Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 20 marzo 2014, n. 6513
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 10913/2008 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A. – GRUPPO (OMISSIS), in persona del Direttore dei Servizi di Gruppo e Procuratore speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del suo legale rappresentante Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce;
(OMISSIS) S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del procuratore avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega a margine;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4904/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/11/2007, R.G.N. 9812/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/01/2014 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
1.1. – La (OMISSIS) S.p.A. conveniva, quindi, in giudizio il (OMISSIS) per sentirlo condannare al pagamento della somma di lire 19.652.000, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento del danno patito a seguito dell’inadempimento dell’anzidetto contratto di conto corrente bancario, allegando l’imprudenza e l’imperizia del Banco nel consentire la negoziazione del titolo, avendo omesso, in stanza di compensazione, un adeguato controllo della firma di traenza.
2.1. – Costituitosi il convenuto (OMISSIS) (che contestava la fondatezza della domanda), autorizzata la chiamata in causa della (OMISSIS), riassunto il giudizio nei confronti della stessa (OMISSIS) e della (OMISSIS) S.p.A. (nella quale era stato incorporato il (OMISSIS)), l’adito Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda attorea, condannava (OMISSIS) al pagamento in favore della (OMISSIS) S.p.A. della somma di euro 11.397,78, oltre interessi, nonche’, ritenuto un pari concorso di colpa della (OMISSIS), la condannava a rimborsare ad (OMISSIS) la meta’ di quanto versato alla societa’ attrice.
2. – Sull’appello principale della (OMISSIS) e su quello incidentale di (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)), nel contraddittorio con la (OMISSIS) S.p.A., la Corte di appello di Roma, con sentenza resa pubblica il 22 novembre 2007, rigettava la domanda proposta dalla societa’ attrice, che condannava alla rifusione delle spese del doppio grado.
2.1. – La Corte territoriale, contrariamente a quanto opinato dal giudice di primo grado – che aveva ravvisato la responsabilita’ della (OMISSIS), al momento della presentazione dell’assegno, e della (OMISSIS), in stanza di compensazione, “per non aver percepito… la falsificazione della firma dell’assegno avente un tracciato assolutamente piatto” – osservava, sulla scorta della “giurisprudenza in tema di diligenza del buon banchiere”, che la banca deve, al riguardo, compiere “un esame superficiale ma pur sempre a vista, allo scopo di rilevare difformita’ morfologiche o strutturali del supporto cartaceo e della grafia, e senza necessita’ di avvalersi dell’ausilio di strumentazioni meccaniche o di sostanze chimiche o di persone particolarmente esperte in grafologia”. Il giudizio di responsabilita’ – soggiungeva il giudice del gravame – dovra’ vertere “nel valutare se vi fosse difformita’ tra la sottoscrizione del titolo e quella depositata o desumibile da altre fonti attendibili e se, eventualmente, tale difformita’ fosse eclatante, dovuta, cioe’, ad una notevole differenza di caratteristiche fondamentali della grafia; dovra’ inoltre verificarsi se sussistessero elementi (come ad esempio, abrasioni, scritturazioni sovrapposte, sbavature) tali da far insorgere – in soggetto diligente ed accorto – il legittimo sospetto di ritocchi, correzioni o manipolazioni”.
2.2. – Sicche’, ad avviso della Corte territoriale, nella specie era da escludere la responsabilita’ degli istituti di credito, giacche’ non risultava alcuna difformita’ tra la sottoscrizione presente sull’assegno e lo specimen, ne’ poteva attribuirsi “valore dirimente alla pretesa rilevabilita’ al tatto dell’assoluta piattezza del tracciato grafico”, posto che “esistono tipologie di scritture (penna stilografica, roller), la cui percepibilita’ al tatto e’ quanto meno estremamente difficile e comunque condizionata a capacita’ percettive individuali e non esigibili da un cassiere pur diligente e scrupoloso”.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre la (OMISSIS) S.p.A. – Gruppo (OMISSIS), affidando le sorti dell’impugnazione a due motivi.
Resistono con controricorso sia la (OMISSIS) S.p.A., sia (OMISSIS) S.p.A. (gia’ (OMISSIS) S.p.A.).
Tutte le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..
La Corte territoriale avrebbe errato nel non considerare, in capo, segnatamente, ad (OMISSIS), la mancanza di diligenza “qualificata” prevista dall’articolo 1176 c.c., comma 2, con la conseguenza che l’istituto di credito avrebbe dovuto attenersi a tutti gli accorgimenti materiali ed intellettuali idonei ad assicurare l’adempimento del contratto di conto corrente bancario. Ad avviso della ricorrente andrebbe, infatti, rimeditato l’orientamento giurisprudenziale, su cui il giudice d’appello ha fondato la propria decisione, che impernia la verifica della diligenza del banchiere, in relazione all’incasso dell’assegno falsificato nella sottoscrizione, sulla “mera percezione visiva della falsificazione in relazione allo specimen depositato presso l’Istituto di credito, dovendosi escludere anche un esame tattile del titolo”. Si tratterebbe di un indirizzo ormai inappagante, posto che il criterio “della delibazione a vista dell’eventuale falsificazione della firma di traenza” appare “del tutto superato o addirittura anacronistico rispetto alla evoluzione che hanno subito le tecniche informatiche di riproduzione e falsificazione delle sottoscrizioni”. Sicche’, la diligenza del banchiere, imprenditore che svolge l’attivita’ di raccolta del risparmio e di esercizio del credito, deve estendersi, nella specie, “anche ad un esame affidato a strumentazioni idonee a ravvisare falsificazioni della grafia”, oltre che all’esame tattile del titolo, che e’ comunque un “esame sensoriale” e dunque non potrebbe essere escluso, come invece avviene da parte degli istituti di credito.
Peraltro, ove si ritenesse che la diligenza del banchiere fosse quella del “buon padre di famiglia”, di cui all’articolo 1176 c.c., comma 1, si porrebbe questione di violazione del principio di eguaglianza, posto che il criterio della diligenza adempitiva del banchiere verrebbe irragionevolmente differenziato da quello degli altri esercenti le attivita’ imprenditoriali, i quali sono soggetti al criterio di diligenza stabilito dall’articolo 1176 c.c., comma 2.
Vengono formulati i seguenti quesiti di diritto, subordinati tra loro: “Dica la Suprema Corte di Cassazione se, sul presupposto di fatto che l’assegno n. 409392719, tratto sul c.c.b. intestato alla (OMISSIS) acceso presso il (OMISSIS), oggi (OMISSIS) e’ stato illegittimamente incassato con la falsificazione della firma di traenza del Dott. (OMISSIS) (vice Presidente della (OMISSIS)), ai sensi dell’articolo 1176 c.c., comma 2, interpretato anche in relazione al Regio Decreto n. 1736 del 1933, articoli 38 e 43, ed all’articolo 2082 c.c., la diligenza adempitiva dell’accorto banchiere al fine di individuare la falsita’ della sottoscrizione si esaurisca nel mero esame visivo del titolo, ovvero, come ritiene questa difesa, circoscrivere la diligenza adempitiva a tale esame sia ormai da ritenere anacronistico, e l’articolo 1176, comma 2, letto in relazione alle citate norme, invece imponga all’accorto banchiere di effettuare l’esame della rispondenza della sottoscrizione del titolo con lo specimen depositato anche con l’utilizzo di appositi macchinari che possano verificare l’apposizione di sottoscrizioni falsificate con l’utilizzo di apparati elettronici; In via subordinata : Dica la Suprema Corte di Cassazione se, sul presupposto di fatto che l’assegno n. 409392719, tratto sul c.c.b. intestato alla (OMISSIS) acceso presso il (OMISSIS), oggi (OMISSIS) e’ stato illegittimamente incassato con la falsificazione della firma di traenza del Dott. (OMISSIS) (vice Presidente della (OMISSIS)), ai sensi dell’articolo 1176 c.c., comma 2, interpretato anche in relazione al Regio Decreto n. 1736 del 1933, articoli 38 e 43, ed all’articolo 2082 c.c., la diligenza adempitivi dell’accorto banchiere al fine di individuare la falsita’ della sottoscrizione si esaurisca nella mera rinvenibilita’ della falsita’ della sottoscrizione mediante il mero esame visivo del titolo, ovvero, come ritiene questa difesa, unitamente a tale esame visivo l’accorto e diligente bancario sia tenuto anche ad un esame tattile del titolo al fine di verificare se sul titolo sia presente la normale pressione lasciata dalla mano del sottoscrittore; In via ancor piu’ subordinata: Dica la Suprema Corte di Cassazione se, sul presupposto che l’attivita’ imprenditoriale nel settore del credito dalla (OMISSIS) e’ pacificamente attivita’ economica professionalmente esercitata e che tale attivita’ al pari delle professioni intellettuali rientri nell’alveo del criterio di diligenza previsto dall’articolo 1176 c.c., comma 2, il combinato disposto dell’articolo 1856 c.c., articolo 1710 c.c., comma 1, e con riferimento all’articolo 1176 c.c., comma 1, comporti che tale istituto di credito sia tenuto alla diligenza adempitiva del buon padre di famiglia e in tal caso se l’articolo 1856 c.c., comma 1, sia costituzionalmente illegittimo, come ritiene questa difesa, con riferimento all’articolo 3 Cost., comma 1, poiche’ esclude illegittimamente ed irrazionalmente l’impresa bancaria dal criterio adempitivo di cui all’articolo 1176 c.c., comma 2, ai quali sono legati tutti gli esercenti una attivita’ professionale”.
2. – Con il secondo mezzo e’ dedotta “insufficiente e/o omessa e/o contraddittoria motivazione in ordine al fatto controverso costituito dalla riconoscibilita’ della falsita’ della firma del vice presidente (OMISSIS) Dott. (OMISSIS) in base al tracciato piatto della sottoscrizione”.
La Corte territoriale avrebbe fornito una insufficiente motivazione in ordine alla esclusa ravvisabilita’ della falsificazione da parte del banchiere diligente “a seguito della assenza della pressione esercitata naturalmente dal sottoscrittore sul titolo”, adducendo l’esistenza di strumenti grafici, quali penne stilografiche o penne roller, “che renderebbero irrilevante tale esame”. Cio’, tuttavia, senza provvedere ad alcuna indagine al fine di verificare “se vi fossero divergenze pressorie tra la sottoscrizione del Dott. (OMISSIS) e il resto degli elementi grafici presenti nell’assegno”, cosi come richiesto da essa (OMISSIS), anche tramite la reiterazione dell’istanza di produzione dell’originale del titolo e di ammissione di una c.t.u. per l’accertamento delle modalita’ di contraffazione, che era avvenuta con strumenti elettronici in relazione alla sola sottoscrizione dell’assegno medesimo e non gia’ in riferimento alle altre parti di esso.
La ricorrente, quindi, pone espressamente in rilievo (pp. 18 e 19 del ricorso) una sintesi dei censurabili passaggi logici della motivazione, che si assume insufficiente.
3. – Preliminarmente devono essere respinte le eccezioni in rito sollevate dalla controricorrente (OMISSIS) S.p.A..
3.1. – In primo luogo, l’indicazione specifica, emergente dal ricorso, dell’assegno n. (OMISSIS), tratto sul conto corrente bancario intestato alla (OMISSIS) S.p.A. ed acceso presso il (OMISSIS) (successivamente (OMISSIS) e, poi, (OMISSIS)), negoziato presso la Agenzia n. (OMISSIS) della (OMISSIS) in (OMISSIS) e prodotto in copia in giudizio da (OMISSIS), risulta sufficiente al fini di soddisfare la previsione di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, focalizzandosi l’impugnazione sul predetto documento.
3.2. – Quanto, poi, alla eccepita inammissibilita’ del ricorso per la formulazione di “quesiti plurimi”, occorre ribadire che una siffatta tecnica redazionale, in esito all’illustrazione di un unico motivo di ricorso per cassazione, non puo’ ritenersi contrastante, di per se’, con la disposizione dell’articolo 366 bis c.p.c., (Cass., 9 giugno 2010, n. 13868), giacche’ il motivo stesso – come nel caso in esame – puo’ svilupparsi attraverso una peculiare modulazione delle censure in diritto, tale da metterne gradualmente in risalto l’intensita’ rispetto agli esiti sperati, anche subordinando l’uno agli altri. Sicche’ il “quesito” (che, nella specie, e’ stato innanzi trascritto), nel rispecchiare siffatta articolazione, puo’ ben assumere una forma, anche dal punto di vista grafico, separata.
Inoltre, sotto il profilo contenutistico, la formulazione dei quesiti in relazione a ciascun motivo puo’ ritenersi sufficientemente idonea allo scopo (emergendo da essi i connotati essenziali della vicenda controversa, la ratio decidendo, della sentenza, le censure alla stessa, anche sotto l’aspetto delle presunte aporie motivazionali), la’ dove, in particolare, quello che assiste il dedotto vizio ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ ricavabile nella esplicita sintesi dei rilevanti passaggi logici della motivazione rispetto ai quali si appuntano le doglianze, messa in apposito risalto, anche grafico.
4. – I motivi, che possono essere congiuntamente scrutinati, sono fondati nei termini di seguito precisati.
4.1. – La questione che viene, nello specifico, all’esame della Corte e’ la seguente: se, a fronte del pagamento di un assegno bancario falsificato nella firma di traenza, che presentava “un tracciato assolutamente piatto”, sussista la responsabilita’ della banca – quella trattaria (siccome essa sola investita, dapprima, dalla domanda risarcitoria avanzata originariamente dalla (OMISSIS) S.p.A. e, ora, dall’impugnazione svolta in questa sede dalla medesima societa’) – per il danno patito dal correntista apparentemente traente di detto assegno.
La Corte di appello di Roma, con la sentenza impugnata dalla (OMISSIS) ricorrente, ha escluso una siffatta responsabilita’, richiamando la giurisprudenza di questa Corte che ha ritenuto, a tal fine, non sufficiente la mera rilevabilita’ dell’alterazione, occorrendo che la stessa sia visibile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non e’ tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, ne’ deve essere un esperto grafologo. La Corte territoriale ha, altresi’, precisato che, nella specie, non poteva attribuirsi valore dirimente alla “pretesa rilevabilita’ al tatto dell’assoluta piattezza del tracciato grafico”, posto che esistono tipologie di scritture (penna roller o stilografica) “la cui percepibilita’ al tatto e’ estremamente difficile e comunque condizionata a capacita’ percettive individuali e non esigibili da un cassiere pur diligente e scrupoloso”.
4.2. – La conclusione cui e’ pervenuto il giudice del merito non si sottrae, pero’, alle censure mosse con il ricorso, le quali, nella sostanza, colgono lo iato tra la diligenza ritenuta esigibile in capo alla banca, nel caso di falsificazione dell’assegno bancario portato all’incasso, ed il giudizio di fatto in ordine alla ravvisata irrilevanza della concreta falsificazione, ai fini della affermazione di responsabilita’ per il pagamento dell’assegno oggetto di alterazione.
4.3. – La giurisprudenza di questa Corte e’ orientata, in linea del tutto prevalente, a rapportare, nella fattispecie in esame, la misura della diligenza della banca a quella dell’accorto o del buon banchiere, avuto riguardo, dunque, alla natura dell’attivita’ esercitata, alla stregua del paradigma di cui all’articolo 1176 c.c., comma 2 (tra le altre, Cass., 29 giugno 1981, n. 4209; Cass., 7 luglio 1982, n. 4043; Cass., 12 ottobre 1982, n. 5267; Cass., 9 maggio 1985, n. 2885; Cass., 7 novembre 1989, n. 4642; Cass., 19 maggio 2000, n. 6524; Cass., 5 maggio 2000, n. 11637; Cass., 12 ottobre 2001, n. 12471; Cass., 25 febbraio 2004, n. 3729; Cass., 23 aprile 2004, n. 7761; Cass., 23 febbraio 2005, n. 3780).
Si tratta, dunque, della misura della diligenza che e’ richiesta al professionista, qual e’ l’istituto di credito nello svolgimento della sua attivita’ di raccolta e gestione del risparmio, cui si riconnette anche il rapporto contrattuale di conto corrente bancario, sul quale si viene ad innestare la convenzione di assegno. Dunque, una diligenza che, assumendo natura tecnica (Cass., 12 giugno 2007, n. 13777), deve essere valutata secondo standard oggettivi i quali tengano conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento, ma che, al tempo stesso, vengano ad adeguarsi alla realta’ peculiare dello specifico rapporto contrattuale interessato.
E’, pertanto, sulla base di siffatta premessa che devono leggersi le ulteriori specificazioni del principio per cui la responsabilita’ della banca verso il traente per l’avvenuto pagamento di un assegno falsificato richiede un grado di diligenza rapportato alla professionalita’ del servizio bancario.
In quest’ottica si e’ difatti affermato che “la diligenza che la banca deve spiegare nell’esame della genuinita’ e fedelta’ dell’assegno presentato per il pagamento deve essere riferita non a quella di un qualsiasi osservatore di medio interesse e di media diligenza, bensi’ a quella di un esaminatore attento e previdente, per il maggior grado di attenzione e di prudenza che la professionalita’ del servizio consente di attendersi” (Cass. n. 5267 del 1982, cit.; Cass. n. 4642 del 1989, cit.).
Di qui si e’, quindi, inferito che la responsabilita’ risarcitoria della banca non e’ esclusa “per il solo fatto che il giudice penale abbia affermato la sussistenza del reato di falso escludendo il carattere grossolano della falsificazione, atteso che in una verifica non superficiale di un accorto funzionario di banca un’alterazione anche di non grossolana macroscopicita’ puo’ essere riconosciuta” (cosi, le pronunce sopra richiamate).
4.4. – Dunque, l’indirizzo prevalente, che ravvisa nella diligenza di cui al secondo comma dell’articolo 1176 cod. civ. il paradigma al quale, nella specie, fare riferimento, non e’ contraddetto da quelle pronunce (tra le altre, Cass., 23 dicembre 1993, n. 12761; Cass., 19 maggio 2000, n. 6524; Cass., 15 luglio 2005, n. 15066; Cass., 4 ottobre 2011, n. 20292) che affermano non essere la banca tenuta a predisporre una attrezzatura qualificata con strumenti meccanici o chimici al fine di un controllo dell’autenticita’ delle sottoscrizioni o di altre contraffazioni dei titoli presentati per la riscossione; ne’ gli impiegati di banca, preposti al pagamento degli assegni, esser tenuti a dotarsi di una solida competenza in materia grafologica, potendosi far carico agli stessi soltanto di non aver rilevato nel titolo pagato difformita’ morfologiche o strutturali della scrittura oppure cancellature visibilmente apparenti o accertabili con media capacita’ o con normale buon senso.
Ne e’ riprova lo stesso richiamo, che si apprezza proprio nelle pronunce da ultimo citate, ad una peculiare connotazione della condotta richiesta alla banca, la quale non si ritiene esonerata dalla predisposizione di qualsivoglia strumentario tecnico di rilevamento della falsificazione, bensi’ da una “attrezzatura qualificata” o “particolare”; cosi come gli impiegati di sportello sono esonerati dall’avere una “solida” o “specifica” competenza grafologica, non gia’, anche in tal caso, da una qualsiasi, minima, competenza in materia.
Si tratta, in sostanza, di puntualizzazioni che attingono al dato esperienziale della condotta implicata e che ponderano il grado di esigibilita’ della diligenza richiesta, la quale, in linea di principio, rimane comunque ancorata a quella, di natura tecnica, dell’accorto banchiere e che, per l’appunto, spetta al giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, misurare in concreto e caso per caso.
Tuttavia, tale apprezzamento non puo’ prescindere, come detto, dalla considerazione del carattere dinamico del concetto di diligenza e dalla sua specifica connotazione tecnica, rivelata dall’articolo 1176 c.c., comma 2, per cui, in quanto valutazione attinente ad una clausola generale, essa non puo’ essere cristallizzata, ma deve modularsi in base alle condizioni, storicamente date, del contesto in cui si svolge l’attivita’ professionale che, di volta in volta, viene in rilievo. Il che – giova precisare – non implica, in ogni caso, una confusione di piani con il distinto ambito della conformazione della prestazione dovuta, la quale, come tale, non verra’ automaticamente ad implementarsi di ulteriori contenuti obbligatori, ma seguira’ il gia’ segnato programma contrattuale, da svolgersi secondo gli ordinari canoni della buona fede e correttezza.
4.5. – Sicche’, nel contesto di riferimento bancario, e’ riservata al giudice del merito la valutazione in ordine alla rilevanza della falsificazione dell’assegno, nel suo peculiare atteggiarsi, e quale sia, in concreto, il tipo di riscontro che ne riveli l’esistenza. Ed e’ in siffatta prospettiva che, di regola, l’accertamento di fatto avra’ di mira se il falso possa, o meno, essere oggetto di riscontro attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, da parte dell’impiegato addetto, siccome dotato di competenza teorica-tecnica comune, ovvero in forza di mezzi e strumenti, presenti sui normali canali del mercato di consumo, che ne consentano agevolmente la rilevazione stessa (quand’anche si tratti di assenza di autografia della firma rivelabile in base al tracciato scolpito sul supporto cartaceo) o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo.
Un’indagine, questa, che, dunque, non potra’ non calibrare prudentemente la specifica tipologia di falsificazione dell’assegno, in concreto rilevante, con la condotta esigibile, in quel dato momento storico e in quel particolare contesto, dalla banca, la quale non e’ tenuta, a tal fine, a predisporre mezzi e risorse straordinari o, comunque, eccedenti la portata tipica dell’attivita’ esercitata e della prestazione resa, dovendo pero’ attrezzarsi in forza di cautele attuali ed adeguate, che possono essere agevolmente apprestate secondo il profilo tecnico della diligenza ad essa richiesta.
Nella delineata ottica rimane, altresi’, evidente che una siffatta diligente condotta, siccome contenuta entro limiti di esigibilita’ ordinaria, alla stregua del parametro di cui al secondo comma dell’articolo 1176 c.c., non puo’ dirsi di serio ostacolo alla celere circolazione dei rapporti giuridici e del denaro, tenuto, altresi’, conto che il contesto storico di riferimento registra il dato della compresenza, in relazione agli strumenti di pagamento, di sistemi elettronici ed informatici sempre piu’ di ampio utilizzo, con sensibile contrazione degli spazi in precedenza occupati dall’assegno.
5. – L’indagine anzidetta non e’ stata congruamente attivata dalla Corte territoriale, la quale – anche alla luce di un inquadramento della diligenza richiesta all’accorto banchiere non del tutto collimante con le coordinate giuridiche sopra delineate si e’ limitata alla mera ed astratta considerazione della difficolta’ di rilevamento della “piattezza del tracciato”, per esservi tipologie di scrittura che darebbero un siffatto esito, senza, tuttavia, saggiare, effettivamente ed in concreto, il grado di una tale difficolta’, semmai anche tramite l’ammissione e l’espletamento di consulenza tecnica a detto scopo rivolta (c.t.u. richiesta, del resto, dalla stessa appellata (OMISSIS) S.p.A.).
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto per quanto di ragione ed il giudice del rinvio – che e’ da individuarsi nella medesima Corte di appello di Roma, ma in diversa composizione – si dovra’ attenere, nell’indagine in ordine alla sussistenza, o meno, della responsabilita’ della banca trattarla nel pagamento dell’assegno dell’apparente traente (OMISSIS) S.p.A. al seguente principio di diritto: “Nel caso di falsificazione di assegno bancario nella firma di traenza – la quale presenti, nella specie, “un tracciato assolutamente piatto” – la misura della diligenza richiesta alla banca nel rilevamento di detta falsificazione e’ quella dell’accorto banchiere, avuto riguardo alla natura dell’attivita’ esercitata, alla stregua del paradigma di cui all’articolo 1176 c.c., comma 2. Ne consegue che spetta al giudice del merito valutare la rispondenza al predetto paradigma della condotta richiesta alla banca in quel dato contesto storico e rispetto a quella determinata falsificazione, attivando cosi un accertamento di fatto volto a saggiare, in concreto e caso per caso, il grado di esigibilita’ della diligenza stessa; verifica che, di regola, verra’ a svolgersi in base ad un apprezzamento rivolto a verificare se la falsificazione sia, o meno, riscontrabile attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, dell’assegno da parte dell’impiegato addetto, in possesso di comuni cognizioni teorico/tecniche, ovvero pure in forza di mezzi e strumenti presenti sui normali canali del mercato di consumo e di agevole utilizzo, o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia, invece, riscontrabile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile e dispendioso reperimento e/o utilizzo o tramite particolari cognizioni teoriche e/o tecniche”.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimita’.
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