Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 31 ottobre 2016, n. 45726

Integra il reato di cui all’art. 5 lett. g) in relazione all’art. 6 della L. n. 283/1962, l’impiego nella preparazione delle carni additivi chimici non autorizzati con decreto del Ministro della Sanità

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 31 ottobre 2016, n. 45726

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 16/03/2015 del Tribunale di Termini Imerese;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa DI STASI Antonella;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16.3.2015, il Tribunale di Termini Imerese dichiarava (OMISSIS) responsabile del reato di cui all’articolo 5, lettera g) in relazione alla L. n. 283 del 1962, articolo 6 – per aver quale legale rappresentante della rivendita denominata “(OMISSIS)” con sede in (OMISSIS) impiegato nella preparazione della carne additivi chimici non autorizzati con decreto del Ministro della Sanita’ – e lo condannava alla pena di Euro 350,00 di ammenda.

2. Avverso tale sentenza proponevano appello (OMISSIS) ed il difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.

Con il primo motivo chiedono l’applicazione del nuovo istituto della non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131 bis c.p..

Con il secondo motivo deducono inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alla valutazione delle dichiarazioni rese in giudizio dai testi dell’accusa e dai testi della difesa, dalle quali emergeva l’insussistenza del fatto contestato.

Con il terzo motivo deducono inosservanza o erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico del reato contestato.

Con ordinanza emessa dalla Corte d’appello di Palermo in data 24.2.2016, previa qualificazione dell’appello come ricorso per cassazione, e’ stata disposta la trasmissione degli atti a questa Corte, trattandosi di sentenza di condanna alla sola pena dell’ammenda.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile.

2. Va ricordato che l’impugnazione proposta come appello, riqualificata dalla Corte territoriale come ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 568 c.p.p., comma 5, in base al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l’automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato, cio’ comportando che l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (ex multis: Sez. 1, n. 2846 del 08/04/1999 – dep. 09/07/1999, Annibaldi R, Rv. 213835).

Nel caso in esame, l’impugnazione e’ inammissibile perche’ proposta per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge ex articolo 606 c.p.p., comma 3, atteso che, come si desume dal tenore dei motivi dell’originario gravame, la stessa con riferimento al primo motivo e’ inammissibile per genericita’ e, quanto agli ulteriori motivi, articola esclusivamente censure di merito all’impugnata sentenza, riguardanti, da un lato la rivalutazione del compendio probatorio e dall’altro la ricostruzione in fatto della vicenda, ambiti che esulano dal sindacato di legittimita’.

3. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso.

4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende

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