Corte di Cassazione, sezione III civile, sentenza 13 giugno 2017, n. 14638

Nei contratti di locazione nel contenzioso tra conduttore e locatore la condizione giuridica di quest’ultima non viene a mutare nel caso di sequestro nei confronti dell’amministratore quale persona fisica della società locatrice

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

sentenza 13 giugno 2017, n. 14638

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25987/2015 proposto da:

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del suo Liquidatore e legale rappresentante pro tempore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 191/2015 della CORTE D’APPELLO SEZ. DIST. DI TARANTO, depositata il 27/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/03/2017 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Convenuta dalla locatrice (OMISSIS) srl in giudizio dinanzi al Tribunale di Taranto con sfratto per morosita’ notificato il 17.2.12, la (OMISSIS) srl, conduttrice di un immobile locato ad uso non abitativo in forza di contratto del 26.4.11, vi si oppose, invocando, da un lato, l’articolo 13 del contratto con quella stipulato, che ne prevedeva la risoluzione in caso di mancato conseguimento delle concessioni o autorizzazioni o licenze indispensabili per l’attivita’ economica di officina, nonche’, dall’altro lato, il rimborso della spesa di Euro 56.000 sostenuta per rimettere a norma e ristrutturare il capannone, rivelatasi inutile per conseguire l’agibilita’ dei locali; ed il tribunale pronuncio’ la risoluzione del contratto, condanno’ comunque la convenuta al rilascio, ma la locatrice alla restituzione del deposito cauzionale, compensando le spese e rigettando ogni altra domanda.

2. L’appello della (OMISSIS) srl fu poi rigettato dall’adita sezione distaccata di Taranto della corte di appello di Lecce, pur avendo l’appellante in via preliminare dichiarato che la (OMISSIS) srl era stata sottoposta ad un non meglio specificato sequestro penale; e per la cassazione di tale sentenza di appello, pubblicata il 27.4.15 col n. 191, ricorre oggi la conduttrice, affidandosi a quattro motivi e notificando il ricorso, fra l’altro, anche all’Avvocatura dello Stato di Lecce; la controparte non espleta attivita’ difensiva in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Nessuna ulteriore produzione documentazione sarebbe stata ammissibile in questa sede quanto alla situazione della societa’ intimata: tanto avrebbe potuto investire, a tutto concedere, qualche aspetto del merito del primo motivo, ovvero della verifica della ritualita’ dell’instaurazione del contraddittorio in questa sede: ma, sotto il primo profilo, appunto non puo’ ammettersi in sede di legittimita’ la produzione di documenti a sostegno di tesi gia’ sviluppate davanti al giudice del merito; sotto il secondo profilo, la manifesta infondatezza del ricorso – indotta da quella del primo motivo e dall’inammissibilita’ degli altri tre – esclude la rilevanza di ogni questione in punto di ritualita’ o meno della notifica del ricorso (in base ai principi generali elaborati fin da Cass. Sez. U. ord. 22/03/2010, n. 6826, in caso di inammissibilita’, applicati ormai anche a quelli di manifesta infondatezza, ad es., da Cass. 21/09/2015, n. 18478, o da Cass. 08/01/2016, n. 126).

2. D’altra parte, avendo la ricorrente adombrato che oggetto del “sequestro penale anticipato” sarebbe l’intero capitale della societa’, andrebbe osservato che il sequestro delle quote di una societa’ a responsabilita’ limitata non determina un fenomeno successorio, ne’ comporta il venir meno della sua giuridica personalita’, ma solo una sostituzione nella titolarita’ dei poteri di gestione e di godimento delle quote sociali: sicche’ essa stessa ed i suoi organi rappresentativi, finche’, in attuazione dei deliberati dei competenti organi statutari col voto dei nuovi titolari dei poteri gestori, non siano sostituiti, permangono ad ogni effetto in vita quali originari soggetti di diritto e quindi anche come originariamente evocati in giudizio.

3. Piu’ correttamente, la sola documentazione finora versata da’ conto della trascrizione, in data di gran lunga successiva ai fatti di causa e comunque nel corso del giudizio di secondo grado, di un sequestro ai sensi del Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 22, ma non gia’ ai danni della societa’ locatrice (che, si ricordi, e’ la (OMISSIS) s.r.l.), bensi’ del suo amministratore quale persona fisica, sia pure riguardando, quale unita’ immobiliare n. 3 indicata nella relativa nota di trascrizione (del 23.2.15) proprio l’immobile oggetto del contratto di locazione (in NCEU Taranto, mappale (OMISSIS), p.lla (OMISSIS), sub (OMISSIS), cat. (OMISSIS)): cio’ che conferma che nessun provvedimento risulta mai intervenuto a validamente sostituire alcuno degli organi rappresentativi della societa’ locatrice o ad inficiarne la persistente capacita’ ed operativita’ e, quindi, ad integrare alcun evento anche solo lontanamente assimilabile a quelli qualificabili come interruttivi e tali da imporre un coinvolgimento, a qualsiasi titolo, degli organi della procedura prevista dalla normativa di cui al richiamato Decreto Legislativo n. 159 del 2011. Pertanto, la societa’ locatrice rimane formalmente, almeno secondo quanto risulta dagli atti a disposizione di questa Corte, a pieno titolo parte del processo nella sua identita’ originaria e non vi e’ alcuna necessita’ di integrare il contraddittorio con chicchessia, mentre le difficolta’ pratiche di dare concreta esecuzione alle statuizioni di condanna non possono rilevare in questa sede, ne’ potrebbe certamente a quelle ovviarsi con una impropria notifica, per di piu’ del ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado qui gravata, all’Avvocatura Generale dello Stato.

4. Cio’ posto, col primo motivo di ricorso (rubricato “violazione di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 4, per nullita’ della sentenza o del procedimento causa la violazione degli articoli 299 e 101 c.p.p. (sic) in combinato disposto con il Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 35 e segg.”) la ricorrente si duole della mancata dichiarazione di interruzione del giudizio in dipendenza dell’annunciato sequestro penale (con nomina di amministratore giudiziario) o almeno della mancata concessione di un termine per consentire la produzione di idonea documentazione al riguardo.

5. Per quanto argomentato al precedente punto 3, tuttavia, nessun fenomeno successorio si e’ verificato, in assenza di ammissibile produzione di idonea documentazione sul contenuto del provvedimento penale, ma anche solo in astratto per la non configurabilita’, in caso di sequestro penale o di prevenzione delle quote del capitale sociale e perfino in mancanza di qualsiasi provvedimento penale o di prevenzione diretto nei confronti della societa’ (se non dei soli suoi beni), della cessazione dell’esistenza del soggetto cui quel provvedimento si riferisce: pertanto, in applicazione del principio di diritto di cui al punto 3, il motivo va ritenuto manifestamente infondato.

6. Cio’ posto, possono esaminarsi congiuntamente, per intima connessione, i motivi secondo, terzo e quarto, coi quali la ricorrente lamenta, rispettivamente: “violazione di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, per omesso di un fatto decisivo per la decisione del giudizio: natura sospensiva o risolutiva della clausola prevista dall’articolo 13 del contratto di locazione stipulato dalle parti in data 26/04/2011”, “violazione di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, dell’articolo 1456 c.c., prima e piu’ che degli articoli 1353 c.c. e segg., con riguardo agli effetti dell’operativita’ della clausola risolutiva espressa prevista dall’articolo 13 del contratto di locazione stipulato dalle parti in data 26/04/2011” e “violazione di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, di quanto previsto dagli articoli 1592, 1593 e 1596 c.c., in relazione alla previsione contrattuale di cui all’articolo 15 del contratto di locazione stipulato in data 26/04/2011”.

7. Tali motivi sono pero’ inammissibili, perche’ involgono l’interpretazione data dai giudici del merito a due clausole contrattuali (l’articolo 13 e l’articolo 15 del contratto del 26 aprile 2011 intercorso tra le parti), senza farsi carico dell’elaborazione di questa Corte sulla necessaria struttura delle relative censure in questa sede.

8. Infatti l’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed e’ insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimita’ avere ad oggetto non gia’ la ricostruzione della volonta’ delle parti, bensi’ solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 01/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. 29/07/2016, n. 15763). Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma e’ tenuto, altresi’, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimita’ (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).

9. Ed allora le doglianze della ricorrente vanno qualificate inammissibili per omessa indicazione di quale dei criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 c.c. e segg., sarebbe stato violato e delle ragioni della violazione di uno o piu’ tra questi, essendo in ricorso – ne’ potendo, come insegna la consolidata giurisprudenza di questa Corte, sopperire alla relativa lacuna alcun atto ad esso successivo – mancata la specificazione dei primi e delle seconde.

10. Pertanto, il ricorso, per l’infondatezza del primo motivo e l’inammissibilita’ degli altri tre, va rigettato, ma non vi e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’, per non avervi svolto attivita’ difensiva l’intimata; tuttavia, non puo’ non darsi atto mancando ogni discrezionalita’ al riguardo (Cass. 14/03/2014, n. 5955) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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