Cassazione 13

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  27 agosto 2015, n. 17237

Ritenuto in fatto

1. – Con atto di citazione notificato il 13 gennaio 2006, P. Z. evocò in giudizio la M. Assicurazioni S.p.A., affinché fosse condannata al pagamento di euro 3.878,00, in adempimento di una transazione che l’attore asseriva di aver stipulato con la predetta compagnia assicurativa, relativamente ai danni subiti dalla propria autovettura a seguito di un sinistro stradale verificatosi il 1° maggio 2004.
Nel contraddittorio con la M. Assicurazioni S.p.A., l’adito Tribunale di Milano, con sentenza del 6 giugno 2007, rigettò la domanda, ritenendo che il negozio transattivo non si fosse perfezionato.
2. – Avverso tale sentenza proponeva gravame P. Z., chiedendo la riforma della decisione impugnata.
All’udienza del 26 gennaio 2010 si costituivano G. Z., A. Z. e P. Z., nella qualità di eredi dell’appellante, nelle more deceduto; successivamente veniva integrato il contraddittorio nei confronti di altro erede, F. Z., che si costituiva chiedendo la riforma della sentenza gravata.
2.1. – Con sentenza resa pubblica l’8 novembre 2010, la Corte di appello di Milano, confermando integralmente la decisione impugnata, rigettava l’impugnazione, con condanna solidale dei soccombenti al pagamento delle spese del giudizio di appello, liquidate in euro 5.335,57, di cui euro 96,45 per esborsi, euro 1.002,00 per diritti, euro 3.655,00 per onorari ed euro 582,12 per spese generali.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Z. A., affidando le sorti dell’impugnazione ad un unico motivo.
Non hanno svolto attività difensiva in questa sede la M. Assicurazioni S.p.A., G. Z., P. Z. e F. Z., seppur ritualmente intimati (segnatamente, la M. Assicurazioni ai sensi dell’art. 139 cod. proc. civ. in data 21 dicembre 2011, con successiva spedizione di raccomandata il 4 gennaio 2012).

Considerato in diritto

1. – Con l’unico mezzo è prospettata violazione di legge “in ordine alla liquidazione delle spese legali”.
La Corte territoriale avrebbe liquidato alla parte vittoriosa spese legali in misura superiore rispetto a quanto dovuto in base alle tariffe professionali.
In particolare, la liquidazione degli onorari (in euro 3.655,00) sarebbe ben superiore anche al massimo stabilito (ossia, euro 1.910,00) per lo scaglione di riferimento; così come sarebbe superiore al consentito la liquidazione dei diritti, cioè euro 1.002,00 in luogo di euro 832,00.
2. – Il motivo è fondato.
E’ principio consolidato quello per cui la liquidazione delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, potendo essere denunziate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali, con obbligo, in tal caso, di indicare le singole voci contestate, in modo da consentire il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini (Casa., 7 agosto 2009, n. 18086; Casa., 4 luglio 2011, n. 14542; Casa., 19 novembre 2014, n. 24635).
Nella specie, la ricorrente ha assolto l’onere di indicare le singole voci di tariffa rilevanti ai fini della liquidazione di diritti ed onorari processuali, specificando il valore della causa, nonché le somme liquidate con la sentenza gravata.
Pur non essendo state indicate puntualmente le norme che si assumono violate, la censura risulta sufficientemente specifica, giacché consente agevolmente di individuare la tariffa professionale di riferimento in quella approvata con d.m. 8 aprile 2004, n. 127, in vigore dal 2 giugno 2004, applicabile ratione temporis (in quanto relativa a giudizio di appello svoltosi nel lasso temporale tra l’anno 2007 e l’anno 2010).
Sicché, quanto alla liquidazione degli onorari previsti dalla Tabella A del d.m. n. 127 del 2004, § IV per le cause avanti alla Corte di appello, pur ammettendo che essi, sulla base di quanto richiesto nell’atto introduttivo del giudizio (Cass., sez. un., 11 settembre 2007, n. 19014) – ossia euro 3.878,00, oltre interessi legali dal gennaio 2006 (epoca della citazione in primo grado) -, siano stati determinati con riguardo ai massimi tabellari e, dunque, con riferimento al primo scaglione tariffario (fino a 5.200,00 euro), la liquidazione effettuata dal giudice dei gravame (euro 3.655,00; là dove neppure si adduce esser stata operata in base a nota spese dell’appellata), risulta di gran lunga superiore rispetto all’importo di euro 1.910,00, siccome determinabile alla stregua dei valori indicati per le singole voci tariffarie ivi previste e riportate in ricorso.
Analogamente, con riguardo alla liquidazione dei diritti di avvocato, di cui alla Tabella B, § I per il processo di cognizione, con riferimento al primo scaglione tariffario ricompreso tra euro 2.600,00 ed euro 5.200,00, la somma liquidata dalla Corte distrettuale (euro 1.002,00) supera ingiustificatamente quella determinabile in base ai valori tariffari stabiliti nel decreto in riferimento alle voci congruamente riportate in ricorso.
2.1. – Il motivo va, dunque, accolto e la causa, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., quanto alla determinazione delle spese di lite del grado di appello, in conformità alle anzidette tariffe professionali vigenti ratione temporis (d.m. n. 127 del 2004) e in base alle prestazioni dovute (corrispondenti a quelle congruamente indicate in ricorso).
Pertanto, considerati gli esborsi per euro 96,45 (come anche indicati nella sentenza impugnata e non fatti oggetto di censura), gli onorari giudiziali, di cui alla Tabella A, § IV per le cause avanti alla Corte di appello e con riguardo a]. primo scaglione tariffario (fino a euro 5.200,00), si liquidano euro 1.910,00; mentre, i diritti di avvocato, di cui alla Tabella B, § I per il processo di cognizione, con riferimento al primo scaglione tariffario (ricompreso tra euro 2.600,00 ed euro 5.200,00), si liquidano euro 884,00; vanno altresì aggiunti le spese generali e gli accessori di legge.
2.2. – La M. Assicurazione S.p.A., intimata soccombente, va condannata al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, come in dispositivo.
Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese nei confronti degli eredi Z. (G., P. e F.), cui l’impugnazione è stata notificata soltanto in funzione di 1itis denuntiatio (cfr. Cass., 16 febbraio 2012, n. 2208).

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna A. Z., G. Z., P. Z. e F. Z., in solido tra loro, al pagamento delle spese del grado di appello in favore della M. Assicurazioni S.p.A., che liquida in complessivi euro 2.890,45, di cui euro 1.910,00 per onorari, euro 884,00 per diritti ed euro 96,45 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge;
condanna la M. Assicurazioni S.p.A. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore di A. Z., che liquida in complessivi euro 2.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

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