SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III
SENTENZA 26 AGOSTO 2014, n. 18244
Ritenuto in fatto
C.L. , promissario acquirente di una serie di immobili di proprietà di Ba.Re. e Pa. , con citazione notificata il 13 maggio 1995, li convenne innanzi al Tribunale di Treviso per sentir pronunciare sentenza di trasferimento coattivo, ex art. 2932 cod. civ..
Trascrisse la relativa domanda giudiziale.
I convenuti offrirono all’attore l’adempimento spontaneo, di talché in data 24 maggio 1995 venne firmata una scrittura privata, autenticata dal notaio B.M. , di vendita dei beni oggetto del preliminare.
Gli alienanti garantirono nell’atto la libertà dei cespiti da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli.
Peraltro, nelle more tra la trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica e quella del contratto definitivo, la Banca Popolare Veneta, la Banca Commerciale Italiana e il Banco di Napoli chiesero e ottennero la pronuncia di decreti ingiuntivi per rilevanti importi nei confronti dei Ba. . E in forza dei provvedimenti monitori iscrissero ipoteca sui loro beni, spiegando poi intervento nel giudizio intentato dal C. .
Con sentenza del 2 maggio 1995 il giudice adito dichiarò l’inammissibilità della domanda per intervenuta cessazione della materia del contendere, ordinando conseguentemente la cancellazione della relativa trascrizione.
La pronuncia venne confermata dalla Corte d’appello.
Il C. convenne allora in giudizio il notaio B. , assumendo che lo stesso non aveva effettuato con la necessaria diligenza le visure ipotecarie e catastali e conseguentemente chiedendone la condanna al risarcimento dei danni.
Resistette il convenuto, che chiese ed ottenne di chiamare in causa Sasa s.p.a., per esserne manlevato in caso di soccombenza.
La società assicuratrice, costituitasi, sostenne l’inoperatività della garanzia.
Con sentenza del 2 marzo 2004 il Tribunale di Treviso, in parziale accoglimento della pretesa azionata, condannò il B. al pagamento, in favore del C. , della somma di Euro 93.478,70, e Sasa s.p.a. a tenere indenne l’assicurato. Proposto gravame principale dal C. e incidentale dal B. e dalla società assicuratrice, la Corte d’appello, in data 14 ottobre 2010, li ha rigettati.
Per la cassazione di detta decisione ricorre a questa Corte C.L. , formulando due motivi.
Resistono con distinti controricorsi la Compagnia di Assicurazioni di Milano s.p.a. – incorporante di Sasa – e B.M. , che propongono entrambi ricorso incidentale affidato, l’uno, a tre motivi, e l’altro, a un solo mezzo. Il B. e il C. hanno altresì replicato con altro scritto alle impugnazioni delle controparti.
La Compagnia di Assicurazioni di Milano s.p.a. ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1 I ricorsi hinc et inde proposti avverso la stessa sentenza, sono stati riuniti ex art. 335 cod. proc. civ..
Il ricorso principale di C.L. .
1.1 Con il primo motivo l’impugnante lamenta mancanza e insufficienza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Le critiche si appuntano contro l’affermazione del giudice di merito secondo cui conseguenza diretta e immediata dell’inadempimento del notaio era il solo pagamento del prezzo, considerato che proprio il C. aveva affermato che, se fosse stato reso edotto della esistenza di iscrizioni pregiudizievoli, non avrebbe sottoscritto il contratto definitivo.
Il decidente aveva così completamente ignorato le deduzioni dell’istante volte a rappresentare che, se egli avesse conosciuto quella circostanza, avrebbe insistito nel giudizio di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, ottenendo una sentenza costitutiva del suo diritto e giovandosi dell’effetto prenotativo della trascrizione della citazione, laddove l’accertata cessazione della materia del contendere e la conseguente cancellazione della trascrizione della domanda, avevano determinato la priorità delle ipoteche iscritte il 18 e il 20 maggio 1995, rispetto alla compravendita trascritta il 26 maggio successivo.
La pendenza del giudizio ex art. 2932 cod. civ. costituiva dunque il fatto controverso e decisivo trascurato dalla Corte territoriale.
1.2 Con il secondo mezzo, denunciando violazione degli artt. 1223, 1225 e 2058 cod. civ., l’esponente si duole che il giudice di merito non abbia considerato, quale effetto diretto e immediato dell’inadempimento del notaio, la perdita della proprietà dei beni che il C. si era obbligato ad acquistare e aveva infatti acquistato. In tale contesto il danno subito dall’acquirente andava ragionevolmente parificato al loro valore nonché al mancato conseguimento dei relativi frutti civili.
2 Le critiche, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, per la loro evidente connessione, non hanno pregio.
Occorre muovere dalla considerazione che, stando a quanto risulta dalla sentenza impugnata, il C. si era doluto in sede di gravame unicamente della limitazione del risarcimento riconosciuto dal Tribunale all’esborso del prezzo da lui corrisposto per l’acquisto degli immobili oggetto del preliminare, senza che gli venisse liquidato alcunché per lucro cessante, e cioè per il mancato godimento e per la mancata disponibilità di quei cespiti.
In nessun punto della sentenza impugnata si da quindi per proposta (anche) una richiesta di ristoro del danno in connessione alla mancata persistenza nel giudizio di esecuzione in forma specifica, persistenza che avrebbe consentito al promittente di beneficiare dell’effetto prenotativo della trascrizione della citazione.
Ma siffatta domanda è, a ben vedere, diversa, da quella volta a far valere le perdite economiche derivanti dall’acquisito di beni gravati da non dichiarate iscrizioni ipotecarie, perché con essa il rientro del prezzo pagato per l’acquisto nonché delle denegate utilità a questo collegate, è ontologicamente danno da perdita di chance, il cui riconoscimento avrebbe richiesto una valutazione prognostica favorevole sull’esito di quella causa.
Nel silenzio sul punto della sentenza impugnata, il ricorrente avrebbe allora dovuto dedurre, con la precisione richiesta dall’ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, che la domanda era stata tempestivamente e compiutamente proposta, e cioè che la questione era correttamente entrata nel thema decidendum del giudizio di merito, riportando i passi salienti dell’atto introduttivo in cui essa era stata prospettata nonché indicandone l’esatta allocazione nel fascicolo processuale (confr. Cass. civ. sez. lav. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. civ. 1, 31 agosto 2007, n. 18440).
3 Sotto altro, concorrente profilo, va poi osservato che, una volta circoscritta l’azione del C. nei confronti del notaio rogante alla richiesta di rifusione dei danni derivati dall’acquisto di immobili giuridicamente fallati, il negativo apprezzamento della responsabilità del convenuto per la mancata acquisizione degli incrementi patrimoniali che sarebbero conseguiti alla loro apprensione nello stato di verginità che avevano al momento della stipula del preliminare e della trascrizione della domanda ex art. 2932 cod. civ., costituisce corretta applicazione dei principi in materia di nesso eziologico. È infatti evidente che, nel contesto processuale innanzi delineato, al B. non poteva essere addebitato altro che la mancata intercettazione della esistenza di annotazioni pregiudizievoli, il mancato avvertimento del cliente, la conseguente, mancata desistenza dello stesso dall’acquisto, fuori le problematiche inerenti alla compromissione della causa di esecuzione in forma specifica del preliminare inadempiuto.
Il ricorso del C. va pertanto rigettato.
Il ricorso incidentale di Compagnia di Assicurazioni di Milano s.p.a., incorporante di Sasa.
4 Con il primo motivo l’impugnante deduce violazione degli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., nel testo vigente ratione temporis, degli artt. 161 e 163, comma 3, nn. 4 e 5, dello stesso codice, nonché omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Nell’atto introduttivo – assume – il C. aveva dedotto la sola esistenza di tre iscrizioni ipotecarie gravanti sugli immobili acquistati, iscrizioni delle quali il notaio che aveva autenticato le sottoscrizioni dell’atto di vendita non lo aveva informato, chiedendo, in relazione a tale omissione, la condanna in forma specifica del convenuto alla cancellazione delle ipoteche o, in subordine, al risarcimento dei danni pari al valore degli immobili; con la memoria ex art. 183 cod. proc. civ., l’attore aveva poi domandato il ristoro del pregiudizio conseguente al mancato godimento dei cespiti, laddove solo nel successivo scritto difensivo, depositato ai sensi dell’art. 184 cod. proc. civ., aveva allegato la loro avvenuta espropriazione, circostanza, in realtà, da tempo a lui nota, in quanto intervenuta addirittura prima della notifica della citazione, così come la vendita forzosa aveva preceduto la scadenza dei termini per la compiuta delineazione del thema decidendum.
Si duole quindi l’esponente che su tale punto, segnatamente allegato sia in primo grado che in appello, il giudice a quo abbia omesso di prendere posizione, limitandosi a definire irrilevante la doglianza relativa alle preclusioni che si sarebbero verificate nel giudizio di primo grado. E invece, una volta qualificata come domanda nuova le ulteriori prospettazioni attoree e rilevatane la tardività, la pretesa risarcitoria avrebbe dovuto essere disattesa, sulla base del consolidato principio per cui, in caso di omessa verifica, da parte del notaio rogante, dell1 eventuale sussistenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli e di omessa segnalazione all’acquirente di un vincolo ipotecario gravante sull’immobile, l’esistenza, in sé, dell’iscrizione non costituisce un concreto pregiudizio, e cioè un fatto idoneo a sorreggere da solo la domanda risarcitoria avanzata dall’acquirente dell’immobile. Conseguentemente, per le stesse ragioni, avrebbero dovuto essere dichiarate e la nullità della sentenza di primo grado e l’inammissibilità della proposta impugnazione in quanto basate, entrambe, su presupposti non regolarmente acquisiti al processo.
5 A giudizio del collegio le critiche non colgono nel segno. Pur nel confuso approccio deduttivo dell’attore, la causa petendi della pretesa azionata è comunque l’inadempimento del notaio alla sua obbligazione di accertarsi della eventuale esistenza di iscrizioni pregiudizievoli gravanti sugli immobili oggetto del contratto di compravendita, laddove l’intervenuta aggressione dei beni a mezzo di procedura esecutiva apparteneva all’area del corredo narrativo volto a dar conto dei danni subiti dall’acquirente.
Ora, le insufficienze e i ritardi di quelle allegazioni sono stati evidentemente ritenuti irrilevanti dal giudice di merito in ragione del fatto che lo svolgimento e l’esito dell’espropriazione forzata erano, al postutto, fatti pacifici in causa.
È del resto significativo che la società assicuratrice abbia del tutto omesso di specificare come, in concreto, la sua linea difensiva ne sia risultata pregiudicata, limitandosi a dedurre astrattamente l’insussistenza di un danno risarcibile a fronte della mera iscrizione ipotecaria. Il che evidenzia il carattere sostanzialmente formale del vizio denunciato.
6 Con il secondo motivo Assicurazioni di Milano lamenta violazione degli artt. 1900 e 1917 cod. civ. nonché vizi motivazionali, ex art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. Le critiche si appuntano contro l’affermazione della Corte territoriale secondo cui nella fattispecie non ricorreva la figura giuridica del dolo eventuale, dovendosi ritenere che il B. avesse agito nella convinzione che nessuna trascrizione pregiudizievole in relazione ai beni oggetto dell’atto di compravendita sarebbe intervenuta tra il giorno al quale risaliva l’ultimo aggiornamento della Conservatoria dei Registri Immobiliari di Treviso e quello della trascrizione del contratto definitivo, di talché la presenza delle iscrizioni ipotecarie non poteva considerarsi oggetto di volizione da parte del notaio.
Sostiene per contro l’esponente che, ai fini della enucleazione del dolo eventuale, la giurisprudenza di legittimità ritiene sufficiente la consapevolezza di dovere una determinata prestazione e l’omessa, intenzionale esecuzione della stessa, senza che occorra il requisito della consapevolezza del danno.
7 Le censure sono infondate.
In tema di elemento soggettivo del reato, ricorre il dolo eventuale quando si appuri che l’agente si sia rappresentato come seriamente possibile (ma non certa) l’esistenza di presupposti della condotta ovvero il verificarsi dell’evento come conseguenza dell’azione e, pur di non rinunciare all’azione e ai vantaggi che se ne riprometteva, abbia accettato che il fatto potesse verificarsi, decidendo in sostanza di operare ‘costi quel che costi’, mentre si versa nella colpa con previsione allorquando la rappresentazione come certa del determinarsi del fatto lo avrebbe trattenuto dall’agire (confr. Cass. pen. 27 settembre 2012, n. 42973; Cass. pen. 1 febbraio 2011, n. 10411).
8 Se questi sono i principi, non può validamente sostenersi che il giudice di merito ne abbia fatto malgoverno. E invero, le circostanze in cui è maturato l’inadempimento del notaio sono tali da rendere estremamente plausibile che lo stesso sia stato dominato dalla convinzione che, nei pochi giorni non coperti dal sistema informatico delle visure ipotecarie, nessuna iscrizione era intervenuta, laddove si sarebbe astenuto dal prestare la propria opera professionale ove avesse diversamente opinato.
Ne deriva che la sentenza impugnata resiste, in parte qua, ai rilievi dell’esponente.
9.1 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, per la loro intrinseca connessione, il terzo motivo di ricorso di Milano Assicurazioni e l’unico mezzo proposto dal B. .
Con esso la società denuncia violazione dell’art. 1223 cod. civ. nonché mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in relazione a un fatto controverso e decisivo, ex art. 360, nn. 3, 4 e 5 cod. civ..
Oggetto delle critiche è l’affermazione del giudice di merito secondo cui conseguenza diretta e immediata dell’inadempimento del professionista era la somma corrisposta dal C. a titolo di corrispettivo della vendita, senza considerare che già nel 1988, e cioè ben sette anni prima del definitivo, il C. aveva versato ai Ba. la quasi totalità dell’importo concordato.
In tale contesto nessun nesso eziologico era ravvisabile tra il comportamento del notaio e il pregiudizio subito dall’acquirente, essendosi questo verificato ben prima del conferimento del mandato professionale.
9.2 Anche il notaio B.M. , dal canto suo, lamenta mancanza di motivazione con riferimento al fatto decisivo che il compratore versò al momento della sottoscrizione del definitivo solo dieci milioni di lire, avendo già corrisposto la quasi totalità del prezzo alla stipula del preliminare, nonché con riferimento alle deduzioni volte a rappresentare che l’atto con cui il debitore disponga la traslazione di più cespiti, costituenti l’intero patrimonio dell’alienante è revocabile, secondo la giurisprudenza di legittimità, presumendosene il carattere frodatorio a danno dei creditori (confr. Cass. civ. n. 10430 del 2005).
10 Va subito detto, per sgombrare il campo da doglianze inconsistenti, che queste ultime argomentazioni, in quanto volte a sostenere la revocabilità dell’atto ex art. 2901 cod. civ., e quindi la sua sostanziale cedevolezza e inoffensività, sono generiche e del tutto ipotetiche. Esse peraltro prospettano una questione non trattata nel provvedimento impugnato e quindi nuova, nella totale inottemperanza degli obblighi imposti dal principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
11 Sono invece fondate le censure relative al quantum debeatur.
Costituisce approdo esegetico pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, per il notaio richiesto della preparazione e della stesura di un atto pubblico di trasferimento immobiliare, la preventiva verifica della libertà e della disponibilità del bene e, più in generale, delle risultanze dei pubblici registri, attraverso la loro visura, rappresenta, salvo espressa dispensa per concorde volontà delle parti, obbligo derivante dall’incarico conferitogli dal cliente, di talché l’inosservanza dello stesso da luogo a responsabilità ex contractu del notaio medesimo per inadempimento della prestazione d’opera intellettuale demandatagli (confr. Cass. civ. 28 novembre 2007, n. 24733; Cass. civ. 11 gennaio 2006, n. 264).
Ora, in disparte le problematiche relative alla diversa ampiezza che potrebbero avere siffatti obblighi di verifica ove il notaio venga officiato della sola autenticazione di una scrittura privata, il cui contenuto sia stato già da altri predisposto (confr. Cass. civ. 23 dicembre 2004, n. 23934; Cass. civ. 18 gennaio 2002, n. 547; Cass. civ. 23 ottobre 2002, n. 14934; 22 marzo 1994, n. 2699), nonché delle questioni in ordine alla possibile responsabilità solidale del notaio e del venditore dell’immobile, verso il terzo acquirente (Cass. civ. 27 aprile 2010, n. 10072; Cass. civ. 15 giugno 1999, n. 5946), tematiche che qui non rilevano, in quanto rimaste estranee al dibattito processuale, è comunque certamente indubitabile che l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti del professionista che abbia violato i propri obblighi può essere accolta, secondo le regole generali che governano la materia risarcitoria, se e nei limiti in cui un danno si sia effettivamente verificato. Ai fini dell’accertamento di tale danno è dunque necessario valutare in quale situazione economica si sarebbe trovato il cliente qualora il notaio avesse diligentemente adempiuto la propria prestazione (confr. Cass. civ. 20 luglio 2010, n. 16905; Cass. civ. 19 gennaio 2000, n. 566).
11 Venendo al caso di specie, risulta invincibile il rilievo che, al momento della stipula del definitivo, buona parte del pregiudizio, costituito dal versamento del corrispettivo per l’acquisto di un immobile gravato da iscrizioni pregiudizievoli, si era irreversibilmente prodotto, e per una serie causale affatto indipendente dall’attività del convenuto. Ne deriva che dall’ammontare dei danni che il notaio è stato condannato a pagare alla controparte, a titolo di ristoro delle perdite determinate dal suo negligente comportamento, vanno detratte le somme corrisposte dall’acquirente prima della sottoscrizione dell’atto in data 24 maggio 1995.
12 In definiva, accolto il terzo motivo del ricorso principale della Compagnia di Assicurazioni Milano s.p.a. nonché, per quanto di ragione, il ricorso incidentale di B.M. , la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il terzo motivo del ricorso incidentale di Compagnia di Assicurazioni di Milano s.p.a. nonché il ricorso incidentale di B.M. ; rigetta il ricorso principale di C.L. e gli altri motivi di ricorso di Compagnia di Assicurazioni di Milano s.p.a.; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese del giudizio di legittimità alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.
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