In tema di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo stampa, il limite della cd. pertinenza, richiesto ai fini dell’operatività della scriminante del diritto di cronaca, non risulta violato quando le persone coinvolte godano di una diffusa notorietà, sia pure limitata all’ambito locale, atteso che la scriminante non impone che si tratti di persone pubbliche in chiave necessariamente nazionale, mentre la congiunta rilevanza, almeno astrattamente, penale dell’episodio conferisce allo stesso un interesse pubblico oggettivamente apprezzabile, che giustifica la proiezione non solo locale della notizia
Suprema Corte di Cassazione
sezione III civile
ordinanza 5 maggio 2017, n. 10925
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – rel. Presidente
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22934-2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) SPA in persona del legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 372/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 17/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/03/2017 dal Presidente Dott. SERGIO DI AMATO.
FATTI DI CAUSA
(OMISSIS) citava in giudizio i giornalisti (OMISSIS) e (OMISSIS), i caporedattori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in uno al direttore di giornale (OMISSIS) e all’ (OMISSIS) s.p.a., poi divenuta (OMISSIS) s.p.a., per la pubblicazione, sul quotidiano (OMISSIS), di articoli ritenuti diffamatori e lesivi del diritto alla sua immagine e riservatezza.
Esponeva che le reiterate pubblicazioni, avvenute senza il suo consenso in cronaca nazionale e locale, afferivano a un episodio di aggressione fisica di cui era stato vittima ma che non rivestiva il carattere di fatto d’interesse pubblico, ed erano trasmodate in modalita’ eccedenti il diritto di cronaca. Chiedeva dunque il risarcimento dei danni subiti.
Resistevano in giudizio i convenuti, e, dopo la chiamata in causa del giornalista (OMISSIS) e l’interruzione processuale per il decesso di (OMISSIS), il tribunale di Rovigo adito accoglieva la domanda.
La Corte di appello di Venezia riformava integralmente la sentenza di primo grado rigettando la pretesa.
Contro tale decisione ricorre per cassazione (OMISSIS) affidandosi a due motivi.
Resistono con controricorso n (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione degli articoli 10 e 2043 c.c., della L. 22 aprile 1941, n. 633, articoli 96 e 97 e della L. 8 febbraio 1948, n. 47, articolo 11 in uno all’omesso esame di un fatto decisivo e discusso.
In particolare, con riferimento al diritto all’immagine e alla riservatezza, si deduce che, nel caso, non risultavano sussistere i requisiti del fatto di pubblico interesse, della notorieta’ delle persone coinvolte ovvero del consenso alla pubblicazione dei dati personali e delle immagini. Si era infatti trattato di una vicenda familiare dettata da una relazione extraconiugale sottesa all’aggressione oggetto della notizia, intercorsa tra due persone note a livello locale, nell’ambito di una cittadina di provincia, e pero’ affatto personaggi pubblici. Erano stati inoltre violati, per analoghi motivi, oltre al limite della pertinenza, anche quelli della continenza e correttezza. In ogni caso, la corte di appello non aveva esaminato il rispetto di tali limiti.
Con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 3 Cost., articolo 2043 c.c., articolo 595 c.p., sollevando critiche alla decisione gravata omogenee a quelle contenute nel primo motivo ma, questa volta, con riguardo al diritto all’onore, decoro e reputazione.
2. I motivi possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione. Essi sono inammissibili.
In entrambi i motivi si sollevano i profili della pertinenza e della continenza, in uno a quello della correttezza, quali limiti all’operativita’ del diritto di cronaca. Ma, quanto al primo profilo, la corte territoriale, con accertamento in fatto non sindacabile in questa sede, ha motivato in ordine alla notorieta’, sia pure in ambito locale, delle persone coinvolte, compreso il (OMISSIS) (si trattava di due imprenditori conosciuti: pag. 6 della decisione), e sull’interesse pubblico oggettivamente apprezzabile alla notizia, per la tipologia violenta dell’aggressione (con coltello), contrastante con il basso tasso di criminalita’ della provincia di Rovigo (pag. 5 della sentenza).
Entrambi gli aspetti non si risolvono in un errore di giudizio posto che, sia dal punto di vista della tutela dei dati personali che da quello della tutela della reputazione, risulta operare, per quanto sopra, la scriminante del diritto di cronaca, non essendo riscontrabile la denunciata violazione dei relativi limiti.
Va infatti specificato che la diffusa notorieta’ per ragioni professionali delle persone coinvolte, per come accertata dal giudice di merito, risulta idonea ai fini in parola, poiche’ la scriminante richiamata non impone che si tratti di persone pubbliche in chiave necessariamente nazionale. Cosi’ come la congiunta rilevanza almeno astrattamente penale dell’episodio conferisce allo stesso una cifra che giustifica la proiezione non solo locale della cronaca medesima.
Da questi punti di vista, in ambo i motivi scrutinati, non e’ poi identificato il fatto decisivo e discusso che sarebbe stato oggetto di omesso esame ai concorrenti fini dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Deve sottolinearsi, al riguardo, che alla fattispecie e’ applicabile la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54 convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che dev’essere interpretata come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione, sicche’ in cassazione e’ denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053, e successive conformi).
Residua dunque il profilo attinente alla continenza.
Al riguardo, pero’, la mancanza di una compiuta riproduzione, diretta o indiretta, degli articoli, quanto meno nelle singole frasi che avrebbero segnato il trasmodare dedotto, non permette di scrutinare la denuncia in parte qua. Difatti, la parte che muova critiche, sul punto, alla valutazione compiuta dal giudice di merito, sia in fatto che in diritto, circa la natura lesiva dello scritto in questione, e’ tenuta, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ad individuare – se del caso riproducendolo direttamente, ove necessario in relazione all’oggetto della critica di cui al motivo, ed eventualmente indirettamente, ove l’apprezzamento della critica lo consenta il contenuto dell’articolo nella parte cui la critica si riferisce, specificando anche dove la Corte possa esaminarlo per verificare la conformita’ del contenuto riprodotto rispetto a quello effettivo (Cass., 11/02/2009, n. 3338). Cosa che nella specie non risulta avvenuta.
3. Spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali liquidate in Euro 1.500,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, la Corte da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Motivazione redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dott. (OMISSIS).
Il collegio ha stabilito che la motivazione sia semplificata.
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