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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 1 aprile 2014, n. 14948

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. FRANCO Amedeo – Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/04/2013 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. MAZZOTTA Gabriele, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS) che ha concluso per il rigetto del ricorso del P.G..
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza emessa in data 5 aprile 2013, in riforma della sentenza pronunciata in data 19 novembre 2012 dal Gup presso il Tribunale della medesima citta’, appellata da (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), esclusa la contestata aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 80, comma 2, e concesse le circostanze attenuanti generiche valutate equivalenti alla residua contestata aggravante ed alla recidiva per il solo (OMISSIS), rideterminava la pena loro inflitta in quella di anni cinque, mesi quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di multa ciascuno, confermando nel resto l’impugnata sentenza.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Napoli, affidando il gravame ad un unico motivo con il quale si duole dell’erronea esclusione del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 80, comma 2, sul rilievo che, essendo stata contestata agli imputati la detenzione illecita di gr. 2.183 di sostanza stupefacente del tipo “cocaina” con una percentuale di principio attivo del 72,8% pari a grammi 1.435 netti, il giudice ha ritenuto di escludere l’aggravante dell’ingente quantita’, ritenuta al contrario sussistente dal primo giudice, applicando il “criterio determinativo” sancito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di cassazione nella sentenza n. 36358 del 2012.
Tuttavia, si osserva come si sarebbe dovuto attentamente considerare come il dato ponderale che, nel caso di specie, risulta superiore ai due chilogrammi, dovesse, nella specie, valutarsi unitamente all’elevatissimo grado di purezza, della sostanza sequestrata ed all’ambito territoriale di destinazione, dovendosi infatti avere riguardo, secondo il ricorrente, al grave pericolo per la salute pubblica, derivante dal c.d. “allargamento delle piazze di spaccio” dovuto alla “elevazione del livello di offerta” ed al conseguente “calo del prezzo di acquisto” che lo smercio di tale quantitativo di cocaina avrebbe comportato per la possibilita’ di soddisfare le richieste di numerosissimi, soprattutto giovani, consumatori in ambito territoriale ristretto, apparendo la sostanza, prelevata in zona “(OMISSIS)” di (OMISSIS), notoria piazza di spaccio, verosimilmente destinata al luogo di residenza degli imputati, (OMISSIS), cittadina in cui tale quantitativo di cocaina particolarmente “pura” avrebbe saturato l’illecito mercato di sostanze stupefacenti.
Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, l’aggravante andava configurata, derivando da cio’ l’annullamento dell’impugnata sentenza.
3. In data 13 gennaio 2014, il difensore di (OMISSIS) ha fatto pervenire memoria con la quale eccepisce l’inammissibilita’ (in quanto fondato su censure di mero fatto) e l’infondatezza (in quanto in controtendenza rispetto ai principi affermati dalle Sezioni Unite penali) dell’avverso ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto dal P.G. e’ inammissibile nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono.
2. Ai fini della configurabilita’ della circostanza aggravante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 80, comma 2, le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto che, in tema di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, l’aggravante della ingente quantita’ non e’ di norma ravvisabile quando la quantita’ sia inferiore a 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al Decreto Ministeriale 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantita’ sia superata (Sez. U, 24/05/2012, n. 36258, P.G. e Biondi, Rv. 253150).
Si tratta di un orientamento che fonda sul presupposto che proprio il dettato del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 bis, lettera a), rinviando alla apposita tabella, attribuisce un ruolo di primario rilievo alle “soglie”, al di sotto delle quali il possesso delle sostanze stupefacenti si presume per uso esclusivamente personale (fermo restando che, vertendosi in tema di presunzione relativa, essa puo’ essere vinta quando, per altre circostanze sintomatiche, quali le modalita’ di presentazione, il confezionamento frazionato o altro, l’accusi provi la destinazione allo spaccio di dette sostanze).
L’introduzione dei criteri tabellari ha dunque consentito di assegnare predominante risalto al dato quantitativo, in relazione alle dosi ricavabili con la conseguenza che proprio dal riferimento al “sistema tabellare” e dal rilievo (diretto e riflesso) che esso ha nel sistema, si puo’ e si deve, secondo la ratio decidendi delle Sezioni Unite del 2012, trarre la conclusione che e’ necessario individuare un parametro numerico anche per la determinazione del concetto di ingente quantita’.
Infatti, se il legislatore ha positivamente determinato la soglia -quantitativa, di punibilita’ (dunque un limite “verso il basso”), consegue che l’interprete ha il compito di individuare una soglia al di sotto della quale, secondo i dati offerti dalla fenomenologia del traffico di sostanze stupefacenti, non possa parlarsi di ingente quantita’ (un limite, quindi, “verso l’alto”).
Il dato quantitativo costituisce dunque un parametro determinante ed ineludibile sia per stabilire (ai sensi dell’articolo 73, comma 1 bis, lettera a) la soglia al di sotto della quale si presume l’uso personale, sia per la individuazione dell’ipotesi lieve di cui all’articolo 73, comma 5, (unitamente ad altri dati, parimenti valutabili da parte del giudice), sia per la configurabilita’ dell’ipotesi aggravata di cui all’articolo 80, comma 2.
Esaminato compiutamente il panorama rispetto al quale, ai fini della configurabilita’ dell’aggravante dell’ingente quantita’, la giurisprudenza di legittimita’ si era in precedenza espressa, le Sezioni Unite del 2012 hanno ribadito come i valori numerici, in quanto “misuratori di grandezza”, costituiscano necessariamente l’oggetto dell’attivita’ valutativa del giudice che sia chiamato a pronunziarsi sulla conformita’ di tali grandezze rispetto ad (elastici) parametri normativi, cui occorre dare concretezza, giungendo alla conclusione che, avuto riguardo alle singole sostanze indicate nella tabella allegata al Decreto Ministeriale 11 aprile 2006, non puo’ certo ritenersi “ingente”, un quantitativo di sostanza stupefacente che non superi di 2000 volte il predetto valore-soglia (espresso in mg nella tabella), dovendo il riferimento essere operato, piuttosto che al valore ponderale globale, alle dosi-soglia, individuando in 2000 il limite al di sotto del quale non potra’ essere di norma contestata e ritenuta l’aggravante della ingente quantita’, atteso che a tale limite corrispondono, in linea di massima, i valori ponderali individuati come “medi” (rectius: non eccezionali) dalla giurisprudenza di merito.
Le Sezioni Unite hanno tuttavia precisato come non si tratti di una rigorosa valutazione statistica, ma di una valutazione operata su dati processuali (essendo, peraltro, la verita’ processuale l’unica conoscibile dal giudice), che, pur con inevitabili margini di approssimazione, possono e devono essere assunti.
La soglia cosi’ stabilita definisce percio’ tendenzialmente il limite quantitativo minimo, nel senso che, al di sotto di essa, la “ingente quantita’” non potra’ essere di regola ritenuta; al di sopra, viceversa, deve comunque soccorrere la valutazione in concreto del giudice del merito.
In altre parole, i parametri sopra enunciati non determinano – di per se’ e automaticamente – se superati, la configurabilita’ dell’aggravante.
Essi, invero,valgono solo in negativo, nel senso che, al di sotto degli accennati valori quantitativi, l’aggravante (Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ex articolo 80, comma 2) deve ritenersi, in via di massima, non sussistente e su questa linea si e’ assestata anche la successiva giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 4, 20/12/2012, n. 6369 (dep. 08/02/2013), Casale, Rv. 255098; Sez. 4, 18/01/2013, n. 10618, Grasso ed altro,Rv. 254913; Sez. 2, del 18/10/2013, n. 44220, Lizzio ed altri, Rv. 257666) alla quale occorre dare continuita’ al fine di attribuire senso e ragione all’attivita’ nomofilattica, perseguendo principi di certezza del diritto e di pari trattamento delle regiudicande, in applicazione del principio di uguaglianza, attraverso la ragionata osservanza dei precedenti, quali casi regolati simili.
3. Consegue da cio’ come, al di sotto del limite quantitativo, al Giudice del merito non sia affatto interdetto di ritenere la configurabilita’ dell’aggravante dell’ingente quantita’ delle sostanze stupefacenti detenute come, allo stesso modo, non sia interdetto, nel caso di superamento del predetto limite, al medesimo Giudice di escluderla.
In entrambi i casi, tuttavia, occorre, una precisa e specifica motivazione al riguardo, che deve essere maggiormente rigorosa nel primo caso, qualora dovesse ritenersi la configurabilita’ dell’aggravante de qua pur in presenza di una quantita’ inferiore a 2.000 volte il valore massimo, invertendosi, in tal caso, il rapporto tra regola (che esclude la configurabilita’ dell’aggravante) ed eccezione (che solo in casi eccezionali consente di ritenerla).
Ed e’ di tutta evidenza che, ai fini del ribaltamento di tale condivisibile logica, tratta dalla giurisprudenza di legittimita’ attraverso una rigorosa interpretazione del sistema positivo, il puro e semplice riferimento “all’allargamento della piazza di spaccio”, come elemento fattuale, che possa far ritenere la configurabilita’ dell’aggravante non puo’ essere ritenuto unico criterio valido per predicarne la sussistenza, in quanto una tale conseguenza e’ insita nella commercializzazione illecita di cospicue e rilevanti quantita’ di stupefacenti, non necessariamente ingenti, sicche’ l’onere motivazionale al riguardo deve investire ulteriori elementi aggiuntivi che, di volta in volta, caratterizzano la fattispecie concreta in modo da consentire al Giudice del merito di sussumerla, cognita causa, nella fattispecie astratta delineata dal legislatore nell’articolo 80, comma 2, Testo Unico stup..
Nella specie, la Corte territoriale, avendo escluso la configurabilita’ dell’aggravante per essere la quantita’ detenuta inferiore al valore soglia come in precedenza determinato, si e’ uniformata a tali principi, dovendosi sottolineare come l’obbligo di motivazione debba ritenersi implicito e pienamente assolto qualora il giudice del merito non inverta il rapporto tra regola ed eccezione (stimando la configurabilita’ dell’aggravante in presenza di una quantita’ che superi di 2.000 volte il valore massimo, in milligrammi (valore – soglia) della soglia ed escludendola nel caso inverso), laddove la doglianza del ricorrente, Procuratore generale, fonda su un rischio di allargamento della piazza di spaccio dovuto al numero delle dosi ricavabili, criterio che, da un lato, e’ insufficiente da solo per ritenere l’ingente quantita’ e che, dall’altro, introduce elementi fattuali (calo del prezzo di acquisto, elevazione del livello di offerta) che non ammettono il sindacato di legittimita’ e che sono peraltro insiti nel generico concetto di “allargamento della piazza di spaccio”.
Ne consegue, in conformita’ al parere espresso dal Procuratore generale di udienza, l’inammissibilita’ del ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.G..

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