Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 12 maggio 2015, n. 9587

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26606/2011 proposto da:

(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona dell’amministratore unico p.t., avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale Notarile del Dott. Notaio (OMISSIS) in (OMISSIS) del 16/05/2014 rep. n. 54809;

– ricorrente –

contro

UNITA’ SANITARIA LOCALE/(OMISSIS) MERCATO SAN SEVERINO GESTIONE LIQUIDATORIA, in persona del Commissario Liquidatore p.t., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine della comparsa di costituzione;

– resistente –

avverso la sentenza n. 659/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 08/09/2011 R.G.N. 870/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/2015 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. – Per prestazioni – specialistiche di diagnostica e di laboratorio – svolte in regime di convenzionamento esterno in favore di assistiti del Servizio Sanitario Nazionale nel settembre ed ottobre 1993, la (OMISSIS) spa consegui’ dal presidente del tribunale di Salerno decreto ingiuntivo n. 700/94 per lire 2.809.396.708 (oltre interessi convenzionali e spese), sulla base delle impegnative trasmesse per la liquidazione, nei confronti dell’U.S.L. (OMISSIS) di Mercato San Severino; ma, con atto di citazione notificato il 14.3.94, l’ingiunta si oppose, deducendo di aver gia’ pagato quanto dovuto e contestando la spettanza delle ulteriori somme oggetto del monitorio, sotto il profilo della violazione della normativa vigente in materia e degli accordi intercorsi tra le parti (ed in particolare eccependo: errata tariffazione, violazione delle convenzioni esistenti tra le parti, erogazione di prestazioni in regime di assistenza indiretta, erogazione di prestazioni da eseguirsi presso strutture pubbliche, estensione unilaterale dell’autorizzazione, non spettanza delle indennita’ di rischio).

L’opposta si costitui’ e, in particolare, richiamo’ la “ricognizione delle convenzioni esistenti” intercorsa con controparte in data 11.12.91 e ratificata dalla Regione Campania, soprattutto in punto di applicabilita’ della tariffa recata da delibera della stessa Regione in data 3.2.81; e fu concessa la provvisoria esecuzione del monitorio opposto, sia pure con cauzione di lire 300.000.000 (ord. 3.5.94). Espletata c.t.u. a mezzo di un medico-legale e di un commercialista e resi chiarimenti, la sezione stralcio del tribunale di Salerno – con sentenza n. 369/07 – accolse integralmente l’opposizione e condanno’ l’opposta alla totale restituzione a controparte di quanto percepito “indebitamente” in dipendenza del monitorio, nonche’ alle spese di lite.

L’articolato gravame della (OMISSIS) spa, disattese le sue istanze di rinnovazione della c.t.u., fu infine rigettato dall’adita corte di appello di Salerno, che solo, pur confermata la revoca integrale del monitorio opposto, riconobbe come effettivamente dovute lire 113.513.828 (oltre interessi maturati nelle more, gia’ riconosciuti nel monitorio stesso), condannando l’appellante – prima che alle spese di lite – a restituire a controparte la differenza tra tale somma e quanto percepito in dipendenza della provvisoria esecutivita’ del decreto ingiuntivo, maggiorata degli interessi legali dalla data dell’effettivo esborso da parte dell’USL e fino al saldo.

Per la cassazione di tale sentenza, resa il di’ 8.9.11 col n. 659, ricorre oggi, affidandosi a cinque motivi, la (OMISSIS) spa; resiste – con atto qualificato “comparsa di costituzione e risposta”, ma notificato a controparte – la “Unita’ sanitaria locale n. (OMISSIS) di Mercato San Severino – Gestione Liquidatoria”; e, per la pubblica udienza del 6.2.15, la ricorrente, sostituiti i precedenti difensori con altro, deposita altresi’ memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c., prospettando, tra l’altro, un originario difetto di contraddittorio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.2. – In via preliminare, e’ manifestamente infondata l’eccezione di difetto di contraddittorio, sollevata per la prima volta dalla ricorrente in sede di memoria ai sensi dell’articolo 378 c.p.c..

Gia’ da tempo questa Corte ha affermato che la sostanziale identificazione con la Regione degli organi di liquidazione della soppressa USL esclude un qualunque litisconsorzio necessario tra l’una e gli altri, soprattutto ove – come nella specie – questi ultimi siano subentrati alla soppressa USL nella gestione della sua lite (Cass. 17 ottobre 2003, n. 15548; Cass. Sez. Un., 2 aprile 2002, n. 4647).

La conclusione puo’ qui essere ulteriormente confermata, alla stregua della piu’ recente ancora puntualizzazione della mera concorrenza tra le due legittimazioni: infatti, la legittimazione sostanziale e processuale concernente i rapporti creditori e debitori conseguenti alla soppressione delle USL spetta si’ alle Regioni, ma pur sempre in via concorrente con le gestioni liquidatorie, in quanto un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa regionale esclude l’ammissibilita’ di una attribuzione esclusiva della legittimazione processuale in capo alle gestioni liquidatorie; tale ultima legittimazione, infatti, risponde soltanto a criteri amministrativo-contabili, intesi ad assicurare la distinzione delle passivita’ gia’ gravanti sugli enti soppressi rispetto alla corrente gestione economica degli enti successori (Cass. Sez. Un. 20 giugno 2012, n. 10135; Cass. 8 luglio 2014, n. 15487).

E’ vero che tale piu’ recente intervento supera la precedente giurisprudenza di questa Corte sull’esclusione della passiva legittimazione delle Regioni per i debiti delle soppresse UU.SS.LL., ove le relative discipline regionali avessero disposto in tal senso (Cass. 18 ottobre 2011, n. 21205, con riferimento alla normativa della Campania Legge Regionale Camp. 26 luglio 2002, n. 15, ex articolo 13, modificativa rispetto alla precedente Legge Regionale 2 settembre 1996, n. 22); ma proprio esso consente tuttora, qualificando concorrenti le due legittimazioni, di concludere nel senso della mera alternativita’ e non invece in quello della necessita’ de contemporaneo coinvolgimento in giudizio degli organi di liquidazione della soppressa USL e della Regione.

p.3. – Cio’ posto, si osserva che la ricorrente articola cinque motivi.

3.1. Col primo, (OMISSIS) si duole di “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., n. 5). Erronea applicazione della Legge n. 833 del 1978, di riforma del S.S.N., de Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1980, dei Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1988, n. 119, e Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1988, n. 120, della delibera G.R.C. n. 583/81, successivamente revocata, e del Decreto Ministeriale 07/11/1991. Contraddittorieta’ della motivazione”.

In particolare:

– sub I/A la ricorrente: contesta i riferimenti normativi posti dalla corte territoriale a base dell’identificazione delle tariffe applicabili nel Decreto Ministeriale 7 novembre 1991, in luogo di quelle previgenti; essa invoca a tal fine – riproducendone il testo – l’atto di ricognizione intercorso con controparte in data 11.12.91, come pure la nota della Regione Campania del 12.3.90 (in punto di applicabilita’ del nomenclatore ex Decreto Legge 27 aprile 1989, o del Decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1980, o dei Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1988, n. 119, e Decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1988, articolo 120) ed altra normativa o corrispondenza regionale (soprattutto la nota n. 6066/92 del competente assessorato);

– sub I/B essa: per le prestazioni TAC, rimarca avere applicato le tariffe approvate con deliberazione della Giunta Regionale n. 583 del 3.2.81, seguita da quella n. 7033 del 25.10.83 (di ratifica del provvedimento n. 5480 del 25.5.83 del competente assessore) e da altra serie di provvedimenti della Regione; deduce essere stata da sempre abilitata ad erogare le prestazioni nella sola forma diretta, cioe’ convenzionata; rimarca la peculiarita’ della sua condizione, che la avrebbe abilitata ad erogare le prestazioni secondo modalita’ anche difformi da quelle ordinariamente applicate per gli altri centri diagnostici; reclama il diritto al rimborso per le prestazioni da eseguirsi presso strutture pubbliche, per il solo fatto dell’attestazione di mancanza di pronta disponibilita’, anche per l’anteriorita’ delle convenzioni tra (OMISSIS) e SSN rispetto alla normativa richiamata dai cc.tt.u.; riferisce avere pure di recente la Giunta Regionale Campania ribadito (con delibera n. 2129 del 10.7.08) l’applicabilita’ delle tariffe di cui al DGRC n. 378/98;

– sub I/C, infine, la ricorrente richiama la decisione del Consiglio di Stato n. 5951/08, ribadendo l’applicabilita’ delle sole tariffe identificate dalla Giunta Regionale con delibera n. 2840 del 31.3.81, di recepimento dell’accordo collettivo del 22.2.80; ricostruisce (alle pagine 32 e seguenti dei ricorso) I7ter cronologico degli atti relativi alle convenzioni stipulate ed alle tariffe applicate.

3.2. Col secondo motivo (alle pagine 36 e 37 del ricorso), la ricorrente deduce “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., n. 5). Erronea applicazione degli articoli 1175 e 1375 c.c.. Contraddittorieta’ della motivazione”. In particolare, la ricorrente lamenta la contrarieta’ della soluzione della corte territoriale anche ai principi di buona fede nell’esecuzione del contratto, negando la correttezza della condotta di controparte che, dopo il rituale adempimento da parte della struttura convenzionata di tutte le prestazioni, pretende poi di modificarne unilateralmente il prezzo o corrispettivo.

3.3. Col successivo mezzo di doglianza (rubricato “3 motivo” a pie di pag. 37 del ricorso), la ricorrente adduce “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., n. 5). Erronea applicazione dell’articolo 2697 c.c., e articolo 61 c.p.c. e ss.. Contraddittorieta’ della motivazione”. In particolare, la ricorrente si duole dell’acritica adesione della corte territoriale alle conclusioni dei consulenti tecnici, oltretutto malamente non prescelti tra esperti in questioni di diritto amministrativo-sanitario, a loro volta di acritica adesione alle tesi dell’USL; stigmatizza la carenza di approfondite analisi su ciascuna prestazione o di tabelle analitiche che consentissero alle parti di conoscere e controllare gli importi ritenuti dovuti, quelli reputati non dovuti e le causali relative a ciascuno; contesta l’ammissibilita’ della disamina di materiale acquisito direttamente dai cc.tt.u. in sede di espletamento delle operazioni, al di fuori del contraddittorio; deduce la carente produzione di numerosi documenti (segnatamente, le impugnative contestate) su cui pure ha fondato il giudizio.

3.4. Con ulteriore motivo (rubricato “IV motivo” nella parte finale della pag. 48 del ricorso), infine, la (OMISSIS) lamenta “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3) e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (articolo 360 c.p.c., n. 5). Erronea applicazione degli articoli 1218, 1460 e 2697 c.c.. Contraddittorieta’ della motivazione”. In particolare, la ricorrente censura la gravata sentenza per non avere tratto le dovute conseguenze dalla carenza di controversia sull’an delle prestazioni erogate, ne’ quindi su diritto alla controprestazione: ritenendo incombente a controparte l’onere di produrre la documentazione sulla cui base giustificare il proprio inadempimento, cioe’ le impegnative contestate.

3.5. Con il quinto motivo (alle pagine 52 e seguente del ricorso), infine, la ricorrente si duole di “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (articolo 360 c.p.c., n. 3)” e di “erronea applicazione dell’articolo 91 c.p.c.”, come pure di “contraddittorieta’ della motivazione”: in buona sostanza contestando la qualificazione di soccombenza ai suoi danni operata dal giudice di appello, nonostante almeno in parte – benche’ ingiustificatamente ridotta – sia stato riconosciuto doversi ad essa originaria ingiungente comunque una somma.

p.4. – La controricorrente contesta la validita’ delle doglianze avversarie richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali a se’ favorevoli, tra cui anche uno di legittimita’ (Cass. 13501/07).

5. – Ora, la corte di appello ha dapprima confermato – con minuziosa analisi del modus operandi ed asserzione dell’intervenuto esame analitico di doglianze e documenti relativi – la piena validita’ delle conclusioni cui gia’ in primo grado erano pervenuti i cc.tt.u.; ed ha poi:

– quanto alle prestazioni gia’ oggetto dei Decreto Ministeriale n. 119 del 1988, e Decreto Ministeriale n. 120 del 1988, concluso per la sottoposizione delle convenzioni in essere anche tra le parti al successivo Decreto Ministeriale 7 novembre 1991, di compiuta rideterminazione delle tariffe e in quanto tale in grado di incidere appunto e proprio sui “precedenti accordi, laddove il valore tariffario delle prestazioni risultava essere, anche in ragione della conquistata evoluzione tecnologica, del tutto eccedente rispetto alla congrua remunerazione dei fatto di produzione delle prestazioni stesse”;

– quanto alle prestazioni non contrassegnate con la lettera “C” del nomenclatore tariffario allegato sub 1 al detto Decreto Ministeriale 7 novembre 1991, – cioe’ principalmente le tomografie assiali computerizzate o TAC – escluso ogni compenso per la mancanza di un’espressa autorizzazione, da parte dell’USL che avesse constatato l’impossibilita’ di erogare le prestazioni entro cinque giorni presso strutture pubbliche od i suoi stessi ambulatori, all’esecuzione delle prestazioni presso strutture private convenzionate: cosi’ escludendo ottantotto notule per altrettante prestazioni, oltre ad altre irregolari perche’ erogate oltre il settimo giorno dalla concessa autorizzazione o per discordanza di date;

– quanto alle prestazioni in regime di assistenza indiretta, negare validita’ alle richieste di rimborso rivolte direttamente dall’operatore privato alla USL.

p.6. – Va ribadita la necessita’ (sul punto, tra le molte anche solo dell’ultimo anno, v. Cass., ord. 26 agosto 2014, n. 18218) che, per consentire a questa Corte di legittimita’ di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, nel ricorso si’ rinvengano sia l’indicazione della sede processuale di produzione dei documenti o di adduzione delle tesi su cui si fondano ed in cui si articolano le doglianze stesse, sia la trascrizione dei primi e dei passaggi argomentativi sulle seconde (tra te innumerevoli, v.: Cass., ord. 16 marzo 2012, n. 4220; Cass. 1 febbraio 1995, n. 1161; Cass. 12 giugno 2002, n. 8388; Cass. 21 ottobre 2003, n. 15751; Cass. 24 marzo 2006, n. 6679; Cass. 17 maggio 2006, n. 11501; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984; Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; tra le altre del solo 2014: Cass. 11 febbraio 2014, nn. 3018, 3026 e 3038; Cass. 7 febbraio 2014, nn. 2823 e 2865 e ord. n. 2793; Cass. 6 febbraio 2014, n. 2712, anche per gli errores in procedendo; Cass. 5 febbraio 2014, n. 2608; 3 febbraio 2014, nn. 2274 e 2276; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2072).

Pertanto, il ricorrente che proponga in sede di legittimita’ una determinata questione giuridica ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per l’ipotesi di questione non esaminata dal giudice del merito: Cass. 2 aprile 2004, n. 6542; Cass. 10 maggio 2005, n. 9765; Cass. 12 luglio 2005, n. 14599; Cass. 11 gennaio 2006, n. 230; Cass. 20 ottobre 2006, n. 22540; Cass. 27 maggio 2010, n. 12992; Cass. 25 maggio 2011, n. 11471; Cass. 11 maggio 2012, n. 7295; Cass. 5 giugno 2012, n. 8992; Cass. 22 gennaio 2013, n. 1435).

p.7. – Sono allora inammissibili i primi quattro motivi; infatti:

– difetta l’indicazione delle trascrizioni e delle sedi processuali dei passaggi degli atti di merito in cui ciascuna di quelle doglianze e’ stata sottoposta al giudice del merito;

– difetta, a sostegno dell’acriticita’ dell’adesione alle conclusioni dei consulenti tecnici di ufficio, l’indicazione analitica delle contestazioni svolte successivamente al deposito delle loro relazioni.

p.8. – Inoltre, quanto alla tariffazione delle prestazioni comunque comprese nel nomenclatore, non viene neppure presa in considerazione la specifica ratio decidendi della corte territoriale, che le ha reputate regolate dal sopravvenuto Decreto Ministeriale 7 novembre 1991 (tesi che, pertanto, non puo’ venire utilmente messa in discussione in questa sede, a prescindere da qualunque considerazione sulla sua correttezza).

p.9. – L’ultimo motivo e’ invece fondato, per quanto di ragione.

Dopo che il primo giudice aveva accolto integralmente l’opposizione, condannando senza riserve l’opposta (OMISSIS) spa alla restituzione di quanto percepito in dipendenza della provvisoria esecuzione del monitorio, la corte di appello ha invece comunque riconosciute dovute all’opposta alcune somme, sia pure di importo notevolmente inferiore rispetto a quello originariamente reclamato con il ricorso per decreto ingiuntivo: tanto da specificare, con locuzione eccettuativa rispetto alla categorica statuizione di rigetto del gravame interposto dalla medesima creditrice, che quest’ultima avrebbe si’ dovuto restituire le somme percepite in dipendenza dell’esecutivita’ del monitorio, la cui fondatezza -evidentemente e correttamente da rapportarsi all’interezza della somma che ne era oggetto – ma pur sempre trattenendo quanto effettivamente ad essa era fin dall’origine dovuto.

Nei limiti del motivo effettivamente formulato, che – per scelta processuale dell’impugnante – non investe la correttezza della stessa formula conclusiva di rigetto integrale dell’appello in luogo di quella corretta di accoglimento parziale, rileva allora questa Corte che l’appellante, che si e’ vista riconoscere come dovuta una parte – sia pure modesta – delle somme reclamate, non puo’ considerarsi, in base ad una considerazione complessiva dell’esito della lite (unica a rilevare, per giurisprudenza costante; da ultimo, v. Cass. 20 marzo 2014, n. 6522; Cass., ord. 18 marzo 2014, n. 6259; Cass. 30 agosto 2010, n. 18837), come soccombente. E la conclusione non puo’ mutare in caso di giudizio iniziato mediante decreto ingiuntivo (Cass. 9 agosto 2007, n. 17469), attesa la sua nota struttura di ordinario giudizio di cognizione a contraddittorio eventuale e differito sulla pretesa azionata ab origine con il ricorso per decreto.

Se tanto e’ vero, la qui gravata pronunzia e’ errata in punto di condanna della detta appellante alle spese di quel grado: e, sempre per restare nell’ambito, circoscritto dalle testuali espressioni prescelte dall’impugnante, dell’impugnazione in concreto dispiegata, va cassata limitatamente a quel capo.

E tanto in applicazione – alle sole spese di appello, attesa la concreta strutturazione del mezzo di censura – del seguente principio di diritto: poiche’ la valutazione di soccombenza, ai fini della condanna alle spese, va rapportata all’esito finale della lite anche in caso di giudizio seguito ad opposizione a decreto ingiuntivo, il creditore opposto che veda conclusivamente riconosciuto, sia pure in – quand’anche minima – parte rispetto a quanto richiesto ed ottenuto col monitorio, il proprio credito, se legittimamente subisce la revoca integrale del decreto ingiuntivo e la condanna alla restituzione di quanto, eccedente rispetto al dovuto, percepito in dipendenza della provvisoria esecutivita’ di questo, non puo’ tuttavia qualificarsi soccombente ed essere condannato alle spese del grado di appello, ove la pronunzia che questo conclude, sebbene impropriamente rigettando il gravame avverso l’integrale accoglimento dell’opposizione, comunque escluda dalla restituzione le somme qualificate appunto come effettivamente dovute.

p.10. – Pertanto, rigettati i primi quattro motivi, puo’ qui accogliersi il quinto, con cassazione della gravata sentenza limitatamente al suo capo sulle spese del giudizio di appello.

p.11. – Tuttavia, poiche’ non occorrono altri accertamenti di fatto, si puo’ al riguardo decidere nel merito e provvedere in ordine alle spese: limitatamente, peraltro, a quelle del grado di appello, non potendosi provvedere, restando confermata nel resto la sentenza di secondo grado in difetto di alcuna altra valida impugnativa sul punto, a nuova regolamentazione pure di quelle dei gradi pregressi.

Al riguardo, deve valutarsi che, sia pure dovendosi escludere la soccombenza in sede di appello in capo all’originaria ingiungente in dipendenza del riconoscimento di una sia pur minima parte del credito da essa azionato, la complessita’ in diritto delle questioni comunque affrontate ed in fatto dei calcoli e degli esami espletati, come pure l’andamento della causa nei due gradi, integrano senza dubbio, ad avviso del Collegio, un giusto motivo (ai sensi dell’articolo 92 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis in dipendenza dell’inizio della causa in primo grado anteriore all’entrata in vigore di tutte le piu’ recenti riforme della norma) di integrale compensazione delle spese del grado di appello.

Le medesime ragioni integrano poi giusti motivi di compensazione anche per le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi quattro motivi di ricorso ed accoglie il quinto; cassa la gravata sentenza limitatamente alla censura accolta e, decidendo nel merito, compensa interamente tra le parti le spese di lite del grado di appello; compensa le spese di lite del giudizio di legittimita’.

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