Corte di Cassazione, sezione III civile, ordinanza 13 giugno 2017, n. 14622

La decisione che pronunci l’inammissibilita’ dell’appello per ragioni processuali, ancorche’ adottata con ordinanza richiamante l’articolo 348 ter c.p.c. ed eventualmente nel rispetto della relativa procedura, e’ impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi, nella sostanza, di una sentenza di carattere processuale che, come tale, non contiene alcun giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame, differendo, cosi’, dalle ipotesi in cui tale giudizio prognostico venga espresso, anche se, eventualmente, fuori dei casi normativamente previsti. L’ordinanza di inammissibilita’ dell’appello resa ex articolo 348 ter c.p.c. e’ ricorribile per cassazione, ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’articolo 348 bis c.p.c., comma 2, e articolo 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo e comma 2, primo periodo), purche’ compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso. L’ordinanza di inammissibilita’ dell’appello resa ex articolo 348 ter c.p.c. non e’ ricorribile per cassazione, nemmeno ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, ove si denunci l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, attesa la natura complessiva del giudizio “prognostico” che la caratterizza, necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza ed a tutti i motivi di ciascuna di queste, ponendosi, eventualmente, in tale ipotesi, solo un problema di motivazione

Negli stessi casi nei quali l’ordinanza ex articolo 348-bis integra una sentenza in senso sostanziale e, dunque, qualora la decisione abbia assunto nel suo contenuto finale tale natura, ove essa sia stata frutto, nel pregresso procedimento decisorio, di un errore di fatto ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4, si deve ritenere che, poiche’ il provvedimento e’ una (sostanziale) sentenza, esso sia ed anzi debba impugnarsi con la revocazione, se si intende denunciare non il risultato finale della decisione come erroneo secondo i paradigmi dell’articolo 360 c.p.c., bensi’ dolersi dell’errore di fatto che ha inficiato il procedimento motivazionale pregresso.

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione III civile

ordinanza 13 giugno 2017, n. 14622

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20672-2015 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui e’ difeso per legge;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1379/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/02/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. Il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, ha proposto ricorso per cassazione contro (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), avverso la sentenza del 27 febbraio 2015 della Corte d’appello di Roma.

1.1. La vicenda oggetto di lite insorgeva da un’opposizione proposta nel marzo 2012 dal Ministero dell’Interno davanti al Tribunale di Roma, avverso un decreto ingiuntivo nei suoi confronti ottenuto dagli intimati per il pagamento della somma dovuta a titolo di indennita’ di occupazione per il periodo gennaio 2011- novembre 2011, riguardo ad una locazione immobiliare.

1.2. Il Tribunale di Roma, con sentenza del novembre 2012, dichiarava l’opposizione inammissibile, in quanto introdotta con citazione anziche’ con ricorso ex articolo 447-bis c.p.c. e considerato che la successiva iscrizione a ruolo non era avvenuta entro il termine in cui l’opposizione avrebbe dovuto proporsi con ricorso.

1.3. Il Ministero dell’Interno impugnava detta sentenza e la Corte d’appello, con ordinanza del 18 dicembre 2013, dichiarava inammissibile l’appello ex articolo 348-bis c.p.c., disattendendo la prospettazione dell’appellante, che aveva invocato – siccome giustificativa della tempestivita’ dell’opposizione al decreto – l’applicabilita’ della disciplina del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5, la’ dove prevede che gli effetti sostanziali e processuali della domanda, nel caso di mutamento del rito si producano secondo le forme del rito seguito prima del mutamento.

1.3. Avverso l’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilita’ dell’appello, il Ministero dell’Interno proponeva, con citazione notificata il 12 marzo 2014, richiesta di revocazione per errore di fatto, individuando l’errore di fatto nell’affermazione con cui la Corte romana aveva ritenuto inapplicabile la disciplina del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, reputando che non poteva trovare applicazione per essere avvenuta la notificazione del decreto ingiuntivo anteriormente alla sua entrata in vigore.

1.4. Con ricorso notificato il 9 maggio 2014, invece, il Ministero proponeva ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 348-ter c.p.c., contro la sentenza di primo grado e per quanto poteva occorrere contro l’ordinanza dichiarativa dell’inammissibilita’ dell’appello.

1.5. Con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso per cassazione, la Corte d’appello capitolina dichiarava inammissibile la domanda, sul presupposto che l’ordinanza resa ex articolo 348-bis non e’ suscettibile di revocazione, essendo impugnabili con tale mezzo esclusivamente le sentenze.

1.6. Il ricorso per cassazione proposto contro la sentenza di primo grado e l’ordinanza ai sensi dell’articolo 348-bis c.p.c. e’ stato iscritto al n.r.g. 12293 del 2014.

2. Al ricorso per cassazione in esame non v’e’ stata resistenza degli intimati.

3. La trattazione del ricorso e’ stata fissata in adunanza camerale a norme dell’articolo 380-bis c.p.c., comma 1, introdotto dal Decreto Legge n. 168 del 2016, convertito, con modificazioni, nella L. n. 197 del 2016.

Non sono state depositate memorie e conclusioni scritte.

Considerato che:

1. Con l’unico motivo di ricorso il Ministero ricorrente deduce “violazione degli articoli 131 e 132 c.p.c., articolo 270 c.p.c., comma 2, articoli 348-bis, 348-ter e 395 c.p.c., in combinato disposto agli articoli 3, 24 e 111 Cost., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Si sostiene che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile l’impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 348-bis c.p.c. con il mezzo della revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4.

2. La Corte territoriale ha escluso l’esperibilita’ della revocazione adducendo innanzitutto l’argomento letterale che l’articolo 395 c.p.c. non consente quella impugnazione contro le ordinanze, ma solo contro le sentenze. Ha, poi, soggiunto che ulteriori ragioni nel senso dell’inammissibilita’ si deducono sia dal fatto che l’ordinanza non decide la materia del contendere “che resta disciplinata dalla sentenza di primo grado”, sia dal fatto che la sua pronuncia ha il solo effetto di rendere ricorribile in Cassazione la sentenza di primo grado, il che escluderebbe che essa sia idonea ad acquisire efficacia di cosa giudicata ai sensi dell’articolo 324 c.p.c..

3. Nell’illustrazione del motivo la tesi dell’ammissibilita’ della revocazione e’ sostenuta adducendo come premessa che in linea generale l’ordinanza ex articolo 348-bis assumerebbe carattere decisorio e sarebbe ricorribile per cassazione in tutte le ipotesi nelle quali il giudice d’appello non abbia reso una decisione perfettamente sovrapponibile nella motivazione in fatto ed in diritto a quella del giudice di primo grado. Da tale premessa si fa discendere che in tali casi l’ordinanza, avendo natura di sentenza, sarebbe impugnabile con la revocazione per errore di fatto, ove risulti pronunciata dal giudice d’appello sulla base di un errore di fatto.

Nella specie tale errore era stato individuato nella citazione per revocazione nell’avere la corte capitolina, nell’ordinanza ai sensi dell’articolo 348-bis c.p.c., erroneamente ritenuto inapplicabile il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5, per errore di fatto costituito dall’avere opinato che la notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo originanti la lite fosse stata anteriore all’entrata in vigore del d.lgs., mentre era stata successiva.

4. Il motivo di ricorso e’ privo di fondamento, sebbene all’esito di una correzione della motivazione della sentenza impugnata.

Queste le ragioni.

Mette conto in primo luogo di rilevare che la questione dell’eventuale individuazione della deducibilita’ contro l’ordinanza ai sensi dell’articolo 348-bis c.p.c. di errori di fatto ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4 tramite il mezzo della revocazione deve essere ora affrontata al lume dell’arresto con cui le Sezioni Unite della Corte, con la sentenza n. 1914 del 2016, hanno individuato, disattendendo l’orientamento di parte delle sezioni semplici contrario all’ammissibilita’ in ogni caso, l’ammissibilita’ contro detta ordinanza del rimedio del ricorso per cassazione in talune limitate ipotesi, considerando che in esse l’ordinanza assume valore decisorio.

Le Sezioni Unite, com’e’ noto, hanno affermato i seguenti principi: “La decisione che pronunci l’inammissibilita’ dell’appello per ragioni processuali, ancorche’ adottata con ordinanza richiamante l’articolo 348 ter c.p.c. ed eventualmente nel rispetto della relativa procedura, e’ impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi, nella sostanza, di una sentenza di carattere processuale che, come tale, non contiene alcun giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito del gravame, differendo, cosi’, dalle ipotesi in cui tale giudizio prognostico venga espresso, anche se, eventualmente, fuori dei casi normativamente previsti. L’ordinanza di inammissibilita’ dell’appello resa ex articolo 348 ter c.p.c. e’ ricorribile per cassazione, ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l’inosservanza delle specifiche previsioni di cui all’articolo 348 bis c.p.c., comma 2, e articolo 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo e comma 2, primo periodo), purche’ compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso. L’ordinanza di inammissibilita’ dell’appello resa ex articolo 348 ter c.p.c. non e’ ricorribile per cassazione, nemmeno ai sensi dell’articolo 111 Cost., comma 7, ove si denunci l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, attesa la natura complessiva del giudizio “prognostico” che la caratterizza, necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza ed a tutti i motivi di ciascuna di queste, ponendosi, eventualmente, in tale ipotesi, solo un problema di motivazione”.

Ebbene, negli stessi casi nei quali, secondo le Sezioni Unite, l’ordinanza ex articolo 348-bis integra una sentenza in senso sostanziale e, dunque, qualora la decisione abbia assunto nel suo contenuto finale tale natura, ove essa sia stata frutto, nel pregresso procedimento decisorio, di un errore di fatto ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., n. 4, si deve ritenere che, poiche’ il provvedimento e’ una (sostanziale) sentenza, esso sia ed anzi debba impugnarsi con la revocazione, se si intende denunciare non il risultato finale della decisione come erroneo secondo i paradigmi dell’articolo 360 c.p.c., bensi’ dolersi dell’errore di fatto che ha inficiato il procedimento motivazionale pregresso.

5. Dunque, la motivazione resa dalla sentenza impugnata non e’ condivisibile nella sua affermazione di assolutezza dell’esclusione dell’ammissibilita’ del rimedio della revocazione.

6. Senonche’, il dispositivo di inammissibilita’ reso dalla pronuncia impugnata risulta corretto sulla base di una ragione preliminare, che si colloca a mite della verifica dell’essere stata proposta la revocazione contro un’ordinanza ai sensi dell’articolo 348-bis, da considerarsi, alla stregua di Cass. n. 1914 del 2016 come sentenza in senso sostanziale e, dunque, ricorribile in Cassazione.

Detta ragione si rinviene nella circostanza che la notificazione dell’impugnazione per revocazione avrebbe dovuto considerarsi in via preliminare tardiva, in quanto risulta da attestazione della cancelleria della Corte d’Appello di Roma, pervenuta a questa Corte nell’ambito del giudizio di cassazione iscritto al n. r.g. 12293 del 2014 e deciso all’udienza dell’11 novembre 2016, che l’ordinanza venne comunicata lo stesso 18 dicembre 2013.

Poiche’ l’articolo 348-ter, sebbene nel disciplinare la fattispecie normale della reazione con i mezzi di impugnazione in presenza di pronuncia dell’ordinanza ai sensi dell’articolo 348-bis c.p.c., ha previsto, come termine concorrente per l’impugnazione, individuata nel ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, il decorso dalla comunicazione, tale termine deve ritenersi operante, in concorso con quello dalla notificazione ad istanza di parte e con il c.d. termine lungo, per qualsiasi mezzo di impugnazione che, al di la’ del caso normale disciplinato dal legislatore, si individui in base ai principi generali come esperibile contro l’ordinanza.

Tale conclusione e’ stata affermata con riferimento al ricorso per cassazione da Cass. (ord.) n. 18827 del 2015 e ribadita da Cass. (ord.) n. 25456 del 2016,

Le medesime ragioni cola’ esposte a favore dell’applicabilita’ generalizzata del termine concorrente dalla comunicazione sono idonee a giustificare l’affermazione che “l’impugnabilita’ con il mezzo della revocazione ai sensi dell’articolo 395 n. 4 c.p.c. dell’ordinanza ex articolo 348 bis c.p.c., dichiarativa dell’inammissibilita’ dell’appello, ove tale rimedio si configuri esperibile, deve ritenersi assoggettata ai termini prescritti dall’articolo 348 ter, comma 3, c.p.c.”.

L’impugnazione per revocazione avrebbe dunque dovuto dichiararsi preliminarmente inammissibile per tardivita’, essendo stata proposta con citazione notificata ben oltre il termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza.

Cosi’ corretta la motivazione il ricorso deve rigettarsi.

7. Peraltro, fermo che l’errore revocatorio sarebbe stato configurabile nella supposizione erronea che la vicenda non fosse soggetta ratione temporis alla disciplina del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4, comma 5, ma nella specie la decisione della corte territoriale non risultava sentenza in senso sostanziale ai sensi della sentenza delle SS.UU. (in quanto la questione poi decisa sulla base dell’errore revocatorio esulava dai limiti indicati dalle SS.UU.), il Collegio rileva che, qualora cio’ non si fosse condiviso, si sarebbe dovuto ritenere che l’errore sarebbe stato in ogni caso privo di decisivita’, perche’ l’applicazione della disciplina di cui a quella norma si sarebbe dovuta dire ininfluente sulle sorti del giudizio, giusta il principio di diritto secondo cui quella norma concerne solo la fase di introduzione della lite in primo grado e non in sede di impugnazione (si veda Cass. (ord.) n. 13815 del 2016: “L’impugnazione avverso l’ordinanza reiettiva del permesso di soggiorno per motivi familiari di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 30, comma 1, lettera a, va proposta con atto di citazione anziche’ con ricorso e, nel caso di erronea introduzione del giudizio, la tempestivita’ del gravame va verificata con riferimento non solo alla data di deposito dell’atto introduttivo, ma anche a quella di notifica dello stesso alla controparte, che deve avvenire nel rispetto del termine di trenta giorni previsto dall’articolo 702 quater c.p.c. a pena di inammissibilita’, senza che possa essere effettuata alcuna conversione conversione del rito in appello, riguardando il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 4 solo il primo grado.”), e considerato che l’opposizione al decreto presenta anche un profilo di impugnazione.

8. Il ricorso e’, dunque, rigettato.

Non e’ luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di cassazione.

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