Il decreto di sequestro preventivo è compatibile con il sequestro probatorio. Mentre il primo è rivolto a impedire l’aggravamento delle conseguenze dannose del reato; il secondo serve ad assicurare le cose necessarie all’accertamento dei fatti
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 9 novembre 2016, n. 46902
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 05/01/2016 del Tribunale di Padova;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giuseppe Riccardi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fimiani Pasquale, che ha chiesto il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5 gennaio 2016 il Tribunale di Padova, in funzione di riesame reale, rigettava la richiesta di riesame proposta da (OMISSIS) e (OMISSIS) avverso il decreto di sequestro preventivo del Gip del Tribunale di Padova, emesso in relazione ai reati di associazione per delinquere e di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, di cui all’articolo 416 cod. pen. e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articoli 2 e 8.
2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS), chiedendo l’annullamento dell’ordinanza per violazione di legge sostanziale: sostiene che mentre nel decreto di sequestro e’ indicato il solo articolo di legge violato, nell’ordinanza di custodia cautelare personale riguardante altri coindagati, non viene indicato ne’ il nome del (OMISSIS), ne’ l’articolo violato, ne’ la condotta; lamenta che l’ordinanza impugnata abbia al riguardo motivato sostenendo che la contestazione mossa al (OMISSIS) non riguardasse tanto le vendite in nero, ma la serie di operazioni di “copertura” poste in essere avvalendosi di fatture per operazioni inesistenti che servivano allo “scarico” del magazzino; la condotta di “avvalimento” delle fatture false, dunque, non potrebbe integrare la tipicita’ del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 che riguarda l’emissione, non l’utilizzazione; anche l’affermazione secondo cui il (OMISSIS) sarebbe concorrente nel reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 e’ erronea, contrastando con il successivo articolo 9, che esclude il concorso dell’utilizzatore con l’emittente.
Lamenta, inoltre, che il Tribunale abbia reso una motivazione apparente in ordine all’allegazione dell’informativa relativa alla posizione del (OMISSIS), titolare di un’agenzia di rappresentanza, che avrebbe evidenziato la consegna di denaro contante derivante da vendite di materiali tessili “a nero” (senza emissione del documento fiscale).
Infine, deduce l’omessa motivazione in ordine alla pertinenzialita’ tra bene e reato contestato, la violazione di legge in ordine al luogo di accertamento del reato, che si identifica con il domicilio fiscale, e la mancanza di accertamento in ordine alla presentazione della dichiarazione dei redditi, ai fini della consumazione del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2.
3. Ricorre per cassazione, altresi’, il difensore di (OMISSIS), Avv. Stefano Marrone: deducendo cinque motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. pen..
3.1. Violazione di legge in relazione all’articolo 321 cod. proc. pen., per invalidita’ del sequestro eseguito in esecuzione del decreto del P.M. del 04/12/2015: premette di essere indagato per i reati di cui all’articolo 416 cod. pen. (capo 1), con il ruolo di partecipe, Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 (capi 4, 7 e 15) e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 (capi 20, 21 e 30); sostiene che vi sia una anomala coesistenza di due diversi provvedimenti reali, l’ordinanza cautelare del Gip del 30/11/2015, ed il decreto di perquisizione e sequestro del P.M. del 04/12/2015, che ha vincolato beni parzialmente gia’ vincolati; il secondo sequestro ha natura meramente integrativa ed estensiva dell’ordinanza del Gip del 30/11/2015, ma difetta di convalida; pertanto, o e’ invalido perche’ illegittima duplicazione di cautela reale gia’ disposta, o e’ inefficace perche’ non convalidato dal Gip.
3.2. Violazione di legge in relazione alla competenza per territorio: l’ordinanza impugnata avrebbe erroneamente radicato in Padova la competenza, individuando il reato piu’ grave nel reato di associazione per delinquere aggravato dalla transnazionalita’; tuttavia, il Gip ha rigettato la richiesta di sequestro in ordine al reato associativo, disponendo la cautela reale solo in relazione ai reati fiscali, commessi da (OMISSIS) in (OMISSIS); l’A.G. competente sarebbe dunque quella di Venezia, essendo (OMISSIS) altresi’ il luogo del domicilio fiscale dell’indagato, rilevante ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 18, comma 2; in ogni caso, essendo stata esclusa l’aggravante della transnazionalita’, il reato di partecipazione all’associazione non sarebbe il piu’ grave rispetto ai reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2.
3.3. Violazione di legge in relazione alla L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143: lamenta che il sequestro per equivalente sia stato disposto sulla base di una norma – la L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143, – abrogata dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, prima dell’ordinanza del Gip del 30/11/2015.
3.4. Violazione di legge e vizio di motivazione: deduce che le cautele reali siano state emesse, con riferimento all’indagato, in relazione ai soli capi 20, 21 e 30 dell’imputazione, e basate su un impianto motivazionale claudicante; lamenta che l’ordinanza genetica del Gip mal si attaglia alla mancata estensione dell’efficacia della misura reale ai danni degli amministratori di diritto di altre societa’ coinvolte nell’indagine, ed e’ contraddittoria con la ritenuta insussistenza del reato associativo; la motivazione sarebbe dunque incongrua laddove correla la qualita’ di partecipe dello (OMISSIS) al completo asservimento della (OMISSIS) rispetto alla associazione; il fumus dei reati tributari sarebbe motivato sulla base della presunta associazione, per la quale, tuttavia, il Gip ha rigettato la richiesta cautelare. Erronea, poi, sarebbe l’affermazione della partecipazione dello (OMISSIS) all’associazione, in quanto smentita dalla documentazione contabile prodotta in relazione all’anno 2015, che dimostra la reale attivita’ della societa’ ed il fatturato prodotto in relazione a rapporti commerciali con enti estranei all’indagine. Deduce, infine, l’illegittimita’ della motivazione per relationem, nella parte in cui rinvia alla decisione del Tribunale del riesame di Venezia del 24/12/2015 emessa sulle misure personali.
3.5. Violazione di legge in relazione al periculum in mora: la motivazione sarebbe erronea, e l’insussistenza del periculum sarebbe asseverata dalla circostanza che l’indagato e’ proprietario di vari beni immobili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
1.1. Il primo motivo e’ infondato.
La diversa ratio che li fonda rende, infatti, compatibili il sequestro preventivo ed il sequestro probatorio sui medesimi beni.
Il decreto di sequestro preventivo assolve ad una funzione completamente diversa rispetto a quella del sequestro probatorio: il primo e’ rivolto ad impedire l’aggravamento o la protrazione delle conseguenze dannose del reato o ancora la commissione di altri reati; il secondo e’ diretto ad assicurare le cose necessarie all’accertamento dei fatti. Non e’ affatto previsto che i due sequestri non possano concorrere sulla stessa “res”: il vincolo di indisponibilita’ derivante dalla adozione di uno dei due provvedimenti non esclude affatto che non possa essere rafforzato con l’emissione dell’altro, poiche’ in tal modo viene garantito che al venire meno dell’uno rimane intero l’effetto dell’altro; il giudice del merito, pero’, deve accertare in concreto l’esistenza dei presupposti richiesti (Sez. 3, n. 1253 del 06/07/1992, Costantino, Rv. 191617).
In assenza di censure relative alla ricorrenza dei presupposti previsti dall’articolo 253 cod. proc. pen., dunque, la doglianza e’ infondata.
1.2. Il secondo motivo e’ manifestamente infondato.
La competenza del Tribunale di Padova, infatti, e’ fondata sulla maggior gravita’ del reato associativo, contestato nella forma aggravata dal numero di associati superiore a dieci (articolo 416 c.p., comma 5) e dalla tra nsnazionalita’.
Non rileva, al riguardo, che il titolo cautelare reale sia stato emesso soltanto con riferimento ai reati fiscali, e non, altresi’, con riferimento al reato associativo, atteso che, in tema di competenza per territorio, al fine di stabilire quale fra piu’ imputazioni sia la piu’ grave, deve aversi riguardo alla contestazione e non alla pronuncia del giudice (Sez. 3, n. 16086 del 09/11/1990, Buzzoni, Rv. 185960), poiche’ la competenza, in base al principio della “perpetuatio iurisdictionis”, va determinata con criterio “ex ante”, sulla scorta degli elementi disponibili al momento della formulazione dell’imputazione (Sez. 4, n. 14699 del 12/12/2012, dep. 2013, Perez Garcia, Rv. 255498).
1.3. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato.
Il Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 10, infatti, introducendo l’articolo 12 bis, riconduce nel corpo del Decreto Legislativo n. 74 del 2000 la misura ablativa precedentemente prevista dalla L. n. 244 del 2007, articolo 1, comma 143; sussiste indubbia continuita’ normativa tra le due disposizioni, che prevedono la medesima sanzione patrimoniale, in relazione alla commissione dei reati tributari; pertanto, l’ordinanza genetica deve ritenersi del tutto legittima, in quanto fondata sulla previsione normativa di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12 bis.
1.4. Il quarto motivo e’ inammissibile, in quanto propone censure rivolte alla motivazione.
Al riguardo, e’, infatti, pacifico che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio e’ ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione cosi’ radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692); in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ manifesta, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e) (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226710).
L’ordinanza impugnata ha congruamente motivato sui presupposti fattuali integranti il fumus commissi delicti dei reati contestati allo (OMISSIS), senza limitarsi ad un richiamo acritico alla decisione del Tribunale di Venezia (intervenuta, nel medesimo procedimento, sulle misure personali), ma evidenziando il ruolo assunto dall’indagato, socio e amministratore di comodo della (OMISSIS), nell’aver consentito l’uso della propria societa’ per le operazioni illecite di carattere fiscale contestate.
Del resto, anche le deduzioni contenute nel ricorso, concernenti l’effettivita’ dell’attivita’ della societa’, appaiono inconferenti, riguardando il periodo di imposta 2015, mentre i reati fiscali contestati riguardano il periodo 2011-2013.
1.5. Il quinto motivo e’ manifestamente infondato, in quanto, trattandosi di sequestro preventivo funzionale alla confisca, e non gia’ di sequestro c.d. “impeditivo”, il c.d. “periculum in mora” coincide con la confiscabilita’ del bene (Sez. 1, n. 16207 del 11/02/2010, Vendemini, Rv. 247237).
2. Il ricorso di (OMISSIS) e’ infondato.
Al riguardo, va evidenziato che il titolo cautelare a fondamento del sequestro e’ il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 non gia’ l’articolo 2; il riferimento al ruolo di “cliente” dell’associazione, infatti, non e’ inteso nel senso tecnico di “utilizzatore” delle fatture false, bensi’, stando al contenuto dell’ordinanza impugnata e del ricorso, entrambi estremamente sintetici, al coinvolgimento nelle operazioni illecite finalizzate a conseguire indebiti profitti di natura fiscale, grazie all’interposizione delle societa’ coinvolte.
Il fumus del concorso nel reato e’ stato fondato sugli esiti delle intercettazioni telefoniche, dalle quali emerge il coinvolgimento dell’indagato nell’attivita’ di emissione di fatture per operazioni inesistenti, finalizzate allo “scarico” documentale del magazzino, per “coprire” le vendite in nero effettuate; inoltre, secondo quanto evidenziato dall’ordinanza impugnata, le intercettazioni sono state corroborate dal rinvenimento della somma di Euro 150.000,00 sulla persona dell’indagato proprio presso la sede della (OMISSIS) e (OMISSIS), base del sodalizio criminale, corrispondente alla cifra menzionata nelle intercettazioni tra (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
In tal senso, dunque, deve ritenersi immune da censure la contestazione del concorso nel reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 atteso che il successivo articolo 9 esclude il concorso “reciproco” tra emittente e utilizzatore delle fatture false, non gia’ il reato plurisoggettivo di emissione di fatture false (Sez. 3, n. 25129 del 17/04/2008, Ferrara, Rv. 240545: “In tema di reati tributari, la disciplina in deroga al concorso di persone nel reato prevista dal Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 9, non esclude il concorso nella condotta di chi emette la fattura o il documento per un’operazione inesistente (articolo 8, comma 1, Decreto Legislativo citato), in quanto si tratta di reato comune”; Sez. 3, n. 42641 del 26/09/2013, Alonge, Rv. 257419: “In materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non puo’ essere disposto sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiche’ il regime derogatorio previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 9 – escludendo la configurabilita’ del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo”).
In merito alla competenza per territorio, va osservato che l’imputazione per il reato associativo attrae, per connessione, anche i reati tributari contestati, rendendo non operativo il criterio del domicilio fiscale previsto dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, invocato articolo 18, comma 2.
Infine, quanto alla contestazione, non rileva che nella diversa ordinanza cautelare personale non sia indicato il nome del (OMISSIS), essendo, invece, nel provvedimento reale indicato il nome e la norma violata.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali
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