Cassazione 4

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III

SENTENZA 13 febbraio 2015, n. 2859

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 492 e 555 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si critica la decisione del Tribunale che ha dichiarato inesistente il pignoramento equiparando alla mancanza dell’ingiunzione ex art. 492 c.p.c., la mancata sottoscrizione dell’ingiunzione da parte dell’ufficiale giudiziario ed affermando che ‘nell’atto di pignoramento eseguito dall’ufficiale giudiziario di Catanzaro su istanza del creditore procedente Banca Carime S.p.a. non sussiste la sottoscrizione dell’ufficiale giudiziario dell’ingiunzione ai debitori di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito indicato i beni immobili che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi’.

1.1.- La ricorrente rileva che, per come si desume dalla visione diretta del documento, l’originale dell’atto di pignoramento immobiliare notificato in data 8 settembre 2007 reca, dopo la sottoscrizione del creditore, nell’intestazione della parte redatta a cura dell’ufficiale giudiziario un duplice timbro con la qualifica dell’ufficiale giudiziario addetto presso l’Unep del Tribunale di Catanzaro – sezione distaccata di Chiaravalle Centrale; che questi ha rivolto, specificamente e direttamente ai debitori esecutati, l’ingiunzione che, contenuta nel verbale di pignoramento redatto su un unico foglio, è stata contestualmente completata con la notificazione nelle mani proprie dei destinatari; che l’ufficiale giudiziario ha, poi, apposto in calce all’intero atto un ulteriore timbro e bollo con la propria qualifica e generalità nonchè la propria sottoscrizione, con ciò legittimando, secondo la ricorrente, la paternità di ogni dichiarazione resa ed operazione attestata nell’atto medesimo. Deduce pertanto che il Tribunale o non si è avveduto di tale sottoscrizione oppure avrebbe errato nel ritenere che ogni singola operazione compiuta dall’ufficiale giudiziario necessiti di apposita sottoscrizione; che, invece, la presenza della sottoscrizione, in quanto apposta in calce al verbale di pignoramento -redatto su unico foglio -, consentirebbe di ricondurre con sicurezza, nel caso di specie, l’atto al suo autore e, quindi, a legittimare la paternità dell’atto in ogni sua parte. Aggiunge che si tratterebbe di prassi, riconosciuta conforme a legge anche dalla Corte di legittimità nel precedente del 9 aprile 1974 n. 980 e che, dal momento che nel pignoramento immobiliare l’ingiunzione si effettua mediante notificazione ai sensi dell’art. 555 c.p.c., la sottoscrizione in calce varrebbe ad attestare sia l’avvenuta consegna del documento (notificazione) sia l’effettuazione dell’ingiunzione.

1.2.- I resistenti riconoscono che, nel caso di specie, l’atto di pignoramento contiene l’ingiunzione e che la relazione di notificazione è stata redatta di seguito all’ingiunzione ed è stata sottoscritta dall’ufficiale giudiziario, ma sostengono che l’ingiunzione è atto altro e diverso rispetto alla notificazione e pertanto avrebbe dovuto essere munito di apposita sottoscrizione da parte dell’ufficiale giudiziario, non essendo idonea l’unica sottoscrizione apposta da quest’ultimo in calce alla relazione di notificazione.

2.- Il motivo è fondato. I rilievi difensivi dei resistenti vanno perciò disattesi.

Va ribadito che l’ingiunzione al debitore esecutato di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi, ai sensi dell’art. 492 c.p.c., fa acquistare certezza e rilevanza giuridica a detto obbligo e costituisce elemento essenziale dell’atto di pignoramento (cfr. Cass. n. 2473/09, ord. n. 8408/11, tra le altre). Parimenti essenziale è la sottoscrizione dell’ingiunzione da parte dell’ufficiale giudiziario, trattandosi di formalità indispensabile per ricondurre l’atto al suo autore, garantendone perciò la paternità. Tuttavia, pur essendo corretta l’affermazione del giudice a quo, secondo cui la mancanza della sottoscrizione dell’ingiunzione da parte dell’ufficiale giudiziario produce i medesimi effetti della mancanza dell’ingiunzione (effetti dei quali, per come si dirà, non è dato qui occuparsi), essa necessita delle precisazioni di cui appresso.

L’ingiunzione ai sensi dell’art. 492 c.p.c., è atto dell’ufficiale giudiziario così come è attività dell’ufficiale giudiziario la notificazione del pignoramento. Quest’ultima consiste nella consegna di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi al destinatario (arg. ex art. 137 c.p.c., comma 1), in uno dei modi previsti dall’art. 137 c.p.c. e segg.. L’ufficiale giudiziario, a sua volta, certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto, avente il contenuto di cui all’art. 148 c.p.c..

Dato ciò, è sufficiente un’unica sottoscrizione da parte dell’ufficiale giudiziario ingiungente e notificante, dato che la relazione di notificazione dell’atto di pignoramento è apposta in calce all’atto, di seguito all’ingiunzione, proveniente dallo stesso ufficiale giudiziario e diretta al debitore, che quindi è unico destinatario sia dell’ingiunzione che della notificazione dell’atto.

D’altronde, è soltanto per il tramite della notificazione dell’atto di pignoramento che il debitore viene effettivamente a conoscenza dell’ingiunzione.

Ne segue che la sottoscrizione della relazione di notificazione è idonea non solo a certificare la notificazione ma anche a garantire che l’ufficiale giudiziario ha provveduto all’ingiunzione, che è formula contenuta nello stesso atto in calce al quale, ai sensi dell’art. 148 c.p.c., è apposta la c.d. relata di notifica. E’ vero che, così come osservano i resistenti, si tratta di due distinte attività, tali che l’una non possa essere considerata l’equipollente dell’altra – sicchè se l’ingiunzione mancasse, non potrebbe certo essere sostituita dalla relazione che certifica la notificazione -, ma si tratta di due attività che fanno capo al medesimo soggetto e che vanno compiute ed attestate in unico contesto e con un atto sostanzialmente unico (dato che la relazione di notificazione apposta in calce all’originale ed alla copia dell’atto viene a fare corpo unico con questo).

L’identità soggettiva dell’autore consente che questi apponga un’unica sottoscrizione, che garantisca perciò la paternità dell’una e dell’altra delle due attività (ingiunzione e notificazione) e ne consenta la riconduzione all’unico autore.

Come rilevato in ricorso, questa Corte ha già avuto modo di affermare che ‘L’atto di pignoramento presso terzi consta di due parti: a) l’Ingiunzione al debitore a norma dell’art. 492 c.p.c., che è opera dell’ufficiale giudiziario, il quale, di solito, la documenta nella relazione di notificazione dell’intero atto; b) l’atto sottoscritto dalla parte o dal suo difensore munito di procura, che contiene l’intimazione al terzo di non disporre, senza ordine del giudice, delle cose o delle somme da esso terzo dovute al debitore’ (Cass. n. 980/74). Sebbene volta a distinguere le due parti di cui si compone l’atto di pignoramento presso terzi – quindi finalizzata a risolvere una questione qui non rilevante – la massima contiene, nella sua prima parte, un’affermazione riferibile ad ogni atto di pignoramento, laddove attribuisce alla relazione di notificazione anche la funzione di documentare la provenienza dall’ufficiale giudiziario dell’ingiunzione ex art. 492 c.p.c..

Va perciò affermato il principio di diritto per il quale, in tema di espropriazione forzata, è valido l’atto di pignoramento immobiliare che contenga l’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore, di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi, seguita in calce, all’originale e alla copia dell’atto, dalla relazione di notificazione sottoscritta dall’ufficiale giudiziario, posto che tale sottoscrizione garantisce la provenienza dall’ufficiale giudiziario anche dell’ingiunzione ai sensi dell’art. 492 c.p.c..

4.- Nel caso di specie, è riconosciuto da entrambe le parti ed è riscontrato dal documento descritto in ricorso e prodotto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., che l’atto di pignoramento contiene l’ingiunzione proveniente dall’ufficiale giudiziario e che in calce contiene la relazione di notificazione sottoscritta, nell’originale e nelle copie, dallo stesso ufficiale giudiziario.

In applicazione del principio di cui sopra, il primo motivo di ricorso va quindi accolto.

La sentenza impugnata va cassata.

Restano assorbiti il secondo (riguardante l’individuazione degli effetti della mancanza nell’atto di pignoramento dell’ingiunzione e/o della sua sottoscrizione) ed il terzo motivo (riguardante un vizio di motivazione sulla mancanza di sottoscrizione nel caso di specie).

Poichè non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito col rigetto dell’opposizione agli atti esecutivi proposta dagli esecutati S. e C. avverso l’atto di pignoramento notificato dalla Banca Carime spa in data 8 settembre 2006, relativo alla procedura esecutiva immobiliare n. 119/06 R.G. E. del Tribunale di Catanzaro. Le spese del giudizio di merito e del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione agli atti esecutivi proposta da S.A. e C.A. nei confronti di Banca Carime spa avverso l’atto di pignoramento notificato l’8 settembre 2006 relativo alla procedura esecutiva immobiliare n. 119/06 R.G. E. del Tribunale di Catanzaro.

Condanna S.A. ed C.A. al pagamento delle spese del giudizio dinanzi al Tribunale di Catanzaro, liquidate, in favore di Banca Carime spa, complessivamente in Euro 5.500,00, di cui Euro 1.800,00 per diritti ed Euro 3.700,00 per onorari, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Condanna i resistenti al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate nell’importo complessivo di Euro 9.028,00, di cui Euro 8.000,00 per compensi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

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