Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 18 novembre 2014, n. 24472
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2838/2012 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA in persona del suo procuratore ad negozia e legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 611/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 06/12/2010, R.G.N. 324/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/09/2014 dal Consigliere Dott. MARCO ROSSETTI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento del quinto motivo di ricorso, assorbiti il sesto e il settimo, rigetto degli altri.
La vittima subi’ lesioni personali.
2. Nel 2001 la sig.a (OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Perugia, sezione staccata di Foligno, (OMISSIS) e (OMISSIS), genitori di (OMISSIS), e la (OMISSIS) s.p.a., chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno.
Tutti i convenuti si costituirono negando la propria responsabilita’.
3. Con sentenza 18.1.2007 n. 4 il Tribunale di Perugia ritenne che il sinistro dovesse essere ascritto ad un concorso di colpa paritario del pedone e della ciclomotorista, e liquido’ il danno in conformita’.
4. La Corte d’appello di Perugia, adita da (OMISSIS), con sentenza 6.12.2010 n. 611 confermo’ la decisione di primo grado per quanto attiene all’attribuzione delle responsabilita’; ed accolse parzialmente l’appello della vittima maggiorando l’importo del risarcimento liquidato a titolo di rimborso delle spese mediche.
5. La sentenza d’appello viene ora impugnata per cassazione dalla sig.a (OMISSIS) sulla base di sette motivi illustrati da memoria.
Ha resistito con controricorso la sola (OMISSIS) s.p.a..
1.1. I primi cinque motivi del ricorso vanno esaminati congiuntamente, perche’ pongono questioni analoghe. Tutti e cinque, infatti, si dolgono della sentenza d’appello nella parte in cui ha ricostruito la dinamica del sinistro, ed attribuito al pedone una responsabilita’ concorrente nella misura del 50%.
1.2. Espone, al riguardo, la ricorrente, che la motivazione adottata dalla Corte d’appello sarebbe erronea nella parte in cui:
(a) ha ritenuto non vera la ricostruzione dei fatti prospettata dalla vittima (e cioe’ che il ciclomotore investitore aveva sorpassato un autocarro, fermatosi per consentire il transito del pedone), cosi’ fraintendendo le allegazioni in facto della stessa vittima, la quale mai aveva dedotto che l’autocarro si sarebbe fermato per far passare il pedone , ma solo che l’autocarro si era fermato, e basta;
(b) ha creduto ad un testimone non attendibile;
(c) non ha attribuito rilevanza alla condotta del ciclomotorista, che effettuo’ un sorpasso senza avere la visuale libera;
(d) non ha valutato le dichiarazioni confessorie dell’investitore, rilasciate subito dopo il fatto;
(e) non ha valutato che il pedone aveva acquisito una precedenza di fatto ;
(f) non ha adeguatamente motivato in merito alle ragioni per le quali ha ritenuto superata, da parte dei convenuti, la presunzione di colpa posta dall’articolo 2054, comma 1, c.c., a carico della conducente.
1.3. Le censure riassunte alle lettere (a)-(e), illustrate alle pp. 5-18 del ricorso, sono manifestamente inammissibili.
Esse infatti (collazionate recuperando ampi brani degli scritti difensivi depositati nelle fasi di merito) sottopongono a questa Corte delle questioni squisitamente di merito (la valutazione delle prove, la ricostruzione della dinamica, l’attendibilita’ dei testimoni, la sussistenza d’una confessione).
Ora, e’ sin troppo noto che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione.
Per adempiere all’obbligo di motivazione, peraltro, il giudice del merito non e’ tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti: sara’ per lui sufficiente, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro complesso, indicare gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata, non avendo la Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice del merito.
Nel caso di specie, i requisiti appena riassunti sono tutti soddisfatti dalla motivazione della sentenza impugnata.
1.4. La censura riassunta supra, p. 1.2, alla lettera (f), e’ invece fondata.
Nel caso di investimento di un pedone da parte di un veicolo senza guida di rotaie l’articolo 2054 c.c., comma 1, pone a carico del conducente di quest’ultimo una presunzione juris tantum di colpa.
Per vincere tale presunzione il conducente ha l’onere di provare che il pedone abbia tenuto una condotta anomala, violando le regole del codice della strada e parandosi imprevedibilmente dinanzi alla traiettoria di marcia del veicolo investitore.
Da cio’ deriva che la mera violazione, da parte del pedone, dell’obbligo di concedere la precedenza ai veicoli in transito quanto attraversi la strada al di fuori dei passaggi pedonali, non basta di per se’ ad escludere in toto la colpa del conducente.
Pertanto:
(a) il pedone puo’ essere ritenuto responsabile esclusivo del sinistro soltanto quando si pari improvvisamente ed imprevedibilmente dinanzi a traiettoria del veicolo;
(b) la violazione di una regola di condotta da parte del pedone non e’ di per se’ sufficiente a ritenere la colpa esclusiva di quest’ultimo;
(c) la violazione di una regola di condotta da parte del pedone e’ pero’ sufficiente a ritenere un concorso di colpa del pedone stesso, ex articolo 1227 c.c., nella causazione del sinistro.
1.5. Cio’ premesso in iure, si rileva in facto che nella specie la Corte d’appello, dopo avere descritto in termini di colpa per imprudenza la condotta della conducente (pag. 7 della sentenza), e senza descrivere la condotta tenuta dal pedone prima, durante e dopo l’investimento, ha concluso con la seguente affermazione: il sinistro si e’ verificato per il concomitante apporto delle due indipendenti, ma ugualmente colpevoli, condotte dell’investitore e dell’investito (…), non essendovi prova che la colpa del ciclomotorista sia maggiore od esclusiva . La motivazione poi prosegue spiegando che, in mancanza di prove certe che consentissero di ricostruire nel dettaglio ogni circostanza del sinistro, la percentuale di colpa attribuita dal Tribunale al pedone doveva ritenersi equa (cosi’ la sentenza impugnata, pag. 8).
Tale decisione e’ viziata in diritto, ed illogica nella motivazione.
1.5.1. E’ viziata in diritto perche’ l’assenza di prove che consentano di ricostruire con esattezza la dinamica del sinistro non puo’ che condurre all’affermazione della colpa presunta del conducente, ai sensi dell’articolo 2054 c.c., comma 1.
La sentenza ha, poi, una motivazione illogica.
Poiche’, per quanto detto, il conducente di veicoli a motore e’ onerato da una presunzione di colpa, il giudice chiamato a valutare e quantificare l’esistenza d’un concorso di colpa tra la colpa del conducente e quella d’un pedone investito deve:
(a) muovere dall’assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100%;
(b) accertare in concreto la condotta del pedone;
(c) ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergano circostanze idonee a dimostrare una colpa in concreto del pedone.
Non e’, dunque, quest’ultimo a dovere dimostrare che la colpa del conducente sia stata maggiore della propria, ma e’ vero il contrario: e’ onere del conducente dimostrare che la condotta del pedone e’ stata colposa ed ha avuto efficacia causale assorbente o concorrente nella produzione dell’evento.
Nel caso di specie, pertanto, la sentenza impugnata e’ viziata da contraddittorieta’: perche’ da un lato ammette di non disporre di elementi certi per ricostruire nel dettaglio la dinamica del sinistro, e dall’altro attribuisce al pedone un concorso di colpa del 50% sul presupposto che non vi fosse prova che la colpa del ciclomotorista sia stata maggiore od esclusiva .
1.6. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, la quale nell’attribuire o ripartire la responsabilita’ tra le parti:
(a) terra’ conto che l’insufficienza di prova della colpa del pedone ridonda a svantaggio del conducente;
(b) accertera’ se vi sia prova che esista, ed in che cosa sia consistita, una condotta colposa del pedone;
(c) eventualmente ripartira’ le responsabilita’ in base ai criteri dettati dall’articolo 1227 c.c., comma 1: e cioe’ dapprima spiegando adeguatamente quale delle colpe concorrenti debba ritenersi piu’ grave, e quali conseguenze delle rispettive condotte imprudenti debbano ritenersi maggiori; e quindi ripartendo la colpa in proporzione a gravita’ della colpa ed entita’ delle conseguenze che ne sono derivate.
2. Il sesto motivo del ricorso principale.
2.1. Col sesto motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una di violazione di legge, ai sensi all’articolo 360 c.p.c., n. 3; sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva compensato le spese, ritenendo l’attrice parzialmente soccombente . Tale motivazione e’ irragionevole, perche’ l’attrice era stata comunque vittoriosa in primo grado.
2.2. Il motivo e’ infondato, sebbene la motivazione della sentenza impugnata debba essere corretta.
Il Tribunale infatti rilevo’ un divario tra le pretese dell’attrice e l’entita’ dei danni concretamente accertati (venne liquidata una invalidita’ permanente del 3%, a fronte dell’allegazione dell’esistenza di postumi permanenti nella misura del 10%).
L’accoglimento solo in parte della pretesa attorea non e’ tecnicamente una soccombenza , ma comunque la differenza tra petitum e decisum costituisce un giusto motivo per la compensazione delle spese di lite.
3. Il settimo motivo di ricorso.
7.1. Col settimo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da una di violazione di legge, ai sensi all’articolo 360 c.p.c., n. 3; sia da un vizio di motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5.
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello l’ha condannata a rifondere all’appellata il 50% delle spese di lite, ritenendola soccombente prevalente .
Questa motivazione e’ illogica e comunque viola l’articolo 91 c.p.c., perche’ l’appello e’ stato comunque accolto, sia pure in minima parte.
7.2. Il motivo e’ assorbito dall’accoglimento del quinto motivo di ricorso.
8. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimita’ e del precedente grado d’appello saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell’articolo 385 c.p.c., comma 3.
-) accoglie il ricorso nei limiti di cui alla motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Perugia in differente composizione;
-) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’ e di quelle dei gradi di merito.
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