Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 1 dicembre 2014, n. 49995
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. SAVINO Maria Pia – rel. Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. PEZZELLA Vincenzo – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 615/2012 TRIBUNALE di MESSINA, del 01/10/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MAZZOTTA Gabriele che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
Con sentenza emessa in data 1.10.2012 il Tribunale di Messina dichiarava (OMISSIS) colpevole del reato di cui alla Legge n. 283 del 1962, articolo 5, comma 1, lettera b e d per aver posto in vendita generi alimentari in cattivo stato di conservazione e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di euro 1.500,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali. Ordinava, inoltre, la confisca e distruzione di quanto in sequestro.
Avverso tale sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla Legge n. 283 del 1962, articolo 5. In particolare al difesa si duole del fatto che il Tribunale avrebbe riconosciuto l’imputato colpevole del reato di cui alla Legge n. 283 del 1962, articolo 5, comma 1, lettera b e d senza considerare che lo stesso, in quanto responsabile del punto vendita, svolgeva solo un compito di coordinamento e non poteva avere alcuna contezza di quanto effettivamente offerto in vendita.
Si lamenta inoltre la difesa, con un secondo motivo di ricorso, della non riconosciuta inutilizzabilita’ della consulenza effettuata dall’Asp. Eseguita, secondo quanto emergerebbe a detta della difesa anche dalla deposizione del teste (OMISSIS), senza alcuna garanzia di legge ed in aperta violazione del diritto di difesa del ricorrente. La difesa aveva eccepito in primo grado tale inutilizzabilita’ ma, afferma, il Giudice di merito non si sarebbe affatto pronunciato sul punto con conseguente inosservanza di una norma processuale prevista a pena di invalidita’.
Il ricorso e’ fondato e deve, pertanto, essere accolto. L’impugnata sentenza, infatti, motiva in maniera del tutto generica limitandosi a richiamare la giurisprudenza in tema di disciplina igienica dei prodotti alimentari secondo la quale, sulla base della disposizione di cui all’articolo 5 1. n. 283/62, chiunque detiene per la somministrazione un prodotto non conforme alla normativa deve rispondere a titolo di colpa per non aver fatto eseguire i controlli necessari ad evitare l’avvio del prodotto al consumo senza far alcun riferimento al caso concreto dato che neppure si specifica quali fossero gli alimenti sequestrati.
Dunque, secondo tale orientamento, il legale rappresentante od il gestore di una societa’ e’, comunque, responsabile per le deficienze dell’organizzazione di impresa e per la mancata vigilanza sull’operato del personale dipendente, salvo che il fatto illecito non appartenga in via esclusiva ai compiti di un preposto, appositamente delegato a tali mansioni (Cass., Sez. 3, n. 36055/2004). Orbene il giudice di merito non ha adeguatamente verificato tale profilo inerente la possibilita’ che qualcun’altro si occupasse del posizionamento dei prodotti sugli scaffali sul presupposto che il direttore del punto vendita sia, in ogni caso, tenuto al controllo sulla integrita’ e sullo stato di conservazione degli stessi.
Al pari fondata risulta anche la seconda censura inerente la dedotta inutilizzabilita’ della consulenza dell’Asp. sulla quale il giudice di merito non e’ affatto pronunciato.
Avverso tale sentenza il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla Legge n. 283 del 1962, articolo 5. In particolare al difesa si duole del fatto che il Tribunale avrebbe riconosciuto l’imputato colpevole del reato di cui alla Legge n. 283 del 1962, articolo 5, comma 1, lettera b e d senza considerare che lo stesso, in quanto responsabile del punto vendita, svolgeva solo un compito di coordinamento e non poteva avere alcuna contezza di quanto effettivamente offerto in vendita.
Si lamenta inoltre la difesa, con un secondo motivo di ricorso, della non riconosciuta inutilizzabilita’ della consulenza effettuata dall’Asp. Eseguita, secondo quanto emergerebbe a detta della difesa anche dalla deposizione del teste (OMISSIS), senza alcuna garanzia di legge ed in aperta violazione del diritto di difesa del ricorrente. La difesa aveva eccepito in primo grado tale inutilizzabilita’ ma, afferma, il Giudice di merito non si sarebbe affatto pronunciato sul punto con conseguente inosservanza di una norma processuale prevista a pena di invalidita’.
Il ricorso e’ fondato e deve, pertanto, essere accolto. L’impugnata sentenza, infatti, motiva in maniera del tutto generica limitandosi a richiamare la giurisprudenza in tema di disciplina igienica dei prodotti alimentari secondo la quale, sulla base della disposizione di cui all’articolo 5 1. n. 283/62, chiunque detiene per la somministrazione un prodotto non conforme alla normativa deve rispondere a titolo di colpa per non aver fatto eseguire i controlli necessari ad evitare l’avvio del prodotto al consumo senza far alcun riferimento al caso concreto dato che neppure si specifica quali fossero gli alimenti sequestrati.
Dunque, secondo tale orientamento, il legale rappresentante od il gestore di una societa’ e’, comunque, responsabile per le deficienze dell’organizzazione di impresa e per la mancata vigilanza sull’operato del personale dipendente, salvo che il fatto illecito non appartenga in via esclusiva ai compiti di un preposto, appositamente delegato a tali mansioni (Cass., Sez. 3, n. 36055/2004). Orbene il giudice di merito non ha adeguatamente verificato tale profilo inerente la possibilita’ che qualcun’altro si occupasse del posizionamento dei prodotti sugli scaffali sul presupposto che il direttore del punto vendita sia, in ogni caso, tenuto al controllo sulla integrita’ e sullo stato di conservazione degli stessi.
Al pari fondata risulta anche la seconda censura inerente la dedotta inutilizzabilita’ della consulenza dell’Asp. sulla quale il giudice di merito non e’ affatto pronunciato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina.
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