Cassazione 4

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 1 dicembre 2014, n. 50004

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo – Presidente
Dott. GRILLO Renato – rel. Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. GAZZARA Santi – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1947/2013 TRIBUNALE di MESSINA, del 11/09/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
lette le conclusioni del PG: rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 cod. proc. pen. in data 11 settembre 2013 il Tribunale di Messina in composizione monocratica applicava nei confronti di (OMISSIS) imputato del delitto di cui alla Legge n. 401 del 1989, articolo 6 bis la pena di mesi dieci di reclusione subordinando il beneficio della sospensione “all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato”.
1.2 Per l’annullamento del detto provvedimento nella parte relativa alle statuizioni riguardanti la sospensione condizionale della pena ricorre l’imputo a mezzo del proprio difensore, deducendo carenza di motivazione in ordine alla mancata indicazione delle modalita’ con le quali il (OMISSIS) avrebbe dovuto provvedere alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato e rilevando che tale assenza di motivazione refluirebbe sulla stessa possibilita’ per il (OMISSIS) di fruire del beneficio concesso vista l’incertezza circa il modo di adempiere alla obbligazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non puo’ essere accolto. Va, anzitutto, chiarito che al (OMISSIS) e’ stato contestato il delitto di cui alla Legge n. 401 del 1989, articolo 6 bis che sanziona, al comma 1, la condotta violenta di chi, nel corso o in occasione di manifestazioni sportive “salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato” lanci oggetti fumogeni, razzi, o corpi contundenti atti ad offendere, con la pena edittale compresa tra un minimo di un anno ed un massimo di quattro anni di reclusione. La cd. clausola di riserva enunciata nella prima parte dell’articolo 6 bis citato, comma 1 fa si’ che non possa invocarsi, come invece ha prospettato il ricorrente, l’articolo 635 cod. pen. disciplinante il delitto di danneggiamento aggravato che contiene un obbligo specifico di subordinazione del beneficio nel caso di commissione del delitto di danneggiamento su una delle cose comprese nel comma 2 dello stesso articolo.2. Cio’ detto va pero’ segnalato che la norma di carattere generale prevista dall’articolo 165 cod. pen., prevede, al comma 1, la possibilita’, in via generale, della subordinazione del beneficio a determinate condizioni tra le quali “l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attivita’ retribuita a favore della collettivita’ per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalita’ indicate dal giudice nella sentenza di condanna”.
2.1 Ora, ferma restando la distinzione della ipotesi contemplata dall’articolo 635 cod. pen. da quella delineata nell’articolo 165 c.p., tenuto anche conto del fatto che nel primo caso la subordinazione e’ obbligatoria e nel secondo caso semplicemente facoltativa, l’espressione “secondo le modalita’ indicate dal giudice nella sentenza di condanna” non puo’ che riferirsi, per ragioni di ordine sistematico e logico alla seconda delle due forme di subordinazione (cioe’ quella della prestazione di attivita’ retribuita a favore della collettivita’), in quanto solo per quest’ultima e’ ipotizzabile una indicazione dei criteri e delle regole per rendere la prestazione dell’attivita’ idonea al reinserimento del condannato e alla fruizione di benefici nel trattamento sanzionatorio. Va da se’ che l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato non abbisogna di particolari specificazioni da parte del giudice essendo inequivoco ed insuscettibile di indicazioni delle modalita’ il fatto di eliminare le conseguenze dannose. Mentre quindi quest’ultima espressione va intesa tout court, la seconda necessita di specifiche indicazioni da parte del giudice circa tempi, luoghi, e modi di esplicazione della attivita’ retribuita prestandosi essa a prescrizioni preventive tali da rendere idonea la misura allo scopo che la norma si prefigge.
2.2 Nel caso in esame, peraltro, cosi’ come sostenuto dal Procuratore Generale requirente, non si vede quale specifica modalita’ avrebbe potuto o dovuto indicare il giudice per eliminare la conseguenza dannosa costituita dalla infrazione del parabrezza dell’autovettura della Polizia di Stato, se non – in via implicita – la sostituzione del parabrezza medesimo.
2.3 Il ricorso va, conseguentemente, rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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