Corte di Cassazione, sezione III civile, ordinanza 21 giugno 2017, n. 15371

Dalla banca proprietaria dell’immobile il professionista non può pretendere, affermando il suo arricchimento indiretto, dei compensi per il progetto del cambio di destinazione d’uso di un immobile (da uso ufficio ad albergo) se il rapporto contrattuale era con la società acquirente

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

ordinanza 21 giugno 2017, n. 15371

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13048/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) in persona dell’Avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale a margine del controricorso;

(OMISSIS) SRL gia’ (OMISSIS) SPA, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1716/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 13/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 09/05/2017 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) e (OMISSIS) sono rimasti soccombenti in entrambi i gradi di giudizio avendo il Tribunale di Roma e quindi la Corte d’appello di Roma, con sentenza 13.3.2015 n. 1716, impugnata per cassazione, rigettato la domanda ex contractu e la domanda subordinata di arricchimento ingiustificato proposta dai predetti professionisti nei confronti della societa’ proprietaria ( (OMISSIS), acquisita da (OMISSIS) s.p.a., a sua volta incorporata in (OMISSIS) s.c. a r.l. ed attuale (OMISSIS) a r.l.) dell’immobile sito in Roma via San Basilio n. 15, e della societa’ acquirente (OMISSIS) s.p.a. (successivamente incorporata da (OMISSIS) s.p.a. e quindi da (OMISSIS) s.r.l.).

La Corte territoriale ha rilevato la inesistenza di un contratto d’opera avente ad oggetto la redazione del progetto di trasformazione della destinazione urbanistica dell’immobile da uso ufficio ad uso albergo o di altri accordi intervenuti successivamente alla presentazione della istanza di mutamento di destinazione d’uso, rilevando che tale iniziativa era stata assunta autonomamente dai professionisti, non avendo opposto ostacoli la societa’ proprietaria ma avendo puntualmente specificato di non avere interesse e di rimanere estranea alla iniziativa i cui costi ed attivita’ sarebbero gravati unicamente ed interamente sui professionisti. Ha altresi’ rigettato la domanda subordinata, in quanto l’immobile era stato poi venduto e quindi locato con destinazione “uso ufficio” – non essendo stato definito nelle more il procedimento amministrativo di mutamento di destinazione d’uso, essendo spirato il termine di decadenza per il rilascio della concessione edilizia-difettando pertanto la prova di un vantaggio ingiustificato acquisito con la redazione del progetto dalle societa’ alienante ed acquirente.

La sentenza e’ stata impugnata per cassazione dal (OMISSIS) con due motivi articolati in plurime censure.

Resistono con controricorso (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) a r.l..

Le parti hanno depositato memorie illustrative ex articolo 380 bis c.p.c., comma 1.

Il Pubblico Ministero ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Osserva il Collegio che la Corte d’appello ha rigettato l’appello principale proposto dal (OMISSIS), escludendo qualsiasi responsabilita’ della proprietaria-alienante dell’immobile (OMISSIS) a r.l. (nella quale era confluita attraverso una serie di incorporazioni societarie la proprietaria originaria (OMISSIS)) per inadempimento contrattuale o per responsabilita’ extracontrattuale (prospettata dal (OMISSIS) sotto il profilo della indebita appropriazione del progetto dallo stesso redatto), nonche’ escludendo qualsiasi responsabilita’ anche della acquirente dell’immobile (OMISSIS) s.p.a. (successivamente incorporata in (OMISSIS) s.r.l.), avendo al riguardo accertato:

a) la inesistenza del perfezionamento di un contratto d’opera tra la societa’ proprietaria dell’immobile ed il professionista, avente ad oggetto la redazione del progetto di trasformazione edilizia dell’immobile e la presentazione e cura dell’iter amministrativo volto ad ottenere il rilascio della concessione edilizia per mutamento della destinazione d’uso dell’immobile da “uffici ad albergo”, in quanto dallo scambio epistolare in atti risultava in modo inequivoco che la societa’ proprietaria ( (OMISSIS) a r.l.) si era semplicemente limitata a non opporsi alla iniziativa del (OMISSIS) e del (OMISSIS), acconsentendo a che gli stessi richiedessero soltanto un mero parere in ordine alla modificabilita’ della destinazione d’uso, specificando espressamente di non essere vincolata in alcun modo a detta iniziativa che veniva svolta autonomamente dai predetti soggetti “senza alcun costo per la proprieta’”;

b) la inesistenza di analogo rapporto contrattuale, successivamente instaurato tra i professionisti e la proprietaria dell’immobile, argomentato dalla sottoscrizione apposta in calce alla istanza di concessione edilizia presentata in data 13.3.2000, in quanto la firma apposta dal rappresentante della societa’ proprietaria era stata disconosciuta da Banca (OMISSIS) ed il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) non avevano richiesto la verificazione della scrittura privata;

c) il mancato perfezionamento dell’accordo a seguito della proposta formulata dai professionisti in data 12.4.2000 (nella quale si intendeva condizionare la corresponsione del compenso professionale all’effettivo utilizzo alberghiero dell’immobile da parte dell’acquirente) non essendo stata tale proposta accettata dalla societa’ proprietaria, e non potendo desumersi dal mero silenzio serbato da quest’ultima una tacita manifestazione di volonta’ diretta alla conclusione dell’accordo, smentita peraltro dal comportamento successivo della societa’ proprietaria la quale: 1- non aveva consegnato ai professionisti la documentazione inerente l’immobile necessaria alla definizione del procedimento relativo alla trasformazione urbanistica nel termine del 30.4.2000 prescritto dalla legge a pena di decadenza; 2- aveva poi stipulato, in data 20.10.2000, contratto preliminare di vendita immobiliare con (OMISSIS) s.p.a., specificando nelle clausole dell’atto che la eventuale trasformazione di destinazione d’uso in albergo, cui il promissario acquirente aveva inteso condizionare sospensivamente il preliminare, atteneva a condizione posta nell’interesse esclusivo della promissaria acquirente che assumeva in proprio ed a proprie spese ogni iniziativa al riguardo, fatta salva comunque la facolta’ di (OMISSIS) s.p.a. di rinunciare ad avvalersi della condizione, ritenendo in tal modo efficace il contratto preliminare; 3- aveva quindi concluso la compravendita, con atto pubblico stipulato in data 9.4.2001 con (OMISSIS) s.p.a. che aveva accettato di acquistare l’immobile con destinazione “ad uso ufficio”, non avendo avuto corso la domanda di concessione edilizia essendo scaduto il termine di decadenza per l’ottenimento del provvedimento e non essendo ancora nota la riapertura dei termini di approvazione dei progetti disposta soltanto con la Legge Regionale Lazio 10 maggio 2001, n. 10, pubblicata in GU 19.5.2001 n. 14.

Anche la domanda di ingiustificato arricchimento ex articolo 2041 c.c., proposta in via subordinata dal professionista nei confronti delle medesime societa’, e’ stata rigettata dalla Corte d’appello, in difetto di prova del vantaggio che le parti alienante ed acquirente avrebbero conseguito dalla redazione del progetto di trasformazione edilizia da (OMISSIS) a r.l., non essendo ravvisabile -secondo il Giudice di merito – un nesso di derivazione causale tale per cui il preliminare ed il definitivo sarebbero stati stipulati in dipendenza della redazione del progetto e della presentazione della istanza di concessione edilizia per mutamento di destinazione d’uso, atteso che: 1- l’atto di compravendita del 9.4.2001 aveva avuto ad oggetto l’immobile secondo la sua originaria destinazione urbanistica (uso ufficio); 2- alcuna influenza sulla conclusione della compravendita aveva al tempo potuto spiegare l’iter amministrativo volto al conseguimento della concessione, atteso che il termine di decadenza previsto per il rilascio della concessione era gia’ scaduto, ne’ era possibile prevedere una riapertura del termine che aveva avuto luogo soltanto in seguito alla approvazione della Legge Regionale Lazio 10 maggio 2001, n. 10, pubblicata in GU 19.5. 2001 n. 14; 3-anche la stipula in data 9.4.2001 del contratto di locazione tra (OMISSIS) s.p.a., acquirente finale, con Gruppo Boscolo s.p.a., aveva avuto ad oggetto l’immobile con destinazione “uso uffici” e, come emergeva dalla clausola 7.7. del contratto, la eventuale trasformazione di destinazione d’uso non assumeva carattere condizionante l’accordo.

Il capo della sentenza concernente il rigetto della domanda subordinata ex articolo 2041 c.c., e’ stato oggetto del ricorso per cassazione proposto dal (OMISSIS) che ha dedotto i seguenti motivi.

Primo motivo: violazione dell’articolo 2041 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3); omesso esame di un fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Sostiene il ricorrente che il Giudice di appello, non avendo ravvisato alcun nesso di collegamento tra la prestazione eseguita dal professionista e l’arricchimento della societa’ proprietaria dell’immobile (OMISSIS) s.c. a r.l. (successivamente incorporato in (OMISSIS) a r.l.), sarebbe andato in contrasto con i principi enunciati nell’arresto delle SS.UU. Sez. U, Sentenza n. 24772 del 08/10/2008 -confermati dalla giurisprudenza di legittimita’ successiva – che cosi’ e’ stata massimata dal CED della Corte “L’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’articolo 2041 c.c., puo’ essere proposta solo quando ricorrano due presupposti: (a) la mancanza di qualsiasi altro rimedio giudiziale in favore dell’impoverito; (b) la unicita’ del fatto causativo dell’impoverimento sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia andata a vantaggio dell’arricchito, con conseguente esclusione dei casi di cosiddetto arricchimento indiretto, nei quali l’arricchimento e’ realizzato da persona diversa rispetto a quella cui era destinata la prestazione dell’impoverito. Tuttavia, avendo l’azione di ingiustificato arricchimento uno scopo di equita’, il suo esercizio deve ammettersi anche nel caso di arricchimento indiretto nei soli casi in cui lo stesso sia stato realizzato dalla P.A., in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico, ovvero sia stato conseguito dal terzo a titolo gratuito”.

A quanto e’ dato comprendere dalla esposizione del motivo il ricorrente individua il “vantaggio ingiustificato” derivante dalla redazione del progetto (e dall’iter amministrativo volto ad ottenere la trasformazione urbanistica dell’immobile) nel fatto che le parti avevano sottoposto il preliminare immobiliare alla condizione sospensiva dell’ottenimento, da parte del promissario acquirente ( (OMISSIS) s.p.a.), della concessione di mutamento di destinazione d’uso, in particolare richiama la circostanza che la promissaria acquirente (o meglio la societa’ (OMISSIS) che agiva per conto di (OMISSIS) s.p.a.) aveva visionato il progetto di trasformazione in albergo e preso contatto con il professionista.

Sostiene ancora il ricorrente che anche le parti del contratto definitivo di compravendita si sarebbero avvantaggiate del progetto, in quanto erano consapevoli della prossima riapertura dei termini di decadenza per la conclusione del procedimento di rilascio della concessione edilizia, che sarebbe stata disposta con la legge regionale, tanto che, in pari data, era stato concluso anche il “contratto di locazione” tra l’acquirente e (OMISSIS) s.p.a. nel quale le parti avevano fatto espresso riferimento alla elevata probabilita’ di una prossima modifica della destinazione urbanistica dell’immobile (ricorso pag. 22; il contratto di locazione viene trascritto alle pag. 36-40 ricorso). Al proposito il (OMISSIS), nel ricorso per cassazione, aggiunge che il “dominus” delle trattative negoziali era stata la societa’ del (OMISSIS) che lo “aveva contattato…incaricandolo dietro specifico separato compenso di verificare la possibilita’ di una riapertura dei termini e tale indagine aveva avuto contenuto positivo” (cfr. ricorso pag. 22).

Tanto premesso, osserva il Collegio che la critica, relativa all’errore di diritto”, non appare pertinente, in quanto la Corte d’appello non ha interpretato la norma di diritto deviando dalla esatta ricostruzione della fattispecie normativa compiuta da questa Corte, ma ha piuttosto valutato nel merito gli elementi probatori acquisiti al giudizio ed ha ritenuto che (OMISSIS) s.c. a r.l. stipulando il preliminare ed il definitivo non aveva “utilizzato” od ottenuto benefici economici dalla attivita’ professionale svolta dal (OMISSIS) della quale non si era appropriata, tanto piu’ che al momento della conclusione dei contratti preliminare e definitivo di vendita, il procedimento amministrativo non era in itinere, essendo decaduti i termini di legge.

Il richiamo giurisprudenziale contenuto nel motivo di ricorso non e’ peraltro pertinente alla fattispecie.

Le Sezioni Unite (Sez. U, Sentenza n. 24772 del 08/10/2008) hanno, infatti, ribadito il consolidato principio di diritto per cui l’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’articolo 2041 c.c., puo’ essere proposta solo quando ricorrano due presupposti: (a) la mancanza di qualsiasi altro rimedio giudiziale in favore dell’impoverito; (b) la unicita’ del fatto causativo dell’impoverimento, sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia andata a vantaggio dell’arricchito, con conseguente esclusione dei casi di cosiddetto “arricchimento indiretto”, nei quali del vantaggio viene a beneficiare un soggetto terzo, diverso da quello cui era rivolta la prestazione eseguita dall’impoverito. Al proposito le Sezioni Unite hanno inteso confermare la precedente giurisprudenza di legittimita’ che aveva ancorato “l’esperibilita’ dell’azione di arricchimento senza causa al presupposto che l’incremento e la correlativa diminuzione del patrimonio dipendano da un unico fatto costitutivo, conseguentemente negandola tutte le volte in cui il soggetto arricchito sia diverso da quello con il quale colui che compie la prestazione ha un rapporto diretto (nella parte motiva delle pronunce citate si precisera’ ancora che, in tale ipotesi, l’eventuale arricchimento costituisce soltanto un effetto indiretto o riflesso della prestazione eseguita, sicche’ viene meno il nesso di causalita’ tra l’impoverimento di un soggetto e l’arricchimento dell’altro, con conseguente venir meno del fondamento dell’invocato indennizzo)….”, introducendo tuttavia una deroga in quei soli casi di “arricchimento cd. indiretto” in cui il vantaggio sia conseguito da una Amministrazione od ente pubblico diversi da quelli ai quali e’ stata erogata a prestazione (ma venendo, poi, ad evidenziare come tale ipotesi non diverga dal principio di diritto enunciato, in quanto, rispetto alla Pubblica Amministrazione intesa in senso ampio come organizzazione pubblica, trova applicazione “il principio di fungibilita’ dell’ente beneficiario, piu’ volte affermato da questa Corte (ex multis, Cass. SS. UU. n. 1025 del 1996)”, cosi’ riunificandosi nella nozione di Pubblica Amministrazione il soggetto che ha un rapporto diretto con l’impoverito e quello che si e’ arricchito: potendo quindi ricomprendersi nello schema legale ex articolo 2041 c.c., anche la pronuncia “apparentemente innovativa” del precedente di Corte Cass. sentenza n. 6201 del 29/03/2004), ovvero sia conseguito da un soggetto terzo che riceve l’attribuzione economica in assenza di alcun rapporto giuridico con il soggetto che aveva avuto diretti rapporti con il depauperato, deroga sinteticamente riassunta nella massima secondo cui “in tema di “arricchimento indiretto”, l’azione ex articolo 2041 c.c., e’ esperibile contro il terzo che abbia conseguito l’indebita locupletazione in danno dell’istante quando l’arricchimento stesso sia stato conseguito dal terzo in via meramente di fatto e percio’ gratuita nei rapporti con il soggetto obbligato per legge o per contratto nel confronti del “depauperato” e resosi insolvente nel riguardi di quest’ultimo. La predetta azione e’ invece inammissibile ove la prestazione sia stata conseguita dal terzo in virtu’ di un atto a titolo oneroso.”

Nella specie non vi e’ luogo ad applicazione della indicata deroga ai richiamati principi che escludono l’ammissibilita’ dell’azione in caso di “arricchimento indiretto”, atteso che la Corte territoriale ha esaminato la domanda subordinata con la quale il (OMISSIS) aveva allegato l'”arricchimento diretto” tanto della societa’ proprietaria, quanto della societa’ acquirente, sul presupposto che queste avessero beneficiato della redazione del progetto di trasformazione urbanistica dell’immobile, quale prestazione resa ad entrambi tali soggetti. Difetta pertanto lo schema derogatorio previsto dalle Sezioni Unite, del soggetto – terzo avvantaggiatosi “per caso” dal rapporto giuridico “inter alios”, ulteriormente evidenziandosi l’assenza di sussidiarieta’ dell’azione, atteso che lo stesso ricorrente ha ammesso di avere ricevuto il conferimento di apposito incarico da parte della societa’ del (OMISSIS), avente ad oggetto il recupero del progetto e degli atti del procedimento amministrativo al fine di ottenere il rilascio della concessione di mutamento di destinazione d’uso in considerazione della riapertura dei termini di decadenza: disponendo pertanto il (OMISSIS) di azione contrattuale diretta in caso di inadempimento della obbligazione di pagamento del corrispettivo d’opera da parte della societa’ committente, e non risultando dimostrata e neppure allegata in giudizio la insolvenza della societa’ obbligata al compenso, ne consegue la inammissibilita’ dell’azione residuale ex articolo 2041 c.c..

Quanto alla censura ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, svolta nel medesimo motivo, osserva il Collegio che se, da un lato, i contratti preliminare e di vendita prodotti in giudizio sono stati esaminati e valutati dal Giudice di appello, circostanza che di per se’ esclude la “omissione” del fatto storico, principale o secondario, che se rilevato avrebbe determinato con certezza una diversa decisione della causa, dall’altro lato gli elementi allegati sono privi del carattere della “decisivita’”, non consentendo di riferire a (OMISSIS) a r.l. alcun arricchimento in virtu’ dell’attivita’ professionale svolta dal (OMISSIS), in quanto:

a) la condizione sospensiva apposta, nel preliminare, “nell’esclusivo interesse” della promissaria acquirente (societa’ del (OMISSIS)), e’ stata oggetto di valutazione dal parte della Corte territoriale che ha rilevato come nello stesso preliminare, da un lato, la proprietaria aveva specificato che l’eventuale mutamento di destinazione urbanistica era a “cure e spese” della promissaria acquirente, e dall’altro le parti avevano pattuito espressamente la facolta’ della parte a cui favore era posta la condizione di rinunciarvi, rinuncia di cui (OMISSIS) s.p.a. si era poi avvalsa, sicche’ alcuna delle parti del preliminare aveva conseguito vantaggio alcuno dal progetto redatto dall’arch. (OMISSIS);

b) la lettera in data 21.7.2001 avente ad oggetto l’incarico conferito al (OMISSIS) da (OMISSIS) per conto del (OMISSIS) s.p.a. perche’ si occupasse della definizione del procedimento amministrativo di modifica della destinazione d’uso dell’immobile, avvalendosi della riapertura dei termini disposti dalla legge regionale, evidenzia un rapporto contrattuale che – in quanto riferito alla medesima attivita’ iniziata dal (OMISSIS) ma non conclusa essendo nelle more intervenuta la decadenza del termine per il rilascio della concessione edilizia – esclude come visto il carattere residuale dell’azione di ingiustificato arricchimento esperita nei confronti della societa’ proprietaria dell’immobile ( (OMISSIS) a r.l.), potendo il professionista conseguire il dovuto corrispettivo dalla societa’ – estranea al presente giudizio – che con lui aveva stipulato il contratto d’opera professionale;

c) la nota del 5.10.2000 con la quale il (OMISSIS) avrebbe notiziato la possibilita’ di una riapertura dei termini del procedimento amministrativo, non appare decisiva in quanto neppure e’ indicato il soggetto destinatario della stessa;

d) le allegazioni contenute nella comparsa di risposta in grado di appello di (OMISSIS) s.p.a. (societa’ che aveva incorporato (OMISSIS) s.p.a.) intervenuta alla stipula dell’atto pubblico di vendita, ed il contratto di locazione, stipulato in data 9.4.2001, tra (OMISSIS) e (OMISSIS) s.p.a. – nel quale le parti davano ampio risalto al procedimento di mutamento della destinazione d’uso attivato con la presentazione del progetto redatto dal (OMISSIS) – non forniscono alcun elemento dimostrativo del vantaggio ingiustificato che la diversa societa’ proprietaria-alienante dell’immobile ( (OMISSIS) s.c. a r.l.) avrebbe conseguito dalla prestazione effettuata dal (OMISSIS): in sostanza della attivita’ del (OMISSIS) e’ venuta certamente a beneficiare la societa’ del (OMISSIS), esclusivamente nei confronti della quale – a quanto riferito dallo stesso professionista era stato assunto l’incarico di portare a compimento la trasformazione urbanistica dell’immobile, sicche’ alcuna ulteriore pretesa indennitaria per il risultato dell’attivita’ svolta (il (OMISSIS) ha allegato che successivamente e’ stata rilasciata la concessione edilizia di mutamento della destinazione d’uso e l’immobile e’ stato trasformato in albergo) puo’ essere richiesta a soggetti estranei al predetto rapporto contrattuale.

Secondo motivo: violazione articolo 2041 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3); omesso esame di un fatto decisivo (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5); violazione degli articoli 116, 342, 345 e 346 c.p.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4).

Il motivo concerne il capo di sentenza che ha rigettato la domanda di condanna al pagamento dell’indennizzo ex articolo 2041 c.c., proposta nei confronti della societa’ acquirente ( (OMISSIS) s.p.a. incorporante (OMISSIS) s.p.a., e quindi successivamente incorporata in (OMISSIS) s.r.l.).

Sostiene il ricorrente che ha errato la Corte d’appello a ritenere che le parti del contratto di locazione non avessero beneficiato dell’attivita’ svolta dal professionista, sul presupposto della clausola 7.7. secondo cui il contratto locativo avrebbe avuto effetto anche in caso di mancato conseguimento della concessione edilizia con destinazione ad uso albergo, atteso che l’unico accertamento da compiere riguardava il vantaggio conseguito dalla prestazione eseguita essendosi poi concluso favorevolmente l’iter amministrativo.

Ancora il ricorrente censura la statuizione con la quale e’ stata ritenuta domanda nuova e quindi inammissibile, l’argomento dallo stesso svolto in comparsa conclusionale volto ad evidenziare che con la clausola 11.4 del contratto di locazione le parti avevano avuto ben chiaro il diverso valore economico dell’affare dipendente dal conseguimento della concessione edilizia, essendosi impegnata (OMISSIS) a corrispondere un rilevante finanziamento a fondo perduto a titolo di realizzazione di migliorie sull’immobile di sua proprieta’, sul presupposto della trasformazione urbanistica della destinazione d’uso in albergo (secondo il progetto del (OMISSIS)), a cura della conduttrice (OMISSIS) s.p.a.. Sostiene il ricorrente che tale rilievo, pur contenuto nella “comparsa conclusionale in secondo grado” (trascritta alla pag. 48 e 49 del ricorso), non deduceva una nuova censura, inammissibile, ma richiamava un documento (il contratto di locazione) gia’ acquisito al giudizio, che avrebbe dovuto quindi essere esaminato al pari degli altri elementi di prova, in quanto dimostrativo del vantaggio conseguito dalla societa’ proprietaria con l’ottenimento della concessione edilizia ed il mutamento di destinazione in albergo, avendo conseguito un ingiustificato risparmio di spesa per l’attivita’ tecnica ed amministrativa connessa.

Indipendentemente dal rilievo, comune al precedente motivo, secondo cui, avendo la Corte d’appello operato una valutazione di merito delle risultanze istruttorie, pervenendo alla negazione della esistenza di un incremento patrimoniale a vantaggio di (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS)), poi incorporata in (OMISSIS) s.r.l., viene a palesarsi inconferente la censura di “error in judicando, prospettata con la violazione dell’articolo 2041 c.c., osserva il Collegio che anche in relazione alla posizione della societa’ acquirente-locatrice dell’immobile difettano i requisiti di sussidiarieta’ dell’azione ex articolo 2042 c.c., posto che il professionista ha ammesso di avere intrattenuto un rapporto contrattuale d’opera con la parte promissaria acquirente e poi conduttrice ( (OMISSIS) s.p.a.), avente ad oggetto l’attivita’ necessaria a conseguire il mutamento di destinazione urbanistica dell’immobile, con la conseguenza che anche in questo caso, non e’ dato ravvisare una locupletazione ingiustificata da parte del terzo ( (OMISSIS)- (OMISSIS) s.p.a.) della prestazione svolta dal (OMISSIS), atteso che: a) il professionista disponeva di azione contrattuale nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. per ottenere la remunerazione dovuta per detta attivita’, difettando pertanto il presupposto, allegato dal ricorrente, di “una prestazione professionale resa in assenza di incarico”; b) non sussiste, in conseguenza, un medesimo fatto causativo dell’arricchimento e dell’impoverimento (cfr. Corte Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20226 del 04/09/2013), essendo interrotto il nesso di causalita’ tra il risultato (trasformazione urbanistica dell’immobile) di cui si sarebbe avvantaggiato (anche) la societa’ acquirente-locatrice, ed i costi della prestazione eseguita dal (OMISSIS), dal rapporto obbligatorio – avente ad oggetto al medesima prestazione – intrattenuto da questi con la societa’ del (OMISSIS); c) neppure sussiste la diversa ipotesi di “arricchimento indiretto” che legittima l’esperimento nei confronti del terzo dell'”actio de in rem verso” nei limiti considerati dalla sentenza delle SS.UU. n. 24772/2008, atteso che nel caso di specie, qualora si venga a superare la eccezione di inammissibilita’ di tale azione -proposta da (OMISSIS) s.r.l. nel controricorso: pag. 39 e 40-, in quanto modificativa della originaria domanda ex articolo 2041 c.c., volta a far valere un ingiustificato arricchimento “diretto” (e non anche indiretto) della societa’ acquirente-locatrice, difetta del tutto la prova: c1- della insolvenza del soggetto cha ha conferito l’incarico professionale, e dunque della oggettiva impossibilita’ del professionista di realizzare il compenso allo stesso spettante per l’attivita’ svolta; c2- della “gratuita’” del vantaggio economico conseguito dalla societa’ acquirente-locatrice, ossia della assenza di un qualsivoglia legame giuridico tra detta societa’ e quella ( (OMISSIS) s.p.a.) che aveva intrattenuto il rapporto diretto con il soggetto asseritamente “impoverito”, tenuto conto del rapporto locativo e di finanziamento, avente ad oggetto quello stesso immobile, che intercorreva tra tali societa’.

Tanto rende superfluo l’esame della natura della ulteriore deduzione difensiva, svolta dal professionista, nella comparsa conclusionale (argomento meramente esplicativo di un “fatto” gia’ acquisito al giudizio; nuovo profilo di censura della decisione di prime cure, che avrebbe dovuto costituire oggetto di specifico motivo di gravame) e ritenuta inammissibile per novita’ dalla Corte territoriale.

In conclusione il ricorso deve essere rigettato e la parte ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’ liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida, in favore di ciascuna parte resistente, in Euro 6.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13. comma 1-bis.

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