Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 15 novembre 2016, n. 23214

Sia l’articolo 1681, che l’articolo 2054 c.c., pongono, a carico del vettore/conducente, una presunzione di responsabilita’, dalla quale il vettore/conducente puo’ liberarsi dimostrando “di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”, ai sensi dell’articolo 1681 c.c., ovvero “di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”, ai sensi dell’articolo 2054 c.c.. Ne deriva che, sotto il profilo del contenuto e della distribuzione degli oneri probatori, e’ indifferente che l’attore abbia proposto solo l’azione di responsabilita’ extracontrattuale o anche quella contrattuale, incombendo al convenuto vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dalla legge.

In entrambi i casi, la presunzione e’ superata anche mediante la prova dell’imputabilita’ del sinistro a fatto del trasportato/danneggiato

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Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 15 novembre 2016, n. 23214

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8416/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, (gia’ (OMISSIS) SPA), a mezzo della propria mandataria e rappresentante (OMISSIS) SCPA, in persona dei procuratori speciali, domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1220/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 01/08/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 1 agosto 2013, la Corte d’Appello di Bologna ha rigettato il gravame proposto da (OMISSIS) nei confronti di S.P.A. (OMISSIS) (gia’ (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), e di (OMISSIS) s.p.a., avverso la sentenza del Tribunale di Piacenza del 5 gennaio 2006.

Il Tribunale aveva rigettato la domanda avanzata dai genitori di (OMISSIS), all’epoca minorenne, per il risarcimento dei danni alla persona, riportati dalla figlia, quando, nel rincorrere un autobus, appena ripartito dalla fermata, aveva inciampato ed era scivolata a terra; era stata investita dalla ruota posteriore destra dell’autobus, il cui conducente aveva rallentato ed accostato al fine di consentirle l’accesso, ed aveva subito uno schiacciamento alla gamba sinistra (che era rimasta incastrata tra la ruota ed il cordolo del marciapiede).

2.- Decidendo sull’appello della (OMISSIS), frattanto divenuta maggiorenne, la Corte d’Appello ha condiviso la ricostruzione dei fatti del primo giudice ed ha ritenuto che l’evento si fosse verificato per fatto imputabile alla danneggiata. Rigettato percio’ il gravame, ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del grado.

3.- Avverso la sentenza (OMISSIS) propone ricorso con cinque motivi, illustrati da memoria.

(OMISSIS) S.p.A., a mezzo della propria mandataria (OMISSIS) S.c.p.A., si difende con controricorso.

L’intimata (OMISSIS) S.p.A. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.; in precedenza (OMISSIS) s.p.a.) non svolge attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo di ricorso si deduce “omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che e’ stato oggetto di discussione fra le parti, ovvero circa la colpa (generica) del conducente dell’autobus (articolo 360 c.p.c., n. 5)”.

La ricorrente assume che la Corte di merito avrebbe omesso di considerare che la caduta accidentale di un pedone non e’ un fatto eccezionale ed imprevedibile e quindi che il conducente sarebbe stato in colpa (generica) per non averlo previsto e per non aver adeguato la propria condotta di guida al fine di evitare l’investimento; non avrebbe dovuto rallentare allo scopo di fermarsi in un punto in cui la strada si restringeva “ad imbuto” e non era possibile fare manovre d’emergenza.

1.1.- Col secondo motivo si deduce “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed, in particolare, dell’articolo 2054 c.c., e dell’articolo 40 c.p. (articolo 360 c.p.c., n. 3)”.

La ricorrente assume che la sentenza sarebbe errata laddove avrebbe negato l’esistenza del nesso di causalita’ tra il danno patito e la circolazione dell’autobus di linea. Soggiunge che avrebbe violato non solo l’articolo 40 c.p., ma anche l’articolo 2054 c.c., comma 1, perche’ il giudice “avrebbe dovuto accertare la concorrenza di una condotta alternativa di per se’ sola idonea a provocare l’evento sul piano causale” oppure, sul piano soggettivo, avrebbe dovuto accertare che il conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare l’evento.

1.2.- Col quarto motivo si deduce “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed, in particolare, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 352, comma 7, recante Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 28/12/1992, Supplemento ordinario n. 134 (articolo 360 c.p.c., n. 3)”.

La ricorrente sostiene che l’evento che in concreto si verificato, ovvero l’investimento del passeggero, sarebbe espressione dei rischi che la norma indicata in rubrica tende ad evitare. Percio’, il conducente dell’autobus sarebbe stato in colpa c.d. specifica per avere violato la regola.

2.- I motivi – che vanno esaminati congiuntamente perche’ tutti relativi alla ricostruzione della fattispecie di responsabilita’ per investimento di pedone da parte di conducente di veicolo – non meritano di essere accolti.

Il secondo, logicamente e giuridicamente preliminare, e’ infondato. L’indagine della Corte di appello si e’ svolta proprio nel senso preteso dalla ricorrente, dato che il giudice ha accertato in punto di fatto che il sinistro “avvenne a causa del contatto della minore con l’automezzo ancora in movimento, cui la medesima ebbe ad avvicinarsi prima che fosse fermo, contravvenendo quindi ad una regola di prudenza di comune adozione, indipendentemente dal fatto che il mezzo pubblico si trovasse in un’area appositamente destinata alla salita e discesa dei passeggeri… omissis…” ed ha escluso altresi’ profili di colpa generica.

La decisione fa corretta applicazione dell’articolo 2054 c.c..

Dalla ricostruzione dei fatti suddetta emerge che il giudice ha in concreto ritenuto raggiunta la prova liberatoria di cui all’inciso finale del comma 1.

La norma va, infatti, interpretata nel senso che pone una presunzione di colpa del conducente del veicolo investitore, che onera quest’ultimo della prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. Questa prova puo’ essere raggiunta per via indiretta ogniqualvolta il giudice accerti in concreto una condotta del pedone, anomala ed imprevedibile, tale che l’investimento non avrebbe potuto essere evitato, per le concrete circostanze della circolazione e l’impossibilita’ di adottare manovre d’emergenza (cfr. Cass. n. 21249/06, n. 14064/10, n. 24472/14 ed altre).

In tale eventualita’, in effetti, come nota la ricorrente, l’indagine torna sul piano causale, ma non si determina alcuna violazione dell’art.40 c.p. Ed invero, si finisce per riconoscere alla condotta del pedone efficacia causale assorbente rispetto al sinistro, del quale la circolazione del veicolo ha costituito soltanto l’occasione (ovvero l’antecedente privo di efficacia causale), secondo il criterio della conditio sine qua non che – contrariamente a quanto presupposto nel ricorso, laddove si insiste nel sostenere che fattore determinante sarebbe stato il fatto che il conducente abbia rallentato ed abbia assecondato la volonta’ della minore di salire sul mezzo- non e’ unico, ma va combinato con quello della causalita’ c.d. adeguata (cfr. Cass. S.U. n. 576/08, n. 10285/09, n. 23915/13 ed altre).

Quindi, la sentenza non ha violato o falsamente applicato ne’ dell’articolo 2054 c.c., comma 1, ne’ dell’articolo 40 c.p..

2.1.- Ogni altra censura, attenendo alla ricostruzione dei fatti, e’ inammissibile.

Va premesso che i motivi in esame non mettono in discussione l’accertamento concernente la condotta della danneggiata di avvicinamento al mezzo quando era ancora in movimento e la sua caduta accidentale per essere inciampata durante la corsa. Appare percio’ del tutto coerente la conclusione raggiunta dalla Corte di merito circa il fatto che l’investimento non avrebbe potuto essere evitato da parte del conducente, trattandosi di condotta gravemente imprudente e di caduta imprevedibile.

Ne’ e’ rinvenibile un profilo di colpa generica del conducente, come si sostiene col primo motivo, nel rallentamento della marcia con accostamento al marciapiede in un punto in cui la strada si restringeva. Infatti, a prescindere dalla maggiore o minore ampiezza della strada, la ricostruzione dei fatti di cui sopra induce ad escludere che, atteso il carattere repentino della caduta e la vicinanza della danneggiata al mezzo in movimento, vi sarebbe stata manovra di emergenza idonea ad evitarne l’investimento.

Quanto alla fermata fuori dagli appositi spazi, in violazione della norma di cui al quarto motivo, la mancanza di efficienza causale – oltre che coerente con lo scopo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 352, comma 7, che e’ quello esplicitato nella norma di evitare intralci al traffico – e’ stata accertata in concreto, atteso quanto detto a proposito dell’imputabilita’ esclusiva dell’evento alla danneggiata.

D’altronde, e’ incontestabile che l’infrazione di una norma sulla circolazione stradale, pur importando responsabilita’ per altro titolo, non puo’ dare luogo a responsabilita’ civile per un evento dannoso che non sia ricollegabile in rapporto di causa ad effetto alla trasgressione medesima (cfr. Cass. n. 699/95).

I motivi primo, secondo e quarto vanno percio’ rigettati.

3.- Col terzo motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed, in particolare, dell’articolo 1681 c.c., e dell’articolo 1218 c.c. (articolo 360 c.p.c., n. 3). La ricorrente assume che avrebbe rilevato “sin da subito” di avere concluso, la mattina dell’incidente, un vero e proprio contratto di trasporto per fatti concludenti. Pertanto, conducente ed impresa di trasporto pubblico, che avrebbero assunto la funzione di vettori della ricorrente, avrebbero dovuto rispondere del sinistro, salva la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, come recita l’articolo 1681 c.c..

4.- Il motivo presenta un profilo di inammissibilita’ dovuto al fatto che sia il primo che il secondo giudice hanno deciso sulla responsabilita’ extracontrattuale ascrivibile alla societa’ proprietaria del mezzo pubblico investitore. Non e’ infatti in discussione il riferimento da parte della Corte d’appello all’articolo 2054 c.c., (oramai ammesso, per l’azione risarcitoria del trasportato nei confronti del vettore, in concorso e/o in alternativa a quello all’articolo 1681 cod. civ.: cfr., tra le altre, Cass. n. 13130/06, n. 14644/09, n. 14068/10).

Non risulta invece dalla sentenza che si fosse posta nei gradi di merito la questione dell’avvenuta conclusione di un contratto di trasporto, malgrado la danneggiata non fosse mai salita sull’autobus, e/o la questione dell’applicabilita’ dell’articolo 1681 c.c..

Sarebbe stato onere della ricorrente riportare in ricorso il contenuto dell’atto di citazione – solo genericamente richiamato alla pag. 3 del ricorso – al fine di dimostrare di avere specificamente posto le questioni di cui sopra.

4.1.- Va peraltro rilevato che, cosi’ come osserva anche la resistente, sia l’articolo 1681, che l’articolo 2054 c.c., pongono, a carico del vettore/conducente, una presunzione di responsabilita’, dalla quale il vettore/conducente puo’ liberarsi dimostrando “di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”, ai sensi dell’articolo 1681 c.c., ovvero “di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”, ai sensi dell’articolo 2054 c.c.. Ne deriva che, sotto il profilo del contenuto e della distribuzione degli oneri probatori, e’ indifferente che l’attore abbia proposto solo l’azione di responsabilita’ extracontrattuale o anche quella contrattuale, incombendo al convenuto vincere la presunzione di colpa posta a suo carico dalla legge.

In entrambi i casi, la presunzione e’ superata anche mediante la prova dell’imputabilita’ del sinistro a fatto del trasportato/danneggiato (cfr. Cass. n. 3285/06 e n. 4343/09).

Dato quanto detto trattando dei primi due motivi di ricorso, il terzo sarebbe infondato anche nel merito, e va comunque respinto.

5.- Col quinto motivo si deduce “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed, in particolare, degli articoli 1227, 2046 e 2056 c.c., (articolo 360 c.p.c., n. 3).

La ricorrente sostiene che, essendo ella minore all’epoca dei fatti, si sarebbe dovuto applicare il criterio di imputabilita’ di cui all’articolo 2046 c.c..

5.1.- Anche a prescindere dal profilo di inammissibilita’ per novita’ della questione, analogamente a quanto rilevato a proposito del terzo mezzo (in quanto il giudice d’appello si e’ occupato della ben diversa questione dell’utilizzabilita’ a fini probatori delle dichiarazioni rese dalla danneggiata minorenne), il motivo e’ infondato.

L’articolo 2046 c.c., e’ norma applicabile in caso di fatto imputabile all’incapace quando le conseguenze pregiudizievoli si siano prodotte a danno di terzi, non anche quando l’incapace sia il danneggiato. In tale eventualita’ trova applicazione il principio di diritto per il quale quando un soggetto incapace di intendere e di volere, per minore eta’ o per altra causa, subisca un evento di danno, in conseguenza del fatto illecito altrui in concorso causale con il proprio fatto colposo, l’indagine deve essere limitata all’esistenza della causa concorrente alla produzione dell’evento dannoso, prescindendo dall’imputabilita’ del fatto all’incapace e dalla responsabilita’ di chi era tenuto a sorvegliarlo, ed il risarcimento al danneggiato incapace e’ dovuto dal terzo danneggiante solo nella misura in cui l’evento possa farsi risalire a colpa di lui, con l’esclusione della parte di danno ascrivibile al comportamento dello stesso danneggiato (cosi’ gia’ Cass. n. 4332/94, nonche’ Cass. n. 14548/09 e n. 3242/12).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Avuto riguardo al fatto che il ricorso e’ stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida, in favore della resistente, nell’importo complessivo di Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis

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