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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 15 dicembre 2015, n. 49331

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRANCO Amedeo – Presidente

Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere

Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ASTI;

nei confronti di:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso l’ordinanza n. 89/2006 TRIBUNALE di ASTI, del 03/11/2014;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;

lette conclusioni del PG Dott. P. Canevelli, accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Asti, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 3/11/2014 ha dichiarato “l’estinzione per decorso del tempo” dell’ordine di demolizione di cui alla sentenza 354/2003 del 14/3/2003 del Tribunale di Asti, irrevocabile il 5/7/2006, con la quale (OMISSIS) era stata condannata, tra l’altro, per il reato di cui alla Legge n. 47 del 1985, articolo 20.

Il Giudice, qualificato come “pena”, secondo i principi stabiliti dalla Corte EDU, l’ordine di demolizione impartito dal giudice, lo ha ritenuto travolto dalla prescrizione sulla base di quanto disposto dall’articolo 173 c.p., disponendo la trasmissione degli atti all’autorita’ comunale per quanto di sua competenza.

2. Avverso il provvedimento propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione di legge.

Il Pubblico Ministero ricorrente, in particolare, ha ricordato la qualificazione di sanzione amministrativa di tipo ablatorio accessoria alla sentenza di condanna attribuita all’ordine di demolizione impartito dal giudice penale ed ha richiamato la copiosa giurisprudenza di legittimita’ in tema.

Illustrando nel dettaglio le peculiarita’ dell’ordine di demolizione e le differenze intercorrenti con la confisca prevista per le ipotesi di lottizzazione abusiva, tali da escluderne la natura di sanzione penale e, conseguentemente, la soggezione alla prescrizione, ha richiesto l’annullamento dell’impugnato provvedimento.

3. Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato nei termini di seguito specificati.

Il Tribunale, attraverso un diffuso richiamo alla giurisprudenza della Corte EDU, ha ritenuto di doversi discostare dal consolidato ed unanime indirizzo giurisprudenziale di questa Corte sulla natura dell’ordine di demolizione impartito dal giudice, testualmente definito, come stigmatizzato dal Pubblico Ministero ricorrente, “…approccio ermeneutico di limitatissimo profilo sistematico e che peraltro, a lungo utilizzato in termini identici in materia di confisca Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, ex articolo 44, ha reso l’Italia (giustamente) pluricondannata in sede Europea”, nonche’ “…assunto vacuo, del tutto privo di argomentazione nel suo essere fondato sulla ragione, meramente formale, della qualificazione legislativa dell’ordine di demolizione quale sanzione amministrativa accessoria; cio’ che – si afferma – giustificherebbe l’inapplicabilita’ del disposto di cui all’articolo 173 c.p., relativo alle sole sanzioni penali”.

2. A tali lapidarie affermazioni, che menzionano sommariamente, nei termini dianzi riportati, gli esiti di una pluriennale analisi delle disposizioni in materia edilizia succedutesi nel tempo, il giudice del merito fa seguire una piu’ diffusa analisi della giurisprudenza della Corte EDU, atta a dimostrare, a suo dire, la diversa natura di sanzione penale dell’ordine giudiziale di demolizione.

Il ragionamento seguito dal Tribunale, in sostanza, si richiama a quella giurisprudenza secondo la quale l’ambito di operativita’ degli articoli 6 e 7 CEDU e’ piu’ esteso di quello riferibile ai reati ed alle pene nella loro formale qualificazione ad opera del diritto interno e riguarda ogni altra misura obiettivamente qualificabile come penale.

Tale qualificazione va effettuata (v. Corte EDU Engel e altri c. Paesi Bassi, 8/6/1976; Ozturk c. Repubblica federale tedesca, 21/2/1984), attraverso tre criteri: la qualificazione giuridica del provvedimento contestato nel diritto nazionale (cui, peraltro, viene attribuito valore relativo, non dirimente), la natura stessa di quest’ultimo e la natura e la gravita’ della “sanzione”, criteri ritenuti peraltro alternativi e non cumulativi (v. Corte EDU, Lutz c. Germania, 25/8/1987), sebbene sia ammesso un approccio cumulativo se l’analisi separata di ciascun criterio non porta ad una conclusione chiara sull’esistenza di un'”accusa penale” (cfr. Corte EDU A. Menarmi Diagnostics Srl c. Italia, 27/9/2011).

Sulla base dei principi come sopra sintetizzati il Tribunale ha ritenuto che l’ordine di demolizione dell’immobile abusivo sia pertinente all’accertamento di un fatto reato ed emesso dall’Autorita’ giurisdizionale penale all’esito di un processo penale; che costituisca una sanzione di gravita’ indubbia, caratterizzata da una evidente finalita’ repressiva, in quanto e’ comunque ordinata “se ancora non sia stata altrimenti eseguita”, cosi’ formalmente segnalando un aspetto punitivo indipendente da eventuali ed opposte valutazioni dell’autorita’ amministrativa in ordine al manufatto.

Tale assunto risulta, tuttavia, del tutto infondato.

3. Nel concentrare, infatti, l’attenzione sull’analisi della giurisprudenza della Corte EDU, il Tribunale ha del tutto omesso di considerare nel suo complesso l’articolata procedura relativa alla demolizione degli immobili abusivi delineata dalla vigente disciplina urbanistica.

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 27, attribuisce al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale il potere dovere di vigilare, anche secondo le modalita’ stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente, sull’attivita’ urbanistico-edilizia nel territorio comunale, al fine di assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalita’ esecutive fissate nei titoli abilitativi.

Il medesimo articolo, al comma 2, stabilisce che il dirigente o il responsabile dell’ufficio tecnico comunale, “quando accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilita’, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla Legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nonche’ in tutti i casi di difformita’ dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Qualora si tratti di aree assoggettate alla tutela di cui al Regio Decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, o appartenenti ai beni disciplinati dalla Legge 16 giugno 1927, n. 1766, nonche’ delle aree di cui al Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora Decreto Legislativo n. 42 del 2004), il dirigente provvede alla demolizione ed al ripristino dello stato dei luoghi, previa comunicazione alle amministrazioni competenti le quali possono eventualmente intervenire, ai fini della demolizione, anche di propria iniziativa. Per le opere abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, articoli 6 e 7, (ora Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articoli 13 e 14) o su beni di interesse archeologico, nonche’ per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo o di inedificabilita’ assoluta in applicazione delle disposizioni del Titolo II del Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (ora Parte Terza del Decreto Legislativo n. 42 del 2004), il Soprintendente, su richiesta della regione, del comune o delle altre autorita’ preposte alla tutela, ovvero decorso il termine di 180 giorni dall’accertamento dell’illecito, procede alla demolizione, anche avvalendosi delle modalita’ operative di cui alla Legge 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 2, commi 55 e 56”.

Si tratta, in tali casi, della c.d. demolizione d’ufficio, la quale non e’ preceduta da alcuna attivita’ procedi mentale finalizzata all’individuazione di soggetti responsabili o alla irrogazione di sanzioni, in quanto la norma attribuisce, al responsabile dell’ufficio tecnico ed agli altri soggetti indicati, la possibilita’ di diretta azione per la demolizione del manufatto abusivo durante tutto il corso della sua esecuzione ed in tutti i casi di contrasto con la disciplina urbanistica e gli strumenti urbanistici, da eseguirsi con le modalita’ indicate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 41.

Al di fuori delle ipotesi sopra ricordate, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 27, comma 3, stabilisce che, “qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali d’ufficio o su denuncia dei cittadini, l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalita’ di cui al comma 1, il dirigente o il responsabile dell’ufficio, ordina l’immediata sospensione dei lavori, che ha effetto fino all’adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi articoli, da adottare e notificare entro quarantacinque giorni dall’ordine di sospensione dei lavori. Entro i successivi quindici giorni dalla notifica il dirigente o il responsabile dell’ufficio, su ordinanza del sindaco, puo’ procedere al sequestro del cantiere”.

Il successivo comma 4 dispone, inoltre, che “gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibito il permesso di costruire, ovvero non sia apposto il prescritto cartello, ovvero in tutti gli altri casi di presunta violazione urbanistico-edilizia, ne danno immediata comunicazione all’autorita’ giudiziaria, al competente organo regionale e al dirigente del competente ufficio comunale, il quale verifica entro trenta giorni la regolarita’ delle opere e dispone gli atti conseguenti”.

Per le opere eseguite da amministrazioni statali provvede il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 28, imponendo al responsabile del competente ufficio comunale, qualora ricorrano le ipotesi di cui all’articolo 27, di informare immediatamente la regione e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al quale compete, d’intesa con il presidente della giunta regionale, la adozione dei provvedimenti previsti dal richiamato articolo 27.

4. Le disposizioni in precedenza ricordate prevedono, dunque, un immediato intervento demolitorio, effettuato d’ufficio sul solo presupposto della presenza sul territorio di un immobile abusivo, perche’ eseguito in assenza di titolo abilitativo o in difformita’ dalle norme urbanistiche o dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, che prescinde da qualsivoglia accertamento di responsabilita’, riguarda esclusivamente l’immobile ed ha, quale unico scopo, la sua eliminazione ed il ripristino dell’originario stato del territorio.

A cio’ si aggiunge, per gli interventi diversi da quelli soggetti a demolizione d’ufficio, la possibilita’ di interventi cautelari urgenti di cui all’articolo 27, comma 3, e la particolare procedura di segnalazione dell’abuso da parte della polizia giudiziaria di cui all’articolo 27, comma 4, che vede distinti gli obblighi di segnalazione all’autorita’ giudiziaria ed a quella amministrativa per l’adozione dei provvedimenti di competenza di quest’ultima.

Il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, successivo articolo 31, disciplina, inoltre, l’ingiunzione alla demolizione delle opere eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformita’ o con variazioni essenziali, disposizioni applicabili, secondo quanto disposto dal comma 9 bis, del medesimo articolo, anche agli interventi eseguiti in base a d.i.a. sostitutiva del permesso di costruire ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 22, comma 3.

Accertata l’esecuzione di tali interventi, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve ingiungere al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che, in caso di inottemperanza, viene acquisita di diritto, ai sensi del successivo comma 3 (il comma 4 stabilisce, inoltre, che l’accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all’interessato, costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente).

I successivi commi 4 bis, 4 ter e 4 quater, introdotti dalla Legge n. 164 del 2014, prevedono anche, in caso di accertata inottemperanza, l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, la quale, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui all’articolo 27, comma 2, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, e’ sempre irrogata nella misura massima.

Le regioni a statuto ordinario possono aumentare l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 4 bis, e stabilire che siano periodicamente reiterabili qualora permanga l’inottemperanza all’ordine di demolizione.

I proventi delle sanzioni spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico.

La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilita’ penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonche’ di responsabilita’ disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

L’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio del comune ha, quale finalita’, la demolizione a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali.

L’articolo 31, comma 8, individua i poteri sostitutivi del competente organo regionale in caso i inerzia.

L’articolo 31, al comma 9, infine, dispone che, per le opere abusive cui esso si riferisce, “il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 44, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita”.

5. Come si evince dal complesso delle disposizioni appena richiamate, la disciplina urbanistica individua la demolizione dell’abuso edilizio come un’attivita’ avente finalita’ ripristinatorie dell’originario assetto del territorio imposta all’autorita’ amministrativa, che deve provvedervi direttamente nei casi previsti dall’articolo 27, comma 2, o attraverso la procedura di ingiunzione.

Si tratta, come osservato anche dalla piu’ attenta dottrina, di sanzioni amministrative che prescindono dalla sussistenza di un danno e dall’elemento psicologico del responsabile, in quanto applicabili anche in caso di violazioni incolpevoli, sono rivolte non solo alle persone fisiche, ma anche alle persone giuridiche ed agli enti di fatto e sono generalmente trasmissibili nei confronti degli eredi del responsabile (v., ad es., Consiglio di Stato, Sez. 6, n. 3206 del 30/5/2011) e dei suoi aventi causa che a lui subentrino nella disponibilita’ del bene (v., ad es. Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 2266 del 12/4/2011; Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 6554 del 24/12/2008. V. anche n. Cass. Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti, Rv. 245918).

La particolarita’ della demolizione ha portato, sempre in dottrina, anche a dubitare della riconducibilita’ della stessa nel novero delle sanzioni amministrative propriamente dette ed ha indotto ad operare anche una condivisibile distinzione tra natura “ripristinatoria” della demolizione, natura “riparatoria” dell’interesse pubblico leso dell’acquisizione gratuita e delle sanzioni pecuniarie alternative alla demolizione e natura “punitiva” delle sanzioni pecuniarie aggiuntive alla riduzione in pristino, nonche’ quelle conseguenti all’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.

6. Va altresi’ rilevato che, considerato il complesso delle disposizioni sopra richiamate, i provvedimenti finalizzati alla demolizione dell’immobile abusivo adottati dall’autorita’ amministrativa risultano completamente autonomi rispetto alle eventuali statuizioni del giudice penale e, piu’ in generale, alle vicende del processo penale, tanto e’ vero che si e’ affermato, ad esempio, come il sequestro penale dell’immobile non sia ostativo alla demolizione (v., ad es,. Consiglio di Stato Sez. 6, n. 3626 del 9/7/2013; Sez.4, n. 1260 del 6/3/2012. V. anche Cass. Sez. 3, n. 17188 del 24/3/2010, Mannelli, Rv. 247152; Sez. 3, n. 9186 del 14/1/2009, P.M. in proc. Mancini e altro, Rv. 243098)

7. Per cio’ che concerne, in particolare, la demolizione ordinata dal giudice penale ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, comma 9, va rilevato, in primo luogo, che la disposizione si pone in continuita’ normativa con il previgente articolo 7 della legge 47/1985 (Sez. 3, n. 32211 del 29/5/2003, Di Bartolo, Rv. 225548) e costituisce atto dovuto del giudice penale, esplicazione di un potere autonomo e non alternativo al quello dell’autorita’ amministrativa, con il quale puo’ essere coordinato nella fase di esecuzione (cfr. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013 (dep. 2014), Russo, Rv. 258518; Sez. 3, n. 37906 del 22/5/2012, Mascia ed altro, non massimata; Sez. 6, n. 6337 del 10/3/1994, Sorrentino Rv. 198511 ed altre prec. conf. Ma si vedano anche Sez. U, n. 15 del 19/6/1996, P.M. in proc. Monterisi, Rv. 205336; Sez. U, n. 714 del 20/11/1996 (dep.1997), Luongo, Rv. 206659).

La disposizione, inoltre, si pone come norma di chiusura del complesso sistema sanzionatorio amministrativo in precedenza descritto (cfr. Corte Cost. ord. 33 del 18/1/1990; ord. 308 del 9/7/1998; Cass. Sez. F, n. 14665 del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699).

Quanto alla sua natura, va osservato che trattasi di una sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio ed ha carattere reale.

Per tali ragioni, l’ordine di demolizione impartito dal giudice puo’ essere revocato dallo stesso giudice che lo ha emesso quando risulti incompatibile con un provvedimento adottato dall’autorita’ amministrativa, indipendentemente dal passaggio in giudicato della sentenza (Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci e altro, Rv. 260972; Sez. 3, n. 3456 del 21/11/2012 (dep.2013), Oliva, Rv. 254426; Sez. 3, n. 25212 del 18/1/2012, Maffia, Rv. 253050 Sez. 3, n. 73 del 30/4/1992, Rizzo, Rv. 190604; Sez. 3, n. 3895 del 12/2/1990, Migno, Rv. 183768), ad esso non sono applicabili l’amnistia e l’indulto (Sez. 3, n. 7228 del 02/12/2010 (dep.2011), D’Avino, Rv. 249309; Sez. 3, n. 6579 del 1/4/1994, Galotta ed altri, Rv. 198063; Sez. F, n. 14665 del 30/08/1990, Di Gennaro, Rv. 185699, cit.).

Il giudice puo’ inoltre emettere l’ordine di demolizione anche nell’ipotesi dell’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 cod. proc. pen. indipendentemente dall’accordo delle parti ed esso resta eseguibile indipendentemente dal decorso del termine previsto dall’articolo 445 c.p.p., comma 2, (Sez. 3, n. 18533 del 23/3/2011, Abbate, Rv. 250291), dovendosi escludere la sua natura di pena accessoria (Sez. 3, n. 24087 del 07/03/2008, Caccioppoli, Rv. 240539; Sez. 6, n. 2880 del 10/06/2002 (dep. 2003), Gobbi, Rv. 223716; Sez. 3, n. 64 del 14/1/1998, P.M. in proc. Corrado F, Rv. 210128 ed altre prec. conf.), il che determina anche la inapplicabilita’ della sospensione condizionale della pena (Sez. 3, n. 34297 del 5/7/2007, Moretti, Rv. 237220; Sez. 3, n. 36555 del 9/7/2002, Prencipe, Rv. 222485; Sez. 3, n. 2294 del 18/6/1999, Neri F, Rv. 215070 ed altre prec. conf.).

In caso di omessa statuizione da parte del primo giudice, l’ordine puo’ essere impartito dal giudice dell’appello (Sez. 5, n. 13812 del 11/11/1999, Giovannella F ed altro, Rv. 214608) o direttamente dalla Corte di cassazione (Sez. 3, n. 18509 del 15/1/2015, P.G. in proc. Gioffre, Rv. 263557; Sez. 3, n. 1365 del 18/9/1992, P.M. in proc. Marchese, Rv. 192057).

L’eventuale alienazione a terzi dell’immobile abusivo non impedisce, come si e’ accennato in precedenza, la demolizione (Sez. 3, n. 16035 del 26/2/2014, Attardi, Rv. 259802; Sez. 3, n. 801 del 2/12/2010 (dep. 2011), Giustino e altri, Rv. 249129; Sez. 3, n. 45301 del 7/10/2009, Roscetti, Rv. 245213 ed altre prec. conf.), cosi’ come la sua locazione (Sez. 3, n. 37051 del 8/7/2003, Moressa, Rv. 226319) e l’ordine demolitorio non e’ estinto dalla morte del reo sopravvenuta alla irrevocabilita’ della sentenza (Sez. 3, n. 3861 del 18/1/2011, Baldinucci e altri, Rv. 249317; Sez. 3, n. 3720 del 24/11/1999 (dep. 2000), Barbadoro G, Rv. 215601).

La sua efficacia, poi, si estende all’intero manufatto, comprensivo di aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna per il reato edilizio (Sez. 3, n. 38947 del 9/7/2013, Amore, Rv. 256431; Sez. 3, n. 21797 del 27/4/2011, Apuzzo, Rv. 250389 ed altre prec. conf.). Esso opera anche in caso di avvenuta acquisizione dell’immobile al patrimonio comunale (Sez. 3, n. 26149 del 9/6/2005, Barbadoro, Rv. 231941; Sez. 3, Sentenza n. 37120 del 8/7/2003, Bommarito ed altro, Rv. 226321).

8. La natura dell’ordine di demolizione impartito dal giudice e’ stata presa in considerazione anche con riferimento alla questione oggetto del presente procedimento, concernente la eventuale estinzione dello stesso per il decorso del tempo.

Si e’ cosi’ stabilito che l’ordine impartito dal giudice, che configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non e’ soggetto alla prescrizione quinquennale stabilita per le sanzioni amministrative dall’articolo 28 della Legge 689/81, che riguarda le sanzioni pecuniarie con finalita’ punitiva (Sez. 3, n. 16537 del 18/2/2003, Filippi, Rv. 227176) e, stante la sua natura di sanzione amministrativa, non si estingue neppure per il decorso del tempo ai sensi dell’articolo 173 c.p. (Sez. 3, n. 36387 del 7/7/2015, Formisano, non ancora massimata; Sez. 3, n. 19742 del 14/4/2011, Mercurio e altro, Rv. 250336; Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, La Mela, Rv. 248670), atteso che quest’ultima disposizione si riferisce alle sole pene principali (Sez. 3, n. 39705 del 30/4/2003, Pasquale, Rv. 226573).

9. I principi in precedenza menzionati sono pienamente condivisi dal Collegio, che ad essi intende dare continuita’.

Essi non si pongono, inoltre, in contrasto con la giurisprudenza della Corte EDU che il provvedimento impugnato richiama.

Va a tale proposito rilevato come questa Corte abbia gia’ avuto modo di affermare la compatibilita’ dell’ordine di demolizione e del sequestro eseguiti dopo la cessione a terzi del manufatto abusivo con le norme CEDI), come interpretate dalla Corte Europea con sentenza 20 gennaio 2009, nel caso Sud Fondi c/ Italia (Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti e altri, Rv. 245918. Nello stesso senso, Sez. 3, n. 47281 del 21/10/2009, Arrigoni, Rv. 245403).

Si e’ in quell’occasione precisato che proprio considerando le argomentazioni sviluppate dalla Corte di Strasburgo poteva ricavarsi che la demolizione, a differenza della confisca, non puo’ considerarsi una “pena” nemmeno ai sensi dell’articolo 7 della CEDU, perche’ “essa tende alla riparazione effettiva di un danno e non e’ rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge”.

Si osservava, inoltre, che la sentenza “nel mentre ha ritenuto ingiustificata rispetto allo scopo perseguito dalla norma, ossia mettere i terreni interessati in una situazione di conformita’ rispetto alle disposizioni urbanistiche, la confisca (anche di terreni non edificati) in assenza di qualsiasi risarcimento, ha invece espressamente ritenuto giustificato e conforme anche alle norme CEDU un ordine di demolizione delle opere abusive incompatibili con le disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente accompagnato da una dichiarazione di inefficacia dei titoli abilitativi illegittimi. Sembra quindi confermato che la invocata sentenza della Corte di Strasburgo non solo non ha escluso un sequestro o un ordine di demolizione dell’opera contrastante con le norme urbanistiche nei confronti di chiunque ne sia in possesso, anche qualora si tratti di terzo acquirente estraneo al reato, ma ha addirittura implicitamente ritenuto che una tale sanzione ripristinato ria puo’ considerarsi giustificata rispetto allo scopo perseguito dalle norme interne di assicurare una ordinata programmazione e gestione degli interventi edilizi e non contrastante con le norme CEDU richiamate dai ricorrenti”.

10. Tali considerazioni vanno qui ribadite, ricordando anche come autorevole dottrina abbia recentemente ricordato, nel commentare la “sentenza Varvara” (Corte EDU Varvara c. Italia, del 29/10/2013) e la lettura datane dalla Corte Costituzionale (sent. 49/2015), che le sentenze della Corte Europea non vanno interpretate ricorrendo all’apparato concettuale e linguistico proprio del diritto interno, in quanto la Corte, quando non utilizza termini che richiamano espressamente il significato che essi hanno nel diritto nazionale, utilizza nozioni definite “autonome”, rilevando anche come un diverso approccio potrebbe portare a incomprensioni o distorsioni foriere di gravi conseguenze.

11. Alla luce delle considerazioni sopra svolte deve dunque pervenirsi alla conclusione che l’ordine di demolizione dell’immobile abusivo impartito dal giudice penale ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, comma 9, diversamente da quanto sostenuto nell’impugnato provvedimento, non ha affatto natura di sanzione penale nel senso individuato dalla normativa CEDU, ostandovi non soltanto la qualificazione giuridica attribuitagli attraverso l’analisi giurisprudenziale, dianzi ricordata, ma anche il fatto che la demolizione imposta dal giudice, come si e’ piu’ volte rilevato in precedenza, non ha finalita’ punitive.

L’intervento del giudice penale si colloca, come pure si e’ detto, a chiusura di una complessa procedura amministrativa finalizzata al ripristino delle originario assetto del territorio alterato dall’intervento edilizio abusivo, nell’ambito del quale viene considerato il solo oggetto del provvedimento (l’immobile da abbattere), prescindendo del tutto dall’individuazione di responsabilita’ soggettive, tanto che la demolizione si effettua anche in caso di alienazione del manufatto abusivo a terzi estranei al reato, i quali potranno poi far valere in altra sede le proprie ragioni. L’intervento del giudice penale, inoltre, non e’ neppure scontato, dato che egli provvede ad impartire l’ordine di demolizione se la stessa ancora non sia stata altrimenti eseguita.

12. Va conseguentemente affermato il seguente principio di diritto: la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell’articolo 31, comma 9, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalita’ punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che e’ in rapporto con il bene, indipendentemente dall’essere stato o meno quest’ultimo l’autore dell’abuso. Per tali sue caratteristiche la demolizione non puo’ ritenersi una “pena” nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non e’ soggetta alla prescrizione stabilita dall’articolo 173 c.p..

13. Da cio’ consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Asti il quale si uniformera’ al principio dianzi formulato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Asti.

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