SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III
SENTENZA 17 febbraio 2014, n. 3622
Ritenuto in fatto
Con atto di citazione notificato il 9 novembre 1999 la s.r.l. Immobiliare Stella Alpina ha convenuto davanti al Tribunale di Roma Ia.Mi. e M. , in proprio e nella qualità di soci dello studio associato I. , chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per l’importo di L. 182.907.000, imputando agli stessi – dottori commercialisti – errori e inadempimenti nella compilazione delle dichiarazioni IVA relative agli anni 1990 – 1991, in conseguenza dei quali la società ha perso un credito IVA di importo pari alla somma di cui sopra.
I convenuti hanno resistito alla domanda ed hanno chiesto ed ottenuto di chiamare in causa la s.a. Zurigo Assicurazioni, per esserne garantiti.
Quest’ultima si è costituita ed ha resistito alla domanda.
Esaurita l’istruttoria, il Tribunale ha condannato I.M. a pagare la somma di £ 182.907.000, oltre interessi e spese di lite, in favore dell’Immobiliare Stella Alpina; ha respinto la domanda attrice nei confronti di I.M. e la domanda di garanzia proposta dai convenuti nei confronti della compagnia assicuratrice.
Proposto appello da I.M. , a cui hanno resistito la Immobiliare Stella Alpina e la Zurigo, con sentenza 21 giugno -31 luglio 2007 n. 3417 la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado. I.M. propone due motivi di ricorso per cassazione.
Resiste con controricorso la s.a. Zurich Insurance Company, nuova denominazione della Zurigo Assicurazioni
Motivi della decisione
1.- La Corte di appello ha motivato la sua decisione in base al rilievo che l’illecito addebitato all’assicurato risale agli anni 1990 e 1991, cioè a data anteriore a quella del 30 dicembre 1994, da cui decorre l’efficacia della polizza di assicurazione. Ha ritenuto irrilevante la clausola n. 4 del contratto medesimo, secondo cui ‘La garanzia vale per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta all’assicurato nel periodo di assicurazione’ e la circostanza che la domanda risarcitoria sia stata inoltrata il 19.4 1999, nel corso del periodo assicurativo 15.10.1996 – 15.10.1999, con la motivazione che l’alea coperta dalla garanzia deve riguardare un evento futuro ed incerto; non un evento già verificatosi prima della conclusione del contratto, e che nella specie non risulta essere stata pattuita alcuna deroga al principio di cui all’art. 1917 cod. civ..
2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 1362 e 1322 cod. civ., e con il secondo motivo contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, sul rilievo che la Corte di appello ha illegittimamente disatteso l’efficacia della clausola n. 4 – c.d. clausola claim made, largamente praticata nei contratti di assicurazione della responsabilità professionale – la quale garantisce all’assicurato la copertura assicurativa in tutti i casi in cui la domanda di risarcimento dei danni sia proposta contro l’assicurato nel periodo di validità-efficacia della polizza, pur se il comportamento illecito da cui deriva la responsabilità si sia verificato prima della stipulazione del contratto. Assume che la Corte di appello ha interpretato la clausola contro il suo testo letterale; ha disatteso il principio per cui le parti, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale, possono derogare alle caratteristiche del tipo negoziale e richiama la giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto valide le clausole claim made, enunciando il principio per cui i contratti di assicurazione che le contengono non rientrano nella fattispecie tipica di cui all’art. 1917 cod. civ., ma configurano contratti atipici, meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 cod. civ. (Cass. civ. Sez. 3, 25 marzo 2005 n. 5624).
Soggiunge che la compagnia assicuratrice è tanto consapevole di quanto sopra che neppure ha eccepito, nel giudizio di primo grado, l’inoperatività della garanzia, affidando la sua difesa a diverse eccezioni ed argomentazioni.
3.- I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati perché connessi, sono fondati.
La clausola claim made prevede il possibile sfasamento fra prestazione dell’assicuratore (obbligo di indennizzo in relazione all’alea del verificarsi di determinati eventi) e controprestazione dell’assicurato (pagamento del premio), nel senso che possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell’assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data, come nel caso in esame; e possono risultare viceversa sforniti di garanzia comportamenti tenuti dall’assicurato nel corso della piena validità ed efficacia della polizza, qualora la domanda di risarcimento dei danni sia proposta successivamente alla cessazione degli effetti del contratto.
Va premesso che il problema dell’efficacia della clausola claim made viene qui esaminato e deciso con esclusivo riferimento al caso oggetto di esame, cioè al caso in cui la copertura assicurativa sia estesa ai comportamenti anteriori alla stipulazione del contratto.
La Corte di appello ha ritenuto inefficace la clausola sulla base del presupposto (non chiaramente espresso, ma intuibile dalla motivazione) che l’alea è elemento essenziale del contratto di assicurazione, la cui mancanza determina la nullità del contratto medesimo (cfr. art. 1895, 1904 cod. civ., nonché le varie disposizioni che prevedono la modifica degli effetti del contratto nei casi di variazione dei rischi: art. 1892, 1893, 1896, 1897, 1898 ed altri, cod. civ., fra cui lo stesso art. 1917 cod. civ., là dove esclude la responsabilità dell’assicuratore per fatti dolosi dell’assicurato, in quanto il dolo altera in base a fattori del tutto irrazionali le possibilità di previsione e preventiva valutazione del rischio assicurato).
La sentenza impugnata ha però ingiustificatamente equiparato il caso in esame a quello di inesistenza del rischio, mentre in realtà nel caso in esame un’alea esiste, pur se di natura e consistenza diverse da quella avente ad oggetto i comportamenti colposi del professionista.
Ha poi trascurato di considerare che l’estensione della copertura ai comportamenti anteriori alla stipulazione della polizza è frutto di una precisa scelta dell’assicuratore, che di sua iniziativa inserisce la clausola fra le condizioni generali di contratto (presumibilmente a fini promozionali), sulla base di una consapevole valutazione dei rischi, che peraltro vengono sapientemente circoscritti tramite altre disposizioni.
Quanto all’alea, essa concerne non la possibilità che l’assicurato tenga comportamenti colposi, ma che li abbia commessi in passato, pur non essendo ancora a conoscenza della loro illiceità o idoneità a produrre danno. È incongrua quindi la motivazione della Corte di appello, là dove ha ritenuto di dover escludere la sussistenza dell’alea con riferimento ad eventi già verificatisi.
L’alea non concerne i comportamenti passati nella loro materialità, ma la consapevolezza da parte dell’assicurato del loro carattere colposo e della loro idoneità ad arrecare danno a terzi.
In secondo luogo, non è detto che qualunque comportamento colposo induca il danneggiato a proporre domanda di risarcimento dei danni.
Sotto entrambi i profili l’assicurazione copre eventi incerti e peculiari tipi di rischi, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello.
In secondo luogo, i contratti contenenti la clausola claim made normalmente delimitano la garanzia a non più di due o tre anni prima della sottoscrizione della polizza, nonché ai casi in cui l’assicurato non sia a conoscenza dell’illecito pregresso, dei relativi effetti dannosi e dell’intenzione del danneggiato di agire in risarcimento, serbando intatta, in mancanza, la possibilità di opporre all’assicurato la responsabilità e gli effetti delle dichiarazioni inesatte o reticenti, ai sensi degli art. 1892 e 1893 cod. civ. (cfr., proprio con riferimento ad una clausola claim made, Cass. civ. Sez. 3, 22 marzo 2013 n. 7273). Sotto alcun aspetto pertanto appare giustificato, nel caso in esame, il diniego di efficacia alla clausola claim made, poiché la domanda risarcitoria è stata proposta contro l’assicurato in corso di validità della polizza; non risulta che questi fosse consapevole degli illeciti commessi, né dell’intenzione del cliente di agire in responsabilità nei suoi confronti, alla data della sottoscrizione della polizza. Va soggiunto che le clausole claim made sono predisposte dallo stesso assicuratore, nelle condizioni generali di contratto; che pertanto è da ritenere che, nella parte in cui prevedono effetti vantaggiosi per l’assicurato, siano frutto di scelte meditate e consapevoli, nonché di un’attenta valutazione dei rischi e della remuneratività del corrispettivo convenuto come premio, pur in relazione ai sinistri verificatisi in data anteriore. Trattasi poi di clausole che, nei casi simili a quello in esame, sono favorevoli per l’assicurato, sicché non viene in considerazione il divieto di deroghe alla disciplina ordinaria di cui all’art. 1932 cod. civ..
Non è rilevante né significativa, invece, la giurisprudenza citata dal ricorrente a supporto delle sue argomentazioni, perché relativa a fattispecie del tutto diverse da quella in oggetto, in cui la clausola claim made è stata invocata per escludere la copertura assicurativa, pur essendosi il sinistro realizzato nel pieno vigore del contratto di assicurazione, in quanto la domanda risarcitoria è stata per la prima volta proposta dopo lo scioglimento del contratto medesimo (cfr. Cass. civ. Sez. 3, 15 marzo 2005 n. 5624).
In questo secondo caso la clausola potrebbe effettivamente porre problemi di validità, venendo a mancare, in danno dell’assicurato, il rapporto di corrispettività fra il pagamento del premio e il diritto all’indennizzo, per il solo fatto che la domanda risarcitoria viene proposta dopo lo scioglimento del contratto (come frequentemente avviene – ben più che nel caso opposto e qui considerato – in tema di responsabilità professionale).
Ma trattasi di questione che qui non si pone, sulla quale quindi non vi è luogo a pronunciare.
4.- In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, affinché decida la controversia uniformandosi ai principi sopra indicati, con congrua e logica motivazione.
5.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
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