Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 22 luglio 2016, n. 15115

In tema di risarcimento del danno, la liquidazione in via equitativa rientra nei poteri discrezionali che il giudice del merito, in presenza delle condizioni richieste dall’art. 1226 cod. civ., può esercitare, senza necessità di richiesta della parte

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 22 luglio 2016, n. 15115

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere
Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 11832-2013 proposto da:
CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 1733/2012 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 30/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/03/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS) convenne dinanzi al Tribunale di Pinerolo il Condominio (OMISSIS) lamentando di aver subito al proprio alloggio, ubicato all’ultimo piano dello stabile condominiale ed adibito a studio dentistico, danni patrimoniali da infiltrazioni provenienti dal sottotetto dovute ad un guasto dell’impianto di riscaldamento condominiale, danni consistiti nelle spese di ripristino dell’immobile e nella interruzione della propria attivita’ lavorativa.
Si costitui’ il Condominio, contestando la domanda e chiedendo e ottenendo di chiamare in causa in garanzia la (OMISSIS) S.p.A. (poi divenuta (OMISSIS) S.p.A.).
Si costitui’ la compagnia assicurativa deducendo di aver gia’ corrisposto una somma congrua per i danni materiali ed eccependo la mancanza di garanzia assicurativa per i danni da lucro cessante per interruzione dell’attivita’ lavorativa.
Il Tribunale, con sentenza del 21 aprile 2010, pur accertando la responsabilita’ del Condominio, ha rigettato la domanda risarcitoria, considerando satisfattiva la somma gia’ versata dalla (OMISSIS) e ritenendo non dimostrato il danno da lucro cessante.
Proposto appello dal (OMISSIS), costituitosi il Condominio ed integrato il contraddittorio nei confronti della (OMISSIS), la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 30 ottobre 2012, accoglieva l’appello limitatamente alle censure mosse in merito alla mancata liquidazione del danno da lucro cessante, condannando il Condominio al pagamento in favore dell’appellante della somma, liquidata in via equitativa, di Euro 2.000,00, oltre accessori. Condannava il Condominio al pagamento del 50% delle spese del doppio grado di giudizio in favore del (OMISSIS) ed alla rifusione delle spese del giudizio di appello sostenute dalla (OMISSIS).
Per quel che rileva ancora in questa sede, la Corte, premesso che la prova testimoniale espletata aveva dimostrato che a causa delle infiltrazioni lo studio dentistico di (OMISSIS) era rimasto chiuso per 21 giorni e che durante l’interruzione dell’attivita’ lavorativa il professionista aveva perso parte dei propri guadagni, rilevava che la mancata produzione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno del sinistro non consentiva di effettuare il calcolo matematico del lucro cessante e provvedeva quindi, sussistendo un principio di prova in ordine al quantum debeatur, alla liquidazione di tale voce di danno in via equitativa, avendo in considerazione le tre settimane di chiusura e valutata la dichiarazione dei redditi dell’anno precedente. Riteneva, inoltre, il giudice di appello che il Condominio aveva ingiustificatamente richiesto la chiamata in causa della (OMISSIS) S.p.A., sicche’ le spese processuali sostenute da quest’ultima dovevano essere poste a carico del Condominio medesimo.
Contro la decisione propone ricorso per cassazione il Condominio (OMISSIS), affidato a due motivi ed illustrato da memoria.
Resiste con controricorso (OMISSIS).
(OMISSIS) S.p.A. non ha svolto attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il Condominio (OMISSIS) denuncia “Violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 1226, 2056, 2727 e 2729 cod. civ. e degli articoli 112, 113, 114, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”. Deduce il ricorrente che la corte di appello aveva liquidato officiosamente in via equitativa il danno da lucro cessante in difetto dei necessari presupposti, non avendo il danneggiato fornito gli elementi probatori in suo possesso, segnatamente omettendo di produrre in giudizio la dichiarazione dei redditi relativi al 2005.
Il motivo e’ infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte il potere discrezionale di determinare l’ammontare del danno in via equitativa ex articolo 1226 c.c. e’ censurabile in sede di giudizio di legittimita’ solo per vizi della motivazione (in termini, Cass. civ., sez. 1, 11-10-2006, n. 21802; Cass. civ., sez. 3, 11-11-2005, n. 22895).
Cio’ posto va osservato che, a seguito della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 – secondo cui e’ denunciabile in cassazione l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti – norma applicabile ratione temporis alla sentenza impugnata, emessa il 30 ottobre 2012, rileva in sede di legittimita’ solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. civ., sez. un., 07-04-2014, n. 8053).
Nella specie, la corte di merito, accertata sulla base delle risultanze della prova testimoniale l’an della pretesa risarcitoria per lucro cessante di (OMISSIS) (statuizione non contestata in questa sede), ha ritenuto che, nonostante la mancata produzione della dichiarazione dei redditi dell’anno 2005, gli elementi probatori acquisiti al processo, consistiti nelle risultanze della prova testimoniale e dalla dichiarazione dei redditi dell’anno precedente, consentissero di procedere ad una valutazione equitativa del pregiudizio derivante dalla interruzione dell’attivita’ professionale.
La corte territoriale ha quindi esaminato il fatto dedotto dal ricorrente, ritenendo la omessa produzione documentale non decisiva ai fini della liquidazione equitativa del danno ed indicando, nel contempo, i criteri seguiti per determinarne l’entita’. Consegue che, stante la nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, la statuizione sul punto, conforme altresi’ al principio secondo cui l’applicazione della norma di cui all’articolo 1226 cod. civ. rientra nel poteri discrezionali del giudice del merito, indipendentemente dalla richiesta della parte (Cass. civ., sez. 3, 11-01-2002, n. 315), non e’ censurabile in questa sede.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “Falsa applicazione degli articoli 91, 102 e 331 c.p.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 e 5 e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione”. Deduce che il Condominio era stato condannato al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado in favore della (OMISSIS) S.p.A. in quanto quest’ultima era stata “ingiustificatamente fatta chiamare in giudizio su impulso del Condominio, il quale ha invocato l’integrazione del contraddittorio da parte dell’appellante, pur in assenza di appello principale contro la compagnia, senza poi formulare alcun appello incidentale”. Censura sul punto la sentenza impugnata assumendo di non aver dato impulso alcuno per la chiamata in causa della compagnia assicurativa, essendosi limitato in sede di comparsa di costituzione e risposta a dedurre che “il contraddittorio non e’ assolutamente integro ed incombera’ all’appellante supplire tale carenza”, mentre l’integrazione del contraddittorio era stata autonomamente ordinata dalla corte di appello.
Il motivo e’ inammissibile per difetto di autosufficienza.
Il ricorrente ha posto a fondamento delle proprie doglianze l’ordinanza con la quale la corte territoriale ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti della (OMISSIS) S.p.A. sostenendo che il giudice di appello aveva disposto d’ufficio l’integrazione del contraddittorio in assenza di alcuna specifica richiesta di parte. Il Condominio, tuttavia, non ha riprodotto testualmente il provvedimento, ne’ ha indicato con la dovuta precisione il suo contenuto, non consentendo in tal modo a questa Corte di effettuare il dovuto controllo sulla congruita’ delle censure rivolte alla sentenza impugnata.
3. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere quindi rigettato.
Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Nulla per le spese nei confronti di (OMISSIS) S.p.A., la quale non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, il ricorrente e’ tenuto al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore di (OMISSIS), liquidate in Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori come per legge.

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