Il reato di costruzione edilizia come delineato dall’articolo 181 comma 1 –bis del Dlgs 42/2004 è limitato ai soli casi in cui i lavori abusivamente realizzati hanno comportato un aumento dei manufatti superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria, in alternativa, un ampliamento a 750 metri cubi
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 30 dicembre 2016, n. 55320
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro M. – Consigliere
Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 03/02/2016 della Corte di Appello di Cagliari;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mazzotta Gabriele che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al reato di cui al capo B9; rigetto nel resto;
udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), quale sostituto processuale dell’avv. (OMISSIS), che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 31.10.2014, il Tribunale di Cagliari, pronunciando nei confronti degli attuali ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) – imputati dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera c) (capo A: per avere eseguito, in qualita’ di proprietari e committenti, opere edilizie in assenza del premesso di costruire in (OMISSIS), localita’ (OMISSIS) in data 23.3.2009 e 10.5.2009), Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 bis, (capo 13: per avere realizzato le opere edilizie di cui al capo a) in assenza della autorizzazione paesaggistica in zona sottoposta a vincolo ai sensi del Decreto Ministeriale 25 marzo 1996, e del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 142, lettera f), articoli 110, 56, 48 e 479 c.p. (capo C: per aver, previo accordo, compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco ad indurre in errore il competente Ufficio Tecnico del Comune di (OMISSIS) affinche’, attestando falsamente la conformita’ di quanto realizzato alla normativa urbanistica rilasciasse il permesso di costruire in sanatoria, reato non verificatosi a causa del mancato rilascio del suddetto provvedimento; in particolare attestavano falsamente nella relazione tecnica allegata all’istanza di accertamento in conformita’ del (OMISSIS) presentata al Comune di (OMISSIS) il 9.6.2009, la demolizione delle opere abusivamente realizzate ed il ripristino dello stato dei luoghi cosi’ come era prima dell’intervento, senza creazione di volumi, condizione ostativa all’esito favorevole dell’accertamento in conformita’ – li dichiarava colpevoli dei reato di cui ai capi A, con esclusione delle opere indicate al n. 1 (per le quali ordinava non doversi procedere per essere il reato estinto per prescrizione), B (ritenendo sussistente il solo vincolo paesaggistico imposto con D.M del 25 marzo 1966) e C, e, concesse le attenuanti generiche, li condannava, ciascuno, alla pena di anni uno e mesi due reclusione, concedendo i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna ed ordinando la rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
Con sentenza del 3.2.2016, la Corte di Appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, appellata dagli imputati, dichiarava non doversi procedere in ordine al reato ascritto al capo A ed al delitto di cui al capo B limitatamente alle opere descritte al n. 1 del capo A, perche’ estinti per prescrizione, e riduceva la pena inflitta a ciascun imputato ad un anno di reclusione, confermando nel resto.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), per il tramite del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
Con il primo motivo lamentano vizio di violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181.
Deducono che la Corte costituzionale, con sentenza n. 56 del 11-23/03/2016, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181, comma 1-bis, nella parte in cui prevede”: a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed”. Per effetto di tale pronuncia, la sussistenza del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1-bis, e’ limitata, quindi, ai soli casi in cui i lavori abusivamente realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora hanno comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi. Argomentano che, difettando nella specie tali presupposti, la condotta degli imputati relativa ai numeri 2, 3 e 4 del capo A) dell’imputazione va ricondotta all’interno della fattispecie contravvenzionale di cui al comma 1 del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181 con conseguente maturazione del termine prescrizionale alla data del 23.3.2014. Chiedono, pertanto, con riferimento a tali opere l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo deducono vizio di mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione con riferimento all’erronea affermazione del giudicato parziale.
Argomentano che la Corte di Appello offriva una motivazione contraddittoria nella parte in cui riportava l’impugnazione ad opera degli appellanti dell’intero capo B) dell’imputazione per il quale si richiedeva l’assoluzione perche’ il fatto non sussiste e, poi, riteneva che per le opere descritte nella prima parte del n. 2 del capo A) non vi fosse alcuna contestazione in ordine al delitto paesaggistico e, quindi, formatosi il giudicato parziale.
Con il terzo motivo deducono vizio di mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione con riferimento alla legittimita’ delle autorizzazioni paesaggistiche postume rilasciate dalla Regione Sardegna in relazione alle opere in contestazione.
Argomentano che la Corte territoriale riteneva illegittime le autorizzazione paesaggistiche postume rilasciate dalla Regione Sardegna e confermava l’ordine di rimessione in pristino con motivazione fondata su errore di natura giuridica e, cioe’, sulla non corretta applicazione dell’articolo 167, comma 4, lettera a) del codice dei beni culturali e del paesaggio.
Con il quarto motivo lamentano vizio di mancanza, contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione con riferimento alla contestazione del delitto di falso di cui al capo C) dell’imputazione.
Deducono che l’affermazione di responsabilita’ in ordine al delitto di falso di cui al capo C) dell’imputazione si fonda sul travisamento di un dato probatorio dirimente e, cioe’, il mancato esame dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 19, emessa dal Comune di Carloforte in data 6.4.2009 gia’ allegata alla memoria difensiva depositata nell’ambito del giudizio di appello.
In tale ordinanza vengono individuate due tipologie di opere realizzate in assenza di titolo abilitativo: la realizzazione di un volume, poi effettivamente demolito, e l’ampliamento della cucina mediante tamponamento della loggia; l’arch. (OMISSIS), nella relazione tecnica allegata all’istanza di accertamento in conformita’, faceva riferimento al volume realmente demolito e non all’ampliamento della cucina, nel mentre la Corte di Appello individuava erroneamente l’oggetto della relazione, in relazione al quale si sarebbe stata la falsa attestazione di avvenuta demolizione, proprio nell’opera di ampiamento in questione.
Chiedono, pertanto, l’annullamento con o senza rinvio della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo e’ fondato e va accolto, restando assorbiti i motivi secondo e terzo.
1.1.Successivamente all’emissione della sentenza impugnata, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 56 del 11-23/03/2016, ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 181, comma 1-bis, nella parte in cui prevede”: a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed”.
Per effetto di tale pronuncia, la sussistenza del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1-bis, e’ limitata ai soli casi in cui i lavori abusivamente realizzati in zona sottoposta a vincolo paesaggistico hanno comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora hanno comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi.
Nel caso in esame appare evidente, dalla lettura stessa delle sentenze di merito, che le opere oggetto di imputazione non hanno la consistenza necessaria a inquadrarle nella fattispecie delittuosa, sicche’ il reato originariamente contestato come delitto deve ora essere qualificato quale violazione di natura contravvenzionale (Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1).
Residua, dunque, l’ipotesi contravvenzionale di cui al comma primo in relazione alla quale il termine quinquennale di prescrizione, ai sensi degli articoli 157 e 161 c.p., e’ ormai maturato, al piu’ tardi, alla data del 19.7.2015.
1.2 Ne consegue che la sentenza deve essere annullata senza rinvio in relazione al delitto di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1 bis, previa qualificazione del fatto come contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1, per essere il reato estinto per prescrizione, non emergendo dal testo del provvedimento impugnato elementi che possano giustificare l’applicazione dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, (Sez. 6, n. 48461 del 28/11/2013, Rv. 258169; Sez. 6, n. 27944 del 12/06/2008, Rv. 240955).
1.3. Va, conseguentemente, revocato l’ordine di rimessione in pristino.
Infatti, in tema di tutela del paesaggio, l’ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato, previsto dal Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, puo’ essere impartito dal giudice con la sola sentenza di condanna e, pertanto, in caso di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, tale statuizione va revocata dal giudice dell’impugnazione, fermo restando l’autonomo potere-dovere dell’autorita’ amministrativa (Sez.3, n.51010 del 24/10/2013,Rv.257916).
2. Il quarto motivo e’ infondato.
La Corte territoriale, con motivazione congrua e priva di vizi logici, da’ atto che nella realizzazione si affermava, conformemente al vero, che non era stato demolito l’ampliamento del terrazzo, ed individua la falsita’ con riferimento ai diversi aspetti della demolizione totale del volume – che di fatto era stata solo parziale – e della di omessa creazione di volumi- nel mentre di fatto era stato realizzato un ampliamento della terrazza (pag 18 e 19 della sentenza impugnata).
Ne consegue che le deduzioni difensive non solo non colgono nel segno, ma non si confrontano neppure con le argomentazioni della sentenza impugnata, profilandosene, sotto questo aspetto, anche profili di inammissibilita’ per difetto di specificita’.
3. Il ricorso va, quindi, rigettato per la residua imputazione di cui alla lettera c) della rubrica. e disposto il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari al fine della necessaria rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Qualificato il delitto di cui al capo b) dell’imputazione come contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 42 del 2004, articolo 181, comma 1, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ estinta per prescrizione ed elimina l’ordine di rimessione in pristino. Rigetta nel resto il ricorso e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari per la rideterminazione della pena
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