Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 11 settembre 2014, n. 19161
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere
Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. STALLA Giacomo Maria – est. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 6975-2011 proposto da:
(OMISSIS) SRL (OMISSIS), in persona del procuratore speciale Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2526/2010 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 30/07/2010 R.G.N. 19651/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/06/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.
La (OMISSIS) si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda, atteso che – sulla base della corretta interpretazione delle condizioni generali della licenza d’uso sottoposte all’accettazione del (OMISSIS) al comparire della schermata di primo avvio del notebook – l’eventuale restituzione del prodotto e del relativo prezzo di acquisto non poteva concernere esclusivamente il software in questione, dovendo necessariamente riguardare quest’ultimo in una con l’hardware acquistato, con il quale formava un unico prodotto integrato; ipotesi per la quale essa si era gia’ dichiarata disponibile al ritiro ed al rimborso integrale del prezzo di hardware e software.
Con sentenza n. 5384/07 l’adito giudice di pace di Firenze accoglieva la domanda e condannava (OMISSIS) srl a pagare all’attore la suddetta somma di euro 140,00, oltre interessi e spese.
Interposto appello, interveniva la sentenza n. 2526/10 con la quale il tribunale di Firenze rigettava il gravame, compensando le spese del grado.
Avverso tale sentenza viene da (OMISSIS) srl proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, ai quali resiste con controricorso il (OMISSIS); entrambe le parti hanno depositato memorie ex articolo 378 c.p.c..
Con il secondo motivo di ricorso (OMISSIS) si duole di violazione degli articoli 1325 e 1326 c.c., nonche’ di contraddittoria motivazione; posto che il tribunale, dopo aver riferito il suo obbligo di ritiro e rimborso del solo software ad una determinata clausola della licenza d’uso di asserita natura contrattuale, non avrebbe poi rilevato che il contratto contenente tale clausola non era vincolante nei suoi riguardi posto che, in ogni caso, esso non venne concluso proprio a causa della mancata accettazione da parte del (OMISSIS).
Con il quarto motivo di ricorso (OMISSIS) si duole di violazione degli articoli 1362 c.c. e segg. e dei “principi sul collegamento negoziale”, oltre che di omessa ed insufficiente motivazione, sotto il profilo che: – l’affermazione del diritto dell’acquirente di ottenere il rimborso del solo software restituito non terrebbe conto del fatto che questi, pur potendo reperire sul mercato un PC privo di sistema operativo, scelse purtuttavia di acquistare il notebook in oggetto ben sapendo che su di esso vi era preinstallato il software (OMISSIS) assoggettato a licenza d’uso; – tra contratto di vendita e licenza d’uso sussisterebbe un collegamento negoziale in forza del quale la mancata accettazione della seconda priverebbe di effetti il primo, con conseguente diritto dell’acquirente di procedere alla restituzione integrale di hardware e software, non soltanto di quest’ultimo.
p. 1.2 Questi tre motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione unitaria perche’ tutti basati – nella prospettiva ora della violazione normativa, ora della carenza motivazionale sull’erronea interpretazione della clausola di riferimento contenuta nella cd. “(OMISSIS)”; vale a dire, nel contratto di licenza con l’utente finale relativo all’utilizzo del software di sistema (OMISSIS) preinstallato sul notebook acquistato dal (OMISSIS).
Va premesso – ad escludere al contempo l’inammissibilita’ del ricorso e la contravvenzione ai limiti del sindacato di legittimita’ – che le censure in esame mirano in effetti ad ottenere l’affermazione in questa sede di una ricostruzione della volonta’ negoziale delle parti diversa ed alternativa rispetto a quella fatta propria dal giudice di merito. E tuttavia tale affermazione viene qui sostenuta sul presupposto che il giudice di merito sia incorso, da un lato, in violazione di diritto nell’erronea applicazione delle specifiche disposizioni che presiedono, ex articoli 1362 c.c. e segg., all’interpretazione del contratto; e, dall’altro, in motivazione carente, e soprattutto contraddittoria, nell’argomentare la sussistenza a carico di (OMISSIS) di un obbligo di natura contrattuale in realta’ inesistente.
E’ dunque proprio l’articolazione delle censure attraverso la prospettazione di questi due concorrenti vizi decisionali ed argomentativi ad escludere che il vaglio di legittimita’, cosi’ richiesto, si risolva nella sollecitazione di una mera riconsiderazione di aspetti fattuali della vicenda riservati, in quanto tali, al giudice di merito.
Si e’ in proposito affermato che: “in tema di interpretazione del contratto, il procedimento di qualificazione giuridica consta di due fasi, delle quali la prima – consistente nella ricerca e nella individuazione della comune volonta’ dei contraenti – e’ un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimita’ solo per vizi di motivazione in relazione ai canoni di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 c.c. e segg., mentre la seconda – concernente l’inquadramento della comune volonta’, come appurata, nello schema legale corrispondente – risolvendosi nell’applicazione di norme giuridiche, puo’ formare oggetto di verifica e riscontro in sede di legittimita’ sia per quanto attiene alla descrizione del modello tipico della fattispecie legale, sia per quanto riguarda la rilevanza qualificante degli elementi di fatto cosi’ come accertati, sia infine con riferimento alla individuazione delle implicazioni effettuali conseguenti alla sussistenza della fattispecie concreta nel paradigma normativo” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 420 del 12/01/2006; in termini Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12946 del 04/06/2007, ed altre).
Ora, nel caso di specie vengono a ben vedere in considerazione entrambi gli aspetti di censurabilita’ evidenziati da questo orientamento giurisprudenziale.
Nel senso che la decisione del giudice di merito e’ qui sindacata non solo, come detto, sotto il profilo della violazione di specifiche norme di diritto di natura interpretativa, e della carente o contraddittoria motivazione (cd. “prima fase”); ma anche sotto quello (“seconda fase”) del corretto inquadramento (o sussunzione) della volonta’ delle parti, cosi’ individuata, nell’ambito normativo e di effettivita’ giuridica ad essa piu’ appropriato; segnatamente, come meglio si dira’, per quanto concerne il disconoscimento da parte del giudice di merito degli effetti propri del collegamento negoziale asseritamente instaurato dalle parti con la clausola in oggetto (se correttamente intesa ed applicata).
p. 1.3 Cio’ posto, la previsione (OMISSIS) in questione (riportata in ricorso) cosi’ recita nelle parti qui rilevanti: “(OMISSIS). Contratto di licenza con l’utente finale per il software (OMISSIS). Il presente contratto di licenza con l’utente finale (e’) un contratto intercorrente tra l’utente (una persona fisica o giuridica) e il produttore (“produttore”) del computer o di un suo componente (“hardware”) presso il quale l’utente ha acquistato il prodotto o i prodotti software (OMISSIS) identificati nel certificato di autenticita’ (“COA”) accluso all’hardware o nella documentazione associata relativa al prodotto (“software”)”; (…) “Installando, duplicando o comunque utilizzando il software, l’utente accetta di essere vincolato dalle condizioni del presente contratto. Qualora l’utente non accetti le condizioni del presente contratto non potra’ utilizzare o duplicare il software e dovra’ contattare prontamente il produttore per ottenere informazioni sulla restituzione del prodotto o dei prodotti e sulle condizioni di rimborso in conformita’ alle disposizioni stabilite dal produttore stesso” (…); “Licenza per il prodotto software. Nel presente contratto il termine computer viene utilizzato per indicare l’hardware, laddove l’hardware sia un computer o, qualora l’hardware sia una componente del computer, il computer nell’ambito del quale opera l’hardware”; (…) “Software come componente del computer – Trasferimento. Questa licenza non potra’ essere condivisa, trasferita o utilizzata contemporaneamente su computer diversi. Il software (e’) concesso in licenza con il computer come un prodotto singolo integrato e potra’ essere utilizzato esclusivamente con il computer. Se il software non e’ accompagnato dall’hardware, l’utente non potra’ utilizzare il software”.
Il giudice di merito (sent., pag.3) ha ritenuto che tale clausola riveli “due distinte vicende negoziali: quella relativa al computer (hardware) inteso come macchinario, e quella relativa al programma informatico ivi preinstallato (software). Una simile ricostruzione discende dalla considerazione che hardware e software sono due beni distinti e strutturalmente scindibili, oggetto di due diverse tipologie negoziali (…)”. Dallo sdoppiamento di oggetto e negozi, il tribunale ha tratto convincimento circa l’effettiva sussistenza dell’obbligo contrattuale del produttore ( (OMISSIS)) di ricevere dall’utente finale, rimborsandogliene il relativo prezzo, la restituzione non necessariamente del prodotto integrato di hardware e software, ma anche soltanto del software preinstallato.
La soluzione cosi’ accolta non incorre nelle doglianze qui dedotte.
L’adozione del criterio interpretativo letterale consente di mettere a fuoco due importanti punti fermi nella delimitazione soggettiva ed oggettiva della clausola.
Sotto il primo aspetto (delimitazione soggettiva), non e’ fondatamente dubitabile che il contratto di licenza (denominato non a caso “(OMISSIS)”) intercorra tra, da un lato, l’utente finale e, dall’altro, il “produttore”; intendendosi per tale, come testualmente si desume dalla parte definitoria della clausola in esame, “il produttore del computer o di un suo componente (hardware) presso il quale l’utente ha acquistato il prodotto o i prodotti software (OMISSIS) identificati nel certificato di autenticita’ (COA) accluso all’hardware o nella documentazione associata relativa al prodotto software”. La controparte contrattuale dell’utente finale deve dunque identificarsi, anche per quanto concerne la licenza d’uso del software preinstallato, nel produttore del computer e dunque, nella specie, in (OMISSIS). Tra utente finale e casa di produzione del software contenente il sistema operativo ((OMISSIS)) non intercorre pertanto alcun rapporto contrattuale. E cio’ ben si spiega, in considerazione del fatto che si e’ qui in presenza non gia’ di un software commercializzato direttamente da (OMISSIS) (alla stregua di quanto, pure, potrebbe accadere nella vendita diretta di licenze “full” o “retail” all’utente finale), bensi’ di un software relativo ad un sistema operativo che viene preinstallato sul personal computer dalla casa produttrice di quest’ultimo, ed in forza di condizioni economiche e licenze di vendita che vengono trattate, a monte della grande distribuzione, in forza di accordi commerciali su vasta scala direttamente stipulati tra la casa produttrice del software ((OMISSIS)) e le principali case produttrici dell’hardware (cd. (OMISSIS)), tra le quali certamente si annovera il gruppo (OMISSIS). Ne consegue che, sulla base della clausola contrattuale in esame, e’ il produttore-concessionario (OMISSIS), e non (OMISSIS), che l’utente finale che non accetti le condizioni di licenza deve “contattare prontamente” in vista della “restituzione del prodotto o dei prodotti” e del rimborso del prezzo “in conformita’ alle disposizioni stabilite dal produttore stesso”. Va d’altra parte considerato che e’ proprio in forza di quegli accordi commerciali che l’originaria licenza (OMISSIS) viene ad assumere i caratteri contrattuali e tecnici (questi ultimi, nei limiti di adattabilita’ e personalizzazione del software di sistema all’hardware che lo ospita) di “licenza-(OMISSIS)”; come tale facente esclusivo riferimento allo specifico produttore di hardware che ne abbia convenuto con (OMISSIS) le condizioni generali di preinstallazione e diffusione sulle proprie macchine.
Venendo con cio’ al secondo aspetto (delimitazione oggettiva), la distinzione operata dal giudice di merito nel ricostruire l’effettiva volonta’ contrattuale delle parti, lungi da risultare in contrasto con le norme di cui agli articolo 1362 c.c. e segg., e’ rispondente tanto al criterio letterale quanto a quello incentrato sulla natura e sull’oggetto del contratto. Cio’ nel senso dell’attribuzione al software preinstallato – fatto oggetto non di vendita ma di licenza d’uso – della rilevanza di bene a se’ stante, cosi’ come evincibile sia dall’impiego alternativo del numero plurale (restituzione “del prodotto o dei prodotti”; espressione tanto piu’ significativa ove ad essa si contrapponga concettualmente la singolarita’ dell’hardware-PC), sia dalla testuale definizione del software concesso in licenza con il computer “come prodotto singolo”, ancorche’ integrato con quest’ultimo. Il richiamo al carattere di “integrazione” non muta la conclusione, dal momento che e’ lo stesso contratto (par. 1.2) a rimarcare come esso si risolva nella preclusione per l’utente finale di utilizzare quel software di sistema (contrassegnato dal codice di autenticita’) su un PC diverso da quello sul quale e’ stato preinstallato in conformita’ alla licenza (OMISSIS). Il che, all’evidenza, vuoi dire che quel software di sistema non puo’ essere utilizzato su un altro PC (cosa che, se avvenisse, scardinerebbe la stessa ragion d’essere dell’accordo di privativa stipulato dal produttore con (OMISSIS)), ferma restando la possibilita’ tecnica che quel PC possa essere invece utilizzato con un diverso sistema operativo. L’integrazione tra software e hardware, in altri termini, non si fonda su un’esigenza di natura tecnologica ma unicamente commerciale. Cio’ perche’, sul piano strettamente tecnologico, e’ pacifico (la circostanza e’ riconosciuta anche dalla societa’ ricorrente, la quale ha infatti “rimproverato” al (OMISSIS) di non essersi rivolto al mercato dei notebook assemblati, o comunque vergini, cioe’ privi di sistema operativo preinstallato) che il PC o notebook potesse funzionare anche con un sistema operativo diverso da quello preinstallato. L’affermazione contenuta in taluni atti di causa secondo cui il requisito dell’integrazione dovrebbe intendersi in senso cogente posto che, senza il sistema operativo, il PC altro non costituirebbe che un inutile marchingegno, non coglie dunque nel segno; perche’ non da conto della possibilita’ che, ferma restando l’ovvia indispensabilita’ funzionale del sistema operativo, quest’ultimo venga installato direttamente dall’utente con ricorso a software libero e gratuito (open source), ovvero a software proprietario (anche (OMISSIS)) del quale egli gia’ detenga regolare licenza d’uso. Del resto, sempre nell’ambito della ricostruzione della effettiva intenzionalita’ delle parti, non puo’ sottacersi il fatto che in situazioni come la presente – ed a differenza di quelle in cui il problema della integrazione e’ ab origine superato dal fatto che, entro un’unica piattaforma informatica, il produttore del software di sistema sia anche il produttore dell’hardware per esso concepito e ad esso dedicato – l’utente finale e’ mosso all’acquisto sulla base principalmente delle specifiche tecniche del nuovo hardware; il che trova anche riscontro obiettivo nell’assoluta preponderanza del valore economico di quest’ultimo nella formazione del prezzo finale di mercato del “bene informatico” genericamente inteso.
p. 1.4 Esclusa la sussistenza di ostacoli tecnologici alla considerazione frazionata dei due prodotti, vi e’ da chiedersi se tale considerazione sia in ipotesi impedita da ostacoli negoziali.
Anche su questo aspetto la decisione del giudice di merito appare immune dai vizi contestati.
A detta della ricorrente (particolarmente, nel secondo e quarto motivo di ricorso), tra contratto di vendita del prodotto unitariamente inteso e licenza d’uso del sistema operativo sussisterebbe un vero e proprio collegamento negoziale, tale per cui la mancata accettazione da parte dell’utente finale delle condizioni della seconda priverebbe di effetti, per cio’ soltanto, anche il primo. Con l’ulteriore conseguenza che, nell’esercizio del suo pentimento, il consumatore non potrebbe ottenere lo scorporo del sistema operativo, ma unicamente – appunto a causa del venir meno degli effetti dell’operazione complessiva – il rimborso dell’intero prezzo previa restituzione integrale e dell’hardware e del software.
La tesi del “simul stabunt simul cadent” non trova qui fondamento, non sussistendo adeguati elementi volti a dimostrare che i due contratti in oggetto siano stati voluti dalle parti (e non vi e’ dubbio che l’accertamento del collegamento negoziale si risolva in una determinata ricostruzione della volonta’ delle parti) nell’ambito di una combinazione strumentalmente volta a realizzare uno scopo pratico unitario (atto a fungere da causa concreta dell’intera negoziazione), specifico, autonomo ed ulteriore rispetto a quello ad essi singolarmente attribuibile.
Vero e’ invece che, nel caso in questione: – la clausola contrattuale in oggetto attribuisce, come detto, rilevanza autonoma ad hardware e software, riconoscendo anche a quest’ultimo la natura di “prodotto”; – scopo precipuo del compratore era di acquistare non gia’ “quel” sistema operativo, bensi’ “quello” specifico hardware-PC; – la volizione del compratore si e’, per tale ragione, incentrata sulla compravendita, non gia’ sulla licenza d’uso che egli sarebbe stato richiesto di sottoscrivere al primo avvio del computer, e della cui esistenza, specialmente se non particolarmente ferrato in materia informatica, poteva essere finanche ignaro al momento dell’acquisto (con buona pace di una volonta’ di collegamento che, per rilevare, non potrebbe che essere comune).
Si e’ affermato (Cass. n. 7255 del 22/03/2013) che il collegamento contrattuale non da luogo ad un autonomo e nuovo contratto, essendo invece un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso attraverso una pluralita’ coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno e’ finalizzato ad un unico regolamento dei reciproci interessi; e, piu’ specificamente (Cass. n. 11914 del 17 maggio 2010, ed altre), che: “affinche’ possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, che impone la considerazione unitaria della fattispecie, e’ necessario che ricorra sia un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalita’ pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, sia un requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale”.
Orbene, nella fattispecie non e’ dato trarre alcun elemento – e di cio’ il giudice di merito ha dato compiutamente conto – circa l’effettivo perseguimento da parte dei contraenti “di un fine ulteriore” autonomo e trascendente rispetto agli effetti tipici separatamente riconducibili, per un verso, alla compravendita del notebook e, per l’altro, all’utilizzo di un determinato sistema operativo. Il quale non e’ componente indissolubile ne’ “qualita’ essenziale” del computer, ma opera dell’ingegno di autonoma considerazione; verso la cui adozione l’utente viene si’ sospinto, ma solo sul piano della sollecitazione ad un auspicato comportamento commerciale, non gia’ all’adempimento di un obbligo negoziale, men che meno di rilevanza causale travalicante quella del contratto suo proprio.
L’acquisto del computer non implica l’obbligo di accettare il sistema operativo, pena lo scioglimento della vendita e l’azzeramento dell’intera operazione; e qualora l’utente esprima, all’avvio del computer, una manifestazione negativa di volonta’, l’effetto del mancato consenso si ripercuote unicamente sul contratto nel cui ambito quella dichiarazione di volonta’ e’ stata suscitata: vale a dire la licenza d’uso.
Cio’ esclude, in definitiva, che la combinazione tra la compravendita dell’hardware e la licenza d’uso del software preordinata da (OMISSIS) in attuazione di accordi con (OMISSIS) ai quali il compratore e’ estraneo – possa assurgere a vero e proprio collegamento negoziale.
Non varrebbe obiettare, con la societa’ ricorrente e taluni commentatori delle sentenze del giudice di pace e del tribunale di Firenze, che la prassi commerciale (si fa l’esempio dell’acquisto di un bene complesso per eccellenza, come un’automobile) presenta ordinariamente situazioni nelle quali l’acquisto di un prodotto implica di necessita’ l’accettazione di tutti indistintamente i suoi componenti; sicche’ non potrebbe il compratore “pentirsi” di aver acquistato non il bene nella sua interezza, ma soltanto uno dei suoi componenti (di cui offra la restituzione separata dall’insieme).
Non pare che questo argomento – di sicura suggestivita’ – possa sovvertire la conclusione qui accolta.
E’ dirimente infatti che nella presente fattispecie non si controverte affatto di recesso (o “pentimento”) dell’utente finale dall’acquisizione del software e della relativa licenza d’uso bensi’, piu’ in radice, proprio della originaria mancata formazione del consenso su tale acquisizione.
E cio’ deriva a sua volta dalla peculiarita’ insita nel fatto che soltanto nella vendita “in bundle” di hardware e software (non anche nella vendita di altri beni complessi) si richiede all’utente di stipulare, dopo l’acquisto del primo, un ulteriore e diverso contratto relativo al secondo.
Su tale presupposto, poco importa che tale ulteriore manifestazione di volonta’ da parte del compratore venga richiesta attraverso un tipico servizio promozionale e di agevolazione all’uso del computer, quello appunto di preinstallazione del sistema operativo, fornito dal produttore; ne’ che tale preinstallazione sia stata in ipotesi da questi previamente comunicata, attraverso la rete di vendita, al compratore. Atteso che la sola consapevolezza di tale circostanza da parte di quest’ultimo (quand’anche dimostrata) non equivarrebbe, di per se’, ad accettazione delle condizioni di licenza d’uso (infatti subordinata ad una adesione discrezionale e dedicata, da successivamente esprimersi con un “clic” sul forra di primo avvio del computer); ne’ potrebbe ingenerare in capo al compratore una sorta di obbligo “preliminare” di aderire al successivo contratto di licenza del software, sotto condizione della risoluzione dell’intera vendita.
Corretto e’ dunque quanto osservato dal tribunale di Firenze (sent., pag.8), secondo cui il diritto al rimborso del software deriva qui non gia’ dall’esercizio di un recesso “parziale” ma, con la presa in consegna del bene ed il suo pagamento integrale, “dall’esecuzione anticipata di un contratto poi non concluso”; posto che “la mancata accettazione da parte del (OMISSIS) delle condizioni predisposte unilateralmente dall’altro contraente equivale alla mancata adesione al contratto di licenza d’uso del software, che pertanto non si e’ perfezionato”.
Su tale condivisibile assunto, non ha pregio l’affermazione della societa’ ricorrente (esplicitata in particolare nel secondo motivo di ricorso) secondo cui il diritto alla restituzione ed al rimborso parziale del solo sistema operativo non potrebbe qui in ogni caso spettare; in quanto previsto (se previsto) nell’ambito di un contratto improduttivo di effetti tra le parti, proprio perche’ non concluso mediante l’accettazione da parte del (OMISSIS). Tale argomento, basato su un sillogismo errato, tralascia di considerare che pur in ipotesi di mancata accettazione delle condizioni della licenza d’uso – e, anzi, proprio e soltanto in tale ipotesi – si attiva, a carico del produttore, la su riportata previsione negoziale, in forza della quale: “qualora l’utente non accetti le condizioni del presente contratto (…) dovra’ contattare prontamente il produttore per ottenere informazioni sulla restituzione del prodotto o dei prodotti e sulle condizioni di rimborso in conformita’ alle disposizioni stabilite dal produttore stesso”.
In definitiva, e’ la stessa proposta del produttore, avente ad oggetto l’adesione alla licenza d’uso, a stabilire che, in ipotesi di mancata adesione, l’utente abbia comunque il diritto di avviare la procedura di restituzione e rimborso. Sicche’ puo’ ragionevolmente dibattersi dell’ampiezza di tale diritto (hardware e software, ovvero solo software operativo); non anche della sua effettiva sussistenza, in quanto univocamente generato – per l’ipotesi qui ricorrente di mancata accettazione – dall’offerta di adesione proveniente dalla stessa parte obbligata.
Nemmeno persuade l’argomento (sviluppato in particolare nel primo motivo di ricorso) per cui la previsione in oggetto non attribuirebbe in realta’ all’utente alcun diritto al “rimborso”, ma soltanto il diritto di ottenere “informazioni sulle condizioni di rimborso”. Soccorrono anche in proposito i canoni legali di interpretazione della volonta’ delle parti e, in particolare, quelli di buona fede; di conservazione del contratto; di interpretazione contro l’autore della clausola; di equo contemperamento degli interessi; di maggior convenienza alla natura ed all’oggetto del contratto. Tutti convergenti nel concludere che in tanto avrebbe senso logico e giuridico porre a carico dell’utente l’onere di contattare prontamente il produttore per ottenere informazioni sul rimborso, in quanto tale rimborso sia effettivamente previsto e dovuto per contratto; in modo tale che le informazioni non possano che riguardare le modalita’ operative del reso, non gia’ il riconoscimento potestativo ex se del diritto ad opera del produttore.
La tesi sostenuta dalla societa’ ricorrente e’ pero’ qui da disattendere, non ultimo, non soltanto perche’ strutturalmente avulsa dal fenomeno del collegamento negoziale, ma anche perche’ -ove accolta – condurrebbe addirittura alla nullita’ dell’accordo di cui e’ causa. Ed anche questo va detto nell’applicazione del gia’ menzionato criterio interpretativo in base al quale gli eventuali dubbi sulla ricostruzione della volonta’ delle parti debbono essere risolti nel senso che il contratto o le singole clausole conservino qualche effetto, anziche’ in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
Si ritiene infatti che qualora la volonta’ delle parti fosse davvero stata qui orientata a stabilire un collegamento negoziale tra la compravendita e la concessione in licenza d’uso – con il risultato pratico di precludere all’utente finale la facolta’ di non aderire a quest’ultima trattenendo purtuttavia il computer a fronte del rimborso del prezzo del solo software rifiutato l’accordo in oggetto urterebbe per piu’ versi con la disciplina di tutela della liberta’ di scelta del consumatore finale, e di liberta’ di concorrenza tra imprese (articolo 101 Tratt. FUE, gia’ articolo 81 Tratt.Ist.CE; Legge n. 287 del 1990, articolo 2).
Nell’accertata assenza di controindicazioni tecnologiche, l'”impacchettamento” alla fonte di hardware e sistema operativo (OMISSIS) (cosi’ come avverrebbe per qualsiasi altro sistema operativo a pagamento) risponderebbe infatti, nella sostanza, ad una politica commerciale finalizzata alla diffusione forzosa di quest’ultimo nella grande distribuzione dell’hardware (quantomeno in quella, largamente maggioritaria, facente capo ai marchi (OMISSIS) piu’ affermati); tra l’altro, con riflessi a cascata in ordine all’imposizione sul mercato di ulteriore software applicativo la cui diffusione presso i clienti finali troverebbe forte stimolo e condizionamento – se non vera e propria necessita’ in piu’ o meno intensi vincoli di compatibilita’ ed interoperabilita’ (che potremmo questa volta definire “tecnologici ad effetto commerciale”) con quel sistema operativo, almeno tendenzialmente monopolista.
Evenienza – a tal punto concreta da essere gia’ stata fatta oggetto sotto vari profili di interventi restrittivi e sanzionatori da parte degli organismi antitrust USA e della stessa Commissione UE – che puo’ essere esclusa solo interpretando la clausola in oggetto in termini di autonomia, e non di collegamento negoziale.
E cioe’ nel senso che chi acquista un computer sul quale sia stato preinstallato dal produttore un determinato software di funzionamento (sistema operativo) ha il diritto, qualora non intenda accettare le condizioni della licenza d’uso del software propostegli al primo avvio del computer, di trattenere quest’ultimo restituendo il solo software oggetto della licenza non accettata, a fronte del rimborso della parte di prezzo ad esso specificamente riferibile.
p. 2. Con il terzo motivo di ricorso (OMISSIS) deduce violazione degli articoli 1362 c.c. e segg., articoli 1325, 1346 e 1418 c.c., nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, atteso che la clausola di rimborso del solo software applicata dal giudice di merito (quand’anche effettivamente sussistente) dovrebbe purtuttavia reputarsi nulla per indeterminatezza; cio’ perche’ recante la previsione, a titolo di obbligazione di valuta, del rimborso di una somma indeterminata quanto a valore di mercato del software restituito.
La censura e’ infondata poiche’ la validita’ del contratto non deriva soltanto, ex articolo 1346 c.c., dalla determinatezza del suo oggetto, ma anche soltanto dalla sua determinabilita’.
Requisito, quest’ultimo, senz’altro sussistente nella fattispecie, posto che il diritto dedotto in giudizio ha ad oggetto il rimborso di un bene che le stesse parti definiscono “prodotto commerciale” dotato di autonoma rilevanza; e che usufruisce, proprio in quanto singolarmente reperibile sul mercato, di un suo valore di catalogo o listino-prezzi (agevolmente rilevabile anche attraverso i siti web specializzati). Sicche’ corretto e’ stato il rigetto, da parte del tribunale, del motivo di appello proposto da (OMISSIS) in ordine alla quantificazione della somma rimborsabile; trattandosi di decisione che trova conforto, in materia di vendita, nei criteri di determinazione del prezzo di cui all’articolo 1474 c.c..
p. 3. Con il quinto motivo di ricorso ci si duole di violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. e articolo 115 c.p.c. nonche’ di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione; posto che il giudice di merito avrebbe erroneamente condannato (OMISSIS) a rimborsare anche il software applicativo “(OMISSIS)”, nonostante che il (OMISSIS), sul quale gravava il relativo onere probatorio, non avesse prodotto in giudizio il pertinente contratto di licenza d’uso.
Nemmeno questa doglianza puo’ trovare accoglimento.
Il giudice di merito – con valutazione di fatto qui non censurabile – ha rilevato (sent., pag.10) che la licenza del software Works 8 (pacificamente incluso nel pacchetto acquistato dal (OMISSIS)) non poteva essere prodotta in giudizio se non a prezzo di rimozione dei sigilli dalla confezione nella quale essa era contenuta; il che avrebbe poi pregiudicato il diritto del (OMISSIS) ad ottenerne il rimborso secondo le procedure di restituzione stabilite dal produttore. Ne’ gli estremi di tale licenza potevano dal (OMISSIS) essere desunti informaticamente attraverso lo stesso PC acquistato; il cui avvio era precluso dalla mancata accettazione della licenza Windows. L’accoglimento della domanda del (OMISSIS) anche in relazione a Works 8 e’ stato dunque congruamente motivato attraverso, da un lato, l’avvenuto pacifico pagamento di tale software, offerto in restituzione con integrita’ dei sigilli, da parte dell’attore; e, dall’altro, l’accertata inesigibilita’ di un comportamento avente ad oggetto la dimostrazione di una circostanza (l’esistenza e l’identificazione della licenza d’uso) ricostruibile agevolmente anche dalla stessa controparte; alla quale la relativa prova risultava anzi, sulla scorta delle appena riportate emergenze in fatto, in definitiva piu’ vicina (Cass. n. 20110 del 02/09/2013).
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di cassazione che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del Decreto Ministeriale 10 marzo 2014, n.55.
– rigetta il ricorso;
– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in euro 6200,00, di cui euro 6000,00 per compenso professionale ed il resto per esborsi; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.
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