Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 19 febbraio 2016, n. 3257

Ritenuto in fatto

1. – A.L. decedette il (omissis) a seguito delle lesioni riportate nel sinistro occorsogli il precedente (omissis) presso l’officina di riparazioni di infissi meccanici di cui era titolare il fratello. In tale occasione, l’A. fu colpito al volto dalla rampa del “carrellone” a rimorchio dell’autocarro di V.G. , il quale aveva parcheggiato il mezzo sulla pubblica via nei pressi dell’officina per provvedere alla riparazione dell’asse di detta rampa. Il medesimo V. , allorché intento “a preparare il veicolo per la riparazione”, aveva “sganciato il tirante della rampa”, senza calcolare la distanza che lo separava dall’A. posto alle sue spalle, che, quindi, come detto, fu investito dalla stessa rampa, riportando lesioni con esiti rivelatisi mortali.
1.1. – A seguito di ciò, A.C. , T.G. e A.M. , nella rispettiva qualità di genitori e fratello di A.L. , convennero in giudizio V.G. e la Ras Assicurazioni S.p.A., compagnia assicuratrice del veicolo del medesimo V. , per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento dei danni patiti a seguito della morte del proprio congiunto.
1.2. – Si costituì in giudizio la sola Ras Assicurazioni S.p.A., eccependo che il sinistro non era riconducibile “nella definizione di fatto derivante dalla circolazione di cui all’art. 2054 c.c.”, giacché “la caduta della rampa dal carrello era avvenuta durante una manovra che nulla aveva a che fare con la circolazione del veicolo, in quanto compiuta in un momento di sosta ed al fine di effettuare delle riparazioni”.
1.3. – L’adito Tribunale di Agrigento, sezione distaccata di Licata, con sentenza del luglio 2003, accolse la domanda attorea e condannò i convenuti al pagamento della somma di Euro 567.000,00, oltre accessori.
2. – Avverso tale decisione proponeva gravame la Ras Assicurazioni S.p.A., che veniva accolto dalla Corte di appello di Palermo, la quale, con sentenza resa pubblica il 9 agosto 2007, rigettava, nei soli confronti della medesima Ras Assicurazioni S.p.A., la domanda proposta dagli attori A.C. , T.G. e A.M. .
2.1. – La Corte territoriale osservava, anzitutto, che, ai fini della qualificazione di fatto dannoso derivante dalla circolazione ai sensi dell’art. 2054 cod. civ., con conseguente applicazione della legge n. 990 del 1969 sulla assicurazione obbligatoria, anche la sosta del veicolo è da ascriversi “al concetto di sinistro stradale”, ove il danno si verifichi “in conseguenza di attività prodromica al movimento della vettura, o a causa del fatto della mera sosta ed in assenze di cause esterne”, salvo, dunque, che essa “sia la mera occasione per il verificarsi del fatto dannoso” ovvero “manchi alcun collegamento funzionale con l’attività di circolazione”.
2.2. – Nella specie, il sinistro si era verificato “sulla pubblica via, mentre il veicolo era parcheggiato, durante una manovra di sganciamento della rampa del carrello del mezzo, davanti all’officina meccanica dove doveva avvenire la riparazione”.
Sicché, soggiungeva il giudice di appello, la manovra non era prodromica alla circolazione del veicolo, “in quanto compiuta allo scopo di preparare il mezzo per la successiva riparazione”, e la sosta del mezzo stesso aveva “costituito la mera occasione per il verificarsi del fatto dannoso”, essendosi questo determinato “a causa del comportamento colposo del proprietario del mezzo” (“che attivava il dispositivo di sganciamento della rampa posteriore del carrello, senza adottare le cautele del caso”), il quale era da reputarsi “causa efficiente della verificazione del danno, non spiegando sotto il profilo causale nessun ruolo il fatto che il veicolo fosse in sosta sulla pubblica via”, potendo il sinistro verificarsi “con le stesse modalità” all’interno dell’officina.
2.3. – Pertanto, la Corte territoriale escludeva che la condotta del danneggiante, proprietario dell’automezzo, potesse “qualificarsi come funzionalmente connessa con la circolazione del mezzo” e che l’evento dannoso rappresentasse “esplicazione di un rischio insito nel fatto della sosta del veicolo”, non potendo quindi rinvenirsi nel caso di specie “le ragioni per la ripartizione tra tutti i consociati del rischio derivante dalla circolazione dei mezzi, che costituisce la ratio di cui alla L. 990/1969”.
Di qui, la conclusione per cui il sinistro non rientrava “tra gli eventi coperti dalla assicurazione obbligatoria per la circolazione del veicolo a motore e dei natanti”, con conseguente rigetto della domanda proposta nei confronti della Ras S.p.A. e condanna degli attori a restituire alla compagnia assicuratrice la somma di Euro 400.000,00 ricevuta in esecuzione della sentenza impugnata.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono congiuntamente A.C. , T.G. e A.M. , in proprio e quali eredi di A.L. , affidando le sorti dell’impugnazione ad un unico articolato motivo.
Ha proposto distinto ricorso anche V.G. , sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso, in entrambi i giudizi, la Allianz S.p.A., già Ras S.p.A., depositando memoria in quello promosso dal V. .
La causa è pervenuta all’udienza del 19 novembre 2015 dopo che, all’udienza del 26 maggio 2014, era stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite civili, alle quali, con ordinanza interlocutoria n. 5053 del 4 marzo 2014 di questa Terza Sezione, era stata rimessa la questione “dei limiti del concetto di circolazione ai fini dell’applicabilità delle norme sull’assicurazione obbligatoria”.
Il V. e l’Allianz hanno depositato memoria (la compagnia di assicurazioni ulteriormente a quella depositata per l’udienza del 26 maggio 2014) in prossimità dell’udienza del 19 novembre 2015.

Considerato in diritto

1. – I ricorsi, in quanto impugnano la medesima sentenza, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 cod. proc. civ., dovendo qualificarsi come incidentale quello del V. , giacché proposto successivamente.
2. – Con l’unico motivo del ricorso principale degli A. e della T. è denunciata violazione, falsa ed erronea applicazione degli artt. 3 e 157 del d.lgs. n. 285 del 1992, 157, 1, 18 e 23 della legge n. 990 del 1969 e 2054 cod. civ., nonché vizio di motivazione.
La Corte territoriale, pur muovendo da principi giuridici condivisibili, nella specie avrebbe, in violazione delle norme anzidette, erroneamente “collegato la manovra negligente che ha causato la morte dell’A. ad un criterio meramente finalistico, non cogliendo che comunque la manovra incriminata deve considerarsi lato sensu prodromica e funzionale alla circolazione in quanto posta in essere su un veicolo che essendo in sosta su strada pubblica deve considerarsi in circolazione”, essendo la “sosta stessa circolazione, la quale (alla luce della menzionata normativa) comprende in sé il complesso delle situazioni dinamiche e statiche in cui è posto il veicolo sulla pubblica via”.
Del resto, in tal senso sarebbe incline a ritenere la più recente giurisprudenza di legittimità, includendo nel concetto di circolazione le operazioni di carico e scarico dell’automezzo, come tali funzionali al suo avvio “nel flusso della circolazione, come qualsiasi atto di movimentazione di esso o delle sue parti” (Cass., 31 marzo 2008, n. 8305).
Vengono, dunque, formulati i seguenti quesiti di diritto ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ.: “Accerti e dichiari la Corte, enunciando il relativo principio di diritto, che alla stregua dell’art. 2054 c.c., dell’art. 3 del D.L.vo 30.04.1992 n. 285, dell’art. 157 del D.L.vo 30.04.1992 n. 285, degli artt. 1, 18 e 23 della 1. 24.12.1969 n. 990 nell’ampio concetto di circolazione stradale come possibile fonte di responsabilità, deve essere ricompresa anche la posizione di arresto del veicolo e pertanto anche il veicolo sul quale sia in atto il compimento da parte del conducente di operazioni prodromi che o funzionali alla messa in marcia”; “Accerti e dichiari la Corte, enunciando il relativo principio di diritto che la sosta di un veicolo a motore su area pubblica o ad essa equiparata integra, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2054 c.c. e della legge 990/1969, anch’essa gli estremi della fattispecie circolazione del veicolo”; “Accerti e dichiari la Corte, enunciando il relativo principio di diritto che le operazioni di movimentazione di una parte del veicolo (quale come nel caso di specie lo sganciamento di una rampa di carico dell’automezzo) quando avvengono sulla pubblica via, debbano qualificarsi come attività funzionalmente connessa con la circolazione del mezzo, e conseguali temente danno luogo all’applicabilità della l. n. 990 del 1969”; “Accerti e dichiari la Corte, enunciando il relativo principio di diritto che allo scopo di determinare il concetto di circolazione stradale non assume nessuna rilevanza il fine per il quale le operazioni di movimentazione di una parte del veicolo siano state poste in essere, soprattutto nell’ipotesi (come nel caso di specie) in cui tale finalità non sia concreta e risulti meramente eventuale”.
3. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale del V. è dedotta, del pari, violazione, falsa ed erronea applicazione degli artt. 3 e 157 del d.lgs. n. 285 del 1992, 157, 1, 18 e 23 della legge n. 990 del 1969 e 2054 cod. civ., nonché vizio di motivazione.
Anche per il V. la Corte di appello avrebbe errato ad affidarsi ad un criterio finalistico per qualificare il concetto di circolazione, essendo invece “del tutto indifferente il fine per il quale il veicolo si trovi in sosta sulla pubblica via”, giacché “la sosta è essa stessa circolazione”.
Viene, quindi, formulato il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ. : “ai sensi dell’art. 3 e 157 del DLvo 30.04.1992 n. 285, degli artt. 1, 18 e 23 della L. n. 990 del 24.12.1979 e dell’art. 2054 del Codice Civile, la posizione di arresto di un veicolo va sussunta nel concetto di circolazione stradale, indipendentemente dal motivo per il quale il veicolo si trovi in sosta ed il conducente effettui qualsivoglia manovra funzionale alla circolazione su elementi del mezzo con conseguente dichiarazione di responsabilità solidale del conducente e del proprietario del veicolo con il soggetto che assicura il veicolo per la RCA”.
4. – I due ricorsi, principale ed incidentale – ciascuno con unico motivo ed entrambi incentrati sulla comune questione dei limiti del concetto di circolazione ai fini dell’operatività delle norme sulla assicurazione obbligatoria – sono ammissibili e fondati.
4.1. – Tutte le censure sono essenzialmente orientate a denunciare un vizio di violazione di legge – in ordine al combinato dispiegarsi della disciplina sulla circolazione stradale e sulla assicurazione obbligatoria di cui alla legge n. 990 del 1969 – per aver la Corte di appello assunto un concetto di “circolazione stradale” non inclusivo della sosta del veicolo in quanto tale, a prescindere se sia causa o mera occasione del danno prodottosi.
Sicché, il vizio motivazionale è solo postulato nella rubrica dei motivi, mentre, nella sostanza delle doglianze, non si aggredisce l’accertamento in fatto, né la valutazione delle prove effettuati dalla Corte territoriale.
Dunque, proprio in coerenza con il vizio veicolato con i ricorsi sono posti i quesiti di diritto ex art. 366-bis cod. proc. civ., i quali, in modo pertinente ed idoneo, danno contezza (quelli del ricorrente principale intesi complessivamente a corredo dell’unico motivo proposto), della quaestio iuris in rapporto alla fattispecie concreta ed alla motivazione del giudice di merito sottoposta a critica.
Né, rispetto alle censure di violazione di norme di diritto – le uniche effettivamente mosse alla sentenza di appello ed incentrate essenzialmente solo sul percorso argomentativo di quest’ultima -, è dato apprezzare (contrariamente a quanto eccepito dalla parte controricorrente) un difetto di autosufficienza o la violazione dell’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ..
4.2. – A seguito della rimessione ex art. 374 cod. proc. civ. operata dall’ordinanza interlocutoria in precedenza indicata, le Sezioni Unite civili (con la sentenza n. 8620 del 29 aprile 2015, in controversia risarcitoria per danni conseguenti a sinistro mortale determinato dall’imperita manovra del conducente di un mezzo in sosta, munito di un braccio meccanico di sollevamento, per effetto della quale un cassone metallico, in fase di caricamento, era scivolato travolgendo la vittima) hanno enunciato il principio di diritto cosi massimato: “Il concetto di circolazione stradale di cui all’art. 2054 cod. civ. include anche la posizione di arresto del veicolo e ciò in relazione sia all’ingombro da esso determinato sugli spazi addetti alla circolazione, sia alle operazioni propedeutiche alla partenza o connesse alla fermata, sia, ancora, rispetto a tutte le operazioni che il veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. Ne consegue che per l’operatività della garanzia per R.C. A. è necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area ad essa parificata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità non solo sotto il profilo logico ma anche delle eventuali previsioni normative, risultando invece indifferente l’uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo medesimo”.
Nella richiamata sentenza n. 8620 del 2015, le Sezioni Unite hanno, tra l’altro, precisato che “il veicolo deve essere considerato, in tutte le sue componenti e con tutte le caratteristiche, strutturali e funzionali, che, sia sotto il profilo logico che sotto quello di eventuali previsioni normative, ne consentono l’individuazione come tale ai sensi del C.d.S.”; sicché, “l’uso che di esso si compia su aree destinate alla circolazione – sempreché sia quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo può avere – costituisce circolazione del veicolo stesso ai sensi dell’art. 2054 c.c.. Ne consegue che la copertura assicurativa deve riguardare tutte le attività cui il veicolo è destinato e per cui lo stesso circola su strada di uso pubblico o su area equiparata”.
In tale complessiva prospettiva è stato, altresì, affermato dalla stessa sentenza che “è proprio la peculiarità della fattispecie di responsabilità prevista in ogni caso dall’art. 2054 c.c., u.c.” a rendere evidente che, nel caso “di veicolo che si trovi al di fuori del possibile controllo del conducente (qual è quello del veicolo regolarmente parcheggiato sulla pubblica via) non sia consentito al proprietario (ed agli altri soggetti indicati nei commi precedenti, tra cui il conducente) di sottrarsi alla responsabilità per i danni derivati dalla circolazione (fatta, per quanto innanzi detto, di movimento e di sosta) per vizi di costruzione o per difetto di manutenzione, ove sia mancata la dimostrazione di un apporto causale esterno (il caso fortuito, ivi incluso il fatto doloso del terzo) in assenza del quale, per il vero, non è dato ipotizzare altro che un guasto tecnico”.
4.3. – Nella specie, è pacifico – alla stregua dell’incontestato accertamento compiuto dal giudice del merito con la sentenza impugnata in questa sede – che “l’incidente è avvenuto sulla pubblica via, mentre il veicolo [autocarro con rimorchio a carrellone, quali mezzi entrambi assicurati per la r.c.a.] era parcheggiato, davanti all’officina meccanica dove doveva avvenire la riparazione” e che il fatto dannoso della morte di A.L. era ascrivibile al comportamento colposo di V.G. , proprietario del veicolo, che “attivava il dispositivo di sganciamento della rampa posteriore del carrello, senza adottare le cautele del caso”, cosi colpendo al volto l’A. , che decedeva per le conseguenziali lesioni patite.
Sicché, lo sganciamento della rampa del carrello posteriore del veicolo anzidetto (peraltro, necessitante di riparazione e, quindi, in costanza di difetto manutentivo), in sosta sulla pubblica via, ha configurato un utilizzo (altresì imperito da parte del proprietario) del mezzo medesimo corrispondente alle caratteristiche proprie di costruzione ed alla sua utilitas, con conseguente riconducibilità del fatto illecito alla circolazione stradale, nella sua omnicomprensiva dimensione dinamico-statica, e, pertanto, alla luce dei principi sopra evidenziati, integra la sussistenza dei presupposti per l’operatività della garanzia assicurativa.
5. – In accoglimento di entrambi i ricorsi, la sentenza impugnata va, dunque, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (vertendo il punto ancora controverso soltanto sulla questione in iure – oggetto del presente giudizio di legittimità – della operatività della garanzia assicurativa, nonché essendovi già giudicato nei confronti del V. , assicurato per la r.c.a. presso l’Allianz, sia sulla responsabilità, che sul quantum del complessivo risarcimento dovuto ai congiunti di A.L. ), la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., con condanna della Allianz S.p.A., in solido con V.G. , al pagamento in favore degli attori della somma risarcitoria di Euro 567.000,00, oltre interessi e rivalutazione come, anch’essi, indicati nella sentenza del Tribunale di Agrigento n. 102/2003.
La Allianz S.p.A. va, altresì, condannata al pagamento delle spese relative ai gradi di merito in favore dei soli attori, non essendo le stesse dovute al V. risultato soccombente e, comunque, rimasto contumace in entrambi i gradi; dette spese vanno liquidate, come in dispositivo, nella misura (non fatta oggetto di doglianze) indicata nella sentenza di appello.
La stessa Allianz S.p.A., infine, deve essere condannata al pagamento, in favore di entrambe le parti ricorrenti vittoriose, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri introdotti dal d.m. 10 marzo 2014, n. 55.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie entrambi;
per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna l’Allianz S.p.A., in solido con V.G. , al pagamento in favore degli attori, congiunti di A.L. , della complessiva somma risarcitoria di Euro 567.000,00, oltre interessi e rivalutazione come indicati nella sentenza del Tribunale di Agrigento n. 102/2003;
condanna, altresì, l’Allianz S.p.A. al pagamento, in favore di A.C. , T.G. e A.M. , in solido tra loro, delle spese di lite dei gradi di merito, che liquida: per il primo grado, in complessivi Euro 8.878,28, di cui Euro 5.110,00 per onorari, Euro 3.468,28 per diritti, Euro 300,00 per spese di c.t.u., oltre i.v.a. e c.p.a.; per il secondo grado, in complessivi Euro 4.000,00, di cui Euro 2.700,00 per onorari ed Euro 1.300,00 per diritti, oltre i.v.a. e c.p.a.;
condanna, infine, l’Allianz S.p.A. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida, in favore di ciascuna parte ricorrente, in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

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