CASSAZIONE

Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 12 giugno 2014, n. 24875

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente
Dott. FRANCO Amedeo – rel. Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS);
avverso l’ordinanza emessa il 19 novembre 2013 dal tribunale del riesame di Foggia;
udita nella udienza in camera di consiglio del 1 aprile 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. D’AMBROSIO Vito, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 14 ottobre 2013 il Gip del tribunale di Foggia dispose il sequestro preventivo per equivalente di beni di (OMISSIS), in relazione a reati tributari, non meglio specificati nella ordinanza impugnata.Il tribunale del riesame di Foggia, con ordinanza del 19 novembre 2013, annullo’ il sequestro limitatamente agli emolumenti ricevuti a titolo di pensione nella misura dei 4/5, e confermo’ nel resto il provvedimento di sequestro.
Osservo’, tra l’altro: – che la mancata presenza nel fascicolo del verbale di sequestro non comportava alcuna nullita’ e del resto il difensore aveva diligentemente evidenziato i beni aggrediti dal sequestro; – che l’accordo con l’amministrazione finanziaria per la ristrutturazione del debito fiscale ai sensi della L.F.., articolo 182 bis, non impedisce il proseguimento dell’azione penale e l’applicazione delle misure cautelari penali.
L’indagato, a mezzo dell’avv. (OMISSIS), propone ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione dell’articolo 324 c.p.p., per avere il tribunale deciso il riesame pur in mancanza nel fascicolo del verbale di esecuzione del sequestro preventivo, che costituisce atto indispensabile per l’esercizio del diritto di difesa.
2) violazione della L.F.., articolo 182 bis, e difetto assoluto e manifesta illogicita’ della motivazione. Ricorda che aveva eccepito di avere concluso con l’Agenzia delle Entrate ed (OMISSIS) un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’articolo 182 bis cit., nel quale erano stati inclusi tutti i debiti di natura fiscale, ed aveva quindi chiesto la revoca del sequestro preventivo per equivalente, anche per l’intervenuta sospensione della esecutivita’ di tutti i crediti, anche fiscali, e quindi anche per quello per IVA di cui e’ causa. Il tribunale del riesame, invece di motivare in ordine al dedotto divieto di esecutivita’ in pendenza della procedura di accordo di ristrutturazione ai sensi dell’articolo 182 bis, ha motivato sulla inapplicabilita’ nella specie di una fantomatica proposta di concordato preventivo, di cui all’articolo 182 ter, mai invocata nel procedimento. Vi e’ quindi assoluta mancanza di motivazione sul punto impugnato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo e’ infondato in quanto la mancanza nel fascicolo del verbale di sequestro e’ irrilevante perche’ non ha potuto comportare alcuna limitazione o ostacolo all’esercizio del diritto di difesa. Copia di tale verbale, invero, e’ stata consegnata sicuramente all’interessato al momento della esecuzione del sequestro (e del resto col ricorso nemmeno si deduce che cio’ non sia avvenuto), sicche’ egli aveva sicuramente conoscenza dei beni sequestrati. Il che del resto e’ stato anche messo in evidenza dalla ordinanza impugnata, laddove ricorda che il difensore aveva diligentemente supplito alla carenza del verbale, con cio’ dimostrando, tra l’altro, di essere bene a conoscenza dei beni aggrediti con il sequestro per equivalente. Del resto, “Il giudice del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non ha l’obbligo di individuare i singoli beni e di fissarne il relativo valore. (La Corte ha precisato in motivazione che detta individuazione, ove non effettuata dal giudice, spetta al P. M. quale organo demandato all’esecuzione del provvedimento)” (Sez. 3, 25.2.2010, n. 12580, Baruffa, m. 246444).
E’ infondato anche il secondo motivo, in quanto esattamente il tribunale del riesame ha ritenuto irrilevante l’istanza avanzata dal (OMISSIS) all’Agenzia delle entrate e ad (OMISSIS) per la ristrutturazione del debito fiscale ai sensi della L.F.., articolo 182 bis, ed infondata la tesi della difesa secondo cui, in caso di ristrutturazione del debito, si applicherebbe il comma 3, di tale articolo, che stabilisce che non si possono iniziare o proseguire azioni cautelari sul patrimonio del debitore. Il ricorrente invero deduce che la L.F.., articolo 182 bis, commi 2 e 3, stabilisce che l’accordo di ristrutturazione acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione nel registro delle imprese; che da tale data i creditori, per titoli anteriori, non possono iniziare o proseguire azioni cautelari od esecutive sul patrimonio del debitore; che nella specie e’ documentata l’avvenuta pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione; che conseguentemente vi e’ il divieto di dare esecuzione alla cartella esattoriale relativa all’IVA di cui al presente procedimento. Il ricorrente ora lamenta che il tribunale del riesame, anziche’ rispondere motivatamente in ordine all’invocato divieto di esecutivita’ in pendenza della procedura di accordo di ristrutturazione, si e’ dilungato a motivare sulla inapplicabilita’ di una fantomatica proposta di concordato preventivo, regolata dalla L.F.., articolo 182 ter, mai invocata dal ricorrente.
L’eccezione e’ infondata perche’ il tribunale del riesame, in realta’, ha osservato che le azioni che vengono bloccate dalla procedura invocata sono solo quelle civilistiche, e non anche quelle di natura penale, ed ha altresi’ richiamato una recente decisione di questa Corte, relativa al concordato preventivo di cui alla L.F.., articolo 182 ter, per affermare esattamente che anche in relazione ad un accordo di ristrutturazione devono comunque applicarsi i principi ivi enunciati in riferimento al concordato preventivo relativamente ai debiti tributari per il pagamento dell’IVA (quale e’ quello per il quale nella specie e’ stato disposto il sequestro per equivalente). Con tale decisione, infatti, e’ stato affermato il principio che “In tema di omesso versamento IVA, l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, seppure antecedente alla scadenza del termine previsto per il versamento dell’imposta, non esclude il reato previsto dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10 ter, in relazione al debito IVA scaduto e da versare” (Sez. 3, 14.5.2013, n. 44283, Gavioli, m. 257484). Quel che qui piu’ rileva, peraltro, e’ quanto enunciato nella motivazione di questa decisione (e valevole anche per la ristrutturazione del debito), nella quale si legge che “la legislazione vigente impone che nel concordato preventivo il debito IVA debba essere sempre pagato per intero, a prescindere dalla presenza o meno di una transazione fiscale, poiche’ la norma che lo stabilisce va considerata inderogabile e di ordine pubblico economico internazionale (cfr. Direttiva del Consiglio 2006/112/CE del 28 novembre 2006; Corte di Giustizia 29 marzo 2012, nella causa C-500/10, Belvedere Costruzioni srl, secondo la quale “ogni Stato membro ha l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel suo territorio”). Infatti, costituisce diritto vivente il principio (espresso da ultimo da Cass. civ. 16 maggio 2012 n. 7667; ma nello stesso senso anche da Cass. civ. 4 novembre 2011 n. 22931) secondo cui “In tema di omologazione del concordato preventivo con transazione fiscale, secondo l’istituto di cui alla L.F.., articolo 182 ter, anche per le procedure cui non sia applicabile “ratione temporis” il Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185, articolo 32 (convertito nella Legge 28 gennaio 2009, n. 2), che ha modificato la L.F.., articolo 182 ter, comma 1, prevedendo espressamente che la proposta, quanto all’IVA, puo’ configurare solo la dilazione del pagamento, sussiste l’intangibilita’ del predetto debito d’imposta, in quanto le entrate derivanti dall’applicazione di un’aliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri, agli imponibili relativi a detto tributo, costituiscono risorse proprie iscritte nel bilancio dell’Unione Europea, e quindi, il relativo credito, attenendo comunque a tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea, non puo’ essere oggetto di accordo per un pagamento parziale neppure ai sensi dell’articolo 182 ter nella versione introdotta dal Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5″… In conclusione, ne’ dall’articolo 160, ne’ dalla L.F. articolo 182 ter, puo’ essere desunta una volonta’ legislativa che ponga in dubbio il principio di indisponibilita’ della pretesa tributaria in riferimento al debito IVA, consentendone il pagamento dilazionato al di fuori degli accordi di transazione fiscale. Del resto l’accesso alla procedura di concordato preventivo e’ atto di autonomia privata, d’iniziativa del debitore, che mira a sfociare nel c.d. patto concordatario con i creditori. Una scelta di questo genere, tutta interna alla volonta’ del debitore, non puo’ portate, come sua conseguenza, ad elidere gli obblighi giuridici, specie quelli aventi rilievo pubblicistico, come la previsione del versamento dell’IVA alla scadenza di legge, la cui omissione e’ sanzionata penalmente… il debitore…ha di fronte a se’ una pluralita’ di soluzioni, a partire dalla transazione fiscale sino al piano che, indicando la prioritaria soddisfazione del debito Iva (peraltro avente rango privilegiato), rispetto a tutti gli altri… consenta la successiva esecuzione dei pagamenti senza falcidie… il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto…e’ reato omissivo istantaneo, che si perfeziona alla scadenza del termine entro cui doveva essere effettuato il pagamento, essendo del tutto irrilevante il fatto che la societa’ tenuta all’adempimento del debito tributario, e per essa il suo legale rappresentante, sia stata ammessa alla procedura del concordato preventivo in data precedente, non avendo la stessa ottenuto alcuna dilazione di pagamento, a seguito di una espressa richiesta di accesso alla procedura di transazione fiscale avanzata con l’istanza di concordato preventivo”.
Per analoghe ragioni non puo’ attribuirsi alcun rilievo, ai fini del disposto sequestro per equivalente in relazione al mancato pagamento dell’IVA, alla istanza di ristrutturazione dei debiti ed alla sua pubblicazione nel registro delle imprese.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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