quali parzialmente interrato, avente la superficie complessiva di poco meno di 500 mq, di cui oltre 300 fuori terra e 180 al piano interrato (approdo convalidato dagli esami testimoniali (OMISSIS) e (OMISSIS)); l’immobile era composto di tre camere da letto, due studi, un soggiorno, una sala pranzo, una cucina, una sala breakfast, oltre a vari bagni e disimpegni, la cantina, la stireria, la lavanderia ed il locale “vasca da irrigazione” al piano interrato.
Si trattava, in buona sostanza, tenuto conto delle finiture e dei dati di progetto relativi al terreno tutto intorno alla casa (ricco di terrazze con barbecue, prati, aiuole e sentieri tracciati) di un edificio avente destinazione esclusivamente residenziale, privo in concreto di collegamenti con la destinazione agricola formalmente risultante.
Inoltre la (OMISSIS), come si ricordera’, aveva gia’ destinato ad uso agricolo l’edificio – di cui alla concessione edilizia n. (OMISSIS), oggetto della nuova concessione edilizia n. (OMISSIS) – che in tanto poteva avere una destinazione agricola se ed in quanto funzionalmente collegato al terreno circostante, con superficie minima di 3 ettari (secondo le vigenti norme di piano); ma su detto terreno vennero ad insistere ben tre edifici: quello del (OMISSIS) ed i due sdoppiati di proprieta’ di (OMISSIS), come emerso dai rilievi fotografici.
Significativo rilievo e’ stato poi attribuito dai Giudici di merito al fatto che nel preliminare di compravendita era prevista una servitu’ reciproca di transito pedonale e carrabile da realizzarsi mediante la costruzione di una apposita strada che, per le dimensioni (metri 220 di lunghezza e metri 5 di larghezza) e’ stata, a ragione, considerata a tutti gli effetti una vera e propria opera di urbanizzazione.
Ed e’ su queste basi che la Corte di merito, in conformita’ all’approdo cui era giunto il Tribunale, aveva ritenuto, complessivamente considerando tutti gli atti amministrativi e privatistici esaminati, nonche’ lo stato di fatto dei luoghi distinti al foglio 11 mappale (OMISSIS), una sorta di progressione criminosa che aveva prodotto come risultato la divisione da parte della (OMISSIS) di un unico fondo in piu’ appezzamenti di terreno in parte scollegati funzionalmente dalla destinazione urbanistica formale, e sui quali erano state realizzate ben tre costruzioni autonome ad uso agricolo residenziale, con previsione di ulteriori opere di urbanizzazione, con la conseguenza che la condotta della (OMISSIS) aveva determinato la trasformazione urbanistica dell’area, individuata dal foglio 11 mappale (OMISSIS) del Comune di (OMISSIS), da zona agricola a zona sostanzialmente residenziale.
A questo risultato finale progressivo non era rimasta estranea, secondo i Giudici del merito, la condotta del (OMISSIS), il quale acquisto’ una modesta porzione di terreno a fini esclusivamente residenziali, con la conseguenza che il (OMISSIS) contribui’ fattivamente alla realizzazione dell’evento pur avendo conosciuto – o comunque avendo dovuto conoscere – le prescrizioni della normativa urbanistica vigente sui luoghi interessati alla costruzione.
E’ stato accertato che sulla zona gravava il vincolo ambientale – paesistico di cui alla Legge n. 1497 del 1939 del parco naturale di (OMISSIS) apposto ai sensi delle Legge Regionale 6 ottobre 1997, n. 29 e Legge 25 novembre 1999, n. 36.
3.2. Vanno anche chiariti quali siano i limiti del controllo di legittimita’ quando ci si trova di fronte, come nella specie, a una doppia sentenza di condanna e quando la doglianza (vizio di motivazione) e’ caratterizzata dalla diversa lettura degli atti processuali.
Va allora precisato che, in tema di ricorso per cassazione, quando ci si trova, come nella specie, dinanzi ad una “doppia conforme” e cioe’ ad una doppia conforme decisione (di condanna), le sentenze di primo e secondo grado vanno apprezzate nel loro complesso, onde valutarne la conformita’ al diritto ed alla logica, si’ da poterne considerare la tenuta in sede di legittimita’.
4. Passando ora ad esaminare i motivi di ricorso, quanto alla prima doglianza formulata dal (OMISSIS), comune anche alla (OMISSIS), la sua infondatezza e’ di tutta evidenza giacche’, sulla base della logica e coerente ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale, l’integrazione del reato di lottizzazione e’ pacifica, essendosi proceduto alla suddivisione del suolo in lotti destinati alla successiva costruzione di edifici a scopo residenziale, la cui esecuzione era del tutto inibita dagli strumenti urbanistici, avendo ottenuto, come schermo, i titoli abilitativi per realizzare fabbricati rurali per l’esercizio dell’attivita’ imprenditoriale agricola.
La giurisprudenza di questa Corte ha recentemente chiarito che integra il reato di lottizzazione abusiva il frazionamento e la predisposizione di un terreno agricolo alla realizzazione di piu’ edifici aventi natura e destinazione residenziale, in quanto trattasi di attivita’ edificatoria fittiziamente connessa alla coltivazione ed allo sfruttamento produttivo del fondo ed incompatibile con l’originaria vocazione dell’area. (Sez. 3, n. 15605 del 31/03/2011, Manco ed altri, Rv. 250151).
Ed e’ pacifico che la lottizzazione abusiva viene attuata con qualsiasi utilizzazione del suolo che preveda la realizzazione di una pluralita’ di edifici cosi’ da comportare una nuova definizione dell’assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, evento comunque nella specie realizzato, ovvero quando detto intervento non potrebbe, come pure si e’ verificato nel caso di specie, in nessun caso essere realizzato poiche’, per le sue connotazioni oggettive, si pone in contrasto con previsioni di zonizzazione e/o di localizzazione dello strumento generale di pianificazione che non possono essere modificate da piani urbanistici attuativi.
La giurisprudenza di questa Corte e’ nel senso che integra il reato di lottizzazione abusiva anche la cosiddetta lottizzazione “mista”, consistente nell’attivita’ negoziale di frazionamento di un terreno in lotti e nella successiva edificazione dello stesso (Sez. 3, n. 6080 del 26/10/2007, dep. 07/02/2008, Casile ed altri, Rv. 238979).
Ed e’ cio’ che si e’ puntualmente verificato nella fattispecie in esame, essendo stata realizzata “una trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio”, attraverso il conferimento di un diverso assetto ad una parte di esso, con modalita’ vietate.
E’ stato pure precisato (Sez. 3, n. 6080 del 2007 cit.) che anche la vendita di un terreno, sulla base di quote che impongono al suolo un diverso, in ipotesi anche equivalente, assetto proprietario, e’ idonea ad integrare il reato di lottizzazione abusiva c.d. “negoziale”.
Nella specie, l’intento di eseguire attivita’ edificatoria difforme da quella consentita dallo strumento urbanistico non trova alcuna smentita, emergendo limpidamente dalle prove documentali e testimoniali valorizzate dai Giudici di merito.
Quanto poi alla natura della contestazione, si ricava agevolmente dal tenore letterale dell’accusa come agli imputati sia stato rimproverato (capo a) di aver provveduto al frazionamento in due lotti del terreno attraverso la vendita dalla (OMISSIS) al (OMISSIS), per atto notarile, con successiva esecuzione dei lavori in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che il secondo profilo della doglianza sollevata dal (OMISSIS) e’ inconsistente, desumendosi proprio dalla contestazione la natura mista della lottizzazione de qua, nei sensi sopra precisati e dovendosi infine ricordare come la lottizzazione abusiva sia reato a consumazione alternativa, potendosi realizzare sia per il difetto di autorizzazione sia per il contrasto, come nella specie, con le prescrizioni della legge o degli strumenti urbanistici (Sez. 3, n. 17865 del 17/03/2009, P.M. in proc. Quarta ed altri, Rv. 243750 nonche’ Sez. U, n. 5115 del 28/11/2001, dep. 08/02/2002, Salvini, Rv. 220708).
4.1. Con riferimento poi al lamentato difetto di motivazione circa il ritenuto concorso nella lottizzazione (secondo motivo di ricorso della (OMISSIS)) ed al difetto di motivazione circa l’elemento soggettivo del reato (secondo motivo del (OMISSIS)), la Corte territoriale si e’ uniformata al principio di diritto ormai costante che configura la contravvenzione di lottizzazione abusiva come “reato progressivo nell’evento”, avendo sul punto le Sezioni Unite rilevato che: “sussiste il reato di lottizzazione abusiva anche quando l’attivita’ posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o ad opere gia’ eseguite, perche’ tali attivita’ iniziali, pur integrando la configurazione del reato, non definiscono l’iter criminoso che si perpetua negli interventi che incidono sull’assetto urbanistico. Infatti, tenuto conto che il reato in questione e’, per un verso, un reato a carattere permanente e progressivo e per altro verso a condotta libera, si deve considerare in primo luogo che non vi e’ alcuna coincidenza tra il momento in cui la condotta assume rilevanza penale e/o momento di cessazione del reato, in quanto anche la condotta successiva alla commissione del reato da luogo ad una situazione antigiuridica di pari efficacia criminosa; in secondo luogo che se il reato di lottizzazione abusiva si realizza anche mediante atti negoziali diretti al frazionamento della proprieta’, con previsioni pattizie rivelataci dell’attentato al potere programmatorio dell’autorita’ comunale, cio’ non significa che l’azione criminosa si esaurisca in questo tipo di condotta perche’ l’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria ulteriormente compromettono le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza pubblica” (Sez. U, n. 4708 del 27/03/1992, Fogliani, non mass.).
Di cio’ la successiva giurisprudenza di legittimita’ non ha mai dubitato ribadendo che la contravvenzione di lottizzazione abusiva e’ reato progressivo nell’evento, che sussiste anche quando l’attivita’ posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o alle opere gia’ eseguite, non esaurendo tali iniziali attivita’ il percorso criminoso e protraendosi quest’ultimo attraverso gli interventi successivi incidenti sull’assetto urbanistico (Sez. 3, n. 12772 del 28/02/2012 Tallarini, Rv. 252236).
Sicche’, avuto riguardo alla ricostruzione della vicenda processuale come correttamente operata dai Giudici di merito, non possono nutrirsi dubbi sulla configurabilita’ della compartecipazione criminosa, in considerazione della riscontrata convergenza delle condotte degli imputati durante l’iter criminis, dalla stipulazione degli atti negoziali alla edificazione, e tutte dunque causalmente orientate verso la realizzazione dell’evento lottizzatorio.
Tale circostanza ha portato la Corte territoriale, in perfetta sovrapposizione con quanto ritenuto dal Tribunale, fondatamente a ritenere che una tale consapevolezza fosse plasticamente indicativa della sussistenza del dolo, avendo i Giudici del merito congruamente evidenziato gli elementi volontari ed intenzionali dei soggetti agenti e la finalita’ edificatoria dell’acquisto del terreno da parte del (OMISSIS), in uno alla consapevolezza di entrambi gli imputati dei vincoli urbanistici gravanti sulla zona, avendo sfruttato la qualita’ di imprenditori agricoli e la (OMISSIS), al pari del (OMISSIS), assunto obblighi specifici quanto alla destinazione agricola dei terreni.
4.2 Infondato e’ anche il terzo motivo di gravame.
Con esso si lamenta la carenza assoluta di motivazione da parte della Corte di appello circa le doglianze mosse nei confronti della sentenza di primo grado in ordine alla ritenuta configurabilita’ dei reati paesaggistici.
Si sostiene che il (OMISSIS) aveva gia’ iniziato i lavori al momento dell’entrata in vigore della Legge Regionale n. 29 del 1997, che imponeva il vincolo paesaggistico sull’area, e che il Tribunale aveva errato nell’escludere l’applicabilita’ della Legge Regionale n. 29 del 1997, articolo 8, comma 6 che, nel dettare le norme di salvaguardia, esonerava coloro che avessero gia’ iniziato i lavori dall’onere di richiede il nulla osta paesaggistico, doglianza che la Corte di appello aveva del tutto pretermesso alla stessa stregua di quella relativa all’invocata insussistenza dei reati paesaggistici in quanto gli interventi non avevano minimamente inciso sul vincolo non avendo per nulla compromesso il bene giuridico oggetto di tutela.
In effetti, la Corte territoriale, dopo aver riportato le doglianza mosse in parte qua dal (OMISSIS) con i motivi di appello, non ha affatto esaminato le censure limitandosi a ripercorrere solo implicitamente, pur in assenza di una specifica motivazione sul punto, l’iter logico seguito dalla decisione di primo grado.
Va allora ricordato che, in tema di sentenza penale di appello, non sussiste mancanza o vizio della motivazione allorquando i Giudici di secondo grado, in conseguenza della completezza e della correttezza dell’indagine svolta in primo grado, nonche’ della corrispondente motivazione, seguano le grandi linee del discorso del primo giudice.
Ed invero, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione (Sez. 3, Sentenza n. 4700 del 14/02/1994 Scauri Rv. 197497; Sez. 2, Sentenza n. 11220 del 13/11/1997 Ambrosino Rv. 209145).
Da tale indirizzo questa Corte non si e’ mai discostata ribadendo sempre che il legame indissolubile che unisce le sentenze di primo e di secondo grado implica che le decisioni di merito formano un unico complesso motivazionale, al quale il giudice di legittimita’ deve avere riguardo ai fini della valutazione della congruita’ della motivazione del provvedimento impugnato, tanto sul rilievo che le sentenze, integrandosi a vicenda, producono un risultato organico ed inscindibile.
Ne consegue che, qualora la sentenza di appello manchi della motivazione su un punto della decisione impugnata che e’ stato espressamente devoluto con l’atto di gravame, il difetto non produce automaticamente la nullita’ della sentenza in ordine al punto della decisione omesso, a condizione pero’ che quella di primo grado sia esaustiva e completa avendo analizzato tutti gli aspetti della vicenda che resterebbero pertanto non scalfiti dalle critiche mosse con l’impugnazione.
Sarebbe invero illogico e contrario ai principi della ragionevole durata del processo che la Corte di cassazione annulli con rinvio una pronuncia, pur in presenza di una precedente motivazione completa ed autosufficiente su un punto della controversia, il cui esame sia stato omesso dal giudice di appello, il quale, producendo un unico e convergente risultato, ha mostrato, con la conferma della statuizione, implicitamente di condividerla.
E’ percio’ onere della parte che impugna l’omessa o incompleta motivazione della sentenza di appello riproporre, stante il principio della unicita’ organica ed inscindibile delle motivazioni delle sentenze di primo e di secondo grado, le stesse censure che il Giudice di appello non abbia, in tutto o in parte, scrutinato.
Di tale principio si e’ mostrato avvertito il ricorrente che, non limitandosi a chiedere l’annullamento della sentenza impugnata per difetto di motivazione, ha infatti puntualmente e diligentemente ripresentato le doglianze sulle quali la Corte di legittimita’ deve ora inderogabilmente pronunciarsi, controllando la motivazione esistente e non dovendosi limitare, puramente e semplicemente, a censurare quella omessa.
Cio’ posto, la motivazione del Tribunale, alla quale quindi il Giudice di legittimita’ deve fare riferimento per la delibazione della censura, e’ ampiamente autosufficiente e corretta.
E’ pacifico, in quanto non controverso (pag. 29 della sentenza), che il (OMISSIS), al momento dell’entrata in vigore (il 25 novembre 1997) della Legge Regionale n. 29 del 1997 aveva iniziato i lavori (il 20 ottobre 1997).
Tuttavia la legge regionale, come ha diffusamente spiegato il giudice di primo grado, conteneva una norma di salvaguardia (articolo 8) che, al comma 5, stabiliva che, all’interno delle zone B previste dall’articolo 7, comma 4, lettera a), n. 2), si applicavano le prescrizioni di cui ai commi 3 e 4 della norma di salvaguardia (articolo 8) in quanto compatibili con l’attuazione delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti generali ed attuativi e delle norme di ricostruzione delle zone terremotate.
La norma di salvaguardia stabiliva poi al comma 6 che nelle zone territoriali omogenee C), D), E) ed F) di cui al Decreto Ministeriale 2 aprile 1968 all’interno delle zone B, previste dall’articolo 7, comma 4, lettera a), n. 2), solo per gli interventi per i quali, pur in presenza dell’approvazione definitiva alla data di entrata in vigore della legge, non si fosse ancora proceduto all’avvio dei lavori per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria o di singoli insediamenti, dovevano essere sottoposti a nulla osta preventivo degli assessorati regionali competenti che avrebbero dovuto rilasciarlo entro sessanta giorni dal ricevimento dell’istanza.
Siccome il (OMISSIS) aveva gia’ iniziato i lavori, il ricorrente argomenta che su di lui non incombeva l’onere di richiedere il nulla osta paesaggistico.
Il Tribunale ha tuttavia accertato, con insindacabile giudizio che neppure e’ messo minimamente in discussione con il motivo di gravame, che l’intervento ricadeva in zona territoriale omogenea (d’ora in poi z.t.o.) “E”, che identifica la zona a destinazione agricola, con riferimento alla quale l’articolo 8, comma 3, lettera o) vietava la realizzazione di nuovi edifici (all’interno appunto delle z.t.o..
E previste dal Decreto Ministeriale Lavori Pubblici 2 aprile 1968, articolo 2, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97) con la conseguenza che – sulla base dell’articolo 8 – gli interventi e le opere previsti al comma 3, lettera o), nn. 1, 2, 3 e 4, al comma 4, lettera a), c), d) ed e), e comma 5 dovevano esse comunque sottoposti al nulla osta preventivo di cui al comma 6 indipendentemente quindi dalla circostanza che i lavori fossero iniziati o meno.
Ed infatti l’intervento del (OMISSIS) ricadeva, come detto, nella previsione di cui all’articolo 8, comma 3, lettera o), n. 1 che contemplava il caso degli interventi gia’ autorizzati e regolarmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge, i quali percio’ richiedevano, con tutta evidenza, il rilascio del nulla osta paesaggistico.
La motivazione del Tribunale e’ dunque ineccepibile ed il profilo della doglianza e’ infondato, non applicandosi nella specie l’invocato dall’articolo 8, comma 6 delle norme di salvaguardia di cui alla Legge Regionale Lazio n. 29 del 1997.
Il reato di cui all’articolo 163 Decreto Legislativo n. 29 ottobre 1999, n. 490 (ora sostituito dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 41, articolo 181), allorquando sia realizzato mediante una condotta che si protrae nel tempo (nella specie, di edificazione di manufatto), e’ permanente e si consuma con l’esaurimento totale dell’attivita’ o con la cessazione della condotta per altro motivo (Sez. 3, Sentenza n. 16393 del 17/02/2010 Cavallo Rv. 246758).
Si tratta poi di un reato formale di pericolo che si consuma con la sola realizzazione di lavori, attivita’ o interventi in zone vincolate senza la prescritta autorizzazione paesaggistica, e prescinde dal verificarsi di un evento di danno e da ogni accertamento in ordine alla avvenuta alterazione del paesaggio, atteso che il vincolo posto su determinate parti del territorio nazionale ha una funzione prodomica al governo del territorio stesso (Sez. 3, n. 16713 del 10/03/2004, Di Muzio, Rv. 227965; Sez. 3, n. 2903 del 20/10/2009,dep. 22/01/2010, Soverini Rv. 245908).
Ne consegue l’infondatezza anche dell’ulteriore profilo della doglianza, e dunque dell’intero motivo di gravame, essendo del tutto irrilevante, trattandosi di un reato di pericolo, se l’intervento abbia o meno impattato il vincolo paesaggistico recando il danno ambientale che non e’ richiesto per l’integrazione della fattispecie e comunque in presenza della concretezza del pericolo attestata dall’esecuzione di un edificio nella zona sottoposta al vincolo.
4.3. Il quarto motivo e’ destituito di fondamento, essendo costante la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di reati edilizi e di lottizzazione in particolare, il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena inflitta, legittimamente puo’ subordinare detto beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell’opera abusiva (Sez. U, n. 714 del 20/11/1996, dep. 03/02/1997, Luongo) Rv. 206659), in quanto tale ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato Sez. 3, Sentenza n. 28356 del 21/05/2013, Farina, Rv. 255466).
4.4. Il quinto motivo e’ infondato in quanto aspecifico.
La Corte territoriale spiegato come la pena inflitta dal primo giudice sia stata contenuta e mite, certamente non afflittiva, in relazione alla gravita’ della lesione arrecata all’interesse pubblico tutelato.
A fronte di una siffatta motivazione, il ricorrente non ha allegato alcuna circostanza di rilievo che possa giustificare una diversa conclusione.
Va ricordato che i motivi di gravame costituiscono una parte essenziale ed inscindibile della impugnazione e, pur nella riconosciuta liberta’ della loro formulazione, debbono essere, ai sensi dell’articolo 581 c.p.p., lettera c), articolati in maniera specifica: devono cioe’ indicare chiaramente, a pena di inammissibilita’, le ragioni su cui si fonda la doglianza. In mancanza di cio’, viene meno l’obbligo del giudice di fornire una risposta a tutte le questioni proposte, in quanto tale obbligo trova un limite nella genericita’ della censura.
5. E’ fondato, nei limiti di seguito precisati, il terzo motivo di ricorso presentato dalla (OMISSIS) e la prospettazione formulata con i motivi aggiunti o nuovi depositati ai sensi dell’articolo 611 c.p.p. dal (OMISSIS), limitatamente alla disposta confisca.
La difesa del (OMISSIS) ha anche depositato, in data 11 dicembre 2013, la Delib. Giunta regionale n. 452 del 10 dicembre 2013 di approvazione della nuova perimetrazione del piano di recupero urbanistico denominato “(OMISSIS)” in localita’ (OMISSIS) nella quale ricade, secondo l’assunto, l’area oggetto di confisca nel presente procedimento penale, desumendosi da cio’ la conseguente regolarizzazione degli interventi sotto l’aspetto urbanistico ed edilizio e da cui dovrebbe scaturire la revoca della confisca, che e’ reclamata anche dalla (OMISSIS) sul rilievo che il Comune di (OMISSIS) avrebbe adottato una variante al piano regolatore generale che abiliterebbe la (OMISSIS) al compimento delle opere insistenti sul terreno di cui al foglio 11 particella (OMISSIS) e successive modifiche.
Cio’ posto, la giurisprudenza di questa Corte ha piu’ volte ribadito che, in tema di lottizzazione abusiva, la successiva adozione di un piano di recupero urbanistico dell’area abusivamente lottizzata da parte delle autorita’ competenti o la successiva autorizzazione a lottizzare, anche se atti non idonei ad incidere sulla penale responsabilita’ dei soggetti coinvolti, impedisce che con la sentenza di condanna venga disposta la confisca e, se questa sia stata disposta, ne impone la revoca, atteso che diversamente il provvedimento giurisdizionale si renderebbe incompatibile con l’esercizio dei poteri legislativamente attribuiti alla pubblica amministrazione (Sez. 3, n. 1966 del 05/12/2001, dep. 21/01/2002, Venuti, Rv. 220852; Sez. 3, n. 47272 del 30/11/2005, Iacopino ed altri, Rv. 232998).
Tale statuizione tuttavia non puo’ essere, nella specie, adottata dalla Corte di cassazione essendo necessari accertamenti di fatto, preclusi nel giudizio di legittimita’, sia sull’ambito oggettivo (eventualmente su quali terreni) e soggettivo (se o meno per entrambi gli imputati) degli interventi di regolarizzazione urbanistica e sia sull’esatta individuazione delle particelle investite dall’intervento stesso.
Tali particelle hanno verosimilmente potuto subire modifiche in seguito a frazionamenti, come pure si deduce negli atti di causa, senza che la Corte abbia tuttavia la possibilita’ di procedere a verifiche o di richiedere ai ricorrenti specifiche produzioni, che sara’ loro onere allegare al Giudice del merito, a seguito dell’annullamento con rinvio della decisione impugnata limitatamente alla disposta confisca, conseguendo nel resto il rigetto dei ricorsi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
Rigetta nel resto il ricorso.

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