Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 9 maggio 2017, n. 22296

Quando il fatto venga diversamente qualificato con la modifica della posizione soggettiva rilevante per la colpa dal giudice di appello senza che l’imputato abbia preventivamente avuto modo di interloquire sul punto la garanzia del contraddittorio resta comunque assicurata dalla possibilità di contestare la diversa fattispecie mediante il ricorso per Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III  penale

sentenza 9 maggio 2017, n. 22296

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente

Dott. SOCCI Angelo Matt – rel. Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI SALERNO;

nei confronti di:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

inoltre:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 26/09/2016 della CORTE APPELLO di SALERNO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/03/2017, la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del dott. PAOLO CANEVELLI che ha concluso per: “Rigetto dei ricorsi”;

Sentito il difensore delle parti civili ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)) che ha concluso per: “Rigetto dei ricorsi”;

Sentiti i difensori dell’imputato, Avv. (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS), che hanno concluso per: “Accoglimento dei ricorso”.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza della Corte di appello di Salerno dell’8 aprile 2016 si confermava la decisione del Tribunale di Matera sezione di Pisticci, del 9 giugno 2011 che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di anni 1 di reclusione, con pena sospesa, oltre alla condanna al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, relativamente al reato di cui all’articolo 113 e 589 c.p., con la violazione di norme antinfortunistiche in danno di (OMISSIS); Commesso in (OMISSIS).

La Cassazione 4 sezione con la sentenza dell’8 luglio 2014, n. 11367, aveva annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Potenza che aveva confermato la decisione del giudice di primo grado.

2. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Salerno e l’imputato propongono ricorso per Cassazione, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

Procuratore Generale presso la Corte di appello di Salerno.

2.1. Violazione di legge in riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 13, comma 1, e Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, comma 1, oggi trasfusi nel Decreto Legislativo n. 81 del 2008, e vizio di motivazione sul punto.

La Corte di appello con la sentenza impugnata ha rilevato che il (OMISSIS) non rivestiva il ruolo – precedentemente attribuito con la sentenza annullata dalla Corte di Cassazione – di coordinatore per la sicurezza in assenza di un atto attributivo. Tuttavia allo stesso viene attribuita una posizione di garanzia di fatto in relazione non alla qualifica formale, ma alla funzione in concreto esercitata nel caso in giudizio.

Il (OMISSIS) era il direttore dei lavori, e si recava quotidianamente sul cantiere. Non ricorrono, pero’, nel caso in giudizio gli obblighi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 13, comma 1, e Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, comma 1, dai quali dovrebbe desumersi la norma cautelare violatae quindi il profilo di colpa dell’imputato. La norma vuole evitare che gli scavi piu’ profondi di 1,50 m. possano costituire un pericolo per i lavoratori, e richiede l’apposizione di idonei armature. La norma si applica solo se sia prevista anche occasionalmente la presenza di lavoratori all’interno dello scavo. Non avrebbe senso predisporre armature se nello scavo non sia affatto contemplato un ingresso, anche solo occasionale.

La Corte di appello non ha motivato sul punto, essendosi limitata a constatare la profondita’ della buca superiore a 1,5 m. Nessun intervento umano era previsto, nel caso concreto, all’interno della buca, quindi la norma non avrebbe dovuto trovare applicazione.

Gli interventi nel fosso erano tutti eseguibili a distanza con l’escavatore (collocazione di tombini).

2.2. Violazione di legge nonche’ contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione con riferimento alla sussistenza del nesso di causalita’ tra la condotta omissiva dell’imputato e l’evento verificatosi.

La sentenza impugnata non ha considerato la norma dell’articolo 41 c.p., causa sopravvenuta idonea a cagionare l’evento.

La condotta abnorme del lavoratore risulta idonea ad interrompere il nesso causale. Nel caso in giudizio se fossero ritenuti non rilevanti le previsioni di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 119, la condotta del lavoratore sarebbe in se’ abnorme, con esclusione della responsabilita’ dell’imputato ex articolo 41 c.p., comma 2.

Se invece fosse ritenuta operante la norma antinfortunistica (che prevede le armature di sostegno) dovrebbe valutarsi la accertata condotta del dipendente che ha violato inopinatamente e senza prevedibilita’ l’ordine tassativo (“esplicita proibizione”) di non accedere nella buca. L’acqua si stava togliendo con elettropompa e non a mano e quindi nessuno poteva sospettare – prevedere – la discesa nel fosso; la pompa poteva e doveva essere tirata fuori per l’eventuale controllo.

(OMISSIS).

3. Violazione dell’articolo 627 c.p.p., comma 3. Violazione del giudicato progressivo.

La Corte di appello con la sentenza impugnata esclusa la ricorrenza della qualifica di coordinatore per la sicurezza riteneva la responsabilita’ del ricorrente nell’assunzione di fatto di una posizione di garanzia. I principi di diritto della sentenza della Cassazione che aveva annullato la precedente decisione sono stati totalmente disattesi. Infatti una volta accertata l’assenza in capo al ricorrente della qualifica di coordinatore per la sicurezza le conclusioni erano obbligate: assoluzione, come richiesto anche dalla Procura Generale presso la Corte di appello di Salerno.

3.1. Violazione degli articoli 521 e 522 c.p.p.. Nullita’ della decisione per difetto di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza.

L’imputazione e le due precedenti condanne riguardano la colpa specifica nella qualita’ di coordinatore per la sicurezza dell’imputato. La condanna nella sentenza oggi impugnata e’ invece avvenuta per la funzione di garanzia di fatto del ricorrente. Si tratta di fatti e condotte assolutamente diversi per cui e’ venuta a mancare la correlazione tra accusa e sentenza richiesta dall’articolo 521 c.p.p.. Su eventuali assunzioni dell’incarico in punto di fatto il ricorrente non ha potuto svolgere alcuna difesa per assoluta mancanza di contestazione. Inoltre una eventuale responsabilita’ nei fatti ci sarebbe, ma la stessa non e’ del ricorrente ma di chi ha omesso di nominare la figura del coordinatore per la sicurezza.

La direzione dei lavori era collegiale e quindi non si comprende come mai la funzione di garanzia sia attribuibile solo al ricorrente e non anche agli altri direttori dei lavori.

L’omessa contestazione ha evitato una difesa effettiva, che avrebbe potuto far accertare, con le prove necessarie “le rispettive attivita’ in punto di fatto e quindi le singole responsabilita’ o le corresponsabilita’”. Cio’ in palese violazione dell’articolo 521 c.p.p..

3.2. Violazione dell’articolo 2 c.p., con riferimento al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 299.

La norma in oggetto e’ successiva ai fatti in giudizio e quindi la stessa non doveva applicarsi in violazione dell’articolo 2 c.p..

Hanno chiesto quindi l’annullamento della decisione impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. E’ fondato il motivo di ricorso sub 3.1. che assorbe gli altri, la violazione degli articoli 521 e 522 c.p.p..

La Corte di appello con la sentenza impugnata esclusa la ricorrenza della qualifica di coordinatore per la sicurezza riteneva la responsabilita’ del ricorrente nell’assunzione di fatto di una posizione di garanzia. La precedente decisione, annullata dalla Cassazione con sentenza della 4 sez., 8 luglio 2014, n. 11367, invece aveva condannato il ricorrente su un presupposto rivelatosi non sussistente, la qualifica di coordinatore della sicurezza del (OMISSIS).

La Corte di appello ha ritenuto che la condanna per la posizione di garanzia (di fatto) del ricorrente non violasse il principio di correlazione tra l’imputazione e la decisione “giacche’ la responsabilita’ e’ stata accertata proprio in relazione ai profili di colpa specifica richiamati nel capo di imputazione e rispetto ai quali lo stesso ha avuto modo di difendersi nel corso del dibattimento. Anche l’accertamento dell’assunzione di fatto della posizione di garanzia (in luogo della sua assunzione di diritto quale coordinatore per la sicurezza, erroneamente individuata nella sentenza impugnata), non integra un’ipotesi di fatto nuovo o diverso da quello contestato”.

4.1. Punto di partenza per l’analisi e’ il capo di imputazione che non e’ stato modificato tra la prima decisione della Corte di appello e la seconda oggi impugnata: “del reato p.ep. dagli articoli 131 e 589 c.p., perche’ in cooperazione colposa fra loro, il (OMISSIS) in qualita’ di titolare di impresa individuale esercente attivita’ di movimento terra lavori stradali idrici e fognanti, esecutrice dei lavori di completamento della rete fognaria della zona D1 di (OMISSIS)… ed in particolare per uno scavo per la successiva posa di pozzetti quadrangolari in cemento armato nonche’ di responsabile per la sicurezza e dei cantieri, il (OMISSIS) in qualita’ di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei suddetti lavori, per colpa generica (imprudenza negligenza ed imperizia) e specifica (violando, rispettivamente, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 13, comma 1, e il Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, comma 1) cagionavano la morte del lavoratore (OMISSIS), il quale impegnato nello svuotamento dell’acqua presente nei pozzetti a mezzo di una elettropompa del tipo ad immersione, dopo essersi calato all’interno di una coppia di essi rimaneva intrappolato e sepolto dalla massa terrosa improvvisamente distaccatasi dalla parete dello scavo. In particolare, nonostante lo scavo a sezione obbligata largo metri 2.50 e lungo metri 9.50 avesse raggiunto una profondita’ di metri 4.50 (ossia oltre 1.50 mt), fosse ubicato in terreno friabile misto a terreno di riporto, fosse nelle immediate adiacenze del canale di bonifica e si fossero verificate copiose piogge dei giorni precedenti, il (OMISSIS) ometteva di applicare le necessarie armature di sostegno alle pareti verticali man mano che lo stesso veniva realizzato e il (OMISSIS) di controllare la suddetta avvenuta applicazione delle misure di sicurezza atte ad evitare il distacco del blocco della parete, contravvenendo al Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 13, comma 1, al Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, comma 1, e alle prescrizioni contenute nel Piano Operativo di Sicurezza e Coordinamento.

Quello che risulta diverso nelle due decisioni e’ la qualifica soggettiva del ricorrente, da coordinatore per la sicurezza (prima decisione annullata) ad assunzione di fatto della posizione di garanzia. Invero non cambiano i profili della colpa sia specifica e sia generica, ma la posizione soggettiva del ricorrente.

Nel ricorso si sostiene che questa modifica ha comportato una difesa non effettiva, in quanto la direzione dei lavori era collegiale, e quindi la funzione di garanzia dovrebbe essere individuata anche nei confronti degli altri; conseguentemente l’omessa contestazione non ha consentito di far accertare con le prove necessarie “le rispettive attivita’ in punto di fatto e quindi le singole responsabilita’ o le corresponsabilita’”.

5. La giurisprudenza di questa Corte di Cassazione ritiene che “In tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (Fattispecie in cui e’ stata riconosciuta la responsabilita’ degli imputati per lesioni colpose conseguenti ad infortunio sul lavoro non solo per la contestata mancata dotazione di scarpe, caschi ed imbracature di protezione ma anche per l’omessa adeguata informazione e formazione dei lavoratori)” (Sez. 4, n. 35943 del 07/03/2014 – dep. 19/08/2014, Denaro e altro, Rv. 26016101; vedi anche Sez. 4, n. 51516 del 21/06/2013 – dep. 20/12/2013, Miniscalco e altro, Rv. 25790201 e Sez. 3, n. 19741 del 08/04/2010 – dep. 25/05/2010, Minardi, Rv. 24717101).

Inoltre la garanzia del contraddittorio non avvenuta in appello ben potrebbe essere assicurata in sede di ricorso per Cassazione, ma solo nelle ipotesi dove non risulti necessario assumere e valutare nuove prove: “Qualora il fatto venga diversamente qualificato ex officio dal giudice di appello senza che l’imputato abbia preventivamente avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia del contraddittorio resta comunque assicurata dalla possibilita’ di contestare la diversa definizione normativa mediante il ricorso per cassazione, a seguito del quale la Corte di legittimita’ puo’ pronunciarsi in via definitiva sulla questione, salvo che risulti necessario assumere e valutare nuove prove vertenti su fatti in grado di rendere priva di fondamento la diversa qualificazione giuridica, nel qual caso e’ tenuta ad annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito per un nuovo giudizio sul punto” (Sez. 2, n. 46401 del 09/10/2014 – dep. 11/11/2014, Destri e altri, Rv. 26104701; vedi anche Sez. 2, n. 12612 del 04/03/2015 – dep. 25/03/2015, Bu e altro, Rv. 26277801).

5.1. Nel caso in esame e’ mutata la posizione soggettiva del ricorrente, da coordinatore per la sicurezza ad assuntore di fatto della posizione di garanzia nei confronti del lavoratore deceduto. Puo’ conseguentemente ritenersi violato il principio della correlazione tra l’accusa e la sentenza poiche’ non sono aggiunti agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo (nella stessa posizione soggettiva di coordinatore della sicurezza) ma e’ mutata radicalmente la posizione soggettiva rilevante per tutti i profili di colpa, generica e specifica.

Il ricorso per Cassazione inoltre non e’ da solo idoneo ad assicurare la garanzia del contraddittorio poiche’, come rappresentato nel ricorso introduttivo sono necessarie nuove prove, relativamente alla posizione di garanzia assunta dall’imputato, e alla direzione dei lavori che si assume essere collegiale (anche eventualmente ai fini dell’articolo 133 c.p.). E’ quindi necessario un nuovo giudizio sul punto per la garanzia del contraddittorio: “Qualora il fatto venga diversamente qualificato dal giudice di appello senza che l’imputato abbia preventivamente avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia del contraddittorio – prevista dall’articolo 111 Cost., e dall’articolo 6 CEDU cosi’ come interpretato dalla Corte EDU – resta comunque assicurata dalla possibilita’ di contestare la diversa definizione mediante il ricorso per cassazione e, qualora la nuova qualificazione dell’addebito abbia inciso sulle strategie difensive, l’imputato dovra’ essere restituito nella facolta’ di esercitare pienamente il diritto di difesa, anche attraverso la proposizione di richieste di prova rilevanti in relazione al diverso contenuto dell’accusa. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza di merito, che aveva riqualificato l’originaria imputazione di appropriazione indebita in quella di truffa senza consentire all’imputato una adeguata difesa dall’accusa di aver frodato gli enti previdenziali)” (Sez. 2, n. 47413 del 17/10/2014 – dep. 18/11/2014, Grasso, Rv. 26096001).

5.2. Puo’ conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto: “Qualora il fatto venga diversamente qualificato con la modifica della posizione soggettiva rilevante per la colpa (nel caso: da coordinatore per la sicurezza ad assuntore di fatto della posizione di garanzia) dal giudice di appello (nel caso, dopo un annullamento della Cassazione relativo alla posizione di coordinatore per la sicurezza) senza che l’imputato abbia preventivamente avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia del contraddittorio – prevista dall’articolo 111 Cost., e dall’articolo 6 CEDU cosi’ come interpretato dalla Corte EDU resta comunque assicurata dalla possibilita’ di contestare la diversa fattispecie mediante il ricorso per Cassazione e, qualora la nuova qualificazione dell’addebito, sotto il profilo della posizione soggettiva, abbia inciso in concreto sulle strategie difensive, l’imputato dovra’ essere restituito nelle facolta’ di esercitare pienamente il diritto di difesa, anche attraverso la proposizione di richieste di prova rilevanti in relazione al diverso contenuto dell’accusa”.

La sentenza deve conseguentemente annullarsi con rinvio alla Corte di appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Napoli

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