Corte di Cassazione bis

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III

SENTENZA 20 giugno 2014, n.14085

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Al ricorso in esame si applica, ratione temporis, la disposizione dell’art. 366 bis c.p.c., in quanto la sentenza è stata pubblicata in data 23.6.2007.
  2. Con i primi tre motivi, la ricorrente censura le affermazioni secondo cui sarebbe incontroverso ‘che le parti abbiano considerato sostanzialmente eseguita la prima frazione temporale del rapporto’ (motivi sub 1) e ‘che al M…. nessuna sollecitazione fosse stata rivolta affinchè intervenisse di persona ad altri eventi o manifestazioni’ (motivo 2) e si duole del fatto che sia stata considerata irrilevante la circostanza della mancata partecipazione del M. ad un rally (motivi sub 3); le altre doglianze concernono l’individuazione degli obblighi scaturenti dal contratto a carico del calciatore e la valutazione del loro avvenuto adempimento (motivi sub 4), la circostanza che la Corte non abbia provveduto sulla ‘domanda subordinata… di soppressione (con riduzione) del corrispettivo’ (motivo 5) e – da ultimo – la totale omissione di pronuncia sul punto che l’importo preteso dal M. fosse superiore a quanto pattuito, non tenendo conto del fatto che la somma di L. 150.000.000 ‘oltre ritenute previdenziali’ doveva essere considerata al lordo delle ritenute fiscali (motivo 6).
  3. Le censure svolte sotto il profilo di vizi di motivazione – 1.a, 1.b), 2, 3.a), 3.b), 4.b), 4.c), 4.e) – sono inammissibili in quanto prive del necessario momento di sintesi.
  4. Quanto alle censure che deducono violazione di norme di diritto, si osserva quanto segue.

4.1. Il motivo 1.c) non prospetta un effettivo vizio di impostazione giuridica (in relazione all’art. 1218 c.c.), ma si limita a riproporre – sotto l’apparenza del vizio di violazione di legge – la medesima doglianza di cui al motivo 1.b.; ne costituisce chiara riprova il contenuto del relativo quesito di diritto: il motivo risulta, pertanto, inammissibile.

Peraltro tutti i motivi sub 1 sono relativi al primo anno di esecuzione del contratto (il 1997), che era escluso dal thema decidendum del giudizio di appello, poichè la domanda del M. riguardava il pagamento del compenso per gli anni 1998 e 1999 e – per quanto risulta a pag. 22 del ricorso – l’Ente Fiera aveva dichiarato di non insistere sulla domanda di ‘parziale restituzione di quanto… anticipatamente pagato’, limitandosi a chiedere la conferma della decisione del Tribunale (decisione che aveva escluso obblighi risarcitori a carico del M. per il periodo anteriore al 15 marzo 1998).

4.2. Egualmente inammissibile – in quanto non prospetta un effettivo vizio di impostazione giuridica ed è assistito da un quesito di diritto non idoneo (ossia non rispondente al paradigma individuato, ex multis, da Cass. n. 22604/13) – è il motivo 3.c).

4.3. Il motivo 4.a) deduce violazione dell’art. 1367 c.c., ma omette di trascrivere (e la trascrizione difetta nell’intero corpo del ricorso) le clausole nella cui interpretazione la Corte sarebbe incorsa in violazione del criterio ermeneutico; nè emergono – dall’illustrazione della censura e dal relativo quesito di diritto – le ragioni per cui l’interpretazione data dalla Corte comporterebbe il mancato riconoscimento di effetti al contratto (effetti che, al contrario, sono stati integralmente riconosciuti): ne consegue l’inammissibilità della censura.

4.4. I motivi 4.d) e 4.f) presuppongono una qualificazione del rapporto in termini di contratto aleatorio che la Corte in effetti non compie – essendosi limitata a sottolineare ‘l’innegabile aspetto di anomalia (metagiuridica)’ conseguente all’assunzione ‘di quel margine di aleatorietà che in concreto il rapporto non poteva non presentare’ – e non risultano, pertanto, pertinenti alla ratio decidendi, fondata esclusivamente sull’esclusione di inadempimenti a carico del M..

Per di più, i quesiti di diritto sono del tutto generici e privi della necessaria chiara indicazione della regula iuris applicata dalla sentenza impugnata e di quella – diversa – di cui la parte ricorrente chiede l’affermazione.

Anche tale censura risulta, dunque, inammissibile.

  1. Gli ultimi due motivi (5 e 6), pur richiamando erroneamente l’art. 360 c.p.c., n. 3), deducono errores in procedendo per violazione dell’art. 112 c.p.c..

5.1. Col 5 motivo, la ricorrente si duole dell’omessa pronuncia sulla ‘domanda subordinata proposta dall’Ente Fiera… di soppressione (o riduzione) del corrispettivo con riferimento all’ipotesi in cui fosse – come è stato – riconosciuto insussistente l’inadempimento delle prestazioni di fare previste a carico del testimonial (o di alcune di esse) riconosciute affette da impossibilità sopravvenuta perchè incompatibili con i doveri professionali di quest’ultimo’.

La censura è infondata in quanto si basa sul presupposto – errato – che la Corte abbia ritenuto accertate prestazioni non eseguite per impossibilità sopravvenuta della prestazione di ‘facere’ da parte del M.: la Corte ha, invece, affermato che ‘la mancata assunzione da parte dell’ente committente delle iniziative necessarie affinchè le prestazioni dovute dal testimonial risultassero dotate di… requisiti minimi di specificità e determinatezza… pone, prima ancora che un problema di valutazione della imputabilità della mancata esecuzione del contratto, un problema di accertamento degli estremi oggettivi di una situazione qualificabile alla stregua di inadempimento’; non vi è stata quindi un’omissione di pronuncia, bensì l’adozione di una pronuncia incompatibile con l’esame della richiesta di riduzione del corrispettivo.

5.2. Col VI motivo, la ricorrente censura la Corte per non aver pronunciato sulla questione – sollevata in primo grado e ripresa con la comparsa di risposta in grado di appello – ‘secondo cui la pretesa del M. è addirittura superiore a quanto pattuito: invero controparte ha preteso di porre a carico dell’Ente un importo lordo superiore a quello convenuto, per ottenere un corrispettivo di L. 150.000.000 al netto non solo della ritenuta previdenziale (ammontante a L. 4.400.000) ma anche della ritenuta d’acconto fiscale, ammontante a L. 28.500.000, mentre il contratto prevedeva un compenso di L. 150.000.000, oltre ritenute previdenziali di legge, senza menzionare in alcun modo la ritenuta fiscale, che per legge gravava esclusivamente sul creditore del corrispettivo’.

Sul punto, la sentenza tace, limitandosi a rigettare l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo (emesso per l’intera somma richiesta dal M., sulla base di un importo di L. 150.000.000 considerato al netto sia della ritenuta previdenziale che della ritenuta fiscale, diversamente da quanto era avvenuto in relazione al pagamento del compenso relativo alla prima annualità, quando dall’importo di L. 150.000.000 erano state detratte sia la ritenuta d’acconto che quella previdenziale).

La controricorrente rileva che ‘alcuna domanda è stata proposta dalla Fiera per la riforma della sentenza di primo grado: controparte ha chiesto l’accoglimento dell’appello incidentale specificando la richiesta limitandola alla condanna del M. al risarcimento dei danni’; osserva inoltre che ‘il semplice riproporre, per mero scrupolo difensivo la tesi strettamente subordinata sostenuta in prime cure non rappresenta certo un motivo di appello, se non sfocia in una richiesta alla Corte di modifica della sentenza’.

La deduzione della controricorrente è priva di pregio, in quanto la Fiera, quale parte vittoriosa in primo grado, non avrebbe potuto impugnare la sentenza (che escludeva la spettanza di qualunque corrispettivo al M.) sul punto specifico dell’erronea quantificazione dell’importo preteso; era sufficiente, dunque, che la questione venisse riproposta – come è stato – nella comparsa di risposta depositata in sede di gravame per onerare la Corte del suo esame, una volta riconosciuto il diritto al corrispettivo in favore del M..

E’ noto, infatti, che ‘la parte rimasta totalmente vittoriosa in primo grado non ha l’onere di proporre appello incidentale per chiedere il riesame delle domande e delle eccezioni respinte, ritenute assorbite o comunque non esaminate con la sentenza impugnata dalla parte soccombente, essendo sufficiente la riproposizione di tali domande od eccezioni in una delle difese del giudizio di secondo grado’ (Cass. 10966/2004).

Il motivo va, pertanto, accolto e la sentenza va cassata in relazione ad esso, con rinvio alla Corte territoriale, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il 6 motivo del ricorso, cassa in relazione e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Genova, in diversa composizione.

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