Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 15 aprile 2014 n

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 23 marzo 2016, n. 5689

Svolgimento del processo

Pronunciando sulla domanda risarcitoria proposta da L.G. nei confronti della ASL n. 9 di Grosseto e del dott. Armando Natale, il Tribunale di Grosseto la rigettò con pronuncia ex art. 281 sexies C.P.C. emessa in data 22.3.2006 mediante lettura del dispositivo; successivamente, in data 3.8.2006, il giudice depositò in Cancelleria sentenza completa di motivazione.
Proposto gravame da R. G. e M. I. G. (eredi dell’originario attore) con atto di citazione notificato il 4.9.2007, la Corte di Appello di Firenze l’ha dichiarato inammissibile in quanto tardivo, ritenendo che il termine per l’impugnazione dovesse intendersi decorso dalla pronuncia del 22.3.2006.
Ricorrono per cassazione la G. e la G., affidandosi ad un unico motivo illustrato da memoria; resiste la ASL 9 a mezzo di controricorso e memoria, mentre il Natale non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

1. La Corte di Appello ha affermato che la pronuncia della sentenza, avvenuta il 22.3.2006 mediante lettura del dispositivo, ha integrato un atto, di natura volitiva e decisoria, che non può che essere inquadrato entro lo schema della sentenza prevista dall’art. 281 sexies C.P.C., da intendersi pubblicata con la sottoscrizione, da parte del giudice, del relativo verbale; ciò premesso, ha escluso che la mancanza della motivazione, pur comportando un vizio dell’atto, ne facesse venir meno il valore di sentenza, e ha precisato che la successiva sentenza depositata il 3.8.2006 doveva ritenersi inesistente, “essendo stata emessa da organo non più titolare, in relazione a quella controversia, della potestas iudicandi”.
Su queste premesse, la Corte ha ritenuto che il termine lungo per l’impugnazione fosse decorso dal 22.3.2006 e che risultasse pertanto tardivo l’appello proposto con atto notificato nel mese di settembre 2007.
2. Con l’unico motivo (che deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 281 sexies, 327 e 133 C.P.C. e dell’art. 1367 c.c.), le ricorrenti censurano la sentenza per aver ritenuto che la pronuncia emessa all’udienza del 22.3.2006 determinasse la decorrenza del termine lungo per l’impugnazione; affermano, infatti, che “non si tratta di stabilire la natura dell’atto compiuto dal Giudice all’udienza di discussione orale della causa ma, piuttosto, se quell’atto fosse idoneo a far ritenere pubblicata la sentenza -a mente del secondo comma dell’art. 281 sexies cpc-, viziata o non viziata che fosse”.
Sostengono, al riguardo, che affinché si determini -con la sottoscrizione del verbale da parte del giudice- l’effetto della pubblicazione della sentenza, occorre che sia stata data lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, dovendosi invece ritenere che, in mancanza della motivazione, non si determini l’effetto di esonero del cancelliere dall’obbligo di pubblicazione
(previsto dall’art. 133 C.P.C.), con la conseguenza che non può sostenersi che il termine per l’impugnazione possa decorrere prima di tale pubblicazione.
3. Il motivo è infondato.
Premesso che è pacifico che la sentenza di primo grado venne pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies C.P.C., va condivisa la conclusione della Corte territoriale secondo cui la mancanza della concisa esposizione delle ragioni della decisione non “fa venir meno il valore di sentenza dell’atto che il giudice ebbe a compiere”, ma integra un vizio da far valere con l’impugnazione e che non impedisce -in difetto- il passaggio in giudicato.
Non può sostenersi, infatti, che una sentenza espressamente emessa secondo il modello di cui all’art. 281 sexies C.P.C. possa convertirsi in una sentenza di tipo ordinario per il solo fatto che -difettando la motivazione- risulti difforme dal modello legale: la sentenza, benché viziata, conserva dunque la sua natura di atto decisionale, in cui la volontà del giudice si è espressa e consumata con la lettura del dispositivo e la sottoscrizione del verbale, attività che integrano la pubblicazione della sentenza e comportano l’esonero del Cancelliere dall’obbligo di procedere al deposito ex art. 133 C.P.C. e, altresì, l’irrilevanza della motivazione successiva, in quanto estranea alla struttura dell’atto processuale ormai compiuto e proveniente da soggetto che ha esaurito il proprio potere decisorio (cfr. Cass. n. 6394/2015).
Tanto considerato, deve ritenersi che il termine lungo per l’impugnazione non possa che decorrere dalla sottoscrizione del verbale d’udienza, che il legislatore ha espressamente equiparato alla pubblicazione della sentenza (cfr. Cass. n. 17311/2015), restando invece del tutto irrilevante -anche ai fini della tempestività dell’impugnazione- la successiva (irrituale) pubblicazione della motivazione.
4. La novità del profilo esaminato (attinente alla decorrenza del termine di impugnazione nella specifica ipotesi in cui alla sentenza ex art. 281 sexies C.P.C. pubblicata col solo dispositivo faccia seguito il deposito della motivazione)
giustifica la compensazione delle spese di lite.
5. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13

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