Esclusa la particolare tenuità del fatto per chi autorizzato ad occupare una parte di spiaggia per mantenere un deposito di sdraio e ombrello su richiesta dei bagnanti la occupa stabilmente a prescindere dal noleggio.
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 26 ottobre 2016, n. 45209
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMORESANO Silvio – Presidente
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere
Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere
Dott. LIBERATI Giovanni – rel. Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/3/2015 del Tribunale di Trapani;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. LIBERATI Giovanni;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 23 marzo 2015 il Tribunale di Trapani ha condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 400 di ammenda per il reato di cui all’articolo 1161 codice navale (per avere, quale titolare della ditta (OMISSIS), autorizzata ad occupare una superficie pari a 10 mq. sulla spiaggia del Comune di (OMISSIS), allo scopo di mantenervi due depositi di ombrelloni e sdraio su richiesta dei bagnanti che li avessero noleggiati, occupato abusivamente parte di tale spiaggia, posizionandovi sdraio e ombrelloni senza che gli stessi fossero stati preventivamente noleggiati dai bagnanti).
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la (OMISSIS) mediante il suo difensore, affidato a tre motivi, cosi’ riassunti entro i limiti previsti dall’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Mediante il primo motivo ha prospettato travisamento del fatto ed errata applicazione dell’articolo 1161 c.n., non essendosi verificata una stabile occupazione dell’area demaniale in modo tale da impedirne l’uso a terzi, in quanto la condotta posta in essere dalla ricorrente consisteva nella apposizione transitoria di pochi ombrelloni e corredi da spiaggia, apposti anticipatamente rispetto all’arrivo degli utenti e per un tempo limitato.
2.2. Con il secondo motivo ha prospettato vizio della motivazione e travisamento del fatto, in relazione alla brevita’ del periodo di osservazione delle condotte ritenute illecite, limitato a due giorni, e per la mancanza di elementi circa l’apposizione da parte dei propri addetti degli ombrelloni sulla spiaggia e la durata e continuita’ dell’occupazione.
2.3. Con il terzo motivo ha prospettato l’abnormita’ della propria condanna quale conseguenza del travisamento del fatto, da ricondurre alla ipotesi di cui all’articolo 131 bis c.p., e lamentato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, essendo stato dichiarato estinto dal giudice dell’esecuzione il reato considerato come precedente ostativo alla concessione delle suddette attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ inammissibile.
1. Mediante il primo ed il secondo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, in considerazione della identita’ delle censure con gli stessi sollevate, la ricorrente tende, attraverso la deduzione di vizi della motivazione, a conseguire una rivisitazione dell’accertamento dei fatti compiuta dal Tribunale, non consentita nel giudizio di legittimita’ in assenza di vizi della motivazione, nella specie non sussistenti.
1.1. Il Tribunale ha, infatti, affermato la responsabilita’ della (OMISSIS) per l’indebita occupazione del lido del mare, compiuta collocandovi stabilmente i propri ombrelloni benche’ non ancora noleggiati dai bagnanti (essendo stata autorizzata solamente a mantenervi due depositi di ombrelloni e sdraio, che potevano essere collocati sulla spiaggia solo dopo essere stati noleggiati), essendo emerso, all’esito dei servizi di controllo del litorale svolti in giorni differenti dalla polizia giudiziaria, che sin dalle sette di mattina “cominciavano ad arrivare presso il deposito della ditta (OMISSIS), gli addetti ai lavori, i quali toglievano le catene che bloccavano gli ombrelloni e le sdraio e lo allocavano vicino alla battigia, senza che vi fosse richiesta da parte di alcun cliente; apponevano inoltre sopra i lettini teli da mare e giochi per bambini, per dare l’impressione che quelle postazioni fossero occupate dai bagnanti”; questi ultimi iniziavano ad arrivare verso le ore nove e venivano accompagnati direttamente dove ombrelloni e lettini si trovavano gia’ sistemati; contestualmente gli addetti della ditta (OMISSIS) piantavano altri ombrelloni sulla spiaggia libera, perfettamente allineati tra loro, fino a collocarne venticinque per fila.
Sulla base di tali elementi il Tribunale ha ritenuto inequivocabilmente accertata l’illecita occupazione del lido del mare da parte della (OMISSIS), mediante gli ombrelloni e le sdraio infissi stabilmente dagli addetti della sua impresa, affermandone, di conseguenza, la responsabilita’ per il reato di cui all’articolo 1161 c.n., che consiste nell’acquisire e mantenere senza autorizzazione il possesso o la detenzione di un bene appartenente al demanio marittimo in modo corrispondente all’esercizio non transeunte di un diritto di proprieta’ o di godimento, in modo da impedirne la fruibilita’ da parte di potenziali utenti o da comprimerne in maniera significativa l’uso (cosi’ Sez. 3, n. 42404 del 29/09/2011, Farci, Rv. 251400, relativa a fattispecie nella quale il reato e’ stato ravvisato nel fatto che i dipendenti di un albergo trasportavano e posizionavano ogni giorno sulla spiaggia, dall’alba al tramonto, un rilevante numero di ombrelloni e lettini a disposizione dei clienti a prescindere dall’effettiva presenza sul posto degli stessi con conseguente interclusione dell’accesso a terzi; conf., Sez. 3, Sentenza n. 15415 del 17/02/2016, Nica, Rv. 266814).
1.2. A fronte di tali elementi, del tutto idonei a sorreggere l’affermazione di responsabilita’, la ricorrente ha prospettato l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato, in quanto il servizio di osservazione da parte della polizia giudiziaria era stato svolto solamente per due giorni e dalle 7 alle 9.30, e da esso era emersa solamente l’apposizione di pochi ombrelloni e corredi da spiaggia in attesa dell’arrivo degli utenti, dunque per un periodo di tempo limitato, inidoneo a consentire di ravvisare una occupazione del lido del mare, necessariamente dotata dei caratteri di stabilita’ e continuita’.
Tali rilievi tendono, pero’, a censurare l’accertamento in fatto compiuto dal giudice del merito, non sindacabile nel giudizio di legittimita’, se, come nella specie, adeguatamente e logicamente motivato: il Tribunale, come evidenziato, ha evidenziato i caratteri della abitualita’ della condotta della (OMISSIS), posta in essere sistematicamente dai suoi dipendenti, che ne facevano una modalita’ strutturale della organizzazione della loro attivita’, riscontrata in giorni diversi e distanti tra loro, con il conseguente corretto rilievo di una illecita occupazione del lido del mare e l’inammissibilita’ delle censure formulate con il primo ed il secondo motivo, affidate a motivi non consentiti nel giudizio di legittimita’.
2. Il terzo motivo, mediante il quale sono stati lamentati il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e dei presupposti per escludere la punibilita’ del fatto a cagione della sua lieve entita’, ai sensi dell’articolo 131 bis c.p., e’ manifestamente infondato.
2.1. Le circostanze attenuanti generiche sono, correttamente, state escluse considerando prevalente, in assenza di elementi di segno positivo, la negativa personalita’ della imputata, emergente anche dal precedente penale specifico a suo carico: tale motivazione risulta adeguata e corretta, in quanto il reato dello stesso genere di cui alla precedente condanna riportata dalla (OMISSIS) nel (OMISSIS) non si e’ estinto, ma, secondo quanto risulta dal certificato penale, e’ stata solamente pagata la relativa pena pecuniaria, con la conseguenza che lo stesso correttamente e’ stato considerato al fine del giudizio sulla personalita’ dell’imputata, con valutazione non sindacabile sul piano del merito se, come nella specie, adeguatamente motivata.
2.2. Non sussistono, poi, neppure i presupposti per escludere la punibilita’ del fatto per la sua particolare tenuita’.
L’esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, di cui all’articolo 131 bis c.p., ha natura sostanziale ed e’ applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, compresi quelli pendenti in sede di legittimita’, nei quali la Corte di cassazione puo’ rilevare d’ufficio, ex articolo 609 c.p.p., comma 2, la sussistenza delle condizioni di applicabilita’ di tale istituto, dovendo peraltro limitarsi, attesa la natura del giudizio di legittimita’, ad un vaglio di astratta non incompatibilita’ della fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto articolo 131 bis c.p. (Sez. 3, n. 31932 del 02/07/2015, Terrezza, Rv. 264449; Sez. 4, n. 22381 del 17/4/2015, Mauri, Rv. 263496; Sez. 3, n. 15449 del 8/4/2015, Mazzarotto, Rv. 263308).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno al riguardo chiarito che ai fini della configurabilita’ della causa di esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, il giudizio sulla tenuita’ richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarita’ della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’articolo 133 c.p., comma 1, delle modalita’ della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entita’ del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). Tale valutazione puo’ essere compiuta anche nel giudizio di legittimita’, sulla base di un apprezzamento limitato alla astratta compatibilita’ dei tratti della fattispecie, come risultanti dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali, con gli indici-criteri e gli indici-requisiti indicati dal legislatore, cui segue in caso di valutazione positiva, sentenza di annullamento con rinvio al giudice di merito (Sez. 3, Sentenza n. 38380 del 15/07/2015, Ferraiuolo, Rv. 264795, che in motivazione ha sottolineato come cio’ consenta di contemperare l’obbligo di rilevazione d’ufficio, discendente dal disposto dell’articolo 129 c.p.p., con la fisiologia del giudizio di legittimita’, che preclude valutazioni in fatto).
Peraltro, nel caso in esame non emerge alcuna particolare tenuita’ del fatto, essendo sufficiente, per escluderla, considerare che il precedente specifico da cui e’ risultata gravata l’imputata depone per la non occasionalita’ della sua condotta, e che, attraverso l’esclusione delle circostanze attenuanti generiche, i fatti commessi, tra l’altro plurimi, sono stati considerati gravi dal Tribunale, che dunque ne ha escluso sia la non abitualita’ sia la modestia, con la conseguenza che essere esclusa l’esiguita’ del pregiudizio derivante dal reato commesso dall’imputata e con essa anche l’esclusione della punibilita’ per la particolate tenuita’ del fatto.
Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile, stante l’inammissibilita’ del primo e del secondo motivo e la manifesta infondatezza del terzo.
Alla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. sentenza 7 – 13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento, nonche’ del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.500.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende
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