pavimento scivoloso

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  24 febbraio 2014, n. 4277

Svolgimento del processo

1. Nel 2000 P.D. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia il condominio (omissis) , chiedendo di essere risarcita dei danni alla persona subiti per essere scivolata il 26 dicembre 1997 all’ingresso del palazzo ove si trovava la propria abitazione, cadendo a terra e battendo il bacino, sul pavimento reso particolarmente scivoloso da un trattamento a cera. Il condominio chiamava in causa i propri assicuratori R.A.S. Assicurazioni s.p.a. e Winthertur Assicurazioni s.p.a. Il Tribunale di Brescia rigettava la domanda.
2. La Corte d’Appello di Brescia con sentenza n. 588 dell’11 giugno 2009 rigettava l’appello della P. confermando la mancanza di prova in ordine alla causa della caduta occorsa alla P. , già affermata dalla sentenza di primo grado e condannando l’appellante a rifondere le spese legali sia al condominio che alle due compagnie di assicurazioni.
3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione P.D. , proponendo cinque motivi; resiste la sola UGF Assicurazioni s.p.a., già Winterthur Assicurazioni s.p.a., con controricorso; il Condominio (omissis) nonché la RAS Assicurazioni s.p.a., regolarmente intimati, non hanno svolto attività difensive.
4. Le parti costituite non hanno presentato memoria difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, con il quale lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116, 244 e 246 c.p.c., nonché degli artt. 2043 e 2051 c.c., la ricorrente, riproducendo passi delle dichiarazioni testimoniali rese soprattutto dalla figlia della ricorrente, sottopone alla Corte il seguente quesito di diritto: “È valida la tesi della Corte territoriale, secondo cui il condominio non è responsabile perché non risulterebbe provata la causa della caduta dell’attrice in quanto la testimonianza resa da B.R. implicherebbe un giudizio precluso ai testi, oppure è applicabile il principio secondo cui essendo stata la prova ammessa ed espletata, era precluso alla Corte rilevare d’ufficio che la teste aveva espresso giudici?”.
Con il secondo motivo di ricorso la P. contesta la sentenza impugnata sempre in riferimento alla scarso peso dato alla testimonianza della teste B. , presente ai fatti, anche sotto il profilo del vizio di motivazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c.. In riferimento alle condizioni del pavimento, la teste ebbe a dichiarare che esso era “molto scivoloso benché asciutto. Ricordo che percepii anche personalmente che il pavimento era scivoloso”. La corte ritenne non provato il nesso causale tra la caduta e la scivolosità del pavimento in quanto, tra l’altro qualificò l’affermazione sopra riportata della teste come mera esposizione di una sensazione personale del tutto soggettiva. La ricorrente lamenta la presenza di vizi in relazione a questo passo della motivazione, evidenziando che in questo caso un dato di fatto, quale la scivolosità o meno del pavimento, doveva necessariamente passare attraverso complesse dinamiche cognitive, percettive e sensoriali di chi lo espone ed entro quei limiti un apprezzamento personale doveva ritenersi ammissibile, come affermato da Cass. n. 9526 del 2009-.
Anche con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente lamenta l’esistenza di un vizio di motivazione nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c. e 2051 c.c. in relazione al passo della sentenza di secondo grado che non ha ritenuto provato che il pavimento fosse scivoloso a causa del trattamento a cera subito, anche in considerazione dei fatti che le altre persone che lo ebbero ad attraversare in compagnia della ricorrente non ebbero a scivolare. Il punto di sintesi del vizio di motivazione lamentato, qualificato dalla ricorrente come quesito di diritto, è il seguente – “È principio di diritto che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti e porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, oppure sono ammissibili le presunzioni illogiche e apodittiche ritenute dalla corte territoriale?”
Con il quarto motivo di ricorso, la P. lamenta sotto il profilo del vizio di motivazione che la corte territoriale avendo ritenuto tardiva la sua eccezione di incapacità a testimoniare rivolta verso la testimonianza di una condomina, B.A. e dell’addetta alle pulizie dello stabile, S. , aventi entrambe un interesse in causa, non abbia minimamente motivato in relazione alla inattendibilità delle testimonianze, pur evidenziata da essa appellante per avere avendo entrambe le testimoni un interesse certo ad un determinato esito della lite.
Infine, con il quinto motivo di ricorso, la ricorrente lamenta sia la violazione dell’art. 2051 c.c. che l’omessa contraddittoria o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, non avendo la corte motivato sul punto della prospettata responsabilità per custodia del condominio ex art. 2051 c.c. e della mancanza di prova del caso fortuito, avendo al contrario ritenuto essa ricorrente onerata della prova. I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, essendo strettamente collegati l’uno all’altro e vanno rigettati in quanto infondati.
Attraverso di essi la ricorrente tende ad ottenere da questa corte una nuova valutazione delle risultanze probatorie, a lei maggiormente favorevole, criticando la sentenza che ha svalutato l’attendibilità delle dichiarazioni testimoniali rese dalla teste B. (figlia della ricorrente stessa), e ritenendo non raggiunta la prova in ordine all’esistenza di un collegamento tra un particolare, inadatto e pericoloso trattamento del pavimento da parte del condominio e per esso della sua addetta alle pulizie, e l’incidente occorso alla P. .
È corretta la distribuzione dell’onere probatorio operata dalla corte d’appello, in quanto, prospettata una responsabilità per custodia ex art. 2051 c.c. in capo al condominio, per essersi verificato l’infortunio sul pavimento dell’androne condominiale, la corte territoriale ha ritenuto correttamente che in primo luogo l’attrice fosse tenuta a fornire la prova del nesso causale esistente tra il danno e il bene in custodia, e che in particolare questa prova sia mancata non essendo stata attendibilmente confermata una particolare scivolosità del pavimento, dovuta a un trattamento a cera ipotizzato dalla ricorrente e che non ha trovato alcun riscontro in istruttoria, o ad altre cause riconducibili al condominio stesso; solo una volta che fosse stata ritenuta sussistente la prova del nesso causale tra il danno ed il bene in custodia, il condominio sarebbe stato presuntivamente responsabile ex art. 2051 c.c., responsabilità dalla quale il condominio avrebbe potuto liberarsi solo fornendo la prova del verificarsi del fatto per caso fortuito (sul rapporto tra prova del nesso causale — a carico dell’attore, e prova liberatoria dalla responsabilità per custodia, a carico del custode, v. Cass. n. 8005 del 2010: “La responsabilità prevista dall’art. 2051 cod. civ. per i danni cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità. (Nella specie, la S.C. – in controversia per il risarcimento dei danni patiti dai congiunti di persona deceduta a seguito delle gravissime lesioni riportate per la caduta, all’interno di un negozio di elettrodomestici, da una scala che dava accesso ad una zona antistante il locale medesimo – ha confermato la sentenza della corte territoriale che, valutati esaurientemente tutti gli elementi del caso concreto, aveva ritenuto insussistente la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. del titolare dell’esercizio commerciale, per non aver gli attori provato che la morte della propria congiunta era stata conseguenza normale della particolare anzidetta condizione del locale ove era accaduto il sinistro”); v. anche v. Cass. n. 59109 del 2010: “La norma dell’art. 2051 cod. civ., che stabilisce il principio della responsabilità per le cose in custodia, non dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra queste ultime e il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa. (Principio enunciato ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ.)”.
La corte territoriale, con motivazione esente da vizi logici, ha ritenuto non raggiunta questa prova, con una articolata serie di constatazioni complessivamente sente dai vizi indicati dalla ricorrente.
Le critiche ad esse complessivamente svolte dalla ricorrente, pur prospettando una violazione di legge (con il primo motivo e il quinto motivo) o un vizio di motivazione (con il secondo,terzo,quarto e in parte anche con il quinto), lamentano sostanzialmente che la corte territoriale non abbia ritenuto decisiva la testimonianza della B. , figlia dell’infortunata, avendo ritenuto che la stessa formulasse dei giudizi sulla scivolosità del pavimento e quindi tendono, inammissibilmente, ad ottenere da questa corte una nuova valutazione in fatto sugli esiti delle prove testimoniali.
La violazione di legge prospettata con il primo motivo, secondo la quale sarebbe precluso al giudice di merito, una volta che abbia ammesso la prova e che questa sia stata espletata sotto la sua guida, rilevare che il teste abbia formulato delle valutazioni e non riferito dei fatti, non sussiste, in quanto la valutazione, necessariamente a posteriori, dell’attendibilità del teste in base al tenore delle sue dichiarazioni è pienamente consentita al giudice di merito, facendo parte della valutazione discrezionale della prova secondo il prudente apprezzamento del giudice ex art. 116 c.p.c..
Il punto essenziale della motivazione rispetto al quale tutti i passi contestati dalla ricorrente costituiscono corollari che la arricchiscono e la rafforzano è dato dal fatto che, avendo la P. sostenuto di essere scivolata sul pavimento reso scivoloso da un inopportuno e pericoloso trattamento a cera, l’esistenza di questo trattamento non è poi stato confermato da alcuno: non dall’addetta alle pulizie, che lo ha negato, non dalla condomina abitante nel palazzo da diversi anni, che ha riferito che non le risultava che il pavimento dell’androne fosse mai stato trattato a cera, e neppure dalla figlia della P. , la teste B. , la quale ha riferito che la madre ebbe a scivolare, mentre era in sua compagnia, su un pavimento asciutto, ma molto scivoloso in base alla sua personale percezione. È ben vero che, come sottolineato dalla ricorrente nel secondo motivo, in taluni casi i dati di fatto esterni passano necessariamente attraverso dinamiche cognitive complesse, ovvero devono essere registrati dai sensi di chi ne testimonia l’esistenza, ma in questo caso l’affermazione della testimone sulla scivolosità del pavimento, in sé poco circostanziata e non agganciata a riscontri obiettivi esterni, è stata correttamente ritenuta una sensazione personale del tutto soggettiva e, quel che più importa, inidonea da sola a fondare la prova del nesso causale, in presenza di circostanze contrarie (le altre testimonianze di segno negativo, il fatto che nessun altra delle persone pur presenti insieme alla P. al momento del fatto sia stata messa minimamente in difficoltà da un pavimento che, nell’assunto della ricorrente rimasto indimostrato, avrebbe dovuto essere uniformemente scivoloso). A ciò si aggiunga che, nella motivazione, la corte d’appello ha dato coerentemente rilievo, per non ritenere provato l’assunto della P. di un recentissimo trattamento a cera, del fatto che fosse il 26 dicembre, e che quindi dovesse ritenersi esclusa la possibilità che nei giorni immediatamente precedenti vi fosse stata anche la semplice pulizia del pavimento da parte degli addetti del condominio.
Il punto di sintesi del terzo motivo (“È principio di diritto che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti e porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, oppure sono ammissibili le presunzioni illogiche e apodittiche ritenute dalla corte territoriale?”) è formulato in modo inammissibile in quanto si traduce in una mera critica della sentenza di appello che non ha ritenuto sulla base della complessiva valutazione delle prove testimoniali raccolte nel corso del giudizio di primo grado, che la ricorrente abbia fornito idonea prova di essere scivolata ed essersi procurata un danno a causa della particolare condizione di scivolosità del pavimento dell’androne condominiale, dovuta ad un particolare trattamento voluto dal condominio.
Quanto al rilievo contenuto nel quarto motivo di ricorso, secondo il quale il giudice, avendo ritenuto tardiva l’eccezione di incapacità a testimoniare dei testi indicati dal condominio formulata dalla P. , non abbia poi ritenuto di dover motivare sulla inattendibilità di questi testi, pur evidenziata dalla appellante, esso non costituisce un vizio della motivazione, in quanto, pur avendo sempre il giudice, anche a prescindere dalla eccezione di parte, il potere-dovere di valutare la credibilità dei testimoni assunti, non necessariamente questa valutazione, ove positiva, deve tradursi in uno specifico punto della motivazione ben potendo desumersi implicitamente dalla considerazione data dal giudice, nella formazione del proprio convincimento, alle dichiarazioni testimoniali.
Per quanto concerne la censura contenuta nel quinto motivo di ricorso, ad essa si è già risposto affermando che la corte ha correttamente ricostruito l’onere probatorio gravante sulle parti ritenendo che, prima di applicare la presunzione di responsabilità gravante sul condominio ex art. 2051 c.c., salvo prova liberatoria su quest’ultimo gravante consistente nell’essere l’accadimento dipeso da caso fortuito, gravava sulla ricorrente, che non è stata in grado di fornirla, la prova del nesso causale tra l’incidente e le caratteristiche del bene condominiale sul quale esso si è verificato. In conclusione, il ricorso tende inammissibilmente, attraverso i diversi motivi proposti, ad un riesame del merito della controversia e del contenuto di tutte le prove testimoniali raccolte, non essendo la ricorrente soddisfatta del risultato cui è pervenuta la corte territoriale, che ha ritenuto, conformemente al giudice di primo grado, che non sia stata data dall’attrice una prova convincente e sufficiente che il pavimento dell’androne condominiale sul quale la stessa è scivolata fosse stato reso viscido e scivoloso dal condominio stesso, sulla base di una considerazione coerente delle prove acquisite, benché non condivisa dalla ricorrente.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Pone a carico della ricorrente le spese del presente grado di giudizio sostenute da UGF Assicurazioni s.p.a. e le liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200 per spese, oltre accessori di legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *