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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 2 agosto 2013, n. 18496

Svolgimento del processo

La signora E.M. citò in giudizio risarcitorio il condominio di via Casati n. 4 in Milano, sostenendo di essersi procurata lesioni alla persona a causa della caduta sul pavimento avvallato del pianerottolo dello stabile.
Il Tribunale di Milano ha respinto la domanda con sentenza poi confermata dalla Corte d’appello della stessa città.
Propone ricorso per cassazione la signora M. attraverso tre motivi. Risponde con controricorso il condominio, il quale deposita anche memoria per l’udienza.

Motivi della decisione

Il primo motivo, censurando sia la violazione di legge, sia il vizio della motivazione, insiste per l’applicabilità alla fattispecie della responsabilità per cosa in custodia di cui all’art. 2051 c.c.
Il secondo motivo censura il vizio della motivazione, per avere il giudice omesso di esaminare specifici elementi probatori che, se attentamente esaminati, avrebbero condotto all’accoglimento della pretesa.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili (laddove rivolgono alla Corte di legittimità questioni di mero fatto tendenti ad una rivalutazione del merito della controversia) ed in parte infondati.
E’ noto che la speciale responsabilità per cosa in custodia ha natura oggettiva, prescinde dalla valutazione del comportamento del custode e presuppone che esista un diretto rapporto causale tra la cosa (in sé o nel suo connaturato dinamismo) ed il danno lamentato. Essa, dunque, richiede che il danneggiato provi il menzionato nesso eziologico, mentre, una volta offerta efficacemente tale prova, spetta al custode, che voglia liberarsene, dimostrare che l’evento s’è verificato per caso fortuito (eventualità tra cui è da ricomprendere anche il comportamento dello stesso danneggiato).
Ciò premesso, nella fattispecie in trattazione il giudice, attraverso un’indagine che ha riguardato tutti gli elementi emersi nell’istruttoria, ha escluso che il fatto in questione (la rovinosa caduta della signora M.) fosse dipeso dalla “cosa” tenuta in custodia dal condominio; spiegando, in particolare, che quello denunziato (il menzionato “avvallamento” del solaio del pianerottolo) consisteva in un difetto di complanarità, della misura al massimo di mm. 4, senza formazione di alcuno scalino nella pavimentazione; difetto inidoneo a provocare “alcuno scivolamento od inciampo”, nella considerazione, peraltro, che non fosse possibile neppure escludere che la caduta sia avvenuta per un’improvvisa perdita di equilibrio della stessa vittima e non per lo scivolamento del suo bastone nell’avvallamento menzionato.
Siffatto accertamento è stato espresso dal giudice con motivazione congrua e logica e – lo s’è già detto in precedenza – tutti gli elementi citati dalla ricorrente (soprattutto nel secondo motivo di ricorso) devono essere relegati al rango di questioni di fatto inammissibili in questa sede.
Il terzo motivo è inammissibile per assoluta incongruenza rispetto alla vicenda trattata, posto che esso, lamentando “la mancanza assoluta di motivazione in ordine al motivo d’appello relativo al quantum preteso dall’attrice”, fa riferimento “all’ingiustificato riconoscimento di una invalidità di grado inferiore a quella residuata effettivamente all’attrice … anche in ordine alle spese mediche sostenute che sono state … drasticamente ridimensionate”; nella specie, come s’è detto, la domanda è stata respinta, sia in primo che in secondo grado.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna della ricorrente a rivalere la controparte delle spese sopportate nel giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 2000,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese ed accessori di legge.

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