Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 16 novembre 2016, n. 48302

Nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 16 novembre 2016, n. 48302

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. ANDREAZZA Gastone – rel. Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), n. a (OMISSIS);

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano in data 16/07/2015;

udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale TOCCI S., che ha concluso per l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano del 16/07/2015 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano per i reati di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 bis del in relazione all’omesso versamento di ritenute certificate, ha concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.

2. Con un primo motivo ha dedotto violazione di legge in relazione all’articolo 10 bis cit. avendo ritenuto la sentenza sufficiente, ai fini dell’integrazione del reato, il mero rilascio del modello 770 e non necessario invece anche, come ripetutamente affermato dalla Corte di cassazione, il rilascio delle certificazioni in ordine al quale nessun elemento positivo e’ emerso nella specie.

3. Con un secondo motivo ha dedotto l’omessa motivazione in ordine alla richiesta di riconoscimento della continuazione con i fatti della sentenza n. 2496 del 2011.

4. Con motivi aggiunti il ricorrente ha evidenziato, quanto al primo motivo, la intervenuta modifica dell’articolo 10 bis cit. confermativa dell’assunto del ricorrente come anche statuito da Cass. n. 10104 del 2016 e la intervenuta depenalizzazione, in ogni caso, quanto agli addebiti sub nn. 1 e 5, posti sotto la soglia di punibilita’ di Euro 150.000.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Quanto alle condotte di cui ai reati contestati ai capi 1 e 5 dell’imputazione, relativi ad omesso versamento di ritenute per l’importo, rispettivamente, di Euro 138.487,74 e di Euro 88.936,00 si impone, ex articolo 129 c.p.p., la presa d’atto della loro attuale non illiceita’ penale.

Va infatti considerato che il Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158, articolo 7 entrato in vigore in data 22/10/2015, ha modificato il predetto articolo 10 bis cit. nel senso di attribuire rilevanza penale, elevando il precedente limite, unicamente alle condotte di omesso versamento delle ritenute per un ammontare superiore ad Euro 150.000 per ciascun periodo di imposta; va aggiunto che tale modifica, in quanto comportante una disposizione piu’ favorevole rispetto alla precedente, si applica, ex articolo 2 c.p., comma 4, anche ai fatti posti in essere antecedentemente.

Conseguentemente, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, quanto ai predetti capi d’imputazione, con la formula “il fatto non sussiste” posto che la soglia di rilevanza penale suddetta deve ritenersi elemento costitutivo del fatto di reato, contribuendo la stessa a definirne il disvalore (in tal senso, tra le altre, oltre a Sez. U., n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, Rv. 250975, da ultimo, Sez. 3, n. 3098/16 del 05/11/2015, Vanni, Rv. 265938).

6. Quanto al residuo capo d’imputazione sub 2), afferente condotta tuttora costituente reato, il ricorso e’ fondato.

La Corte territoriale, nel confermare la sussistenza del reato, si e’ consapevolmente discostata dall’indirizzo di questa Corte secondo cui, nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, la prova dell’elemento costitutivo rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate, il cui onere incombe all’accusa, non puo’ essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro (tra le altre, Sez. 3, n. 6203 del 29/10/2014, Rispoli, Rv. 262365; Sez. 3, n. 11335 del 15/10/2014, Pareto, Rv. 262855; Sez. 3, n. 40526 del 08/04/2014, Gagliardi, Rv. 260090); la sentenza impugnata ha infatti posto in rilievo che il modello 770 in realta’ non si limita a comprendere le ritenute effettuate ma presuppone che le stesse siano state anche certificate tanto che le stesse istruzioni dell’Agenzia delle entrate sottolineerebbero, laddove individuano i soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione e le somme che questi devono inserire nel modello, le ritenute non solo operate ma anche certificate appunto.

Va tuttavia rilevato che tale impostazione appare contraddetta dalla indiretta conferma della bonta’ dell’indirizzo di questa Corte appena ricordato proveniente, a ben vedere, dal testo dell’articolo 10 bis cit. come modificato dal Decreto Legge n. 158 del 2015, articolo 7, comma 1, lettera b).

Infatti, come gia’ sottolineato da Sez. 3, n. 10104 del 07/01/2016, Grazzini, Rv. 266301, se il legislatore ha inteso, come pare indiscutibile, con l’attuale formulazione dell’articolo 10 bis, laddove ha inserito la dichiarazione annuale di sostituto accanto alla certificazione rilasciata ai sostituiti, estendere la tipicita’ del reato anche alle ipotesi di omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione mod. 770, deve ritenersi che non soltanto la precedente formulazione racchiudesse nel proprio perimetro di tipicita’ soltanto l’omesso versamento di ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, ma richiedesse anche, sotto il profilo probatorio, la necessita’ di una prova del rilascio della certificazione ai sostituiti; il criterio logico dell’argumentum a contrario, desunto dalla novella che ha esteso la rilevanza normativa all’omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione, infatti, impone di escludere dalla portata applicativa della norma quanto non vi era espressamente compreso in precedenza.

Allo stesso tempo, poi, la portata innovativa della novella non puo’ avere efficacia retroattiva quanto alle condotte, come quella di specie, poste in essere in precedenza.

Ne’ si ricava dalla sentenza impugnata che, al di la’ del ragionamento fatto in astratto e in generale in ordine al contenuto della dichiarazione, il modello 770 presentato in concreto dal ricorrente contenesse un espresso riferimento ai dati relativi alle certificazioni.

7. Quanto al secondo motivo di ricorso, in ogni caso assorbito, ne va rilevata l’inammissibilita’ per carenza sopravvenuta di interesse essendo il reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 bis oggetto della sentenza n. 2496 del 25/02/2011 del Tribunale di Milano, stato nel frattempo depenalizzato, atteso l’importo, per effetto del Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 7.

8. La sentenza impugnata va dunque ulteriormente annullata, quanto al residuo capo 2) dell’imputazione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano per la valutazione, una volta esclusa la valenza in tal senso del modello 770, degli elementi da cui desumere il rilascio delle certificazioni ai sostituiti da parte del ricorrente.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente ai reati di cui ai capi 1) e 5) perche’ i fatti non sussistono e, quanto al reato di cui al capo 2) con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano

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