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 Corte di Cassazione – Sezione III civile – Sentenza 23 marzo 2011 n. 6681 – responsabilità ex art. 2043 per la CONSOB per non aver operato con diligenza nell’ambito del suo potere di controllo

 

La scure della Cassazione sugli obblighi di vigilanza della Consob[1].

Il principio di diritto come dictum di Nomofilachia: l’attività della pubblica amministrazione ed in particolare della Consob deve svolgersi nei limiti e con l’esercizio dei poteri previsti dalle leggi speciali che la istituiscono, ma anche dalla norma primaria del “neminem laedere”, in considerazione dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione dettati dall’articolo 97 della Costituzione in correlazione con l’articolo 47 prima parte della Costituzione. Pertanto la Consob – prosegue il principio della Cassazione – è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall’articolo 2043 del codice civile atteso che tali principi di garanzia si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario. L’illecito civile, per la sua struttura, segue le comuni regole del codice civile anche per quanto concerne la cosiddetta imputabilità soggettiva, la causalità, l’evento di danno e la sua quantificazione. 

I giudici di Piazza Cavour, con la sentenza n. 6681/2011, hanno confermato la condanna (prima del Tribunale e poi della Corte d’Appello di Roma) della Commissione Nazionale per la società e la borsa  CONSOB al risarcimento del danno subito da un gruppo di risparmiatori, truffati tra il 1990 e il 1992 da una Società di intermediazione mobiliare (SIM[2]), perché la Commissione è intervenuta soltanto tardivamente a sospenderne l’attività.

Una condanna per responsabilità extracontrattuale (aquiliana), ex articolo 2043 del c.c., che si fonda sull’obbligo della pubblica amministrazione, riconosciuto dalla Cassazione, di improntare la propria attività al principio generale del neminem ledere.

Respinto, dunque, il ricorso con il quale la Consob contestava la condanna inflittale nel 2007 dalla Corte d’appello di Roma, confermando ciò che era stato affermato dal tribunale in primo grado, ritenendo che non avesse operato con diligenza nei confronti degli attori risparmiatori.

La Commissione si era difesa davanti ai giudici di legittimità sostenendo tra i sette motivi schierati, con una clausola di esenzione, che non era tenuta ad operare controlli sostanziali ma solo formali sui prospetti di informazione al cliente.

Secondo i giudici di Piazza Cavour, all’opposto, l’ente di vigilanza, oltre al ruolo di controllo sul mercato dei valori deve svolgere una funzione di garanzia dei risparmiatori non solo in base alle leggi specifiche (L. 1991, n. 1, art. 1, lett. F e art. 3, comma II e III) che ne regolamentano l’attività in una correlazione costituzionalmente orientata dagli artt. 41 e 47 della Costituzione, ma  in modo tale da evitare, secondo un generale principio di buon senso, che i risparmiatori siano danneggiati. Poiché ben poteva la CONSOB esercitare un efficiente controllo sull’onorabilità del plesso amministrativo della società autorizzando.

I supremi giudici al termine di quella che hanno definito una complessa ma istruttiva vicenda hanno enunciato il principio di diritto su esposto.

In conclusione la Consob, parte soccombente, è stata condannata anche a pagare 15 mila euro di spese giudiziarie sostenute, per il giudizio in Cassazione, dai risparmiatori truffati.

Il testo integrale

Corte di Cassazione – Sezione III civile – Sentenza 23 marzo 2011 n. 6681 – responsabilità ex art. 2043 per la CONSOB per non aver operato con diligenza nell’ambito del suo potere di controllo


[1] La Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (meglio nota con l’acronimo Consob), istituita con la legge 7 giugno 1974, n. 216, è un’autorità amministrativa indipendente, dotata di personalità giuridica e piena autonomia la cui attività è rivolta alla tutela degli investitori, all’efficienza, alla trasparenza e allo sviluppo del mercato mobiliare italiano.

In relazione alle attribuzioni stabilite dalla legge, la Consob:

  • regolamenta la prestazione dei servizi di investimento, gli obblighi informativi delle società quotate e le offerte al pubblico di prodotti finanziari;
  • autorizza la pubblicazione dei prospetti informativi relativi ad offerte pubbliche di vendita e dei documenti d’offerta concernenti offerte pubbliche di acquisto; l’esercizio dei mercati regolamentati; le iscrizioni agli Albi di settore;
  • vigila sulle società di gestione dei mercati e sulla trasparenza e l’ordinato svolgimento delle negoziazioni, nonché sulla trasparenza e correttezza dei comportamenti degli intermediari e dei promotori finanziari;
  • sanziona i soggetti vigilati, direttamente o formulando una proposta al Ministero dell’Economia e delle Finanze;
  • controlla le informazioni fornite al mercato dalle società quotate e da chi promuove offerte al pubblico di strumenti finanziari, nonché le informazioni contenute nei documenti contabili delle società quotate;
  • accerta eventuali andamenti anomali delle contrattazioni su titoli quotati e compie ogni altro atto di verifica di violazioni delle norme in materia di abuso di informazioni privilegiate (insider trading) e di aggiotaggio su strumenti finanziari.

Al fine di svolgere i suoi compiti istituzionali, la Commissione si avvale di un apparato burocratico composto da quasi cinquecento fra impiegati e funzionari, divisi fra la sede principale di Roma e la sede operativa secondaria di Milano.

[2] Le SIM svolgono un’ampia serie di attività che, dal 2007, include l’attività di consulenza. Le SIM possono offrire uno o più fra i servizi di investimento dettagliati di seguito. Quando la SIM opera nella sua completezza si chiama polifunzionale.

Le SIM svolgono sia negoziazione per conto terzi (c.d. brokerage) che per conto proprio (c.d. dealing). La negoziazione per conto terzi comprende l’acquisto e la vendita di strumenti finanziari nei mercati regolamentati.

Si ha una forte differenza tra le SIM che svolgono un’attività di dealing da quelle con attività di brokerage. Le prime infatti hanno un portafoglio di titoli di proprietà e quindi sono soggette al rischio di mercato perché proprietari dell’azione trattata. Le seconde invece, negoziando per conto terzi, vanno incontro soltanto ad un rischio operativo e di reputazione.

Assimilabile a questa categoria è l’attività di “ricezione e trasmissione di ordini e mediazione”. Per quanto riguarda ciò, la legge ha consentito l’intermediazione delle SIM non solo per dare ordini di negoziazione raccolti da altri soggetti, ma anche per la stessa raccolta degli ordini di negoziazione.

La maggior parte delle SIM di negoziazione sono di matrice bancaria ed assicurativa. Le principali SIM di negoziazione aderiscono ad Assosim, l’Associazione Italiana Intermediari Mobiliari.

 

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