Cassazione toga nera

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  26 giugno 2014, n. 27684

Ritenuto in fatto

1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 13.11.2012 ha confermato la decisione con la quale, in data 30.9.2009, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Sezione Distaccata di Aversa, aveva riconosciuto G.A. responsabile dei reati di cui agli articoli 44, lett. b), 64, 65, 71, 72, 83 e 96 d.P.R. 380/01, per la realizzazione, in zona sismica, di un manufatto in cemento armato senza il possesso dei prescritti titoli abilitativi (in (omissis) ).
Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, Avv. Roberto Garofalo.
2. Con un primo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza quale conseguenza del rigetto di una istanza di rinvio per legittimo impedimento dell’imputata la quale, come da documentazione prodotta, avrebbe dovuto essere sottoposta ad una delicata visita medica presso l’ospedale civile di (…), programmata antecedentemente rispetto all’udienza fissata dalla Corte di appello.
Rileva, a tale proposito, che la motivazione del provvedimento sarebbe del tutto generica.
3. Con un secondo motivo di ricorso lamenta il vizio di motivazione in punto di affermazione di penale responsabilità essendo ella mera intestataria del terreno sul quale insiste il manufatto abusivo.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è inammissibile, perché basato su motivi manifestamente infondati.
Va rilevato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che la situazione prospettata dalla ricorrente, come risulta dalla documentazione prodotta, il cui esame non è precluso a questa Corte, stante la natura dell’eccezione formulata, che la visita medica programmata non poteva ritenersi indifferibile e che, in ogni caso, l’indifferibilità non sarebbe stata comunque riferibile alle condizioni di salute dell’imputata.
Occorre ricordare, a tale proposito, come questa Corte abbia già avuto modo di affermare che la necessità dell’imputato di sottoporsi ad un accertamento medico non costituisce legittimo ed assoluto impedimento a partecipare al processo quando detto accertamento sia certificato come indifferibile a causa delle esigenze organizzative della struttura sanitaria presso cui deve essere eseguito e non in ragione delle specifiche ed impellenti condizioni di salute dell’imputato medesimo (Sez. V n. 45659, 30 dicembre 2010).
Nella fattispecie tale attestazione di indifferibilità manca del tutto.
Dall’esame degli atti risulta, infatti, che la prescrizione per l’effettuazione degli accertamenti è datata 16 giugno 2012 (quindi circa 5 mesi prima della data dell’udienza della quale si chiedeva il differimento) e che la prescrizione degli esami da effettuare (ecocardiogramma color doppler, elettrocardiogramma e eco color doppler dei tronchi sovraortici) non reca alcuna diagnosi ed è disposta, come espressamente indicato, per “uso medico legale”.
Tale stato di cose risulta, pertanto, opportunamente valutato dalla Corte territoriale, la quale ha escluso il carattere di urgenza degli accertamenti in ragione della risalente data di prescrizione e la mancanza del requisito dell’assoluto impedimento a comparire stante l’assenza di diagnosi.
Ne consegue che le argomentazioni sviluppate nel motivo di ricorso sono del tutto prive di pregio.
5. Anche la infondatezza del secondo motivo di ricorso risulta di macroscopica evidenza.
La motivazione della sentenza impugnata non risulta, sul punto, né carente né, tanto meno, incoerente o illogica.
Affermano infatti i giudici del gravame, peraltro richiamando le analoghe considerazioni svolte dal giudice di prime cure, che la riconducibilità dell’immobile abusivo alla persona dell’imputata era stata effettuata sulla base di una DIA, finalizzata alla realizzazione di una recinzione esterna del manufatto abusivo, dalla stessa presentata dichiarandosi proprietaria esclusiva dell’immobile.
A seguito di un sopralluogo effettuato sulla base di quanto dichiarato nell’atto presentato dall’imputata, venivano rinvenute le opere di cui all’imputazione e disposto il sequestro del cantiere, in occasione del quale la medesima imputata venne nominata custode quale proprietaria e committente dei lavori.
Rileva la Corte territoriale che, a fronte di tali significativi dati probatori, nessuna allegazione di segno contrario risultava prospettata dalla difesa, con la conseguenza che la decisione impugnata doveva ritenersi meritevole di conferma.
Si tratta, ad avviso del Collegio, di argomentazioni del tutto adeguate le quali, non venendo minimamente intaccate dalle generiche censure formulate in ricorso, ove vengono quasi del tutto ignorate o contrastate con apodittiche affermazioni, superano agevolmente il vaglio di legittimità cui sono state sottoposte.
6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di legittimità (cfr., da ultimo, Sez. II n.28848, 8 luglio 2013).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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