Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 10 marzo 2016, n. 4683

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3486/2014 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

nonche’ da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1343/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 06/06/2013, R.G.N. 311/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/12/2015 dal Consigliere Dott. RUBINO Lina;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

I FATTI

La vicenda riguarda un complesso immobiliare avente in origine destinazione militare, sito in provincia di (OMISSIS), composto di un immobile suddiviso in due ampie unita’ abitative, 45 fabbricati denominati riservette adibiti a depositi di munizioni, le strade interne e il terreno circostante, trasferito nella categoria dei beni patrimoniali dello Stato nel 1999 e successivamente messo in vendita nell’ambito del programma di dismissione degli immobili pubblici.

All’asta pubblica partecipo’ anche il proprietario coltivatore diretto di fondo confinante (OMISSIS); risulto’ aggiudicatario (OMISSIS), il quale stipulo’ il contratto preliminare con la (OMISSIS) e poi il contratto di vendita in forma pubblica con il Ministero della Difesa.

Nel 2004 il (OMISSIS) convenne in giudizio il (OMISSIS), acquirente dell’immobile, assumendo di esser titolare del diritto di prelazione quale proprietario coltivatore diretto di terreno agricolo confinante e pretese di esercitare il riscatto agrario. Il (OMISSIS) si costitui’ opponendosi, ed allegando in primo luogo che il terreno oggetto del retratto non aveva mai avuto destinazione agricola, ne’ tanto meno l’aveva acquistata a seguito del semplice inserimento tra i beni patrimoniali dello Stato.

La domanda di riscatto agrario venne rigettata in primo grado dal Tribunale di (OMISSIS), ma accolta in appello, previa rinnovazione della c.t.u., dalla Corte d’Appello di Venezia con la sentenza n. 1343/2013, del 6.6.2013, qui impugnata, con la quale la corte sostituisce il (OMISSIS) al (OMISSIS) in qualita’ di parte acquirente del complesso immobiliare, e trasferisce al (OMISSIS) la proprieta’ degli immobili descritti in sentenza, subordinando il trasferimento al versamento del prezzo di acquisto, da effettuarsi entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza.

(OMISSIS) propone sei motivi di ricorso per cassazione.

Resiste con controricorso contenente ricorso incidentale (OMISSIS).

Il (OMISSIS) ha depositato controricorso ex articolo 371 codice procedura civile, con il quale sostiene l’inammissibilita’ del ricorso incidentale avversario.

Il (OMISSIS) ha anche depositato memoria.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza, ai sensi dell’articolo 132 codice procedura civile, comma 2, n. 4, articolo 118 disp. att. codice procedura civile e articolo 111 Cost., in quanto scritta a mano e assolutamente non decifrabile per buona parte di essa, in particolare nella parte motiva, rendendo necessario sia alle parti che al giudice un lavoro interpretativo di esito incerto: ne consegue l’assoluta carenza della motivazione ex Cass. n. 11739 del 2010.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della Legge n. 590 del 1965, articolo 8, assumendo che il terreno su cui sorge il vasto compendio immobiliare da lui acquistato non ha mai avuto vocazione ne’ utilizzo agricolo, avendo avuto all’epoca destinazione militare, ed essendo disseminato di fabbricati che non hanno mai avuto ne’ hanno una attuale destinazione agricola. Aggiunge che il valore di gran lunga preponderante del complesso da lui acquistato e’ quello delle costruzioni, in particolare di quella destinata all’alloggio sottufficiali e non certo quello del terreno, che potrebbe essere destinato all’agricoltura solo dopo una importante e dispendiosa opera di bonifica, con demolizione di edifici e asporto di materiali anche inquinanti.

Con il terzo motivo il (OMISSIS) denuncia l’esistenza del vizio di mancato esame di un fatto decisivo della controversia, consistente nella volumetria dell’edificio ai fini della decisione sulla antieconomicita’ della riconduzione del compendio a terreno agricolo. Torna a denunciare che la sentenza e’ illeggibile nei suoi punti cruciali, in particolare laddove sostiene che il bene non ha perso irreversibilmente la sua destinazione agricola, perche’ la trasformazione impressa dal Ministero della difesa, che lo ha adibito ad area militare, e’ reversibile con lavori di bonifica che non sarebbero antieconomici.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce la nullita’ della sentenza per violazione del principio del contraddittorio, ai sensi degli articoli 101 e 115 codice penale; afferma che la c.t.u. rinnovata in appello e a base della sentenza che ha ribaltato l’esito del giudizio di primo grado non fa riferimento, per ricostruire il valore dei terreni e dei fabbricati, a dati obiettivi, ma ad informazioni confidenzialmente acquisite dal c.t.u.. Rileva che tale irregolare modalita’ di acquisizione delle informazioni tecniche e’ stata tempestivamente denunciata dal c.t.p. e poi dal ricorrente, nella seconda conclusionale, depositata in appello dopo la rinnovazione della c.t.u. eseguita in primo grado e poi nella terza comparsa conclusionale.

Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia l’esistenza del vizio di motivazione, per mancato esame del fatto decisivo della partecipazione del signor (OMISSIS) alla vendita a rilancio, ai fini della decisione sulla domanda di riscatto.

Sostiene che l’avviso di vendita all’asta configurerebbe quella denuntiatio di cui della Legge n. 590 del 1965, articolo 8, comma 4, che il (OMISSIS) abbia partecipato all’asta indetta nell’ambito di una procedura di dismissione di beni pubblici, ex lege n. 662 del 1996, non rimanendo aggiudicatario del bene, e che non gli puo’ essere consentito di sovvertire l’esito della procedura di aggiudicazione facendo valere il diritto di prelazione.

Con il sesto ed ultimo motivo, il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione della norma di diritto consistente nel combinato disposto della Legge n. 590 del 1965, articolo 8 e della Legge n. 662 del 1996, articolo 3, comma 112.

Sostiene che il (OMISSIS) avrebbe abusato del diritto di prelazione riconosciutogli dalla legge, non avvalendosi di esso al momento della partecipazione ai rilanci ma solo quando il prezzo di aggiudicazione della gara si era gia’ stabilizzato in favore del miglior offerente (OMISSIS), che aveva gia’ sottoscritto non solo il contratto preliminare, ma anche il contratto di compravendita.

Il controricorrente formula un motivo di ricorso incidentale che qualifica come subordinato: chiede a sua volta che venga cassata la sentenza laddove subordina il trasferimento in suo favore della proprieta’ al pagamento, oltre che del prezzo di vendita, anche degli accessori di legge: sostiene di non dover corrispondere all’acquirente nulla oltre al prezzo di vendita da questo corrisposto allo Stato.

Il primo motivo del ricorso principale e’ fondato a va accolto.

Con esso si torna a proporre a questa Corte la questione della validita’ della sentenza scritta a mano dall’estensore, fattispecie ormai infrequente e tuttavia non scomparsa pur nell’epoca della digitalizzazione del processo.

Si e’ avuto modo piu’ di una volta di affermare che in mancanza di una espressa comminatoria di nullita’, il fatto che il testo originale della sentenza sia stilato in forma autografa dall’estensore non costituisce di per se’ ipotesi di nullita’ della sentenza neppure laddove esso sia leggibile con difficolta’ (Cass. n. 5071 del 1996; Cass. n. 21231 del 2006; Cass. n. 11739 del 2010; Cass. n. 7269 del 2012).

Non costituisce quindi ipotesi di nullita’, in se’, non essendo prevista come tale, il fatto che l’originale della sentenza non sia formato dal cancelliere (come previsto dall’articolo 119 disp. att. codice procedura civile), mediante trasposizione in caratteri a stampa o comunque chiari e leggibili della minuta redatta dal giudice, ma sia pubblicato direttamente nella sua versione originale, coincidendo in questo caso il testo pubblicato con la minuta scritta a mano dal giudice; tale modalita’ di redazione – se il testo della sentenza e’ comprensibile puo’ rilevare solo come mera irregolarita’. Peraltro, e’ da dire che, attesa la crescente e ormai capillare diffusione tra i giudici degli strumenti informatici, e’ sempre piu’ diffusa la consuetudine dei giudici di provvedere personalmente alla redazione in via informatica del testo delle minute, senza fruire dell’opera del cancelliere, anche per velocizzare i tempi di pubblicazione dei provvedimenti e alleggerire i compiti del sempre piu’ ridotto personale amministrativo.

Occorre pero’ puntualizzare che nei casi quali quello in esame e ormai limitati – in cui la sentenza sia pubblicata nel suo testo originale redatto a mano dall’estensore – il testo della sentenza deve rispettare uno standard minimo di oggettiva comprensibilita’ al di sotto del quale essa non e’ riconducibile neppure alla nozione di documento, composto degli elementi di cui all’articolo 132 codice procedura civile, ne’ puo’ assolvere nella sua materialita’ alla funzione di veicolare e far conoscere i fatti sottoposti all’attenzione del giudice e le ragioni della decisione.

Se il documento contenente la sentenza non e’ – come nella specie – pianamente leggibile con esito obiettivo, ma sia di difficile leggibilita’, tanto da dar luogo nella sua dimensione testuale ad una laboriosa opera di interpretazione con esito incerto, ovvero potenzialmente difforme da lettore a lettore, in cui ciascuno che si trova ad esaminare il documento puo’ attribuirgli, a causa della scarsa decifrabilita’ della grafia dell’estensore, un testo diverso rispetto a quanto percepito dagli altri lettori – esso viene meno alla sua funzione essenziale di documento recante l’estensione della motivazione e quindi della decisione del giudice.

Si ha in questo caso cioe’ un vera e propria mancanza grafica del documento-motivazione, che diviene pertanto assolutamente inidoneo ad assolvere la sua funzione essenziale, consistente nell’esteriorizzazione del contenuto della decisione ovvero una mancanza grafica della motivazione che impedisce radicalmente al giudice, alle parti e ai terzi di leggerlo, di apprezzarlo e comprenderlo nella sua estensione letterale per poi valutarlo nei suoi contenuti.

Deve quindi affermarsi che la motivazione della sentenza e’ mancante non solo quando essa sia stata materialmente omessa, e non solo quando il testo della sentenza, scritto a mano, e’ assolutamente indecifrabile, ma anche quando la scarsa leggibilita’ di essa renda necessario un processo interpretativo del testo con esito incerto, tanto da prestarsi ad equivoci o anche a manipolazioni delle parti che possono in tal modo attribuire alla sentenza contenuti diversi.

Ai fini della validita’ del documento motivazione non deve essere richiesto ne’ alle parti ne’ al giudice un lavorio interpretativo sul testo del documento che vada al di la’ dell’impegno richiesto dalla lettura: il testo e’ il contenente e deve essere univocamente apprezzabile da tutti i suoi fruitori per garantire che l’analisi di esso non esuli dal suo campo destinato, che e’ quella della validita’ delle argomentazioni giuridiche in esso contenute, e non quella della interpretazione del dato testuale.

La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione che decidera’ anche sulle spese.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione, che decidera’ anche sulle spese.

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