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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

ordinanza 26 gennaio 2015, n. 1392

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente
Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere
Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 3973-2012 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti –
CONTRO
COMUNE CASSANO MAGNAGO in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, (OMISSIS) SAS, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2098/2011 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 12/07/2011, R.G.N. 4519/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/11/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine per il rigetto del ricorso.
OSSERVA IN FATTO E DIRITTO
p. 1. Con atto di citazione notificato il 17-19 novembre 2004 (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) convenivano in giudizio la (OMISSIS) srl in liquidazione, la (OMISSIS) ed il Comune di Cassano Magnago, chiedendo -nella loro qualita’ di cofideiussori, gia’ intimati in regresso da altro cofideiussore, della (OMISSIS) srl in liquidazione – che quest’ultima fosse dichiarata tenuta, ex articoli 1950 e 1953 c.c., a procurare la loro liberazione, ovvero ad apprestare le garanzie necessarie al soddisfacimento del loro diritto di ulteriore regresso. Chiedevano inoltre che venisse pronunciata l’inefficacia nei loro confronti, ex articolo 2901 cod. civ., sia dell’atto 17 novembre ‘99 con il quale la (OMISSIS) srl aveva venduto alla (OMISSIS) sas dei terreni edificabili in Comune di Cassano Magnago, sia dell'”atto di sottoscrizione” della convenzione edilizia cessoria intercorsa con quest’ultima amministrazione comunale.
Nella costituzione in giudizio dei convenuti, interveniva la sentenza n. 485/06 con la quale l’adito tribunale di Busto Arsizio, sezione distaccata di Gallarate: – rigettava la domanda ex articoli 1950 e 1953 cod. civ.; – dichiarava prescritta ex articolo 2903 codice civile l’azione revocatoria relativa alla compravendita immobiliare; – dichiarava la carenza di giurisdizione del giudice ordinario in ordine all’azione revocatoria relativa alla convenzione edilizia.
Interposto gravame da parte degli attori, veniva emessa la sentenza n. 2098 del 12 luglio 2011 con la quale la corte di appello di Milano confermava la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza viene dagli attori proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, ai quali resiste con controricorso il comune di Cassano Magnago. I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ.. Le altre parti non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.
p. 2.1 Con il primo motivo i ricorrenti lamentano – ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione o falsa applicazione degli articoli 2903 e 2943 cod. civ., nonche’ articolo 149 cod. proc. civ., per avere la corte di appello confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ravvisato l’avvenuto decorso del termine quinquennale di prescrizione dell’azione revocatoria relativa alla compravendita immobiliare 17 novembre ‘99, attesa la notificazione dell’atto di citazione soltanto in data 19 novembre 2004. Questa statuizione era erronea poiche’ non faceva applicazione del principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante ed il destinatario (sentenza C.Cost. n. 477/02); principio nella specie rilevante, poiche’ l’atto di citazione era stato da essi attori consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione in data 17 novembre 2004 e, quindi, l’ultimo giorno utile ad interrompere la prescrizione.
p. 2.2 Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione o falsa applicazione degli articoli 1950 e 1953 c.c., avendo la corte di appello erroneamente ritenuto che il fideiussore che abbia pagato possa soltanto agire in surrogazione o regresso, mentre nell’ipotesi – qui ricorrente – di cofideiussione, il cofideiussore che non ha pagato, esposto all’azione di regresso da parte di quello che ha invece pagato, avrebbe altresi’ azione di rilievo contro il debitore principale, ex articolo 1953 c.c., per ottenere da quest’ultimo o “la liberazione dall’altro cofideiussore surrogatosi nelle ragioni del creditore originario e divenuto pertanto esso stesso creditore” ovvero adeguate garanzie per l’ipotesi di regresso.
p. 3. La questione di diritto sottesa al primo motivo di ricorso – del tutto autonoma rispetto a quella rassegnata con la seconda doglianza, relativa a tutt’altra domanda – pone una delicata opzione interpretativa che il prevalente orientamento giurisprudenziale di legittimita’ non pare abbia esaurientemente definito in tutti i suoi aspetti.
Anche la sentenza qui impugnata ha posto in luce (pag. 6) l’incertezza che ancora permane in ordine ai limiti di applicabilita’ del noto principio di scissione degli effetti della notificazione nelle sfere giuridiche, rispettivamente, del notificante e del destinatario; cosi’ come introdotto nell’ordinamento dalla sentenza n. 477/02 della Corte Costituzionale per l’ipotesi di notificazione a mezzo del servizio postale ex articolo 149 cod. proc. civ.. Su tale premessa, ha affermato in particolare il giudice di merito di condividere “il piu’ recente orientamento espresso dalla corte di cassazione”, secondo il quale tale principio non si estenderebbe all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione.
In effetti, plurime decisioni di legittimita’ hanno radicalmente ristretto la portata del principio in esame, affermando che: “la regola della differente decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale, si applica solo agli atti processuali, non a quelli sostanziali (ne’ agli effetti sostanziali degli atti processuali). Questi ultimi, pertanto, producono i loro effetti sempre e comunque dal momento in cui pervengono all’indirizzo del destinatario, a nulla rilevando il momento in cui siano stati dal mittente consegnati all’ufficiale giudiziario od all’ufficio postale” (Cass. n. 9303 del 08/06/2012, in tema di esercizio del diritto di riscatto dell’immobile locato da parte del conduttore, Legge n. 392 del 1978, ex articolo 39).
Particolarmente nitido appare l’approccio riduttivistico in materia di decadenza (Cass. 15671/11, quanto ad esercizio del riscatto agrario) e, per quello che qui piu’ conta, di estinzione del diritto per prescrizione.
In proposito, si e’ infatti affermato che il principio di scissione degli effetti della notificazione “non si estende all’ipotesi di estinzione del diritto per prescrizione, in quanto, perche’ l’atto produca l’effetto interruttivo del termine, necessario che lo stesso sia giunto alla conoscenza (legale, non necessariamente effettiva) del destinatario” (Cass. 13588/09 in tema di interruzione della prescrizione mediante deposito del ricorso ex articolo 414 c.p.c.; in termini, Cass. 9841/10 in tema di interruzione della prescrizione del diritto alla riscossione di sanzione amministrativa ex Legge n. 689 del 1981 mediante consegna del verbale di accertamento all’ufficiale giudiziario per la notifica).
Ancor piu’ calzante rispetto alla presente controversia, poi, e’ la riaffermazione di tale approccio con specifico riguardo alla prescrizione dell’azione revocatoria (fallimentare, ma sulla base di valutazioni valide anche per quella ex articolo 2901 cod. civ.), in ordine alla quale si e’ piu’ volte affermato che “ai fini della tempestivita’ dell’interruzione della prescrizione, ai sensi dell’articolo 2943 c.c., comma 1, dell’azione revocatoria fallimentare, occorre aver riguardo al momento in cui l’atto introduttivo del corrispondente giudizio sia giunto alla conoscenza legale (non necessariamente effettiva) del destinatario, e non gia’ a quello, antecedente, in cui esso sia stato affidato all’ufficiale giudiziario od all’ufficio postale, atteso che la regola della differente decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale, si applica solo agli atti processuali, e non anche a quelli sostanziali, ne’ agli effetti sostanziali dei primi” (Cass. n. 26804 del 29/11/2013). Questa decisione (in linea con Cass. n. 21595 del 03/12/2012) si fa anche carico di valutare il possibile conflitto di un’applicazione “non estesa” del principio in esame con gli articoli 3 e 24 Cost., concludendo nel senso che tale conflitto non sia in realta’ configurabile “dal momento che il principio della scissione degli effetti della notificazione tutela l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo della notifica, mentre la prescrizione incide sul diverso profilo sostanziale del diritto, rispetto al quale si pone, in via prevalente, la tutela della certezza del diritto del destinatario”.
4. Gli argomenti addotti dall’orientamento fin qui menzionato (contrastato anche da autorevole dottrina) non paiono dirimenti nel giustificare la limitazione del principio di scissione in base al discrimine tra effetti processuali ed effetti sostanziali dell’atto notificato.
Va in merito considerato che l’esordio nell’ordinamento di tale principio e’ stato segnato da considerazioni suscettibili di generale applicabilita’ al processo di notificazione, indipendentemente dalla natura e portata degli effetti dell’atto notificato.
Osservava il giudice delle leggi nella citata sentenza n. 477/02 che: “questa Corte ha avuto modo di affermare, in tema di notificazioni all’estero, che gli articoli 3 e 24 Cost. impongono che “le garanzie di conoscibilita’ dell’atto, da parte del destinatario, si coordinino con l’interesse del notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo di un procedimento notificatorio parzialmente sottratto ai suoi poteri di impulso” ed ha, altresi’, individuato come soluzione costituzionalmente obbligata della questione sottoposta al suo esame quella desumibile dal “principio della sufficienza … del compimento delle sole formalita’ che non sfuggono alla disponibilita’ del notificante” (sentenza n. 69 del 1994). Principio questo che, per la sua portata generale, non puo’ non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta, essendo palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere – come nel caso di specie – dal ritardo nel compimento di un’attivita’ riferibile non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale) e che, percio’, resta del tutto estranea alla sfera di disponibilita’ del primo”.
L’ampiezza del principio e’ stata ribadita dalla sentenza n. 3/2010 con la quale la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul momento perfezionativo della notificazione ex articolo 140 c.p.c., ha affermato: “risulta infatti ormai presente nell’ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; con la conseguenza che, anche per le notificazioni eseguite ai sensi dell’articolo 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto di un termine pendente a carico del notificante e’ sufficiente che l’atto sia consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine, mentre le formalita’ previste dal citato articolo 140 possono essere eseguite anche in un momento successivo (sentenza n. 28 del 2004; ordinanza n. 91 del 2004)”.
Nessuna discriminazione in base alla natura ed agli effetti dell’atto notificato e’ poi dato di riscontrare nell’articolo 149 codice di rito, comma 3 cosi’ come introdotto – in sede di recezione normativa del suddetto principio di conformita’ costituzionale – dalla Legge n. 263 del 2005, articolo 2, comma 1, lettera e).
La formulazione del principio in questione in termini generali e con formula di massima portata ben si spiega, del resto, sulla considerazione che tanto le pronunce del giudice delle leggi, quanto la stessa innovazione legislativa, sono intervenute avendo a mente il processo di notificazione in quanto tale; sicche’ e’ proprio la circostanza che il principio sia stato affermato con precipuo riguardo alla notificazione – e non all’atto notificato – che consente di sostenerne l’applicazione indipendentemente dagli effetti (mutevoli e talvolta plurimi) di quest’ultimo.
Anche la successiva estensione della regola di scissione a forme di notificazione diverse da quella a mezzo del servizio postale ex articolo 149 c.p.c. e Legge n. 890 del 1982 (Cass. n. 15234 del 03/07/2014 ed altre hanno affermato l’applicazione dello stesso principio anche alla notificazione effettuata dall’avvocato con procura ed autorizzazione del consiglio dell’ordine ai sensi della Legge n. 53 del 1994) denota la tensione dell’ordinamento a rendere effettiva tale regola per ogni genere di notificazione. Posto che con riguardo ad ogni genere di notificazione si ripropone, negli stessi identici termini, la ratio fondamentale del nuovo assetto; ben definita dalle Sezioni Unite nella motivazione della sentenza n. 6070 del 12/03/2013 (resa in materia di decadenza dall’opposizione a decreto ingiuntivo) secondo cui: “(…) La risposta al primo quesito e’ da ritenere costituzionalmente obbligata nel senso della esclusione dell’effetto di decadenza nei confronti del soggetto cui non sia addebitabile l’esito negativo della procedura di notifica. E il Giudice delle leggi gia’ con la sentenza n. 69 del 1994, relativa alla disciplina delle notifiche all’estero, aveva avuto modo di affermare che, ai sensi degli articoli 3 e 24 Cost., le garanzie di conoscibilita’ dell’atto da parte del destinatario della notificazione debbono coordinarsi con l’interesse del notificante a non vedersi addebitare l’esito intempestivo del procedimento notificatorio per la parte sottratta alla sua disponibilita’. Questo principio, confermato dalla successiva sentenza n. 358 del 1996, e’ stato ulteriormente ribadito dalla sentenza n. 477 del 2002 – che ne ha espressamente sottolineato la “portata generale” e la riferibilita’ “ad ogni tipo di notificazione” – ed ha trovato, in ulteriore prosieguo, applicazione nelle piu'” recenti sentenze n. 28 e 97 del 2004 e n. 154 del 2005″. Soggiungono le SSUU (in linea con la sentenza SSUU n. 13970/04 che a sua volta individua in materia un “principio generale”) che: “per effetto di tali pronunzie, risulta cosi’ ormai presente nell’ordinamento processuale civile, tra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale – relativamente alla funzione che sul piano processuale, cioe’ come atto della sequenza del processo, la notificazione e’ destinata a svolgere per il notificante – il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il medesimo deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario. Con la conseguenza, che, alla luce di tale principio, le norme in tema di notificazioni di atti processuali vanno interpretate, senza necessita’ di ulteriori interventi da parte del giudice delle leggi, nel senso (costituzionalmente, appunto, adeguato) che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. E con l’ulteriore corollario che, ove tempestiva, quella consegna evita appunto alla parte la decadenza correlata alla inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica va effettuata. E cio’ sia pur come effetto provvisorio e anticipato a vantaggio del notificante, ma che si consolida comunque col perfezionamento del procedimento notificatorio nei confronti del destinatario; per il quale, a tal fine, rileva la data, invece, in cui l’atto e’ da lui ricevuto o perviene nella sua sfera di conoscibilita’ (…)”.
In definitiva, il criterio-guida dovrebbe dall’interprete essere adottato con riguardo alla tutela (anche nelle sue implicazioni ex articoli 3 e 24 Cost.) della posizione del notificante; al quale non puo’ farsi derivare alcun pregiudizio o decadenza per il tardivo compimento di un’attivita’ che (come quella affidata all’ufficiale giudiziario o all’agente postale per l’inoltro e la consegna del plico) esula immancabilmente dalla sua potesta’ di organizzazione e controllo. E, per cio’ soltanto, anche dal suo ambito di diligenza; pero’ indifferentemente dalla natura degli effetti riconducibili all’atto notificato.
E’ vero che l’orientamento giurisprudenziale fin qui riportato si fa carico di valutare l’impatto del principio di scissione pure nei riguardi del destinatario della notifica; ma tale aspetto non puo’ fungere, nemmeno esso, da criterio di discriminazione in base agli effetti dell’atto notificato.
Cio’ perche’ e’ questa stessa giurisprudenza a precisare che, in tanto puo’ parlarsi di “scissione” degli effetti della notificazione, in quanto questi ultimi vengano in certo senso a sdoppiarsi a seconda della loro rilevanza soggettiva per il notificante e per il destinatario. Con la conseguenza che gli effetti della notificazione per quest’ultimo prescindono dal momento di consegna del plico all’ufficiale giudiziario, dovendo essere fatti decorrere dal momento della sua conoscenza (che si ammette possa essere non effettiva, ma legale) dell’atto. D’altra parte – e sempre con riguardo alla posizione del destinatario – non si dubita che il principio di scissione in questione presupponga in ogni caso, per la sua operativita’, che il processo di notificazione sia portato a regolare compimento, con piena garanzia del ricevente.
Nemmeno risulta decisivo l’argomento (piu’ volte richiamato dalla giurisprudenza su citata, anche con specifico riguardo all’atto interruttivo della prescrizione) secondo cui l’inapplicabilita’ del principio di scissione alla notificazione degli atti con effetti sostanziali sarebbe imposta da esigenze di certezza del diritto nella sfera patrimoniale del destinatario.
E’ infatti agevole osservare – da un lato – che la regola di scissione degli effetti e, in particolare, l’esigenza teste’ ricordata che il processo di notificazione sia comunque portato a regolare compimento mediante la conoscenza legale dell’atto da parte del consegnatario, non menoma in alcun modo, ed indipendentemente dagli effetti dell’atto, l’esigenza di certezza; e – d’altra parte – che tale esigenza puo’ atteggiarsi in identico modo anche con riguardo ai soli effetti processuali dell’atto notificato, in ordine ai quali la regola di scissione degli effetti costituisce ormai un punto fermo dell’ordinamento. Da questo punto di vista, infatti, la posizione giuridica del destinatario non risente di maggior incertezza, ad esempio, solo perche’ tale scissione venga fatta operare ai fini sostanziali dell’interruzione di un termine di prescrizione, piuttosto che ai fini processuali dell’impedimento, mediante tempestiva impugnazione della sentenza ad opera dell’altra parte, di un giudicato che stabilizzi la situazione giuridica al momento del suo formarsi. Il che dimostra una volta di piu’ che il valore perseguito con il principio di scissione, quand’anche riguardato nell’ottica del destinatario, risulta insensibile alla natura – processuale o sostanziale – degli effetti dell’atto notificato.
5. La soluzione che discrimina tra effetti processuali ed effetti sostanziali dell’atto notificato pare, poi, particolarmente stridente con riguardo a tutte quelle ipotesi in cui l’effetto sostanziale puo’ dalla parte essere ottenuto solo ed esclusivamente mediante la notificazione di un atto processuale; insito nell’introduzione di una domanda giudiziale di natura costitutiva. Si tratta di ipotesi nelle quali si palesa al massimo grado la funzione meramente strumentale svolta dal processo nella tutela di posizioni sostanziali.
E’ cio’ che accade nel caso di specie, nel quale il termine di prescrizione dell’azione revocatoria non potrebbe venire interrotto se non mediante la notificazione dell’atto di citazione (ma considerazioni non dissimili potrebbero valere per altri casi; ad esempio, per l’interruzione dell’usucapione, ex articolo 1165 c.c., in maniera diversa dallo spossessamento ultrannuale).
In tale fattispecie, la consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario per la notificazione non e’ solo un incombente materiale di per se’ significativo della cessazione dello stato di protratta inerzia che giustificherebbe altrimenti l’estinzione del diritto, ma rappresenta l’esercizio di un vero e proprio diritto potestativo del creditore al quale corrisponde, in capo al debitore, non gia’ un obbligo di prestazione, ma uno stato di mera attesa e soggezione all’altrui iniziativa giudiziale; sicche’, in materia di azione revocatoria ordinaria (e fallimentare) “non e’ configurabile l’esistenza di un atto interruttivo del decorso della prescrizione diverso dalla domanda giudiziale” (Cass. n. 3379/07).
Orbene, in tali situazioni – nelle quali il creditore deve essere ammesso ad esercitare il suo diritto usufruendo del termine prescrizionale per intero, e non al “netto” dei giorni di ritardo ipoteticamente ascrivibili all’agente notificatore – anche il richiamo al normale carattere recettizio dell’atto unilaterale ex articoli 1334 e 1335 cod. civ. potrebbe in definitiva risultare minusvalente; ove rapportato, nell’ambito di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2943 cod. civ., al processo notificatorio di un atto processuale che soggiace – come detto – ad un “principio generale” la cui ratio e’ volta a tenere indenne il notificante delle cause di perenzione non ascrivibili a sua responsabilita’.
Si ritiene, in definitiva, che sussistano fondate ragioni per rivedere l’orientamento di legittimita’ che – in maniera per la verita’ tralaticia – si e’ andato consolidando nel senso restrittivo indicato.
E tale rivisitazione dovrebbe essere svolta nella rivalutazione di quanto gia’ affermato – in contrario avviso – da Cass. n. 18399/09, secondo cui le stesse ragioni sottese al principio di “scissione”, “(-) ovvero l’esigenza che la parte non subisca le conseguenze negative di accadimenti sottratti al proprio potere i d’impulso”, rendono necessario che il medesimo principio venga esteso anche “agli effetti sostanziali dell’atto notificato”. Ha aggiunto la sentenza in esame: “ne’ pare sostenibile che l’applicazione del principio posto dalla Corte Costituzionale sia da limitare ai soli effetti processuali dell’atto di citazione. Sarebbe infatti del tutto irrazionale scindere gli effetti processuali e quelli sostanziali della domanda statuendo che i primi si producono dal momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario e i secondi dal momento della ricezione dello stesso da parte del destinatario”; sicche’ “ai fini della tempestivita’ dell’interruzione della prescrizione (ai sensi dell’articolo 2943 c.c., comma 1), occorre avere riguardo non gia’ al momento in cui l’atto viene consegnato al destinatario, ma a quello, antecedente, in cui esso e’ stato affidato all’Ufficiale Giudiziario, il quale poi lo ha notificato ricorrendo al servizio postale. Questo principio appare in armonia con il dettato sia dell’articolo 2943 c.c., comma 1, a mente del quale la prescrizione e’ interrotta dalla notificazione (nei modi e secondo i termini che la regolano) dell’atto con il quale s’inizia un giudizio, sia del precedente articolo 2935 c.c., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto puo’ essere fatto valere. Infatti la consegna dell’atto di citazione all’Ufficiale Giudiziario costituisce manifestazione della volonta’ della parte di far valere il proprio diritto, ferma restando la necessita’ che poi l’atto sia portato, a formale conoscenza del destinatario”.
Si tratta di soluzione tanto piu’ logica – ha ancora osservato la sentenza in esame – considerando che quella di interrompere la prescrizione a mezzo della notificazione di un atto giudiziario non costituisce, in tali casi, una libera scelta del creditore entro un ventaglio di modalita’ alternative; non avendo questi altra strada per esercitare il diritto.
Si ritiene che possa dunque ricorrere l’opportunita’ di un intervento chiarificatore sistematico delle SSUU in ordine ad una questione di massima di particolare importanza; concernente i limiti di estensione del principio di “scissione” degli effetti della notificazione in relazione alla notificazione di atti sostanziali o, quantomeno, alla notificazione di atti processuali con effetti sostanziali.
P.Q.M.
V.to l’articolo 374 c.p.c.;
rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite

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