Cassazione10

Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 8 febbraio 2016, n. 4961

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIANDANESE Franco – Presidente

Dott. PRESTIPINO Antonio – Consigliere

Dott. DE CRESCIENZO Ugo – Consigliere

Dott. RAGO Geppi – rel. Consigliere

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 30/07/2015 del Tribunale del Riesame di Catanzaro;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RAGO G.;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. BALDI Fulvio, che ha concluso chiedendo il rigetto;

udito il difensore, avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30/07/2015 (il cui dispositivo risulta depositato il 03/08/2015 e la motivazione depositata il 16/09/2015), il Tribunale del Riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza con la quale, in data 02/07/2015, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima citta’ aveva applicato a (OMISSIS) la misura della custodia cautelare in carcere perche’ indagato per il reati di cui all’articolo 416 bis codice penale per essere “capo” nell’ambito della cosca “(OMISSIS) – (OMISSIS)”.

2. Contro la suddetta ordinanza, l’indagato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi:

2.1. violazione dell’articolo 309 codice procedura penale, comma 10 per essere stata la motivazione depositata oltre il quarantacinquesimo giorno fissato nello stesso dispositivo;

2.2. violazione dell’articolo 273 codice procedura penale: la difesa, in punto di fatto, ha premesso che il ricorrente era stato in carcere, per lunghi anni, fino al 2006. Non poteva, quindi, avere partecipato alla ricostituzione dei gruppi delinquenziali cosentini che, secondo le dichiarazioni di (OMISSIS), era avvenuta nell’anno 1999 all’atto della scarcerazione di buona parte degli imputati del procedimento “(OMISSIS)”.

Le dichiarazioni rese dal (OMISSIS) non poteva essere prese in considerazione perche’ si riferivano a vicende pregresse per le quali il ricorrente era gia’ stato condannato e comunque erano generiche.

Quanto alle intercettazioni del (OMISSIS), si tratta di conversazioni fra terzi senza alcun collegamento con la persona dell’indagato.

Quanto alle dichiarazioni di (OMISSIS), il medesimo aveva fatto riferimento ad un episodio in cui aveva fatto da pacificatore ma che si riferiva temporalmente all’assoluzione riportata nel procedimento “(OMISSIS)”: anche le suddette dichiarazioni, erano, tuttavia caratterizzate da genericita’ e, comunque il collaboratore era stato dichiarato inaffidabile dalla Corte di assise di Cosenza.

Quanto alle dichiarazioni di (OMISSIS), la difesa obietta che sarebbero generiche perche’ non aveva indicato mai elementi specifici della condotta tenuta dal ricorrente.

Infine, anche le dichiarazioni di (OMISSIS) non sarebbero attendibili perche’ su di esse il Tribunale non aveva esercitato il vaglio richiesto dalla giurisprudenza di legittimita’.

In altri termini, secondo la difesa, il Tribunale avrebbe dovuto tener conto solo della condotta “che andava dal 08/11/2012 sin a tutto il 2013, che e’ la data riportata dell’imputazione provvisoria come cessazione della permanenza nell’associazione di appartenenza.

Tutte le condotte precedenti sono coperte dal giudicato penale (….)”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. violazione dell’articolo 309 codice procedura penale, comma 10: la censura e’ fondata per le ragioni di seguito indicate.

Risulta dalla documentazione in atti che:

– la decisione (rectius: il dispositivo) venne assunta “nella camera di consiglio del 30 luglio 2015”;

– nel suddetto dispositivo e’ scritto testualmente che il tribunale si “riserva il deposito dei motivi in quarantacinque giorni a decorrere dalla decisione”;

– il dispositivo venne depositato il 03/08/2015 come risulta dall’attestazione della Cancelleria;

– la motivazione venne depositata il 16/09/2015 come risulta dall’attestazione della Cancelleria.

Il novellato articolo 310 codice procedura penale, comma 10 dispone che:

a) la decisione sulla richiesta di riesame deve intervenire entro dieci giorni dalla ricezione degli atti (articolo 309 codice procedura penale, comma 9);

b) l’ordinanza del tribunale dev’essere depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla decisione, o quarantacinque giorni nei casi di motivazione particolarmente complessa;

c) nel caso in cui i suddetti termini non siano rispettati “l’ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia (…)”.

L’articolo 309 codice procedura penale prevede, quindi, due perentori termini che, se non rispettati, determinano l’inefficacia della misura cautelare.

Entrambi i suddetti termini, sono rivolti al giudice che deve decidere (rectius: al Tribunale del Riesame) e prevede due precisi dies a quo:

il primo (per la decisione) decorre dalla ricezione degli atti;

il secondo (per il deposito della motivazione) dalla “decisione”.

Cosa significa decisione e, soprattutto, quando si deve considerare avvenuta la “decisione”?

Il problema che, pertanto, pone la fattispecie in esame, puo’ essere espresso nei seguenti termini: se il dies a quo dal quale calcolare il deposito della motivazione decorra dalla data della decisione (nella specie, 30/07/2015: nel qual caso, la motivazione risulta essere stata depositata oltre il termine di quarantacinque giorni), oppure dalla data del deposito del dispositivo (nella specie, 03/08/2015: nel quale caso la motivazione risulta essere stata depositata entro il termine di quarantacinque giorni).

2. In punto di diritto, va osservato che, ogni provvedimento del giudice e’ composto, sostanzialmente, da due parti: a) il dispositivo, il quale, in modo sintetico riassume il dictum; b) la motivazione con la quale si illustrano le ragioni per le quali si e’ assunta la decisione enunciata nel dispositivo.

Ora, non vi e’ alcun dubbio che la decisione del giudice (dispositivo e/o motivazione), nei confronti delle parti viene a giuridica esistenza quando e’ depositata ufficialmente presso la cancelleria che ne attesta la data del deposito: infatti, e’ da questo momento, oppure, a seconda dei casi, dalla notificazione, o dalla stessa lettura, che, per le parti, decorrono i termini stabiliti per le eventuali impugnazioni (articolo 585 codice procedura penale): il che e’ intuitivo perche’ le parti possono impugnare un provvedimento solo dal momento in cui ne vengono ufficialmente a conoscenza.

3. Diverso e’, invece, il caso in cui la legge fissa un determinato termine entro il quale il giudice deve compiere una determinata attivita’.

3.1. Nell’ipotesi della deliberazione della sentenza, il meccanismo procedurale di cui al combinato disposto degli articoli 525, 544, 545 e 548 codice procedura penale e’ chiaro:

– il giudice, subito dopo la chiusura del dibattimento, si ritira in camera di consiglio per deliberare;

– non vi e’ alcun termine per la deliberazione;

– subito dopo che la decisione sia stata assunta, il dispositivo e’ letto in udienza;

– dalla lettura del dispositivo, decorrono i termini (ordinatori) per il deposito della motivazione di cui all’articolo 544 codice procedura penale, commi 2 e 3, salvo che, ai sensi del primo comma, il giudice non abbia provveduto a redigere contestualmente la motivazione della quale, in tal caso, deve darne lettura.

Quindi, per la sentenza, la legge ha stabilito che i termini decorrono dalla “pubblicazione in udienza” della sentenza (articolo 545) ossia dalla lettura del dispositivo che, pertanto, prende la data del momento in cui ne e’ data pubblica lettura e, da questo momento, se non e’ letta contestualmente anche la motivazione, decorrono i termini per il deposito della motivazione (articolo 548).

3.2. Diverso e’ il meccanismo previsto per la deliberazione sulle impugnazioni contro le misure cautelari.

In proposito, va, innanzitutto, osservato che, al procedimento in esame, si applica il novellato articolo 309 codice procedura penale che ha introdotto significative ed importanti innovazione rispetto al precedente articolo 309.

Il previgente articolo 309 codice procedura penale, comma 10 stabiliva, per il giudice, un solo termine che, ove non osservato, determinava la perdita di efficacia della misura cautelare: e cioe’ che la decisione non intervenisse entro il termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti; nulla era disposto per il deposito della motivazione.

Sul punto, quindi, si era formata una consolidata giurisprudenza secondo la quale, la suddetta disposizione “deve essere intesa nel senso che e’ necessario e sufficiente, perche’ non si produca l’automatico effetto caducatorio, che entro il decimo giorno dalla ricezione degli atti il tribunale abbia deliberato in merito alla richiesta medesima ed abbia, inoltre, provveduto al deposito del dispositivo: mediante tale deposito, infatti, si rende certo, per gli interessati, che la decisione – con quel determinato, irreversibile contenuto – e’ intervenuta nel termine e si rende altresi’ possibile l’adozione degli eventuali conseguenti provvedimenti; la motivazione dell’ordinanza di riesame, viceversa, in applicazione della norma generale sul procedimento camerale di cui all’articolo 128 codice procedura penale, puo’ essere depositata, senza influenza alcuna sull’efficacia della misura, nel termine ordinatorio – la cui osservanza e’ tuttavia doverosa per il giudice ai sensi dell’articolo 124 codice procedura penale – dei cinque giorni successivi alla deliberazione predetta”: SS.UU. 7/1996; Cass. 23211/2014.

Il novellato articolo 309 codice procedura penale, comma 10 stabilisce, invece, che:

a) innanzitutto, la decisione dev’essere assunta – pena l’inefficacia del provvedimento restrittivo – entro dieci giorni dal ricevimento degli atti: sul punto, nulla e’ stato innovato rispetto alla previgente normativa;

b) in secondo luogo, la decisione (rectius, il dispositivo) non dev’essere letta in pubblica udienza, proprio perche’ il rito e’ quello camerale (articolo 127 codice procedura penale): anche su tale punto, nulla e’ stato innovato;

c) una volta assunta la decisione, da questa decorrono i termini di 30 o 45 gg – a pena di inefficacia del provvedimento cautelare – per il deposito della motivazione: e’ questa la novita’ introdotta.

3.3. L’introduzione, pero’, di questo ulteriore termine perentorio a pena di inefficacia della misura cautelare (ossia il deposito della motivazione oltre i termini previsti), ha completamente mutato la problematica postasi sotto la previgente normativa e risolta dalla giurisprudenza di questa Corte nei termini di cui si e’ detto.

Infatti, il legislatore ha fatto scattare il “dies a quo” per il deposito della motivazione, senza alcuna soluzione di continuita’, direttamente “dalla decisione”, con cio’, quindi, creando un meccanismo del tutto diverso e da quello per il deposito della sentenza (supra 3.1.) e dal deposito dei provvedimenti camerali di cui all’articolo 128 codice procedura penale e del previgente articolo 309 codice procedura penale, comma 10 (supra 3.2.).

Nel caso di specie, il tribunale non ha seguito la nuova suddetta rigida procedura: infatti, nonostante esso stesso avesse attestato che la decisione era stata assunta in data 30/07/2015 (e cioe’ lo stesso giorno in cui, terminata, la discussione, si era riservato), il dispositivo fu depositato quattro giorni dopo.

Indubbiamente, il Tribunale, ben avrebbe potuto prolungare la camera di consiglio fino al decimo giorno dalla ricezione degli atti (e, quindi, in ipotesi, fino al 03/08/2015), ma, di tale evenienza, avrebbe dovuto dare atto proprio perche’ la data della decisione e’, ora, diventata fondamentale per stabilire il dies a quo dal quale far decorrere il termine perentorio di 30/45 giorni per il deposito della motivazione.

Infatti, i tempi stringenti imposti dalla legge in considerazione dei valori in gioco (la liberta’ personale), non consentono meccanismi che, in modo surrettizio, consentano al Tribunale di dilatare i giorni che la legge ha stabilito e per la decisione e per il deposito della motivazione.

Il suddetto meccanismo era possibile (perche’ senza alcuna concreta conseguenza pratica) sotto il vigore della previgente normativa per la quale era sufficiente, come si e’ detto, che entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, il tribunale assumesse una decisione: a quel punto, non essendo previsto alcun termine per il deposito della motivazione, era del tutto irrilevante stabilire quale fosse il termine della decisione “effettiva” essendo sufficiente che la decisione (rectius: il dispositivo) fosse depositata entro il suddetto termine.

Il novellato articolo 309 codice procedura penale, comma 10, ha, invece stabilito che, dal momento della ricezione degli atti, la procedura deve concludersi nel tempo massimo di giorni 55 (dispositivo assunto entro dieci giorni dalla ricezione degli atti + massimo giorni 45 dalla suddetta decisione per il deposito della motivazione): ma, cio’ non significa che, ove i suddetti tempi siano piu’ brevi, il Tribunale non debba decidere entro questi piu’ brevi termini.

In altri termini, non puo’ essere consentito al Tribunale “prolungare” in modo surrettizio i tempi processuali, ritardando, pur nell’ambito dei tempi massimi previsti, il deposito del dispositivo rispetto al momento, da esso stesso attestato, di assunzione della decisione.

Il dettato della legge, lo si ripete, e’ chiaro e non e’ suscettibile di diverse interpretazioni: l’ordinanza del tribunale (rectius: la motivazione) dev’essere depositata in cancelleria entro trenta/quarantacinque giorni “dalla decisione” per tale dovendosi intendere la data in cui il tribunale abbia deliberato in camera di consiglio: di conseguenza, se e’ lo stesso tribunale che attesta, nel dispositivo, che la data della decisione e’ avvenuta in una certa data (nella specie 30/07/2015) ed e’ esso stesso che stabilisce che si “riserva il deposito dei motivi in quarantacinque giorni a decorrere dalla decisione”, e’ da questo momento che incominciano a decorrere i termini per il deposito della motivazione (sempre che non sia contestuale), e non dalla diversa data del deposito del dispositivo che, quindi – come stabilito dalla previgente normativa, sul punto identica a quella novellata, cosi’ come interpretata da questa Corte – serve solo a verificare che il primo termine previsto a pena d’inefficacia (decisione assunta entro dieci giorni dalla ricezione degli atti), sia stato rispettato, e non certo a stabilire il dies a quo dal quale far decorrere i termini per il deposito della motivazione, salvo, ovviamente, che la data del giorno in cui il dispositivo e’ stato deliberato non coincida con quello del deposito.

Tale circostanza e’ molto importante perche’, ove dalla data del deposito del dispositivo dovesse risultare che la decisione sia stata assunta oltre i dieci giorni dalla ricezione degli atti, la parte interessata, senza attendere il deposito della motivazione, puo’ immediatamente proporre istanza per la declaratoria di inefficacia della misura cautelare.

Ma, per quanto appena detto, se il deposito del dispositivo, continua ad avere, anche sotto la vigenza del novellato articolo 309 codice procedura penale, comma 10, la funzione di verifica del rispetto del primo termine, al contrario, non puo’ averne alcuna quanto alla decorrenza del dies a quo per il deposito della motivazione.

Infatti, la diversa decorrenza dei termini e la diversa valenza dell’attestazione della cancelleria sulla data del deposito, si spiega agevolmente laddove si consideri che:

– per le parti interessate, l’attestazione della cancelleria rappresenta l’unico atto che ufficializza la decisione e, quindi, esse, al fine di verificare il rispetto del termine della decisione, non possono che far riferimento alla data “ufficiale” del deposito;

– al contrario, per il Tribunale, non avrebbe senso alcuno far decorrere il termine per il deposito della motivazione dalla diversa data del deposito del dispositivo, perche’, esso conosce bene la data della decisione per averla esso stesso attestata in calce al dispositivo, sicche’, il termine, stabilito esclusivamente nei suoi confronti, non puo’ che decorrere, come stabilito dalla norma, dalla data della “decisione” che esso stesso ha attestato nel dispositivo.

In conclusione, il ricorso dev’essere accolto alla stregua del seguente principio di diritto: “ai sensi del novellato articolo 309 codice procedura penale, comma 10, la motivazione del tribunale dev’essere depositata in cancelleria entro trenta o quarantacinque giorni “dalla decisione” per tale dovendosi intendere la data in cui il tribunale attesti, nel dispositivo, essere avvenuta la deliberazione in camera di consiglio.

Di conseguenza, e’ da questo momento che incominciano a decorrere i termini per il deposito della motivazione (sempre che non sia contestuale), e non dalla diversa data del deposito del dispositivo che, quindi, serve solo a verificare che il primo termine previsto a pena d’inefficacia (decisione assunta entro dieci giorni dalla ricezione degli atti), sia stato rispettato e a consentire, in caso di mancato rispetto, alla parte interessata di proporre immediatamente istanza per la declaratoria di inefficacia della misura cautelare senza attendere il deposito della motivazione”.

Alla stregua del suddetto principio di diritto, pertanto, l’ordinanza impugnata dev’essere annullata senza rinvio e, per l’effetto, l’ordinanza di applicazione della misura cautelare, dev’essere dichiarata direttamente inefficace da questa Corte con conseguente immediata scarcerazione del ricorrente se non detenuto per altra causa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiara la perdita di efficacia della misura della custodia cautelare in carcere disposta dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro con ordinanza del 02/07/2015 nei confronti di (OMISSIS) disponendone l’immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa.

Si provveda a norma dell’articolo 626 codice procedura penale.

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