Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 28 gennaio 2014, n. 3680
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente
Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere
Dott. MARINI Luigi – rel. Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 5/6/2013 della Corte di appello di Catanzaro, che, in parziale riforma della sentenza del 24/9/2009 del Tribunale di Cosenza, ha dichiarato estinti i reati ex articolo 81 c.p. e Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2 convertito in Legge 11 novembre 1983, n. 638 e successive modifiche, commessi fino al mese di ottobre 2005 e ha rideterminato in 2 mesi e 15 giorni e 350,00 euro di multa la pena per i restanti reati commessi fino ad (OMISSIS);
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dr. Izzo Gioacchino, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito per l’imputata l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso o dichiararsi la prescrizione dei reati.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente
Dott. MULLIRI Guicla – Consigliere
Dott. MARINI Luigi – rel. Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 5/6/2013 della Corte di appello di Catanzaro, che, in parziale riforma della sentenza del 24/9/2009 del Tribunale di Cosenza, ha dichiarato estinti i reati ex articolo 81 c.p. e Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2 convertito in Legge 11 novembre 1983, n. 638 e successive modifiche, commessi fino al mese di ottobre 2005 e ha rideterminato in 2 mesi e 15 giorni e 350,00 euro di multa la pena per i restanti reati commessi fino ad (OMISSIS);
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dr. Izzo Gioacchino, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
udito per l’imputata l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso o dichiararsi la prescrizione dei reati.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 5/6/2013 la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza del 24/9/2009 del Tribunale di Cosenza, ha dichiarato estinti i reati ex articolo 81 c.p. e Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2 convertito in Legge 11 novembre 1983, n. 638 e successive modifiche, commessi fino al mese di (OMISSIS) e ha rideterminato in 2 mesi e 15 giorni e 350,00 euro di multa la pena per i restanti reati commessi fino ad (OMISSIS).
La Corte di appello ha in motivazione rigettato le censure mosse dall’imputata e, in particolare, ha respinto: a) la questione di nullita’ dei decreti penali di condanna per omessa individuazione del difensore d’ufficio, atteso che la rituale opposizione supera il vizio lamentato; b) la questione concernente la mancata notificazione delle comunicazioni amministrative, risultando queste notificate a mezzo raccomandata presso la sede della societa’ o presso il domicilio e ritirate da persona addetta; c) la questione circa il mancato pagamento delle retribuzioni, superata dal contenuto delle dichiarazioni effettuate a mezzo Mod. DM10.
2. Avverso tale decisione l’avv. (OMISSIS) per la sig.ra (OMISSIS) propone ricorso in sintesi lamentando:
a. nullita’ dei decreti penali, e degli atti successivi, per omessa indicazione di un difensore d’ufficio, con conseguente violazione dell’articolo 460 c.p.p., comma 3, e compressione del diritto della difesa (tra le altre Sez. 1, n. 15166 del 4/3/2009) comportante una nullita’ assoluta (Sez.6, n.29398 dell’11/6/2009);
b. errata applicazione di legge ex articolo 606 c.p.p., lettera b) in relazione al Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 1 bis, convertito in Legge 11 novembre 1983, n. 638 e successive modifiche in assenza di prova dell’effettivo pagamento delle retribuzioni;
c. errata applicazione di legge ex articolo 606 c.p.p., lettera b) con riferimento all’elemento soggettivo del reato per mancanza della consapevolezza dell’avviso inviato dall’Inps e conseguente difetto di una condizione di procedibilita’.
La Corte di appello ha in motivazione rigettato le censure mosse dall’imputata e, in particolare, ha respinto: a) la questione di nullita’ dei decreti penali di condanna per omessa individuazione del difensore d’ufficio, atteso che la rituale opposizione supera il vizio lamentato; b) la questione concernente la mancata notificazione delle comunicazioni amministrative, risultando queste notificate a mezzo raccomandata presso la sede della societa’ o presso il domicilio e ritirate da persona addetta; c) la questione circa il mancato pagamento delle retribuzioni, superata dal contenuto delle dichiarazioni effettuate a mezzo Mod. DM10.
2. Avverso tale decisione l’avv. (OMISSIS) per la sig.ra (OMISSIS) propone ricorso in sintesi lamentando:
a. nullita’ dei decreti penali, e degli atti successivi, per omessa indicazione di un difensore d’ufficio, con conseguente violazione dell’articolo 460 c.p.p., comma 3, e compressione del diritto della difesa (tra le altre Sez. 1, n. 15166 del 4/3/2009) comportante una nullita’ assoluta (Sez.6, n.29398 dell’11/6/2009);
b. errata applicazione di legge ex articolo 606 c.p.p., lettera b) in relazione al Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, articolo 2, comma 1 bis, convertito in Legge 11 novembre 1983, n. 638 e successive modifiche in assenza di prova dell’effettivo pagamento delle retribuzioni;
c. errata applicazione di legge ex articolo 606 c.p.p., lettera b) con riferimento all’elemento soggettivo del reato per mancanza della consapevolezza dell’avviso inviato dall’Inps e conseguente difetto di una condizione di procedibilita’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene di dover procedere all’esame del ricorso muovendo dal primo dei motivi, il cui accoglimento avrebbe efficacia assorbente di ogni altra questione. La censura mossa dalla ricorrente non puo’ essere accolta. Se e’ vero che l’omessa indicazione del difensore d’ufficio e la conseguente mancata notificazione dei decreti penali al medesimo comportano la nullita’ dei provvedimenti (si veda, ad esempio, Sez. 1, n.15166 del 4/3/2009, Azzinnaro; Sez.2, n.26881 del 24/4/2009, Filici), deve osservarsi che si e’ in presenza di nullita’ che puo’ essere sanata allorche’ i diritti sottesi alla garanzia fissata dalla legge abbiano trovato concreta tutela e l’imputata abbia visto assicurata l’effettivita’ della difesa.
2. E’ ben vero che questa Corte ha qualificato il vizio dell’omessa indicazione del difensore d’ufficio e della conseguente omessa notificazione come nullita’ assoluta rilevabile in ogni stato e grado del giudizio (Sez. 6, n.29398 dell’11/6/2009, Flocea), ma si tratta di valutazione che ha come oggetto non la correttezza del decreto penale, atto che secondo legge viene emesso in assenza di contraddittorio, quanto la correttezza della procedura successiva che mira ad assicurare il contraddittorio ritardato e la possibilita’ per l’imputato di impedirne l’efficacia e di sollecitare forme diverse di definizione dell’azione penale. In altri termini, cio’ che deve essere assicurato all’imputato e’ la possibilita’ di agire tempestivamente e nelle forme assistite per porre nel nulla il decreto penale di condanna e sollecitare una diversa forma di giudizio.
3. Tale possibilita’ puo’ in concreto verificarsi allorche’, ricevuta la notificazione personalmente, il ricorrente sia in grado di farsi in concreto assistere tecnicamente e di proporre opposizione nei termini di legge; agire, cioe’, esattamente esercitando le facolta’ che la legge intende assicurare mediante la nomina di un difensore d’ufficio e la notificazione dell’atto al medesimo, forme che il Tribunale non ha, invece, rispettato.
4. Con sentenza n. 9212 del 9/2/2012, ricorrente Spadafora (rv 252363) questa Sezione ha affermato il principio secondo cui: “In tema di decreto penale di condanna, l’omessa notifica al difensore e’ sanata dalla presentazione dell’opposizione e quest’ultima non e’ soggetta all’osservanza del termine previsto dall’articolo 461 c.p.p. “Si legge, in particolare, in motivazione: “Tanto premesso, si osserva che la censura del ricorrente e’ puntuale in fatto: dagli atti di causa (che la Corte e’ legittimata a compulsare essendo stato dedotto un vizio processuale) si rileva che allo imputato, non munito di difensore di fiducia, non e’ stato nominato un legale di ufficio.
“In diritto, si osserva che, come correttamente segnalato nei motivi di ricorso, la novazione dell’articolo 460 c.p.p., comma 3 (avvenuta con la Legge n. 60 del 2001 nella ottica garantistica derivante dalla attuazione dei principi del “giusto processo”) ha introdotto l’obbligo di notifica del decreto penale di condanna al difensore di fiducia, se nominato, o a quello di ufficio; cio’ al fine di fare assistere l’imputato da una persona tecnicamente qualificata per valutare le possibili opzioni processuali e consigliarlo sulla convenienza della opposizione. La mancata designazione di un difensore di ufficio nella fase di emissione del decreto penale (ove non e’ richiesta la presenza di un legale) non ha sanzioni processuali.
“La omessa notifica del decreto al difensore e’ stata ritenuta da alcune sentenze di legittimita’ una nullita’ assoluta di ordine generale a sensi dell’articolo 178 c.p.p., lettera c), articolo 179 c.p.p., che impedisce sia la esecutivita’ del decreto sia la decorrenza del termine per proporre opposizione con la conseguenza che deve considerarsi ritualmente esercitata la facolta’ prevista dall’articolo 461 c.p.p. dal difensore di fiducia successivamente nominato sebbene non nei termini (Cass. Sez. 3 n 5849/2003; Sez. 6 n. 29398/2009).
“Altre decisioni, alla cui conclusione la Corte reputa aderire, hanno rilevato che la omessa notifica al difensore del decreto penale di condanna non determina una nullita’ assoluta ed e’ sanata dalla presentazione della opposizione: avendo l’atto raggiunto lo scopo cui era diretto – attivazione del procedimento oppositivo previa consultazione con un legale – viene meno da parte dell’imputato l’interesse alla osservanza della disposizione violata (Sez. 1 , 16002/2004; Sez. 1 n 21821/2004; Sez. 4 n. 17582/2010). Pertanto, la giurisprudenza di questa Corte, sia pure con percorso motivazionale parzialmente diverso, ritiene nel caso in esame utilmente esercitata la opposizione da parte del difensore di fiducia nominato dopo la emanazione del decreto di condanna anche senza l’osservanza del termine stabilito dall’articolo 461 c.p.p., comma 1: la mancata e necessaria notificazione del decreto determina come conseguenza che, per il difensore, il dies a quo per proporre opposizione non e’ mai iniziato a decorrere”.
5. Il secondo motivo dev’essere giudicato inammissibile. La Corte di appello ha motivatamente escluso che difetti la prova dell’avvenuto pagamento delle retribuzioni che originano il debito oggetto di contestazione; la sentenza impugnata ha illustrato in modo non illogico che la dichiarazioni provenienti dalla stessa imputata attraverso i modelli “DM10” costituiscono elemento sufficiente per ritenere sussistenti le premesse su cui si fonda l’accusa. A fronte di tale motivazione la ricorrente non ha fornito elementi decisivi di segno contrario e si e’ limitata a riproporre in modo generico una questione sollevata coi motivi di appello e rigettata correttamente dalla sentenza impugnata. Si e’ , dunque, in presenza di motivo cui applicare il costante orientamento di questa Corte secondo cui si considerano generici – con riferimento al disposto dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c) -, i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimita’ le medesime doglianze presentate in sede di appello avverso la sentenza di primo grado e che nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento della decisione sui punti contestati. Si tratta di interpretazione costantemente applicata dalla giurisprudenza di questa Corte ed espressa, da ultimo, con la sentenza della Sez. 6, n.22445 del 2009, P.M. in proc.Candita e altri, rv 244181, ove si afferma che “e’ inammissibile per genericita’ il ricorso per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti gia’ illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato”.
6. Ad analoga conclusione deve giungersi per l’ultimo motivo di ricorso Anche in questo caso la ricorrente ripropone senza addurre specifiche ragioni una questione che i giudici di appello hanno esaminato e correttamente affrontato anche mediante il richiamo alla decisione contenuta nella sentenza n. 1855 del 2012 delle Sezioni Unite penali.
7. Cosi’ esaminati i motivi di ricorso, alla dichiarazione di infondatezza del primo di essi consegue per la Corte l’obbligo di verificare l’eventuale decorso dei termini prescrizionali.
In effetti, nelle more del giudizio di legittimita’ risultano maturati i termini massimi relativi ai reati commessi fino al mese di gennaio 2006; l’estinzione di tali reati comporta l’eliminazione della relativa pena che alla luce dei criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio fissati dai giudici di merito, va individuata in cinque giorni di reclusione e 10 euro di multa pena da eliminare.
2. E’ ben vero che questa Corte ha qualificato il vizio dell’omessa indicazione del difensore d’ufficio e della conseguente omessa notificazione come nullita’ assoluta rilevabile in ogni stato e grado del giudizio (Sez. 6, n.29398 dell’11/6/2009, Flocea), ma si tratta di valutazione che ha come oggetto non la correttezza del decreto penale, atto che secondo legge viene emesso in assenza di contraddittorio, quanto la correttezza della procedura successiva che mira ad assicurare il contraddittorio ritardato e la possibilita’ per l’imputato di impedirne l’efficacia e di sollecitare forme diverse di definizione dell’azione penale. In altri termini, cio’ che deve essere assicurato all’imputato e’ la possibilita’ di agire tempestivamente e nelle forme assistite per porre nel nulla il decreto penale di condanna e sollecitare una diversa forma di giudizio.
3. Tale possibilita’ puo’ in concreto verificarsi allorche’, ricevuta la notificazione personalmente, il ricorrente sia in grado di farsi in concreto assistere tecnicamente e di proporre opposizione nei termini di legge; agire, cioe’, esattamente esercitando le facolta’ che la legge intende assicurare mediante la nomina di un difensore d’ufficio e la notificazione dell’atto al medesimo, forme che il Tribunale non ha, invece, rispettato.
4. Con sentenza n. 9212 del 9/2/2012, ricorrente Spadafora (rv 252363) questa Sezione ha affermato il principio secondo cui: “In tema di decreto penale di condanna, l’omessa notifica al difensore e’ sanata dalla presentazione dell’opposizione e quest’ultima non e’ soggetta all’osservanza del termine previsto dall’articolo 461 c.p.p. “Si legge, in particolare, in motivazione: “Tanto premesso, si osserva che la censura del ricorrente e’ puntuale in fatto: dagli atti di causa (che la Corte e’ legittimata a compulsare essendo stato dedotto un vizio processuale) si rileva che allo imputato, non munito di difensore di fiducia, non e’ stato nominato un legale di ufficio.
“In diritto, si osserva che, come correttamente segnalato nei motivi di ricorso, la novazione dell’articolo 460 c.p.p., comma 3 (avvenuta con la Legge n. 60 del 2001 nella ottica garantistica derivante dalla attuazione dei principi del “giusto processo”) ha introdotto l’obbligo di notifica del decreto penale di condanna al difensore di fiducia, se nominato, o a quello di ufficio; cio’ al fine di fare assistere l’imputato da una persona tecnicamente qualificata per valutare le possibili opzioni processuali e consigliarlo sulla convenienza della opposizione. La mancata designazione di un difensore di ufficio nella fase di emissione del decreto penale (ove non e’ richiesta la presenza di un legale) non ha sanzioni processuali.
“La omessa notifica del decreto al difensore e’ stata ritenuta da alcune sentenze di legittimita’ una nullita’ assoluta di ordine generale a sensi dell’articolo 178 c.p.p., lettera c), articolo 179 c.p.p., che impedisce sia la esecutivita’ del decreto sia la decorrenza del termine per proporre opposizione con la conseguenza che deve considerarsi ritualmente esercitata la facolta’ prevista dall’articolo 461 c.p.p. dal difensore di fiducia successivamente nominato sebbene non nei termini (Cass. Sez. 3 n 5849/2003; Sez. 6 n. 29398/2009).
“Altre decisioni, alla cui conclusione la Corte reputa aderire, hanno rilevato che la omessa notifica al difensore del decreto penale di condanna non determina una nullita’ assoluta ed e’ sanata dalla presentazione della opposizione: avendo l’atto raggiunto lo scopo cui era diretto – attivazione del procedimento oppositivo previa consultazione con un legale – viene meno da parte dell’imputato l’interesse alla osservanza della disposizione violata (Sez. 1 , 16002/2004; Sez. 1 n 21821/2004; Sez. 4 n. 17582/2010). Pertanto, la giurisprudenza di questa Corte, sia pure con percorso motivazionale parzialmente diverso, ritiene nel caso in esame utilmente esercitata la opposizione da parte del difensore di fiducia nominato dopo la emanazione del decreto di condanna anche senza l’osservanza del termine stabilito dall’articolo 461 c.p.p., comma 1: la mancata e necessaria notificazione del decreto determina come conseguenza che, per il difensore, il dies a quo per proporre opposizione non e’ mai iniziato a decorrere”.
5. Il secondo motivo dev’essere giudicato inammissibile. La Corte di appello ha motivatamente escluso che difetti la prova dell’avvenuto pagamento delle retribuzioni che originano il debito oggetto di contestazione; la sentenza impugnata ha illustrato in modo non illogico che la dichiarazioni provenienti dalla stessa imputata attraverso i modelli “DM10” costituiscono elemento sufficiente per ritenere sussistenti le premesse su cui si fonda l’accusa. A fronte di tale motivazione la ricorrente non ha fornito elementi decisivi di segno contrario e si e’ limitata a riproporre in modo generico una questione sollevata coi motivi di appello e rigettata correttamente dalla sentenza impugnata. Si e’ , dunque, in presenza di motivo cui applicare il costante orientamento di questa Corte secondo cui si considerano generici – con riferimento al disposto dell’articolo 581 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c) -, i motivi che ripropongono davanti al giudice di legittimita’ le medesime doglianze presentate in sede di appello avverso la sentenza di primo grado e che nella sostanza non tengono conto delle ragioni che la Corte di appello ha posto a fondamento della decisione sui punti contestati. Si tratta di interpretazione costantemente applicata dalla giurisprudenza di questa Corte ed espressa, da ultimo, con la sentenza della Sez. 6, n.22445 del 2009, P.M. in proc.Candita e altri, rv 244181, ove si afferma che “e’ inammissibile per genericita’ il ricorso per cassazione, i cui motivi si limitino a enunciare ragioni ed argomenti gia’ illustrati in atti o memorie presentate al giudice a quo, in modo disancorato dalla motivazione del provvedimento impugnato”.
6. Ad analoga conclusione deve giungersi per l’ultimo motivo di ricorso Anche in questo caso la ricorrente ripropone senza addurre specifiche ragioni una questione che i giudici di appello hanno esaminato e correttamente affrontato anche mediante il richiamo alla decisione contenuta nella sentenza n. 1855 del 2012 delle Sezioni Unite penali.
7. Cosi’ esaminati i motivi di ricorso, alla dichiarazione di infondatezza del primo di essi consegue per la Corte l’obbligo di verificare l’eventuale decorso dei termini prescrizionali.
In effetti, nelle more del giudizio di legittimita’ risultano maturati i termini massimi relativi ai reati commessi fino al mese di gennaio 2006; l’estinzione di tali reati comporta l’eliminazione della relativa pena che alla luce dei criteri di determinazione del trattamento sanzionatorio fissati dai giudici di merito, va individuata in cinque giorni di reclusione e 10 euro di multa pena da eliminare.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ i reati commessi fino a gennaio 2006 sono estinti per prescrizione ed elimina la relativa pena di cinque giorni di reclusione ed euro 10,00 di multa.
Rigetto nel resto il ricorso.
Rigetto nel resto il ricorso.
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