notifica_atti_giudiziari

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza  17 luglio 2014, n. 16402

Svolgimento del processo

1. Il sig. S.A. nel 1995 si sottopose ad un intervento di estrazione dentaria, eseguito dal Dott. P.V. .
Assumendo che l’estrazione non venne eseguita a regola d’arte, nel 1998 il paziente convenne il suddetto medico dinanzi al Tribunale di Rimini, chiedendone la condanna al risarcimento del danno.
Il Tribunale adito con sentenza 30.8.2004 n. 892 accolse la domanda, nella contumacia del convenuto.
2. Il sig. S.A. , benché vittorioso, appellò la sentenza di primo grado, lamentando una sottostima del danno.
L’appellato, Dott. P.V. , si costituì tardivamente ed eccepì l’inesistenza della notificazione dell’atto di citazione in primo grado, perché eseguita in un luogo dal quale egli si era trasferito due anni prima. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza 12.2.2008 n. 292, accolse l’eccezione del convenuto e dichiarò ‘”l’inesistenza della citazione e della sentenza”, condannando l’appellante alle spese.
3. Tale sentenza viene ora impugnata per cassazione dal sig. S.A. , in base a due motivi.
Ha resistito con controricorso il sig. P.V. .

Motivi della decisione

1. Il secondo motivo di ricorso.
1.1. Deve essere esaminato per primo il secondo dei motivi di ricorso proposto dal sig. S.A. , per anteriorità logica ai sensi dell’art. 276, comma 2, c.p.c..
Con tale motivo di ricorso, infatti, il ricorrente sostiene che la Corte d’appello ha errato nel qualificare come “inesistente”, piuttosto che nulla la notifica della citazione introduttiva del giudizio di primo grado; mentre col secondo motivo sostiene che erroneamente la Corte avrebbe esaminato ed accolto l’eccezione di nullità della sentenza proposta dall’appellato P.V. , perché proposta tardivamente e comunque non nella forma dell’appello incidentale.
Ora, è principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che solo le cause di nullità della sentenza di primo grado devono essere fatte valere con l’appello (anche incidentale), ex art. 161 c.p.c., mentre il vizio di inesistenza della sentenza, scaturente dalla mancanza dei requisiti minimi essenziali di tale atto, può essere fatto valere anche in via di eccezione, e sinanche in sede di opposizione all’esecuzione (Sez. U, Sentenza n. 4874 del 03/05/1991, Rv. 471965; principi sostanzialmente analoghi sono stati affermati da Sez. 2, Sentenza n. 12292 del 05/10/2001, Rv. 549522; Sez. 2, Sentenza n. 14360 del 06/06/2013, Rv. 626463; Sez. 2, Sentenza n. 4616 del 03/08/1984, Rv. 436536; Sez. 2, Sentenza n. 14360 del 06/06/2013, Rv. 626463; Sez. 1, Sentenza n. 21193 del 31/10/2005, Rv. 584658).
Preliminare, dunque, è la qualificazione, in termini di nullità piuttosto che di inesistenza, del vizio dedotto dall’appellato P.V. nel giudizio di gravame: se infatti la sentenza di primo grado fosse nulla, l’appellato costituitosi tardivamente è decaduto dalla possibilità di far valere tale vizio; se invece fosse inesistente, ben poteva la Corte d’appello esaminare e decidere la relativa doglianza, benché contenuta in una comparsa depositata dopo lo spirare del termine per la costituzione in appello.
1.2. Col secondo motivo di ricorso, dunque, il ricorrente lamenta che la sentenza sia viziata tanto da violazione di legge, ex art. 360 n. 3, c.p.c., quanto da vizio di motivazione, ex art. 360, n. 5, c.p.c., nella parte in cui ha ritenuto inesistente, e non nulla, la notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado.
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello ha ritenuto la suddetta notificazione “inesistente” sul presupposto che, al momento di essa, il destinatario aveva trasferito il proprio studio professionale ad altro indirizzo ormai da due anni.
Tale decisione secondo il ricorrente avrebbe violato l’art. 140 c.p.c., in quanto:
(a) la prova del trasferimento del domicilio non dimostrava ex se che il trasferito non aveva più alcun legame con la vecchia sede;
(b) l’ufficiale giudiziario, nel redigere la relazione di notificazione, aveva attestato che il destinatario risultava “assente”, e non “trasferito”;
(c) in ogni caso, la Corte d’appello ha posto a fondamento della propria decisione una motivazione carente e contraddittoria, che non ha tenuto conto di tutte le prove raccolte.
1.3. Il motivo è fondato.
È principio pacifico che la notificazione d’un atto processuale sia inesistente, e non nulla, quando avvenga in luogo “non avente alcun collegamento con il destinatario della notificazione stessa essendo a costui del tutto estraneo” (ex permultis, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 13970 del 03/06/2013, Rv. 627107; Sez. 1, Sentenza n. 17023 del 05/08/2011, Rv. 619155; Sez. 2, Ordinanza n. 6470 del 21/03/2011, Rv. 616861; Sez. 2, Sentenza n. 25350 del 02/12/2009, Rv. 610243; Sez. 2, Sentenza n. 12002 del 26/11/1998, Rv. 521134).
Nel caso, in particolare, in cui l’atto venga notificato in un domicilio dal quale il destinatario assuma di essersi trasferito, la notificazione deve ritenersi nulla e non inesistente tutte le volte che l’ufficiale giudiziario attesti, nella relazione di notificazione, la permanenza d’una relazione tra il luogo della notificazione ed il destinatario di essa (Sez. 5, Sentenza n. 28285 del 18/12/2013, Rv. 629576, con riferimento al trasferimento dello studio d’un avvocato; Sez. 3, Sentenza n. 17478 del 23/08/2011, Rv. 619447, Sez. L, Sentenza n. 7219 del 17/05/2002, Rv. 554509 e Sez. L, Sentenza n. 9989 del 16/04/2008, Rv. 602852, tutte e tre con riferimento al trasferimento della sede d’una società – nel secondo caso trasferita addirittura da tre anni al momento della notifica -; Sez. 3, Sentenza n. 25737 del 24/10/2008, Rv. 605328, con riferimento all’ipotesi del trasferimento della dimora della persona fisica).
1.4. Si applichino ora i suddetti principi al caso di specie: è pacifico in facto che il luogo di notificazione dell’atto di citazione in primo grado fu già domicilio del convenuto; è pacifico che l’ufficiale giudiziario attestò, nella relazione di notificazione, “assente”, e non “trasferito”; ed è incontroverso in iure che le risultanze del certificato anagrafico, sul quale la Corte d’appello ha fondato larga parte del proprio convincimento, è inidoneo a dimostrare ex se la nullità della notificazione dell’atto di citazione eseguita in luogo diverso dalle suddette risultanze (Sez. 3, Sentenza n. 13011 del 31/05/2006, Rv. 591064).
Si verteva, dunque, in una tipica ipotesi in cui, nonostante l’avvenuto trasferimento, non poteva dirsi “reciso ogni collegamento” tra il destinatario dell’atto ed il luogo della notificazione.
1.5. Qualificato il vizio della notificazione in termini di “nullità” e non di “inesistenza”, ne consegue che:
(a) la suddetta nullità stata sanata, ex art. 157, comma 2, cod. proc. civ., per non essere stata tempestivamente eccepiva con l’atto di appello (giurisprudenza pacifica, a partire da Sez. 3, Sentenza n. 3604 del 16/06/1984, Rv. 435598);
(b) conseguentemente, ha errato la Corte d’appello nell’esaminare la questione nel merito e dichiarare l’inesistenza della decisione di primo grado.
2. Il primo motivo di ricorso.
2.1. Col primo motivo di ricorso il sig. S.A. sostiene che la sentenza impugnata sarebbe incorsa nel vizio di violazione di legge di cui all’art. 360, n. 3, c.p.c..
Si assume in particolare che essa avrebbe violato gli artt. 2909 c.c. e 177, 178, 324, 343 e 346 c.p.c..
Questa la tesi del ricorrente: poiché il Tribunale aveva in primo grado dichiarato contumace il convenuto P.V. , ove questi avesse inteso dolersi della nullità od inesistenza della notifica dell’atto di citazione avrebbe dovuto proporre un tempestivo appello incidentale sia avverso la sentenza, sia avverso l’ordinanza istruttoria con la quale era stato dichiarato contumace.
Nel caso di specie, invece, il sig. P.V. non aveva proposto formalmente alcun appello incidentale, e comunque anche ad interpretare la comparsa di costituzione in appello nel senso che contenesse un appello incidentale, esso sarebbe stato tardivo, essendosi costituito l’appellato ben oltre il termine di legge.
Il ricorrente, dunque, ascrive alla sentenza d’appello un errore (avere esaminato nel merito l’eccezione di inesistenza della notificazione della citazione) sorretto da tre ragioni. La sentenza d’appello, in particolare, sarebbe errata perché:
(a) l’appellato non aveva impugnato l’ordinanza di dichiarazione della contumacia;
(b) in ogni caso, l’appellato non aveva proposto appello incidentale avverso la sentenza;
(c) se l’aveva proposto, esso era comunque tardivo.
2.2. Il motivo è infondato nel primo dei suoi profili, fondato negli altri.
2.2.1. Quanto al primo profilo, basterà ricordare che l’ordinanza istruttoria non pregiudica mai la decisione della causa, e che l’acquisto dell’efficacia di giudicato (e dunque la necessità dell’impugnazione) è prerogativa della sentenza, e giammai dell’ordinanza istruttoria.
Non pertinenti, al riguardo, sono tutte le decisioni citate dal ricorrente alle pag. 14-16 del suo ricorso: sia perché concernenti un sistema processuale (quello anteriore alla riforma introdotta dalla I. 26.11.1990 n. 353) ormai abrogato dal 30.4.1995; sia soprattutto perché concernenti il diverso problema della necessità di riproporre, nel precisare le conclusioni, le istanze istruttorie disattese dal giudice istruttore.
2.2.2 Fondato è invece il secondo profilo di doglianza prospettato dal ricorrente (necessità di proporre appello incidentale per far valere il vizio di nullità della notificazione della citazione).
La fattispecie processuale concreta portata all’esame di questa Corte nel presente giudizio è la seguente:
(a) il convenuto in primo grado viene dichiarato contumace;
(b) egli, nondimeno, nonostante la contumacia risulta in tutto od in parte vittorioso;
(c) l’attore (parzialmente) soccombente impugna la sentenza di primo grado. In questa situazione, ove il convenuto contumace avesse inteso dolersi in appello della nullità della notificazione dell’atto di citazione, avrebbe avuto l’onere di proporre appello incidentale, ex art. 161 c.p.c..
È doveroso segnalare, per completezza, che non costituisce un’opinione dissenziente rispetto al principio appena affermato il decisum di Sez. U, Sentenza n. 4874 del 03/05/1991, Rv. 471965, secondo cui “la parte rimasta contumace nel giudizio di primo grado, definito con sentenza ad essa favorevole nel merito, non ha l’onere, ove tale pronuncia sia appellata dalla controparte, di proporre appello incidentale per sollevare la questione (non esaminata dal giudice di primo grado) della nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, questione che deve essere dal giudice d’appello esaminata sempre d’ufficio ed in via preliminare“. E non lo è in quanto, nel caso deciso dalla sentenza appena ricordata, il convenuto contumace era risultato totalmente vittorioso in primo grado, sicché egli non aveva alcun giuridico interesse (ex art. 100 c.p.c.) a proporre un appello incidentale, come bene si chiarisce nella motivazione della sentenza.
Nel presente giudizio, per contro, il convenuto contumace era rimasto soccombente in primo grado, sebbene in misura inferiore a quella invocata dall’attore, con la conseguenza che ove avesse voluto rimuovere tale statuizione di condanna egli era comunque tenuto a proporre l’appello incidentale: se così non fosse, si perverrebbe all’assurdo che l’appellato costituito tardivamente e senza proporre appello incidentale potrebbe ottenere addirittura una reformatio in melius della sentenza che l’ha visto soccombente.
2.3. La sentenza deve dunque essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, la quale applicherà i seguenti principi di diritto:
(a) È nulla, e non inesistente, la notificazione eseguita in un domicilio dal quale il destinatario si è trasferito, quando nella relazione di notificazione l’ufficiale giudiziario abbia attestato che il destinatario stesso sia “assente”.
(b) Il convenuto illegittimamente dichiarato contumace in primo grado, a causa d’un vizio della notificazione dell’atto di citazione, ha l’onere di far valere tale nullità con l’appello incidentale quando sia rimasto in tutto od in parte soccombente nel giudizio di primo grado.
3. Le spese.
Le spese del giudizio di legittimità e dei gradi precedenti di merito saranno liquidate dal giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 385, comma 3, c.p.c..

P.Q.M.

la Corte di cassazione, visto l’art. 383, comma primo, c.p.c:

-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna;

-) rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e di quelle dei gradi di merito.

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