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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza n. 21082 del 27 novembre 2012

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 3-10-1994 S.M. L., in proprio e quale rappresentante dei figli minori A. F. e T., conveniva dinanzi al Tribunale di Roma il notaio P.G., per sentir accertare la sua responsabilità per il ritardo nella presentazione della denuncia di successione di A.G., e sentirlo conseguentemente condannare al risarcimento dei danni, nella misura di lire 42.898.831 o in quella diversa che risultasse dovuta per la comminatoria di sanzioni pecuniarie da parte dell’Ufficio del Registro di Formia, con la rivalutazione e gli interessi.

Il convenuto, nel costituirsi, contestava la fondatezza della domanda e chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la SASA Assicurazioni e Riassicurazioni s.p.s., onde essere dalla stessa manlevato in caso di condanna.
Autorizzata la chiamata, la predetta compagnia di assicurazione si costituiva chiedendo il rigetto della domanda di garanzia.
Con sentenza n. 15070 del 2002 il Tribunale, nel dare atto che il notaio P., pur essendo stato incaricato in tempo utile dalla S., aveva presentato la denuncia di successione oltre il termine prescritto dalla legge (sei mesi dalla morte dell’ A., deceduto il (omissis)), ed era pertanto incorso in responsabilità ex art. 2236 c.c., attesa la modesta complessità tecnica dell’operazione, condannava il convenuto a pagare all’attrice, a titolo risarcitorio, la somma dalla stessa corrisposta a titolo di pena pecuniaria e interessi, pari a complessive lire 115.856.000, oltre interessi legali dalla data dell’esborso al saldo; condannava la SASA s.p.a. a rimborsare al convenuto tutte le somme dal medesimo corrisposte all’attrice in forza della stessa sentenza.
Il P. proponeva appello avverso la predetta decisione, sostenendo di non essere responsabile del ritardo nella presentazione della denuncia di successione, in quanto la cliente non gli aveva consegnato tempestivamente il certificato di morte. Egli, inoltre, contestava il quantum liquidato dal primo giudice, facendo presente che il ritardo nella presentazione della denuncia di successione, essendo contenuto nei limiti di trenta giorni, non comportava la pena pecuniaria di cui gli era stato fatto carico e che, in effetti, l’originaria sanzione di lire 42.898.831 irrogata nel 1994 era stata sostituita con quella di lire 115.856.000 a seguito di nuova dichiarazione, presentata dagli eredi A. sulla base di elementi non comunicati in precedenza e sui quali il notaio non aveva avuto la possibilità di interloquire.
Con sentenza depositata il 26-5-2005 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la condanna del P. ad Euro 22.155,40, oltre interessi legali dall’esborso al soddisfo. La Corte territoriale rilevava che al convenuto poteva essere addebitato, per il colpevole ritardo nella presentazione della dichiarazione di successione effettuata in data 14-6-1993, solo l’importo della sanzione di lire 42.898.831 originariamente irrogata dall’Ufficio del Registro di Formia; mentre l’aggravio della sanzione fino a lire 77.591.000 e l’ulteriore importo di lire 38.625.000 per interessi di mora non potevano far carico al professionista, essendo conseguenti alla nuova denuncia di successione presentata in data 4-7-1994 dagli eredi A..
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso S. M.L., A.T. ed A.F., sulla base di tre motivi.
P.G. ha resistito con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato una memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1) In via preliminare, deve essere disattesa la richiesta, formulata in udienza dal Procuratore Generale, di integrazione del contraddittorio nei confronti della SASA s.p.a..
Poichè, infatti, la predetta compagnia assicuratrice non ha impugnato il capo della sentenza di primo grado con cui è stata pronunciata la sua condanna a rimborsare al P. tutte le somme dal medesimo corrisposte all’attrice in forza di tale decisione, deve ritenersi ormai formato il giudicato sull’obbligo di garanzia gravante sulla terza chiamata in favore del notaio assicurato; sicchè non si ravvisa la necessità di procedere ad integrazione del contraddittorio nei confronti di tale società.

2) Con il primo motivo gli attori denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1227 e 2236 c.c., in relazione all’art. 1176 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostengono, in particolare, che, in base al principio della regolarità causale, l’applicazione in via definitiva, da parte dell’Ufficio del Registro, di una sanzione pari quasi al massimo di quella prevista per il ritardo non eccedente i 30 giorni, deve essere considerata danno immediatamente ed esclusivamente conseguente al ritardo nella presentazione della denuncia di successione da parte del notaio incaricato. Nessun addebito, per contro, può essere mosso a carico degli eredi A. in relazione alla presentazione della denuncia integrativa, in quanto tale comportamento, non connotato da violazione degli obblighi di ordinaria diligenza, ma diretto ad ottenere una riduzione dell’imposta originariamente liquidata, ha costituito mera occasione, e non causa, della irrogazione di una sanzione definitiva maggiore di quella originariamente irrogata.
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alle ragioni della irrogazione, da parte dell’Ufficio del Registro, di una sanzione pecuniaria superiore a quella originariamente liquidata, nonchè violazione del T.U. D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 50. Deducono che la Corte di Appello non ha tenuto conto delle argomentazioni svolte in appello, secondo cui l’intera pena pecuniaria e i maggiori interessi liquidati con il secondo avviso non erano conseguenza della dichiarazione integrativa, ma erano riferibili esclusivamente al ritardo di 29 giorni nella presentazione della denuncia di successione. Ai sensi del T.U. D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 50, infatti, dalla denuncia integrativa non può derivare alcuna maggiorazione di sanzione ove da essa non discenda anche una maggiorazione dell’imposta originariamente liquidata. Aggiungono che il giudice del gravame ha travisato l’informativa dell’Ufficio del Registro di Formia, da cui non si evince affatto che con il secondo avviso di liquidazione siano stati sanzionati la denuncia integrativa o il ritardo nella sua presentazione o, comunque, una condotta indebita degli eredi, diversa ed ulteriore rispetto al ritardo nella presentazione della denuncia di successione da parte del notaio.
Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1227 e 2236 c.c., in relazione all’art. 1176 c.c., nonchè dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Nel ribadire che la presentazione, da parte degli eredi A., di denuncia integrativa non comportante aumento di imposta nè, dunque, autonoma sanzione, costituiva attività del tutto lecita, sostengono, in particolare, che non può gravare sulla parte che ha subito le conseguenze dell’errore professionale l’onere di svolgere le eventuali impugnazioni dirette a mitigare le conseguenze derivanti dall’originario errore del professionista danneggiante e che non si sarebbero verificate senza di esso.

3) I primi due motivi, che in quanto tra loro strettamente connessi possono essere esaminati congiuntamente, appaiono fondati, per quanto di ragione.
Deve premettersi che, secondo i principi affermati in materia dalla giurisprudenza, l’ambito del danno risarcibile per inadempimento contrattuale o per responsabilità extracontrattuale è circoscritto dal criterio della c.d. regolarità causale, nel senso che sono risarcibili non solo i danni diretti ed immediati, ma anche i danni mediati ed indiretti che rientrano nella serie delle conseguenze normali ed ordinarie del fatto, in base ad un giudizio di probabile verificazione, rapportato all’apprezzamento dell’uomo di ordinaria diligenza (Cass. 4-7-2006 n. 15274; Cass. 9-5-2000 n. 5913; Cass. 19- 5-1999 n. 4852; Cass. 6-3-1997 n. 2009; Cass. 10-11-1993 n. 11087).
Si ha interruzione del nesso causale, con conseguente esclusione dell’imputabilità del danno, quando sopravvenga un fatto del tutto distinto e autonomo, eventualmente attribuibile a comportamento dello stesso danneggiato, che si riveli di per sè idoneo a produrre l’evento lesivo.
Nella specie, la Corte di Appello ha accertato, in punto di fatto, che, per la successione di A.G., il competente Ufficio del Registro ha comunicato agli eredi due avvisi di liquidazione d’imposta. Il primo avviso, comunicato nel 1994 sulla base della denuncia di successione presentata in data 14-6-1993 dal notaio P., prevedeva l’irrogazione della sanzione pecuniaria di lire 42.898.831; mentre il secondo avviso, comunicato nel novembre 1996 sulla base della nuova denuncia di successione presentata in data 4-7-1994 dagli eredi A., conteneva l’irrogazione della sanzione pecuniaria di lire 77.591.000 e l’applicazione di interessi di mora nella misura di lire 38.625.000.
Ciò posto, la Corte territoriale ha ritenuto che il danno imputabile al notaio per il colpevole ritardo nella presentazione della dichiarazione di successione (effettuata oltre il prescritto termine di sei mesi dalla morte di A.G.) è rappresentato solo dall’importo della sanzione pecuniaria di lire 42.898.831 irrogata dall’Ufficio del Registro di Formia con il primo avviso di liquidazione; laddove l’aggravio della sanzione pecuniaria fino a lire 77.591.000 e l’ulteriore somma di lire 38.625.000 per interessi di mora richiesti agli attori con il secondo avviso di liquidazione non possono far carico al professionista, essendo conseguenti – all’iniziativa assunta dagli eredi A. “con la presentazione di altra denuncia e un ulteriore ritardo nel pagamento”.
Deve, peraltro, rilevarsi che il percorso argomentativo seguito nella sentenza in esame presenta un’intrinseca contraddittorietà.
L’affermazione secondo cui i maggiori importi addebitati agli attori con il secondo avviso di liquidazione sono ricollegabili esclusivamente alla presentazione della denuncia integrativa da parte degli eredi A., infatti, si pone in contrasto con quanto precedentemente affermato nella stessa sentenza, secondo cui dalla informativa pervenuta dall’Ufficio del Registro di Formia risulta che la nuova dichiarazione è stata presentata “per le sole passività”.
Si rammenta, al riguardo, che, ai sensi del primo comma, seconda parte, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 50, la ritardata presentazione della dichiarazione integrativa di successione comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria “commisurata alla maggiore imposta liquidata d’ufficio”.
Ciò sta a significare, a tutta evidenza, che presupposto per l’applicazione di una autonoma sanzione in caso di ritardata presentazione di tale dichiarazione è che dalla stessa sia derivata la liquidazione di una “maggiore imposta”; e che, pertanto, non è di per sè sanzionabile (non comportando la liquidazione di maggiori imposte) la denuncia integrativa tardiva diretta, come nella specie, esclusivamente al riconoscimento di passività precedentemente non indicate.
Di conseguenza, viene meno la coerenza logica delle argomentazioni sulle quali il giudice del gravame ha basato il proprio convincimento circa l’insussistenza di un collegamento causale tra l’affermata responsabilità del notaio P. in relazione al ritardo nella presentazione della originaria denuncia di successione e le maggiori somme addebitate dall’Ufficio del Registro agli eredi A. con il secondo avviso di liquidazione; argomentazioni che muovono dall’individuazione, nell’iniziativa assunta dagli eredi A. con la presentazione della dichiarazione integrativa, della causa esclusiva degli ulteriori oneri liquidati, di per sè idonea a spezzare ogni nesso causale con la condotta colposa del professionista.
Alla stregua delle esposte considerazioni, si impone la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, la quale dovrà colmare le evidenziate carenze motivazionali, valutando nuovamente la sussistenza del nesso eziologico tra il colpevole ritardo del professionista nella presentazione della denuncia di successione e i maggiori oneri addebitati agli eredi A. con il secondo avviso di liquidazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
Il terzo motivo di ricorso, proposto in via subordinata, resta assorbito.

P.Q.M.

La Corte accoglie per quanto di ragione il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente grado di giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma.

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