cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 2 ottobre 2014, n. 40781


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente
Dott. SAVINO Mariapia Gaetan – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – rel. Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 13/03/2013 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita fa relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, e il rigetto nel resto;
uditi per l’imputato gli avv.ti (OMISSIS) e (OMISSIS), che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 09/07/2012 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato il sig. (OMISSIS) colpevole dei seguenti delitti commessi in (OMISSIS): A) del delitto di cui all’articolo 81 cpv. c.p., Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 73 e 80, (cessione continuata di sostanza stupefacente del tipo cocaina in favore della minorenne (OMISSIS)); B) del delitto di cui agli articoli 81 cpv. e 600 ter c.p., (realizzazione di esibizioni pornografiche filmando i rapporti sessuali intrattenuti con la minorenne (OMISSIS) ad insaputa della stessa); D) del delitto di cui all’articolo 600 quater c.p., (detenzione di materiale pedopornografico realizzato utilizzando minori degli anni 18); unificati tutti i reati dal vincolo della continuazione, ritenuto piu’ grave quello di cui al capo A della rubrica, riconosciuta la circostanza attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, con giudizio di equivalenza sulla contestata aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, lo aveva condannato alla pena (gia’ ridotta per il rito) di cinque anni e quattro mesi di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, oltre statuizioni accessorie.
2. Con sentenza del 13/03/2013, la Corte d’appello di Napoli, in riforma della sentenza impugnata dall’imputato, ha concesso le attenuanti generiche ritenendole, unitamente alla gia’ concessa circostanza attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, prevalenti sulla contestata aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 80, ed ha rideterminato la pena nella misura di tre anni e quattro mesi di reclusione ed euro 12.000,00 di multa, rimodulando le statuizioni accessorie e confermando nel resto.
2.1. Per quanto qui di interesse, la vicenda riguarda i rapporti sessuali, completi e consenzienti, intrattenuti dall’imputato con la (OMISSIS), all’epoca quindicenne, e dal primo video-ripresi.
2.2.In cambio della disponibilita’ ai rapporti, l’uomo aveva procurato alla ragazzina quantitativi di sostanza stupefacente del tipo cocaina che, secondo la rubrica, variavano nella misura di gr. 1, gr. 5, gr. 7, per volta.
2.3.In relazione a questi fatti all’imputato era stato contestato, tra gli altri, il reato di cui all’articolo 600 ter c.p., “perche’, in piu’ occasioni, realizzava esibizioni pornografiche Filmando i rapporti sessuali intrattenuti con la minore, a insaputa della stessa”.
2.4. Nel superare le censure mosse alla sentenza di primo grado in ordine alla sussistenza del pericolo richiesto dalla norma per l’integrazione del reato di cui all’articolo 600 ter c.p., (tema specificamente affrontato dal giudice di prime cure), la Corte territoriale, nel condividere la ricostruzione fattuale della vicenda come operata dal giudice di prime cure e non senza aver rimarcato la assenza di specificita’ dei motivi di gravame, ha cosi’ argomentato:
a) il reato di cui all’articolo 600 ter c.p., e’ reato di pericolo concreto;
b) non sussiste alcun dubbio, “alla stregua delle concordi dichiarazioni delle parti” sul fatto che l’imputato abbia video-ripreso, con il proprio telefonino, le prestazioni sessuali della minorenne, sia in auto che a casa, ad insaputa di quest’ultima;
c) quando la ragazzina era venuta a sapere che l’imputato l’aveva ripresa, nonostante gli avesse chiesto la cancellazione dei video, l’uomo non lo aveva fatto;
d) tali video erano stati scaricati nella memoria del computer, “attraverso il quale estremamente agevole sarebbe stata la diffusione in rete”;
e) la conservazione del video nella memoria del PC (e la sua mancata distruzione) in vista di un successivo uso, non escludeva la possibilita’ che tale uso potesse esulare da finalita’ esclusivamente personali ed estendersi alla sua diffusione in rete;
f) lo stesso (OMISSIS) aveva dimostrato una elevata capacita’ di servirsi dello strumento elettronico per scaricare, come dallo stesso ammesso, “materiale pedopornografico con bambini in eta’ adolescenziale”;
g) questa ammissione prova l’inserimento dell’imputato in un circuito “di soggetti pedofili nei quali e’ estremamente facile non solo ricevere, ma anche fornire materiale pedopornografico del tipo di quello in possesso dell’imputato”;
h) il (OMISSIS), peraltro, non si era avvicinato al mondo della pedopornografia in modo occasionale, come dimostrato dal numero di video posseduti e dalla maniacalita’ con cui aveva provveduto a filmare i rapporti con la minorenne.
2.5. Nell’accogliere, invece, l’appello relativamente al profilo sanzionatorio, la Corte territoriale ha indicato la pena base nella misura di quattro anni e sei mesi di reclusione ed euro 18.000,00 di multa, l’ha ridotta a quattro anni di reclusione ed euro 15.000,00 di multa per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, l’ha aumentata, per la continuazione, a cinque anni di reclusione ed euro 18.000,00 di multa, ulteriormente riducendola per il rito nei termini sopra indicati.
2.6. La Corte territoriale ha ritenuto di valorizzare, ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche (negate dal primo giudice) e del giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante di cui all’articolo 80, d.P.R. 309/90, “la sicura presa di coscienza delle proprie problematiche personali, che hanno indotto l’imputato ad intraprendere un percorso terapeutico finalizzato al recupero personale e ad evitare il ripetersi di fenomeni analoghi sulla cui gravita’ non ha inteso soffermarsi, risultando la stessa in re ipsa”.
3. Ricorre per Cassazione il (OMISSIS) articolando, per il tramite dei difensori di fiducia, i seguenti motivi di doglianza.
3.1. In primo luogo eccepisce, in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’articolo 600 ter c.p.: a) violazione di legge; b) travisamento del fatto, anche sulla determinazione della pena in concreto; c) manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione.
a) Non v’e’ prova, sostiene il ricorrente, del pericolo concreto di diffusione delle immagini pedopornografiche ad una pluralita’ di destinatari;
b) le considerazioni effettuate dalla Corte territoriale per superare le specifiche doglianze mosse, con l’atto d’appello, alla sentenza di primo grado fondano su una realta’ fattuale completamente distorta e travisata. L’accertamento tecnico effettuato in sede di indagini preliminari, infatti, aveva verificato l’inesistenza di strumenti tecnici idonei alla creazione, trasmissione o scambio di materiale pedopornografico. Inoltre v’era un solo video attinente ad un unico rapporto con la (OMISSIS) ripreso con il telefonino e travasato sul PC, dal quale non erano state estrapolate che poche immagini riflettenti ragazze (diverse dall’attuale vittima) talune neanche coinvolte in condotte sessualmente esplicite; le comunicazioni con la (OMISSIS) avvenivano esclusivamente via chat;
c) in questo contesto probatorio, la motivazione della sentenza e’ del tutto apparente, contraddittoria ed illogica.
3.2. Con il secondo motivo lamenta l’assenza di motivazione in ordine alla (rinnovata) quantificazione della pena, di gran lunga superiore al minimo e prossima al massimo edittale di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5. Non puo’ assolvere a tale onere il richiamo ad una gravita’ “in re ipsa”, formula, quest’ultima, evanescente, generica, criptica ed adattabile ad ogni ipotesi di reato, del tutto avulsa ed astratta dalla singolarita’ della fattispecie, caratterizzata dalla assenza di dati salienti sulla quantita’ della sostanza ceduta, del numero delle cessioni, del principio attivo, dalla peculiarita’ del contesto in cui tali cessioni erano avvenute. Tra l’altro, tale giudizio di gravita’ collide con la concessione delle circostanze attenuanti generiche e le ragioni che hanno ispirato tale decisione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. E’ fondato il primo motivo di ricorso.
5. Questa Suprema Corte ha gia’ affermato che poiche’ il delitto di pornografia minorile di cui all’articolo 600 ter c.p., comma 1 – mediante il quale l’ordinamento appresta una tutela penale anticipata della liberta’ sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l’immissione nel circuito perverso della pedofilia – ha natura di reato di pericolo concreto, la condotta di chi impieghi uno o piu’ minori per produrre spettacoli o materiali pornografici e’ punibile, salvo l’ipotizzabilita’ di altri reati, quando abbia una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto (Sez. U, n. 13 del 31/05/2000, Rv. 216337).
5.1. E’ compito del giudice accertare di volta in volta la configurabilita’ del predetto pericolo, facendo ricorso ad elementi sintomatici della condotta quali l’esistenza di una struttura organizzativa anche rudimentale atta a corrispondere alle esigenze di mercato dei pedofili, il collegamento dell’agente con soggetti pedofili potenziali destinatari del materiale pornografico, la disponibilita’ materiale di strumenti tecnici di riproduzione e/o trasmissione, anche telematica idonei a diffondere il materiale pornografico in cerchie piu’ o meno vaste di destinatari, l’utilizzo contemporaneo o differito nel tempo di piu’ minori per la produzione del materiale pornografico – dovendosi considerare la pluralita’ di minori impiegati non elemento costitutivo del reato ma indice sintomatico della pericolosita’ concreta della condotta -, i precedenti penali, la condotta antecedente e le qualita’ soggettive del reo, quando siano connotati dalla diffusione commerciale di pornografia minorile nonche’ gli altri indizi significativi suggeriti dall’esperienza (Sez. U, 13/2000, cit.).
5.2. Poiche’ le nozioni di “produzione” e di “esibizione” contemplate nell’articolo 600 ter c.p., richiedono l’inserimento della condotta in un contesto di organizzazione almeno embrionale e di destinazione, anche potenziale, del materiale pornografico alla successiva fruizione da parte di terzi, deve escludersi che un tale contesto organizzativo e di destinazione possa essere desunto esclusivamente dalla disponibilita’ di uno strumento oggi in possesso di chiunque, quale un computer solo perche’ il computer costituisce (al pari di tanti altri) un mezzo con cui le immagini potrebbero in astratto essere diffuse o condivise, tanto piu’ se il computer e’ privo di programmi di scambio, condivisione o divulgazione di file (cosi’, in termini, Sez. 3, n, 17178 del 11/03/2010, Rv. 246982).
5.3. Alla luce dei principi teste’ esposti, gli argomenti utilizzati dai giudici distrettuali a fondamento della ritenuta sussistenza del reato di cui all’articolo 600-ter, cod. pen., appaiono insufficienti ed in parte contraddittori sia con l’affermata premessa (la necessaria concretezza del pericolo di diffusione del materiale prodotto), sia con le acquisizioni probatorie di cui pure danno atto in sentenza e con il contesto in cui e’ maturata la condotta specificamente ascritta all’imputato.
5.4. La Corte territoriale, infatti, associa al rifiuto dell’imputato di cancellare i video dei rapporti sessuali con la minorenne l’intenzione di condividerli in rete piuttosto che per fini meramente personali, e trae questo convincimento dalla maniacalita’ con cui aveva provveduto ad effettuare le riprese e dal fatto che i relativi files erano stati scaricati sul PC nel quale il (OMISSIS) deteneva altro materiale pedopornografico reperito nel circuito dei pedofili nel quale egli era inserito.
5.5. Tuttavia, sono gli stessi giudici distrettuali a privare di consistenza la valenza indiziaria del possesso di materiale pedopornografico nella memoria del PC dell’imputato, dando atto della circostanza che questi non era in possesso degli strumenti tecnici e delle competenze necessarie a condividere in rete il materiale.
5.6. In ogni caso, sulla concreta inidoneita’ del PC dell’imputato, sottoposto ad accertamento tecnico nel corso della fase di merito, a condividere in rete il materiale pornografico in esso contenuto, la Corte adotta una motivazione insufficiente che non tiene conto del fatto che nemmeno la pubblica accusa aveva ritenuto di attribuire alla detenzione del materiale pedopornografico nella memoria del PC dell’imputato la valenza penale del piu’ grave delitto di cui all’articolo 600 ter c.p..
5.7. Il giudizio di concreta pericolosita’ di diffusione dei video effettuati dall’imputato si fonda, dunque, su considerazioni contraddittorie, che astraggono dallo specifico contesto in cui si inserisce la condotta del (OMISSIS) e che appaiono insufficienti alla luce delle indicazioni di principio fornite da questa Suprema Corte in materia.
5.8. La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli perche’ riesamini la vicenda alla luce dei principi sopra indicati.
5.9. La fondatezza del primo motivo di ricorso, rende superfluo l’esame del secondo, relativo al trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.

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