L’art. 727, secondo comma, cod. pen. punisce la condotta di chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, avuto riguardo, per le specie più note, al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali. (Fattispecie in cui il gestore di un circo detenuto due elefanti in condizioni incompatibili con le loro caratteristiche etologiche, in quanto legati con corte catene limitative dei più elementari movimenti, in una situazione produttiva di gravi sofferenze)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

SENTENZA 22 giugno 2016, n.25805

Ritenuto in fatto

– Con sentenza del 22 dicembre 2014, il Tribunale di Milano ha condannato t’imputato alla pena dell’ammenda, per il reato di cui all’art. 727, secondo comma, cod. pen., per avere, nella sua qualità di gestore di un circo, detenuto due elefanti in condizioni incompatibili con le loro caratteristiche etologiche, in quanto legati con corte catene limitative dei più elementari movimenti, in una situazione produttiva di gravi sofferenze. Con la stessa sentenza, l’imputato è stato anche condannato al risarcimento dei danno nei confronti della parte civile costituita, LAV – Lega Antivivisezione, liquidato in via equitativa in euro 6000,00.

– Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo di doglianza, l’erronea applicazione della disposizione incriminatrice. Si richiama, in particolare, la normativa di settore, costituita dalle Linee guide per il mantenimento degli animali nei circhi e nelle mostre itineranti, predisposte dalla Commissione scientifica CITES (10 maggio 2000), secondo cui l’uso di catene per il contenimento degli elefanti deve essere evitato, ma è concesso nei casi in cui occorra provvedere ad esigenze di cura sanitaria e di benessere dell’animale, oltre che di sicurezza degli operatori e, comunque, per il solo periodo nel quale a tali incombenze si debba procedere.

In secondo luogo, si rilevano vizi della motivazione in relazione alla responsabilità penale, perché la stessa sarebbe stata fondata sulla produzione di un video girato dalla trasmissione televisiva «Striscia la Notizia», inerente ad un isolato accesso effettuato da una troupe televisiva. In particolare, non si sarebbe considerato che la veterinaria del circo aveva precisato che la struttura era pienamente regolare e che, in ogni caso, non vi era prova dell’effettivo superamento della soglia di sopportabilità; cosicché la disposizione incriminatrice non avrebbe potuto essere ritenuta applicabile, in presenza di una situazione di disagio per gli animali del tutto temporanea e contingente.

– In prossimità dell’udienza davanti a questa Corte, il difensore della parte civile ha depositato memoria, con la quale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque rigettato, nonché conclusioni scritte e nota spese.

Considerato in diritto

– Il ricorso è inammissibile, perché basato su una ricostruzione alternativa dei fatti del tutto avulsa da puntuali riferimenti critici alla motivazione della sentenza impugnata e al compendio istruttorio.

4.1. – Deve premettersi che l’art. 727, secondo comma, cod. pen. punisce la condotta di chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze, avuto riguardo, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali (sez. 3, 17 dicembre 2014, n. 6829, rv. 262529; sez. 3, 4 giugno 2014, n. 37859, rv. 260184). Va altresì ribadito che la disposizione in questione non si riferisce a situazioni contingenti che provochino un temporaneo disagio dell’animale, in considerazione della sua formulazione letterale, che fa riferimento al duplice requisito delle condizioni di detenzione dell’animale e della produzione di gravi sofferenze (sez. 3, 24 febbraio 2014, n. 8676).

4.2. – Nel caso in esame, il Tribunale evidenzia con chiarezza che la situazione nella quale gli elefanti erano stati trovati non era passeggera e contingente, né dettata dalla necessità di operare per la pulizia e la cura degli animali. Infatti, nell’immediatezza del fatto i responsabili del circo non avevano richiamato esigenze contingenti, ma avevano affermato di essere convinti di poter mantenere gli animali legati con catene corte che ne impedivano i movimenti per l’orario notturno. E, del resto, la struttura stessa dei circo era tale da rendere inverosimile che gli animali potessero essere tenuti in altro modo, per la mancanza di protezioni esterne che ne impedissero la fuga in orario notturno. Tale ricostruzione trova ulteriore conferma – secondo la corretta valutazione operata dal Tribunale – nel fatto che, a seguito dei servizio televisivo girato nell’ambito della trasmissione «Striscia la Notizia», i responsabili del circo avevano poi adottato una soluzione tecnica idonea a consentire il riposo in sicurezza degli animali all’interno di un recinto posto nella struttura, dove gli stessi erano finalmente liberi di muoversi. Né la testimonianza della veterinaria del circo aveva smentito tali circostanza di fatto, essendosi limitata a richiamare le normative tecniche in astratto applicabili e ad evidenziare la regolarità della struttura circense sotto un profilo meramente burocratico?amministrativo.

Quanto alla riconducibilità della condotta dell’imputato all’ambito di applicazione della disposizione incriminatrice, deve rilevarsi che la detenzione degli elefanti in catene quale condizione abituale nelle ore notturne appare assolutamente incompatibile con la natura degli animali, perché realizza una compressione intollerabile della possibilità che l’elefante ha di muoversi, sia pure nello spazio limitato di un recinto. Tale condizione è anche produttiva di gravi sofferenze, perché consente al più movimenti minimi, quali dondolii, inibendo del tutto la deambulazione. E Io stesso ricorrente richiama quale parametro di valutazione le Linee guide per il mantenimento degli animali nei circhi e nelle mostre itineranti, predisposte dalla Commissione scientifica CITES (10 maggio 2000), secondo cui l’uso di catene per il contenimento degli elefanti deve essere di norma evitato, ma è consentito, in via eccezionale, nei soli casi in cui occorra provvedere ad esigenze di cura sanitaria e di benessere dell’animale, oltre che di sicurezza degli operatori e, comunque, per il solo periodo nel quale a tali incombenze si debba procedere.

– Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello dei versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00. Il ricorrente deve essere anche condannato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile costituita, da liquidarsi in euro 3000,00, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile LAV-Lega Antivivisezione, che liquida in complessivi euro 3000,00, oltre accessori di legge.

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