Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 11 luglio 2014, n. 15886


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere
Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18348/2008 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS), facente capo del GRUPPO BANCARIO (OMISSIS), non in proprio, ma in nome e per conto della (OMISSIS) S.P.A., aderente al (OMISSIS), facente parte del GRUPPO BANCARIO MONTE PASCHI DI SIENA, in persona del Sig. Dr. (OMISSIS), quale sostituto dell’Ufficio periferico di (OMISSIS) della suddetta (OMISSIS) SPA e come tale legale rappresentante della medesima per gli affari del ridetto Ufficio Periferico, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SRL;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4451/2007 del TRIBUNALE di FIRENZE, depositata il 21/11/2007, R.G.N. 16690/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/03/2014 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’Avvocato (OMISSIS); udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale previa correzione della motivazione della sentenza impugnata (articolo 169 c.c.), inammissibilita’ o assorbimento di quello incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) e (OMISSIS) proposero opposizione all’esecuzione promossa nei loro confronti da (OMISSIS) spa assumendo che il bene immobile sottoposto a pignoramento fosse da ritenere impignorabile ai sensi dell’articolo 170 c.c., perche’ conferito nel fondo patrimoniale costituito con atto notarile trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Firenze in data 19.10.1994; in epoca, quindi, anteriore, sia all’iscrizione dell’ipoteca dagli stessi concessa a garanzia del mutuo da parte di (OMISSIS) spa alla (OMISSIS) srl, sia al pignoramento trascritto nell’anno 2003.
La convenuta (OMISSIS) spa, costituitasi, contesto’ il fondamento dell’opposizione chiedendo, in ogni caso, di essere tenuta indenne da ogni danno dal notaio stipulante il rogito, (OMISSIS), del quale chiese ed ottenne la chiamata in causa.
Quest’ultimo, costituitosi, chiamo’ in causa la compagnia di assicurazioni (OMISSIS).
Con sentenza del 21.11.2007, il tribunale rigetto’ l’opposizione.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Resiste con controricorso illustrato da memoria (OMISSIS) spa.
Gli altri intimati non hanno svolto attivita’ difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., per avere il Giudice fondato la propria decisione sulla base di presunzioni, in particolare sulla presunzione che ogni esercizio di attivita’ d’impresa verrebbe per cio’ stesso intrapreso e svolto per esigenze della famiglia, e per aver posto a carico di colui che opponga l’impignorabilita’ del bene costituito in fondo patrimoniale l’onere di provare che il creditore conosceva che l’obbligazione da cui il debito scaturisce era contratta per scopi estranei alla famiglia. Il tutto in palese violazione sia dei principi che regolano la distribuzione dell’onere della prova, in primis quello dettato dall’articolo 2697 c.c., sia dei principi affermati dalla sentenza della Cassazione Civ., sez. 3, 31/05/06 n. 12998 (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3): Omesso esame di un punto decisivo della controversia in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5).
2. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione di norma di diritto per avere il Giudice di primo grado errato nell’interpretazione della norma di cui all’articolo 170 c.c., applicandola in modo da giungere a conseguenze diverse da quelle previste dalla norma stessa, cosi’ violando altresi’ la norma dell’articolo 12 preleggi (in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5).
3. I motivi, che attengono, sotto diversi profili al tema della impignorabilita’ del bene costituito in fondo patrimoniale e degli oneri probatori relativi, sono esaminati congiuntamente.
Essi non sono fondati.
Queste le ragioni.
3.1. In primo luogo, va ribadito il principio affermato da questa Corte, e correttamente applicato dal giudice di merito, per il quale l’onere della prova dei presupposti di applicabilita’ dell’articolo 170 c.c., grava sulla parte che intende avvalersi del regime di Impignorabilita’ dei beni costituiti in fondo patrimoniale.
Nel caso dell’opposizione proposta dal debitore avverso l’esecuzione avente ad oggetto tali beni, al fine di contestare il diritto del creditore di agire esecutivamente ex articolo 615 c.p.c., l’onere della prova grava sul debitore opponente; questi non deve provare soltanto la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilita’ nei confronti del creditore pignorante, ma anche che il debito per cui si procede fu contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Si tratta di prova che, sulla base dei principi generali, puo’ essere fornita anche avvalendosi di presunzioni ai sensi dell’articolo 2729 c.c., gravando, comunque, sull’opponente l’onere di allegare e dimostrare i fatti noti, da cui desumere, in via presuntiva, i fatti oggetto di prova.
3.2. Quanto al criterio identificativo dei crediti che, essendo stati contratti per fare fronte ai bisogni della famiglia, possono essere soddisfatti anche in via esecutiva, va ribadito il principio di diritto per il quale “in tema di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale e sui frutti di essi, il disposto dell’articolo 170 c.c., nel testo di cui alla Legge 19 maggio 1975, n. 151 – per il quale detta esecuzione non puo’ aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, va inteso non in senso restrittivo, vale a dire con riferimento alla necessita’ di soddisfare l’indispensabile per l’esistenza della famiglia, bensi’ – analogamente a quanto, prima della riforma di cui alla richiamata Legge n. 151 del 1975, avveniva per i frutti dei beni dotali – nel senso di ricomprendere in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonche’ al potenziamento della sua capacita’ lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi” (cosi’ gia’ Cass. 7.1.1984 n. 134, seguita da Cass. 18.9.2001 n.11683; Cass. 30.5.2007 n. 12730; Cass. 7.7.2009 n. 15862; Cass. 19.2.2013 n. 4011).
Si e’, quindi, preferita una nozione di bisogni della famiglia piuttosto ampia, per la quale si esclude che bisogni rilevanti siano soltanto quelli essenziali del nucleo familiare, ma vi si comprendono anche altre esigenze, purche’ il loro soddisfacimento sia funzionale alla vita della famiglia. Inoltre, si’ e’ attribuita rilevanza, non solo ai bisogni oggettivi, ma anche a quelli soggettivamente ritenuti tali dai coniugi, adottandosi peraltro un parametro di valutazione negativo, secondo quanto sopra.
Come e’ noto, controversa e’ la possibilita’ di ricondurre ai bisogni della famiglia i debiti derivanti dall’attivita’ professionale o di impresa di uno dei coniugi anche in considerazione del fatto che i redditi relativi sono di norma, ma non necessariamente, destinati al mantenimento della famiglia (Cass. 18.9.2001 n. 11683).
Sotto questo profilo, se e’ vero che la destinazione ai bisogni della famiglia non puo’ dirsi sussistere per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa (Cass. 31.5.2006), tuttavia tale circostanza non e’ neppure idonea ad escludere, in via di principio, che il debito possa dirsi contratto per soddisfare tali bisogni (Cass. 7.7.2009 n. 15862).
Piuttosto, occorre che l’indagine del giudice si rivolga specificamente al fatto generatore dell’obbligazione, a prescindere dalla natura di questa: i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligarsi sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso meramente oggettivo, ma nel senso ampio indicato, nel quale sono ricompresi anche i bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilita’ economiche familiari (v. anche Cass. 19.2.2013 n. 4011).
3.3. Il Tribunale di Firenze non si e’ discostato dai principi appena richiamati.
Ed invero, dopo aver ribadito l’interpretazione estensiva della norma quanto all’individuazione dei bisogni della famiglia rilevanti ex articolo 170 c.c., ha affermato che gli attuali ricorrenti non avevano adempiuto all’onere probatorio sugli stessi gravante “limitandosi invece ad insistere sulla qualita’ del debito, come ictu oculi estraneo ai bisogni della famiglia in quanto assunto dalla (OMISSIS) s.r.l. per esigenze di impresa”; concludendo per il rigetto dell’opposizione. La statuizione e’ basata su di un accertamento in fatto; accertamento che, per essere relativo alla riconducibilita’ dei debiti alle esigenze della famiglia, e’ istituzionalmente riservato al giudice del merito e non e’ censurabile in cassazione, se congruamente motivato, come nella specie (da ultimo Cass. 24.1.2012 n. 933).
Il giudice del merito ha, infatti, ritenuto non adeguatamente provato detto presupposto perche’: a) il debito era stato contratto dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. della quale gli attuali ricorrenti erano, entrambi, soci, il (OMISSIS) anche Presidente del consiglio di amministrazione e la (OMISSIS) consigliere dello stesso; b) la garanzia ipotecaria era stata concessa per conseguire un finanziamento in favore della societa’ gestita dagli stessi soci (OMISSIS) e (OMISSIS); c) in difetto di qualsiasi prova od allegazione su di una qualche diversa fonte di sostentamento della famiglia, doveva presumersi che proprio e soltanto dall’attivita’ d’impresa derivassero i mezzi di sostentamento del nucleo familiare; d) gli opponenti avevano previsto nell’atto di costituzione del fondo patrimoniale la possibilita’ di concedere il bene in garanzia senza necessita’ di autorizzazione ex articolo 169 c.p.c..
Sotto quest’ultimo profilo, l’esercizio della detta facolta’, con la concessione in garanzia sui beni costituiti in fondo patrimoniale al fine di conseguire un finanziamento in favore della societa’ dagli stessi gestita, costituiva ulteriore elemento della destinazione del finanziamento alle esigenze familiari.
L’esame dei profili relativi all’istanza di manleva resta, quindi, assorbito dalle conclusioni raggiunte.
4. Il ricorso e’ rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, sono poste a carico solidale dei ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese in favore di (OMISSIS) spa che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per compensi, oltre accessori di legge.

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